Un film racconta
quanto accadde nel grande raduno di Parco Lambro del 1976. Noi
c'eravamo e ricordiamo una realtà ambivalente: da un lato la festa
spensierata dei “fricchettoni” che ballavano nudi e fumavano
canne, dall'altro il comizio dei soldati (in divisa) del PID protetti
dai servizi d'ordine e la presenza, neppure tanto mascherata, dei
fautori della lotta armata. Anni incomprensibili per chi non
c'era. Quando davvero tutto sembrava possibile.
Alessandra Vanzi
Quella diversa ma necessaria
ribellione
A guardarli oggi nei
vecchi filmati di 40 anni fa i partecipanti contestatori del Parco
Lambro 1976 mi sembrano completamente diversi dal ricordo che mi era
rimasto impresso nella memoria. Io non c’ero andata ma le notizie
degli espropri, la fuga dei cantanti e le cariche della polizia mi
raccontavano di un gran casino anarchico, sciamannato e violento.
Oggi invece mi rendo conto che quella violenza nulla ha a che spartire con l’ansia e la cupezza odierna e violenza non è neanche il termine giusto da usare, e quel casino era solo l’espressione di un rifiuto, di una necessaria ribellione, di un ingenuo e a volte anche un po’ ridicolo, fallito, tentativo di cambiare la realtà.
Non c’è violenza
alcuna nei girotondi nudi e nemmeno oscenità ne malizia. C’è solo
una disarmante sincerità espressa con immediatezza, spontaneità e
senza filtri nei discorsi utopici come in quelli più politici. Una
liberatoria incazzatura, sana e necessaria, una rivoluzione
comportamentale totale nei confronti della repressione sessuale, una
rivolta contro i padri padroni, il rifiuto del lavoro alla catena,
della dittatura capitalista e dei suoi simboli, c’era il movimento
femminista, c’erano gli hippies pacifisti, gli indiani
metropolitani, gli studenti, i proletari e i sottoproletari
giustamente arrabbiati contro la gestione del festival e i prezzi del
cibo che avevano espropriato i camion dei polli aia.
Da Parco Lambro di
Alberto Grifi (parziale montaggio delle oltre 27 ore videoregistrate
e 3 filmate in 16mm da restaurare) dall’ assemblea femminista:
«anche qui di spazio per le donne non ce n’è…ti senti dire dai
compagni dei gruppi apri la figa e scopa se no non sei di sinistra,
non sei rivoluzionaria, non credi nella lotta di classe e sei pure
frigida…oppure che devi approfondire i tuoi concetti sulla libertà
sessuale perché se non la dai via sei una piccola borghese..»
O l’inno alla follia e l’invito a creare ’Il comitato nudi verso la follia’ perché: «la vita è un sogno infinito, il comunismo una tappa intermedia per poi partire verso la follia, perché la vita è un sogno infinito». Era il 1976 l’alito rivoluzionario era ancora dolce e leggero e profumava di libertà. Il terrorismo, gli anni di piombo e il cupo riflusso erano ancora lontani.
Il Manifesto – 3
settembre 2016
Alberto Grifi
Il festival del
proletariato giovanile di Parco Lambro
27 ore di registrazione e
3 ore di 16 mm colore sul festival del proletariato giovanile
svoltosi a Parco Lambro di Milano nel giugno del 1976, organizzato
dalla rivista «Re Nudo», presenti 150 mila persone. Girato, su
richiesta degli organizzatori della festa, con 4 videoregistratori
(…) .
Inizialmente il lavoro
era stato finanziato dai discografici che puntavano alla
realizzazione di un film-concerto, ma successivamente il film
registra la contestazione da parte dei giovani proletari degli
spettacoli musicali e di tutte le merci che gli organizzatori
contavano di vendere, birra, libri e dischi «di sinistra».
I 3 mila contestatori
formano cortei interni, chiedono l’abbassamento dei prezzi,
discutono in assemblea della lotta, fermano i concerti, aprono con la
forza i camion e distribuiscono a tutti gelati, patatine e polli.
Nessun leader politico
riesce a prendere la parola, per la prima volta in Italia, durante
tutta la manifestazione. Era l’anno in cui i gruppi di Autonomia
Operaia agirono per la prima volta apertamente.
Nessun produttore ha
voluto rischiare una lira per trasformare questi nastri in pellicola.
Per «Anna» avevo detto che non è un film, che la regia ha girato
sul tema della disobbedienza. È, al contrario, la rivolta degli
attori e delle maestranze contro l’organizzazione gerarchica del
film, a dispetto della regia. A quelli che hanno messo su il festival
del Lambro, è successo qualcosa di molto simile, ma ingigantito.
Il guru che ti ingura
Era la primavera del 1976
a Milano. Il fim sul Parco Lambro, più che un documento politico è
uno psicodramma ad alta temperatura sulle insurrezioni giovanili
degli anni ’70 chiuse nel ghetto di un festival. E’ considerata
l’unica testimonianza registrata «dal vero» minuto per minuto,
dall’interno delle problematiche di quella generazione nell’ottica
dei disagi, dei tentativi di organizzazione politica e,
contemporaneamente, ben al di là della politica; laddove nascevano
nuovi desideri e bisogni, cambiamenti di comportamento lontani dalla
lotta armata e fuori dai ruoli stabiliti dalla logica del vecchio
potere che precedettero gli «anni di piombo».
È proprio una metafora
inquietante e di nuovo molto attuale sui meccanismi di controllo con
cui i giovani e i loro funzionari tentano di tenere buone le masse e
su come le masse tentano di sollevarsi.
Questo film è del tutto
inedito. Gli autori non lo hanno mai voluto cedere alla Rai o ad
altre emittenti per impedire che divenisse oggetto di grossolane
manipolazioni politiche.
Durante l’assemblea
durata due giorni e due notti che seguì l’esproprio proletario di
gelati, patatine e polli provocato dai «compagni poveri» a danno
dei «compagni ricchi», sul palcoscenico dal quale a furor di popolo
furono tirati giù i cantautori, si dibattè se quel gesto fosse
stato un giusto esproprio ai «nuovi padroni della sinistra» o
piuttosto un vile saccheggio ai danni dei «compagni» che avevano
organizzato il festival del proletariato giovanile. (…)
Le trattative per
ribassare i prezzi erano arroventate e andavano per le lunghe: i più
affamati pensarono bene di forzare le serrature dei camion
frigoriferi e distribuire surgelati al popolo in festa.
Quell’esproprio che una volta tanto aveva sfamato gratis le masse,
fu celebrato con danze collettive che facevano pensare ai riti pagani
dell’antichità, durante le quali si liberarono completamente dei
vestiti, aveva generato in gran parte dei giovani che si erano
radunati lassù l’illusione che la giustizia sociale realizzata con
la violenza avesse reso reale il grande sogno di tutti, la
Rivoluzione.
Mentre centinaia di
espropriatori finalmente sazi si succedevano ai microfoni proclamando
infinite ed euforiche teorie sulle trasformazioni posrivoluzionarie
del mondo, gli espropriati, cioè i discografici e i guru della
sinistra che avevano organizzato quel Megafestival si davano da fare
per spiegare al «popolo» che i prezzi alti del cibo avevano il fine
di finanziare i progetti politici e il Movimento.
Ma ai contestatori non fu
difficile apprendere che panini e birra costavano così cari per
compensare la tassa che proprio gli organizzatori avevano imposto
agli stand alimentari di Stella Rossa, degli Anarchici e così via.
Il «guru che t’ingura» e i manager dei cantanti di sinistra
avevano inventato, già nel 1976, la tangente extraparlamentare.
* dal catalogo di Roberto
Silvestri «Il cinema contro di Alberto Grifi», 1993