TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 17 aprile 2016

Alla scoperta del Ponente ligure. La Val Nervia



Alla scoperta del Ponente ligure. La Val Nervia

Dopo l’apprezzato libro fotografico “Intemelia nel Cuore”, della fine del 2014, l’autore si dedica con questo suo nuovo lavoro al cuore della regione intemelia, la Val Nervia, offrendoci una bella carrellata di immagini che spaziano dalla foce dell’omonimo torrente sino alle cime che ne circoscrivono il bacino.

Dal litorale si risale la valle seguendo un ideale file rouge che si dipana nel territorio dei comuni che la caratterizzano. Accanto alla vite troviamo  l’ulivo che si spinge anche a quote inconsuete, ben oltre Buggio il borgo più settentrionale della valle, dove l’aria e la luce del mare già si mescolano a quella alpina delle conifere e dei prati che contraddistinguono la sua area  più calcarea, dove sorgono le cime più alte comprese nel Parco naturale regionale delle Alpi Liguri.

Oltre alle esaustive didascalie che accompagnano le fotografie, il libro è arricchito dalle schede degli affascinanti paesi che, aggrappati ai crinali o acquattati nel fondovalle, costituiscono solo le prime mete per cominciare a conoscere questo fragile, ma magnifico territorio delle antiche e fiere tribù liguri che tanto diedero filo da torcere ai conquistatori romani.

Alessandro Lasagno
Splendida Val Nervia
Atena Edizioni


sabato 16 aprile 2016

Francesco Biamonti. Un inedito a 15 anni dalla scomparsa


PrimadOC


venerdì 15 aprile 2016

Liberazione e libertà delle donne


Genova. La memoria dei '70 dietro a quel sottile filo di seta nera



Storie di militanti o piuttosto di uomini donne passati attraverso gli anni '70. Libro dopo libro si compone l'autentica dimensione degli anni mitizzati come “di piombo”. In realtà gli anni in cui una generazione (la nostra) ha cercato faticosamente di diventare grande. Pagando di persona prezzi spesso molto pesanti.

Donatella Alfonso

La memoria dei '70 dietro a quel sottile filo di seta nera

Nasce ligure di ponente, Enza Siccardi. Nasce con un cognome che nella guerra di Liberazione è qualcosa di potente: è la figlia di Nino Siccardi, u Curtu, comandante della I Zona Operativa Liguria. Di lui e della madre Chiara porta con sè l'eredità del rigore e la fede comunista ma soffre altrettanto quella distanza, quella mancanza di leggerezza che negli anni ‘50 accompagna il comandante partigiano ormai disilluso.

Non può essere casuale per la schiva Enza l'incontro, anzi l'abbraccio con i movimenti degli anni Sessanta e Settanta, dopo la restituzione nel ‘68 della tessera del Pci. E allora saranno gli anni del femminismo, la vita da insegnante di lingue pendolare con Torino, la frequentazione dei compagni di Lotta Continua e di Potere Operaio, ma anche dei luddisti di Balbi. E l'incontro fondamentale con Gianfranco Faina, il docente che poi parteciperà alle prime Br e fonderà Azione Rivoluzionaria.

Quasi fatale, il passo. Quello che porta verso l'antagonismo, la clandestinità. E un mancato attentato, nel 1976, a cui fa seguito un primo arresto. Poi, quando tutto sembra dimenticato, la sentenza passata in giudicato e l'arresto: a scuola, durante le lezioni, con il pensiero del figlioletto da andare a prendere a scuola. Gli anni nel supercarcere di Novara, il confronto tra le donne.



Poi, la nuova libertà, la scelta di svoltare verso una nuova vita: che potrebbe essere rappresentata, in una grande casa di Cà di Favale, nell'entroterra chiavarese, dall'allevamento d ei bachi da seta. Fili di seta leggerissimi e fortissimi, come le proprie passioni. " Sarà un filo di seta nera", edizioni Anarres, 7 euro: nelle librerie L'Amico Ritrovato e da Bookowski), è la storia che Enza narra di sè.

Poco raccontata, molto riflessiva, com'è lei. «Devi farlo, perché se vai al risparmio energetico non farai nulla - sorride lei, che presenterà il libro oggi alle 16.30 al Cream Café del Ducale insieme a Paolo Tellarini, l'amico che l'ha convinta che scrivere (molto bene peraltro, frasi secche e dure, ma grande gusto della parola) di sè era la cosa giusta da fare. «E' un racconto con esperienze e con vissuti pesanti, molto più del mio - dice Enza certo, non è stato facile, ma queste cose bisogna dirsele». Un percorso che si riapre. Senza giudizi, solo ricordi.


La Repubblica – 8 aprile 2016

giovedì 14 aprile 2016

Il Partito della Nazione Occitana e l'Armenia



Il Partito della Nazione Occitana e l'Armenia

Il Partito della Nazione Occitana sostiene :

1) la riunificazione pacifica in uno stesso Stato dei territori storici armeni. Ciò si applica al territorio armeno ora occupato dalla Turchia e al Nagorno-Karabak indipendente
2) il diritto della diaspora armena di far ritorno alla sua patria
3) il riconoscimento del genocidio armeno e il pagamento da parte della Turchia di un indennizzo a mò di riparazione.



Festa dei libri e delle rose


Roberto Agus, Aliens Robotters Apolidi & Smart Guns



ROBERTO AGUS
ALIENS, ROBOTTERS, APOLIDI
& SMART GUNS
a cura di Sandro Ricaldone
14 - 29 aprile 2016

Entr'acte
via sant'Agnese 19R – Genova
orario: mercoledì-sabato 16-19
inaugurazione: venerdì 15 aprile, ore 18


Entr'acte inaugura il 15 aprile “Aliens, Robotters, Apolidi” e “Smart Guns”, la mostra personale con cui Roberto Agus si ripresenta sulla scena genovese dopo un’assenza di oltre vent’anni. L’artista presenta, insieme ai nuovi lavori che danno il titolo alla rassegna, una serie di opere degli anni ottanta, a testimonianza della continuità del suo percorso.

La pittura di Roberto Agus era emersa, nel primo scorcio degli anni '80, dal magma del punk (in un ambito di contiguità fra espressione sonora e visiva contrassegnato da una mobilità estrema nel fagocitare inquietudini metropolitane ed immagini filmiche) già definita nei suoi tratti essenziali: un disegno acuto e sottilmente ironico che, se da un lato rimandava alle contemporanee esperienze di illustrazione fumettistica, assorbiva per altro verso la raffinatezza di certe soluzioni Art Nouveau; un colore steso in campiture piatte e giocato in contrasti a un tempo irreali e stridenti; un universo fantastico ove venivano introdotti simulacri e temi ossessivi, esemplificati dalla flora aggressiva e debordante, così come dalla perturbante presenza di insetti o dalla crudele inespressività delle figure infantili.



Agus, che dagli anni novanta ad oggi si è dedicato in prevalenza a composizioni musicali ascrivibili ad un’area che lui stesso definisce come techno space music, propone da Entr’acte due cicli realizzati dopo l’inizio del nuovo millennio. Il primo, “Aliens, Robotters, Apolidi”, si sviluppa a partire dal 2004 attorno “alla semplice idea di ricreare e sintetizzare ritratti primordiali miscelando fisionomie indios, afro, indigene, aborigene.

Col tempo i ritratti si sono irrigiditi in tratti robotici quasi sino a sparire tra campiture e linee che si intrecciano per tratteggiare volti/maschere immaginari in cui ho riversato l’immaginario che da sempre mi appassiona: la cultura della diaspora africana (la sua musica a partire dal jazz sino alla techno e dance elettronica, la grafica afro-space delle copertine dei dischi anni 70 ) la fantascienza come metafora della condizione umana, i suoi scenari opprimenti,  lo spazio immaginato negli anni 50/70, le vecchie copertine Urania, Galaxy, Nebula o Amazing Stories, il design aerodinamico optical e psichedelico, la computerizzazione e la tecnologia in continua trasformazione, le Città Insettoidi e Plug-In-City dello studio Archigram”.

Le recenti “Smart Guns” sono simboli di un mondo “allo stesso tempo globale e chiuso in se stesso, ingegnoso e stupido, che spreca la sua intelligenza per inventare armi sempre più sofisticate”; sono ironiche raffigurazioni “di una tecnologia assurda e improbabile, impossibili da maneggiare perché piene di spine, corredate da optional (missili nucleari, parabole, ingranaggi e condutture per il vapore, croci e rosari, inutili come quelli reali, che uccidono per davvero)”.




Da Voltaggio al Monte Tobbio sulla via di un'antica devozione



Giorgio Amico

Da Voltaggio al Monte Tobbio sulla via di un'antica devozione

Ci sono luoghi dove il tempo sembra sospeso. Voltaggio, vecchio borgo genovese tappa di sosta sulle vie del sale, è uno di questi.



Entriamo in paese per un antico ponte alla ricerca di indicazioni sulla via che porta al Colle degli Eremiti.



Poca gente in giro, ma cordiale. Dietro una finestra un gatto curioso ci guarda passare.



Dal Colle degli Eremiti in due ore un ripido sentiero porta sulla cima del Monte Tobbio, la nostra meta.



La fioritura è in pieno rigoglio, aiutata dal clima mite di una stagione invernale mancata.



Mimetizzato fra le foglie, un ramarro ha preso il colore intenso dell'erba.



Ancora fiori, poi saliamo fra le pietre e la salita si fa più dura.



Iniziamo a intravvedere la chiesetta sulla cima.



Nuvole, vento e nebbia ci accolgono. Ma la soddisfazione di essere arrivati in cima è grande.



Ci ripariamo dal vento in due stanzette annesse alla chiesa, da sempre rifugio dei viandanti. Solo una stufa, un tavolo, qualche sedia malferma, ma la sensazione di accoglienza è intensa.


Una finestrella ci offre uno scorcio di paesaggio.



Mentre scendiamo, le nubi si squarciano e finalmente appare il sole.



E i tulipani selvatici sembrano ancora più luminosi.





lunedì 11 aprile 2016

Perinaldo paese di luce e di vento



Impressioni di una giornata passata a camminare

Giorgio Amico

Perinaldo

Perinaldo paese di luce e di vento



di vecchie pietre e intonaci screpolati



di finestre sbrecciate



fiori accesi di colore


 e erbe odorose del mare vicino



angoli verdi



e ombre riposanti



sotto i segni antichi di una devozione perduta.



Perdersi in quei vicoli



per noi, liguri di Ponente,
è un ritrovarsi.


venerdì 8 aprile 2016

Cento anni di storia operaia. La Camera del Lavoro di Sestri P.


Associazionismo operaio ed elezioni nella Savona del 1882



Fortissima oggi, e i motivi sono evidenti basta pensare allo scandalo petrolio in Basilicata che riempie le pagine dei giornali, è la disaffezione verso il voto come arma di cambiamento. Si dimentica che la conquista dei diritti politici costò sudore e sangue alle classi popolari, come dimostra il caso delle elezioni del 1882 a Savona, le prime non riservate solo al ceto possidente. Una pagina di storia da non dimenticare.

Giorgio Amico

L'associazionismo operaio e le elezioni nella Savona del 1882

Nel 1882, accogliendo in parte le istanze a favore di un allargamento del suffragio presentate dalla sinistra ma anche da ambienti liberali e perfino clericali, il governo acconsentì a modificare il sistema elettorale. La riforma fu varata dopo accese discussioni alla Camera e al Senato con le leggi del 22 gennaio e del 7 maggio 1882. La prima riguardante i requisiti necessari per essere iscritti al voto, la seconda istituente un nuovo sistema elettorale basato sul principio dello scrutinio di lista. Le due leggi vennero poi unificate nel Testo Unico del 24 settembre 1882.

La nuova elettorale stabiliva che per essere elettori occorresse aver compiuto il ventunesimo anno di età contro i venticinque della precedente normativa, saper leggere e scrivere e possedere almeno uno dei seguenti requisiti: aver superato l'esame di seconda elementare o pagare almeno 19,80 lire di imposte dirette contro le 40 precedenti.

Ciò permise ad una parte notevole della classe operaia di allora di poter partecipare al voto, anche se, escludendo gli analfabeti, la nuova legge veniva di fatto a favorire le città del nord rispetto alle campagne del sud. Comunque gli elettori, che nelle elezioni del maggio 1880 erano stati circa seicentomila, pari al 2.2% della popolazione del Regno, triplicarono passando a più di due milioni pari al 6,9%.

La riforma suscitò vivaci discussioni nell'estrema sinistra che, favorevole al suffragio universale senza limitazioni di censo o di titoli di studio, si divise fra chi intendeva comunque approfittare dell'occasione pur riconoscendone la portata limitata e chi invece la rifiutava in blocco accampando motivi di principio.

Echi di questo dibattito, che assunse presto toni assai accesi, ritroviamo nell'editoriale de “Il Cittadino”, combattiva voce del movimento democratico, dedica il 15 febbraio 1882 alla tanto discussa questione:

«Se la legge, che venne votata da una Camera borghese, non risponde perfettamente alle esigenze della Democrazia, non di meno è sempre un grande vantaggio pel popolo, il quale può così più agevolmente impromettersi il riscatto della schiavitù nazionale. Secondo noi, dovere di tutte le forze della Democrazia militante tra cui soprattutto i socialisti, è quello di concorrere all'urna compatti, Sun fila serrate e di votare per candidati radicali e onesti (…) La partecipazione alla prossima agitazione elettorale pei socialisti e le altre gradazioni del partito democratico, secondo noi, non è un problema da discutere, ma un dovere imprescindibile». (1)



Lo stesso giornale aveva d'altronde già celebrato in toni civilmente appassionati l'estensione del diritto di voto agli operai. Nell'articolo « Sono cittadini» di V. Boldrini possiamo sentire vibrare l'ingenuo orgoglio di chi si sente protagonista di un avvenimento eccezionale:

«… Anche l'operaio, anche il contadino oggi sono uomini – anzi sono cittadini (...) se ieri eran nulla, o forse men che nulla, poiché erano plebe (...) oggi sono gli elettori dei reggenti stessi della Società. Oggi sono i cittadini. Oggi hanno una Patria (…). Operai, non siamo più ventre, che a mala voglia si sfami. Siamo cittadini che si guadagnano... il pane della vita (…). Invidiosi di nessuno, saremo anzi generosi. Sotto la nostra bandiera che è quella del lavoro, della modestia e del sacrifizio, noi accoglieremo anche chi ci paga il salario. Purché non pretenda di essere il padrone! E sia contento di esserci eguale». (2)

Coerentemente con questa impostazione la Fratellanza Operaia, la più antica e gloriosa delle associazioni democratiche savonesi, nomina una speciale commissione incaricata di garantire l'iscrizione nelle liste elettorali del maggior numero possibile di lavoratori. Il 19 febbraio la commissione diffonde un « Manifesto agli operai» perchè accorrano “numerosi e solleciti” a farsi registrare.

A convincere anche i più restii della utilità della partecipazione elettorale giunge alla fine del mese di febbraio la notizia che i congressi appena svolti dei socialisti fiorentini e romagnoli hanno respinto l'ipotesi astensionista «considerando che l'agitazione elettorale potrà essere non solo un mezzo per propugnare le idee socialiste, ma bensì anche la ragione di molte e grandi riunioni di lavoratori nelle quali questi si intenderanno sempre meglio e si affratelleranno ognor più per raggiungere un nuovo ordine di cose». (3)

Da Savona “Il Cittadino” plaude a questi deliberati ed auspica che «col concorso dei rappresentanti del proletariato, la questione sociale si potrà risolvere in modo conforme ai dettami della giustizia ed ai sentimenti della sociale fratellanza». (4)



Il Manifesto dei clericali

La riforma elettorale spinge alla mobilitazione anche il mondo cattolico o come era uso dire allora clericale. Il 24 marzo da Bologna il Comitato Generale Cattolico Permanente diffonde un appello agli «elettori di sani principi» perchè nelle ormai prossime elezioni amministrative vengano prescelti candidati «di indubbia religione» al fine «conservare cristiani i nostri comuni». L'attivismo cattolico si allarga ben presto al nuovo soggetto politico rappresentato dagli operai, qua e là si assiste alla nascita improvvisa di società operaie cattoliche.

Allarmato “Il Cittadino” nota acidamente che «molti furbi, che pochi giorni or sono trattavano gli operai come carne da macello, o li disprezzavano, o per lo meno ricusavano di riconoscerli come facenti parte del consorzio umano, or cambiano sistema e cominciano ad accarezzare, qua e là, nelle fabbriche, nelle officine, su per le piazze, i lavoratori e con larghe promesse, pur di ingannarne la buona fede, pur di carpirne il voto». (5)

La breccia di Porta Pia infiamma ancora gli animi. Ad un articolo del giornale della curia vescovile, “La Liguria Occidentale” che nei socialisti vede «la bandiera del diavolo», dalle colonne de “Il Cittadino” si replica che «il popolo è devoto maggiormente alla bandiera del forcone anziché a quella dei Torquemada. La prima è l'insegna della libera ragione, la seconda è l'insegna della superstizione, della menzogna, dell'immoralità elevata a dogma della setta dei preti». (6)

Anche le autorità di governo, accusate di favorire per motivi di conservazione sociale i clericali, non rimangono esenti da spunti polemici. I democratici savonesi lamentano che «ai nostri giornali repubblicani e socialisti e anticlericali, che propugnano una forma di reggimento la quale indubbiamente racchiude libertà e uguaglianza per tutti, il sequestro e le multe... agli uomini di sacrestia che ogni giorno nei congressi, nelle scuole, nei loro fogli fanno voti pel ristabilimento dello Stato Pontificio e della immorale e barbara tirannia papale, impunità e favori!». (7)

Ma al di là del fattore unificante rappresentato dalla polemica anticlericale, le cose non vanno troppo bene per il movimento democratico che, frammentato in una molteplicità di correnti, stenta a trovare un terreno d'intesa che superi il personalismo, retaggio del vecchio sistema incentrato sul notabilato. E' questo un dato generale che va ben oltre i pur reali limiti della sinistra savonese, per coinvolgere un movimento operaio intimamente lacerato tra furori bakunniisti, suggestioni mazziniane e primi tentativi di organizzazione politica autonoma.

A conferma di tale malessere giunge l'ordine del giorno votato il 18 aprile dalla Consociazione Operaia Genovese secondo cui:

«considerando che v'hanno partiti politici cui non pesa di consumare ibridi compromessi... che i partiti che s'intitolano del Progresso più che per il trionfo dei principi combattono oggi per levare in alto le loro personali ambizioni: che ancora incompleta è la partecipazione popolare alle elezioni... delibera di astenersi, allo stato attuale delle cose, dal prendere parte alle prossime elezioni amministrative di Genova».



La notizia, inaspettata, esplode a Savona come una bomba riaprendo vecchie polemiche mai sopite. Per tutta la primavera le associazioni operaie, i circoli liberali e gli intellettuali democratici discutono se, accettato il principio della partecipazione alle elezioni, sia utile per il movimento democratico, diviso e impreparato, prendere parte all'ormai imminente tornata amministrativa. Gradualmente viene prevalendo un indirizzo simile a quello degli operai genovesi. Lo schieramento democratico si divide. Da un lato un gruppo di elettori liberali sostenuti dal giornale “Il Progresso” presenta una propria lista, mentre i democratici vicini a “Il Cittadino” e al Circolo Anticlericale optano per l'astensione.

Con un editoriale a tutta pagina intitolato significativamente «Giunge il nostro tempo» “Il Cittadino” supera i limiti del vecchio rivoluzionarismo repubblicano per rivolgersi direttamente agli operai che sull'onda impetuosa dello sviluppo industriale di fine secolo appaiono sempre più il vero soggetto centrale di qualunque politica di trasformazione sociale del Paese che voglia essere praticabile.

« Le prossime elezioni generali saranno per la democrazia una nuova prova... E' agli operai che noi ci rivolgiamo, l'avvenire è riservato ad essi: blasoni, privilegi, dispotismi di classe debbon cadere infranti davanti al sacro altare del lavoro. L'operaio che fino ad ora fu considerato una macchina, una forza produttrice qualunque, alla sua volta deve mostrare che ora anche per lui è arrivato il suo tempo». (8)

Le elezioni amministrative del 30 luglio segnano una volta ancora una netta affermazione della lista clericale-moderata, nonostante il forte astensionismo – votarono infatti solo 776 dei 2391 iscritti nelle liste elettorali – confermi l'influenza del partito democratico.

«I clericali – scrive “Il Cittadino”- hanno ottenuto una completa vittoria in articulo mortis. Era da aspettarselo. Noi li attendiamo al redde rationem il giorno non remoto delle elezioni generali». (9)



Il Programma della Massoneria

Consapevole dei propri limiti, il movimento operaio savonese dedica i tre mesi estivi ad una puntigliosa opera di riorganizzazione. Il 7 agosto nel corso di una affollatissima assemblea la Consociazione Operaia elegge un Comitato Elettorale Democratico Operaio composto dai cittadini Giuseppe Murialdo, F.G. Gozo, G.B. Bolens, G.B. Lottero, Onorio Blengini, Matteo Leveratto, Tito Vacca, Giuseppe Borzone, Giov. Maria Negro, Salvatore Lippi, G.B. Cortese e Felice Spirito. Il Comitato, che ha l'appoggio delle società operaie e della redazione de “Il Cittadino”, ha il compito di coordinare gli sforzi elettorali del movimento democratico, di creare sottocomitati nei principali centri del circondario, di reperire fondi e di scegliere i candidati.

Ai primi d'Ottobre scende in campo anche la Massoneria che si schiera decisamente a fianco del movimento operaio e democratico. Il Grande Oriente dirige a tutte le Officine della Comunione italiana una circolare che invita i Maestri Venerabili a far presente ai “Fratelli” i principi ispiratori della politica massonica in campo elettorale. Innanzitutto si deve per quanto attiene la scelta dei candidati «ricercare l'onestà della vita, l'integrità del carattere e l'indipendenza morale». Vanno appoggiati candidati che «ossequienti al principio della Sovranità Popolare, siene sempre disposti ad allargare la base di tale sovranità (…) e a propugnare tutte quelle Riforme che l'opinione pubblica ha già dimostrato e dimostrerà sempre più per l'avvenire, utili e necessarie». Quindi si devono scegliere candidati che: «Propugnino il discentramento amministrativo – leggi agrarie se necessarie a bonificare terre incolte e casse di prestito agricolo necessarie a salvare i piccoli coltivatori che scompariscono spaventosamente, di giorno in giorno, oppressi dalle tasse eccessive e da un'insopportabile fiscalità . Sostengano l'abolizione completa del [la tassa sul] macinato e propugnino la riduzione equa e onesta della tassa sul sale. Suggeriscano e promuovano l'istituzione delle Camere sindacali operaie ed agricole destinate a tutelare gli interessi dei lavoratori. Sollecitino i risultati dell'inchiesta agraria ed i provvedimenti igienici, economici e amministrativi contro la pellagra, la malaria, le abitazioni insalubri. Il cibo insufficiente alla vita, l'emigrazione». E ancora che promuovano l'istruzione elementare generale ed obbligatoria, la riforma della legge penale e l'umanizzazione del sistema carcerario, l'adozione di una politica estera di pace «secondo lo spirito di giustizia e d'equità, non di prepotenza, di conquista e di egoismo brutale» sostenendo il principio dell'arbitrato internazionale in caso di contrasti fra nazioni.

Il manifesto del Grande Oriente, che di fatto fornisce un vero e proprio programma politico al movimento democratico, ottiene larghe adesioni anche nella nostra città. “Il Cittadino” lo riprende dedicandogli l'intera prima pagina, le associazioni operaie ed i circoli liberali lo discutono, mentre i giornali clericali fanno a gara, soprattutto nelle campagne, ad evocare immagini diaboliche e a denunciare oscuri e minacciosi complotti orditi dai “framassoni”.

Avvicinandosi la data del 29 ottobre prevista per le elezioni, gli schieramenti vengono sempre più delineandosi. Il Comitato Democratico Operaio, il Comitato Progressista, la Fratellanza Operaia, il Club Progresso Operaio decidono di proporre agli elettori una lista unitaria formata dallo scrittore garibaldino Giuseppe Cesare Abba, dall'avvocato Giuseppe Berio, dal marchese Nicola Mameli e dal cavaliere Adolfo Sanguineti. I moderati appoggiati dall'organo della curia vescovile “La Liguria Occidentale” e da numerosi periodici locali, sostengono invece le candidature dell'onorevole Paolo Boselli, del marchese Marcello De Mari, di Stefano Castagnola e di G. Rolando.

Da una parte e dall'altra si affilano le armi. “Il Cittadino” mette in guardia gli elettori operai affinchè non si facciano condizionare dal vecchio sistema che privilegiava il voto ai notabili rispetto ai programmi di partito.

«Non sono più nomi che stanno di fronte nella lotta: ora sono due partiti, il moderato alleato coi preti, il partito dell'avvenire e del progresso. Per quale voteranno gli operai? Pel partito di Boselli e compagnia che di questione sociale, di voto universale non si sono mai interessati ed anzi hanno negato il voto ai diseredati; hanno tentato di schiacciare le classi dei lavoratori di fronte all'ingordigia dei capitalisti». (10)

Anche i moderati non stanno certo a guardare, ma appoggiati dal clero dedicano particolare cura alla propaganda nelle campagne come risulta dalle corrispondenze che a decine giungono alla redazione de “Il Cittadino” da Cairo, Dego, Sassello, Stella.

Il 29 ottobre giunge finalmente l'occasione tanto attesa dai progressisti. Il collegio elettorale di Savona viene ripartito nei circondari di Savona ed Albenga e nei mandamenti di Voltri e Sestri Ponente. Le elezioni si svolgono in maniera regolare e vedono l'affermazione della lista democratica che ottiene circa un migliaio di voti in più della lista clericale-moderata. Per il particolare meccanismo elettorale risultano però eletti i primi due candidati di ogni lista e precisamente Sanguineti e Berio per il partito democratico, Boselli e De Mari per quello moderato. Ovunque, con l'eccezione di Finalmarina, prevalgono i democratici. Nelle cittadine e nei centri di una qualche importanza, dove il livello di istruzione è mediamente più alto, la lettura dei giornali è più diffusa e soprattutto più forte è la presenza di operai industriali, il corpo elettorale mostra di possedere una più avanzata coscienza politica premiando massicciamente la lista progressista, mentre nei comuni rurali, dove ancora molto forte è l'influenza della Chiesa, la lista moderata sostanzialmente tiene. A Savona, infine, polo industriale ma con un circondario agricolo non disprezzabile, i due schieramenti sostanzialmente si equivalgono con una lieve prevalenza dei democratici, mentre risulta schiacciante il voto democratico nei mandamenti industriali “genovesi” di Voltri e Sestri Ponente.

Comuni
Lista
democratica
Lista
moderata
Savona
3976
3744
Altare
702
329
Albenga
913
765
Cairo
804
331
Finalborgo
806
229
Finalmarina
202
338
Loano
481
313
Noli
402
216
Sassello
505
367
Varazze
430
360
Sestri Ponente
2118
1047
Voltri
1664
1218

Per le ancora inesperte associazioni operaie, povere di mezzi finanziari e osteggiate dalle autorità di governo, è un clamoroso successo. “Il Cittadino” tira così le somme della prima vera prova elettorale a cui abbia mai preso parte il modo organizzato il movimento operaio:

« E' pertanto ai comuni rurali del Collegio che è d'uopo rivolgere tutta la cura dei comitati, ed usare di tutte le possibili influenze per infiltrare lo spirito nuovo in quelle buone e semplici popolazioni, vittime per lo più della propria ignoranza abilmente sfruttata dal clero, dai ricchi feudatari e dai di costoro agenti (…). E per adempiere adeguatamente a questo imprescindibile compito della democrazia, occorre non aspettare il tempo indetto per le elezioni, che a poco o nulla approderebbe allora ogni sforzo nostro, ma imitando in ciò i nostri avversari, è cosa indispensabile, urgente che i liberali si diano pensiero degli elettori delle campagne e mettano molta cura e diligenza nel promuovere e sviluppare l'educazione politica, colla fondazione di associazioni operaie, di club di divertimento e di istruzione e simili istituzioni, le quali tendano specialmente ad avvicinare ed affratellare la gioventù, sottraendola al pernicioso dominio del prete». (11)

Note

1) “Il Cittadino” del 15/2/1882
2) “Il Cittadino” del 14/2/1882
3) “Il Cittadino” del 3/3/1882
4) “Il Cittadino” del 6/3/1882
5) “Il Cittadino” del 28/2/1882
6) “Il Cittadino” del 2/8/1882
7) “Il Cittadino” del 18/4/1882
8) “Il Cittadino” del 14/7/1882
9) “Il Cittadino” del 1/8/1882
10) “Il Cittadino” del 18/10/1882
11) “Il Cittadino” del 8/11/1882

Da: Pagine savonesi, luglio 1982

lunedì 4 aprile 2016

Anarchici e socialisti nella Savona operaia del 1894



Si è appena concluso il triste (per toni e argomentazioni) spettacolo delle primarie del PD savonese. Triste epilogo di una sinistra la cui vita era iniziata nel nome di Bakunin, di Mazzini e di Marx.

Giorgio Amico

Anarchici e socialisti nella Savona operaia del 1894

Per il 14-15 agosto 1892 fu convocato a Genova il congresso costitutivo del Partito dei Lavoratori Italiani. Nel manifesto programmatico venivano chiamati a raccolta «le rappresentanze di tutte le associazioni e circoli operai che accettino in massima i principi cardinali del Partito approvati nell'ultimo congresso e cioè: la costituzione di un grande partito di lavoratori indipendente da tutti gli altri partiti; l'organizzazione operaia per la rivendicazione delle terre e dei capitali Sun mano alla collettività dei lavoratori; la conquista dei poteri pubblici, come altro mezzo per l'emancipazione dei lavoratori». (1)

L'andamento dei lavori, come è noto fu burrascoso e sancì la definitiva separazione fra la corrente socialista e quella anarco-operaista. Il partito attenderà fino al Congresso di Reggio Emilia dell'anno successivo per definirsi esplicitamente socialista, ma a caratterizzare in tal senso il Congresso di Genova vengono la definizione di un preciso programma ideologico e l'accettazione di questo da parte dei più importanti centri del movimento operaio organizzato. In breve, come scrive Arfè, « il partito che nasce a Genova ha una base proletaria, é ideologicamente collegato al marxismo, si collega per questo pur tenue filo con gli altri partiti socialisti europei». (2)

    Andrea Costa

Il Primo congresso socialista ligure

Nonostante le difficoltà del momento politico attraversato e la pochezza dei mezzi organizzativi del nuovo partito operaio, in breve tempo l'idea socialista prende in Liguria uno sviluppo veramente straordinario. Ne è prova il Primo Congresso Socialista Ligure che si tiene un anno e mezzo più tardi a Sampierdarena alla presenza di oltre duecento delegati in rappresentanza di ben 36 società di tutta la regione.

Aperti i lavori con le relazioni dell'operaio Pietro Chiesa, già membro della presidenza del congresso del '92, e di Andrea Costa, che porta il saluto della direzione nazionale, in due giorni di intenso dibattito vengono definiti punti fondamentali per l'attività futura del partito quali l'atteggiamento da tenere nei confronti delle elezioni, la costituzione di una Camera del Lavoro a Genova, la municipalizzazione dei servizi pubblici, l'agitazione a favore del suffragio universale. In particolare viene approvato all'unanimità un ordine del giorno conclusivo con cui « il Congresso afferma il dovere e l'utilità della lotta elettorale politica e amministrativa, intesa alla conquista dei pubblici poteri, mediante candidati propri sempre dovunque sia possibile, almeno allo scopo di propaganda...». (3)

Il Congresso sancisce anche la nascita di una struttura organizzativa permanente, la Federazione Socialista Ligure, diretta da un Consiglio in cui viene chiamato a rappresentare Savona il prof. Alberto Cuneo, esponente di primo piano della da poco costituita Lega Socialista Savonese.



La Lega Socialista Savonese

Dopo un lavoro preparatorio durato diversi mesi, si era costituita anche nella nostra città una sezione socialista: la sera del 16 marzo 1894 nella sala della Società Fabbro-Ferrai si era svolta, alla presenza di oltre duecento persone tra cui numerosi socialisti di Oneglia, Sanremo e Genova, la seduta inaugurale della Lega Socialista Savonese. Le attività iniziali della neonata organizzazione si erano rivolte alla propaganda all'interno delle società operaie e alla preparazione della giornata del Primo Maggio la cui celebrazione era allora severamente interdetta dalle norme di pubblica sicurezza.

Nonostante le eccezionali misure adottate dalle autorità – era stato posto in allerta anche il 64° Reggimento di fanteria di stanza in città – la festa del lavoro si svolse nella massima calma. Le società operaie organizzarono nella mattinata escursioni alla collina dei cappuccini da cui i lavoratori e le loro famiglie tornarono nel pomeriggio « carichi di verde e di fiori». (4) A sera, nonostante il tempo si fosse guastato e piovesse a dirotto, si tenne nella sala della Fratellanza Operaia per iniziativa della Lega una conferenza del pubblicista Ferruccio Mosconi, redattore de “Il Caffaro” di Genova e esponente di spicco della Federazione Socialista Ligure. La riunione fu occasione di aspro scontro fra socialisti da un lato e anarchici e repubblicani dall'altro. In fatti, non appena l'oratore ebbe terminato di sostenere che il partito non doveva cercare né accettare l'alleanza con gli anarchici e mirare invece a impadronirsi con mezzi legali del potere, alcuni operai anarchici vivacemente ribadirono la loro avversione al sistema elettorale e la comprensione per i « lanciatori di bombe». In particolare si sostenne da parte dei libertari che « l'dea del voto è per i socialisti un modo di salire in alto e di scordare chi soffre» e che « dai deputati e consiglieri comunali socialisti nulla può sperare il proletariato». (5)

Quanto ai repubblicani, essi rivendicarono a Mazzini la gloria di aver ideato un programma socialista migliore e più nobile di quelli di Marx e Lassalle e accusarono i socialisti di volere la divisione del movimento operaio rafforzando così gli avversari.



Il processo agli anarchici e i fatti di Sicilia

L'animata conferenza del Primo Maggio non è il solo indizio della presenza in città di un agguerrito, seppur ridotto, manipolo anarchico. Pochi giorni più tardi – il 5 maggio – si aprì davanti al Tribunale di Savona il processo contro sette giovani anarchici accusati di associazione a delinquere. Secondo l'accusa i sette, tutti operai, capeggiati dal tipografo ventitreenne Giuseppe Cava, erano soliti riunirsi all'angolo di Piazza Giulio II e lì, durante i fatti della Lunigiana, avevano espresso l'intenzione di andare in aiuto degli anarchici carraresi e di compiere a scopo dimostrativo attentati contro la ferrovia.

In realtà, e lo svolgimento del processo lo dimostrò inequivocabilmente, i giovani anarchici, da tempo tutti accuratamente sorvegliati dalle autorità per timore che « volessero provocare disordini», si erano limitati ad un'opera di propaganda o, come allora si diceva, di « preparazione del terreno». A questo scopo erano stati allacciati contatti con gruppi libertari di altre città, specialmente a Genova, e diffusi nelle fabbriche savonesi, e in particolare alla Servettaz dove uno dei sette lavorava, opuscoli, manifestini e giornali anarchici come “La Favilla” e il “Sempre Avanti!”. Sempre a Savona e a Alassio, dove risiedevano due degli imputati, erano stati tracciate scritture murali inneggianti all'ormai prossimo trionfo dell'anarchia e organizzate conferenze clandestine a cui aveva preso parte un ristretto numero di simpatizzanti. La Corte non ebbe la mano pesante e, dopo tre giorni di dibattimento, condannò cinque degli imputanti e precisamente Giuseppe Cava, Leonardo Zino, Giuseppe Fortunato, Pio Rossi e Mario Mobello, a sei mesi di reclusione e a cento lire di ammenda, mentre assolse per insufficienza di prove Vincenzo Costa e Antonio Stalla.

Fioccavano intanto a migliaia le condanne per i fatti di Sicilia, dove il movimento dei Fasci operai e contadini era stato brutalmente represso con l'ausilio dei tribunali militari e della legge marziale. All'onorevole De Felice Giuffrida, considerato principale istigatore dei tumulti, venne inflitta una grave condanna nonostante l'immunità parlamentare. Il fatto suscitò l'unanime sdegno di tutti i democratici. La Massoneria, che già per per bocca del suo Gran Maestro aveva protestato contro i provvedimenti eccezionali adottati dal governo in Sicilia e in Lunigiana, solidarizzò pubblicamente con il Partito Socialista. (6)

Anche a Savona la riprovazione per il brutale atto repressivo fu unanime. La Lega Socialista diffuse in tutta la città questo manifestino:
« La Lega Socialista Savonese di fronte all'enorme ed efferata condanna pronunciata dal tribunale “giberna” di Palermo contro De Felice e compagni, protesta energicamente contro l'attuale governo e in special modo contro il vigente sistema capitalistico, sola e unica causa di tutte le ingiustizie e ineguaglianze sociali, e fa voti che un'energica perseverante agitazione del partito socialista riesca a ridonare ai compagni condannati la loro libertà». (7)

Fu il canto del cigno della prima organizzazione socialista savonese. Ottenuti i poteri eccezionali, Crispi li usò contro il suo principale nemico il Partito Socialista. Decreti legge “antianarchici” colpirono le camere del lavoro, le leghe operaie, le società di mutuo soccorso, i circoli ricreativi e culturali. Centomila persone furono private del diritto di voto con il pretesto che erano state iscritte per errore nelle liste elettorali. Di fatto il Partito socialista, che aveva ormai più di 160 sedi in tutta Italia, venne posto nella più completa illegalità. Un'ondata senza precedenti di arresti potò nelle carceri migliaia di lavoratori accusati di voler sovvertire le istituzioni e di istigare all'odio di classe. Anche la Liguria fu travolta da questa spirale repressiva che pareva inarrestabile. Sciolta d'autorità la Federazione Socialista Ligure, arrestati e condannati i suoi dirigenti, costretti all'esilio i più decisi dei suoi militanti, il partito si trovò pressochè completamente paralizzato. Iniziava così una fase di ripensamento teorico e di riorganizzazione del movimento operaio costretto a rivedere i propri obiettivi e i propri metodi di lavoro. Una fase destinata a sboccare il 25 dicembre 1896 nella fondazione de « l'Avanti!» e nel ritorno impetuoso del Partito Socialista sulla scena politica nazionale.

Note

1) Citato in G. Trevisani, Storia del Movimento Operaio Italiano, Milano 1960, vol. II, pp. 213-214.
2) Cfr. G. Arfè, Storia del socialismo italiano, Milano 1977, pag. 9.
3) “Il Cittadino” del 16 maggio 1894.
4) “Il Cittadino” del 2 maggio 1894.
5) Ibidem.
6) “Il Cittadino” del 31 gennaio e del 2 maggio 1894.
7) “Il Cittadino” del 12 giugno 1894.



pagine savonesi, anno 3°, n.1, febbraio 1983

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