È scomparso Tom
Hayden, attivista per i diritti civili e pacifista, autore del «Port
Huron Statement» che nel 1962 gettò le basi per la Student for a
Democratic Society, il movimento studentesco americano. Dal 1976 è stato uno degli esponenti di punta della sinistra del partito democratico.
Bruno Cartosio
La lotta radicale dei
sogni
Al giovane attivista Tom
Hayden, intelligente e generoso, hanno creduto e voluto bene in
tanti, molti anni fa. Qualcuno lo ha poi considerato poco meno di un
traditore, quando negli anni della crisi del Movimento, scansò la
trappola dell’isolamento e della nostalgia e cercò nuove strade
nelle istituzioni per il proprio agire politico. Infine, negli ultimi
decenni, gli è stata riconosciuta la rispettabilità che si è
meritato come uomo politico serio, riformatore e progressista.
Era arrivato all’impegno
da studente, documentando la protesta e la solidarietà verso le
lotte dei neri del Sud per il giornale dell’università di Ann
Arbor, nel Michigan. Si maturava presto, allora. Aveva ventuno anni
quando scrisse il Port Huron Statement, il lungo documento che
tracciò il quadro ideologico-politico entro cui negli anni
successivi si mossero la Student for a Democratic Society, di cui
Hayden fu presidente nel 1962-63, e una parte del Movimento.
Contro i conservatori al
potere e i liberals che sostenevano la Guerra fredda, il documento
denunciava la stessa guerra e la corsa alle armi atomiche, la povertà
e il razzismo dominante. Fu visto un documento rivoluzionario, perché
chiamava all’impegno personale e alludeva all’idea che la
democrazia potesse essere «partecipata».
Nel rispetto dei suoi
principi, Hayden prese parte insieme con tanti altri giovani –
bianchi e neri, maschi e femmine – alle lotte contro la
desegregazione razziale nel Sud nei primi anni sessanta; riorientò
poi il suo attivismo nella successiva fase in cui l’Sds concentrò
le forze sulle comunità urbane del Nord, nella speranza di costruire
un «movimento interraziale contro la povertà». Era a Newark da più
di due anni, quando nel 1967 vi ebbe luogo una delle sollevazioni
urbane più violente. Fu anche attivo contro la guerra del Viet Nam,
a partire dal ’65, e tre anni più tardi fu individuato come uno
degli organizzatori delle proteste di Chicago contro la convention
democratica: fu denunciato (insieme con altri sette, tra cui Abbie
Hoffman, Jerry Rubin e Bobby Seale), processato e condannato a cinque
anni. Tanto palesi furono i pregiudizi e le falsificazioni messe in
atto in quel processo-farsa che le condanne furono cancellate in
appello.
1963. Coordinamento Nazionale SDS (Hayden è l'ultimo a sinistra)
Ma intanto il movimento
andava in frantumi. Bianchi e neri si separavano e le donne
cominciavano a dare vita alle loro organizzazioni separate. La Sds si
spaccava in due nel 1969, da una parte i marxisti-leninisti, o
maoisti, di Progressive Labor e dall’altra la componente più
radicale, che quasi subito si sarebbe chiamata Weatherman e avrebbe
imboccato la strada dell’organizzazione clandestina e della lotta
armata. Hayden e tanti altri della «vecchia guardia» liberal di
sinistra si trovarono spiazzati. Era una crisi personale, oltre che
politica, di cui danno ampiamente conto sia Todd Gitlin in The
Sixties (1987), sia lo stesso Hayden
nell’autobiografico Reunion (1988). Ai brandelli del
Movimento sarebbero rimasti solo il Viet Nam, il Laos e la Cambogia –
e Nixon.
Quando Jane Fonda e
Hayden si sposarono, nel gennaio 1973, molti degli ex compagni
guardarono a quel matrimonio come se sancisse che «tutto» era
finito e che vinceva ormai la «sinistra-spettacolo»: lui non aveva
mai disdegnato la luce dei riflettori, lei era una star del cinema.
Paradossalmente, sulla data stessa del matrimonio incombeva una
coincidenza altamente simbolica: la firma degli accordi di pace a
Parigi. L’acredine era frutto dei distacchi personali e del vuoto
politico e ideale che stava di fronte a chi era diventato adulto
nell’ardore dei dieci anni precedenti. Nell’amarezza, diffusa tra
i maschi, si nascondeva il problema reale di che cosa fare ora.
Tom Hayden e Jane Fonda
Come in una «coda»
personale e politica, l’anno dopo il matrimonio, i due sposi
partivano per il Viet Nam del Nord. Hayden vi aveva fatto il suo
primo viaggio nel 1965 e lei era già «Hanoi Jane». Nel ’67, lui
aveva ottenuto la liberazione di tre prigionieri di guerra americani,
in riconoscimento per ciò che il movimento contro la guerra aveva
fatto negli Stati Uniti.
Al ritorno pubblicarono un documentario, Introduction to the Enemy. Introduzione al nemico che non ripudiava nessuna delle posizioni che l’opposizione alla guerra aveva assunto negli anni precedenti. Nel ’75, come è noto, la guerra finiva del tutto con la caduta di Saigon e l’abbandono precipitoso dell’ambasciata degli Stati Uniti da parte degli ultimi funzionari e rifugiati sudvietnamiti.
Ora però tutto
quello che era iniziato nei primi anni sessanta era davvero finito.
Non era così soltanto per le donne, i cui movimenti erano ancora in
una fase di espansione. Nella confusa crisi di quegli anni Hayden
cercò una strada nuova: non era riuscito a cambiare il sistema,
forse avrebbe potuto cambiare la politica, ma stavolta dall’interno.
Tanti altri stavano cercando la loro strada nelle professioni, soprattutto nell’insegnamento e nel giornalismo; altri rientravano nei ranghi e qualcuno immaginava ancora di poter «radicalizzare la lotta». In ogni caso i sentieri erano ormai separati.
Nelle elezioni del 1976,
fatta pace con il Partito democratico, concorse in California alla
candidatura per il Senato nazionale, ma fu sconfitto. La strada che
aveva deciso di imboccare era comunque quella. Nel 1982, ridimensionò
con successo le proprie ambizioni, correndo per un seggio nel
Parlamento statale e ottenendolo.
Comizio di Tom Hayden per il ritiro dall'Irak
Fu poi senatore, sempre nel Senato della California dal 1993 al 2000. Non furono sempre successi: fu sconfitto nella corsa a governatore dello stato e nella corsa a sindaco di Los Angeles. «I repubblicani mi attaccano come se il processo di Chicago non fosse mai finito, e però vengo rieletto ogni due anni», scriveva all’inizio di Reunion, quando sedeva nell’assemblea legislativa californiana. E pur nella democratica California avrebbero continuato ad attaccarlo anche in seguito, per quello che faceva e per quello che scriveva nei tanti libri che pubblicava, con una attenzione per i problemi e una sensibilità personale che, negli anni, non si era perduta per la strada.
Il manifesto – 25
ottobre 2016