TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 28 agosto 2015

Ma l'arte serve a qualcosa... di fronte all'orrore?



Nell'Estetica Hegel afferma (citiamo a braccio attingendo a vecchi ricordi universitari) che finchè esisterà negli uomini una coscienza della sofferenza, deve allora esistere l'arte come forma oggettiva di questa coscienza. E per questo che si può, anzi si deve, fare ancora arte e poesia nonostante l'orrore in cui siamo immersi.

Giuliano Arnaldi

Ma l'arte serve a qualcosa... Cronaca, storia e mito

Nepal, Ventimiglia. Luoghi che evocano tragedie recenti , che hanno fatto palpitare i cuori di molte anime belle che vivono nella nostra parte del mondo. Fiumi di parole tese, drammatiche, suggestive. Sguardi severi, coscienze in crisi a scadenza temporale, come i surgelati...

Ora altri spettacoli vanno in scena sui nostri teleschermi, Nepal e Ventimiglia escono dalla cronaca, sommessamente ricoperti dalla polverosa indifferenza della storia.

Non vediamo più immagini drammatiche, non sentiamo più l'impulso catartico di cambiare la nostra vita inviando due euro via sms a qualcuna delle tante, efficienti Organizzazioni Umanitarie, e forse è anche fastidioso dover pensare che quei drammi durano più di una diretta televisiva..Resta la possibilità di tirar fuori l'autentica, migliore dimensione umana , quella destinata a durare, quella che nasce e si alimenta nei fatti e lascia traccia nella Storia : la dimensione del Mito.

Un mito (dal greco μύθος, mythos, pronuncia mütsos) è una narrazione investita di sacralità relativa alle origini del mondo o alle modalità con cui il mondo stesso e le creature viventi hanno raggiunto la forma presente in un certo contesto socio culturale o in un popolo specifico". 

Così dice Wikipedia, mentre Mircea Eliade ricorda che " [...] il mito è considerato come una storia sacra e quindi una « storia vera », perché si riferisce sempre a delle realtà."

Pensare a se stessi come nati solo per l'oggi, senza ieri e quindi senza domani ( la presenza di un passato dimostra una sequenza temporale e rende realistica la speranza di un futuro) riduce il bisogno della analisi riflessiva su ciò che accade nell'immediato e nei suoi dintorni ma "l'avvenire non ha alcun senso se è tagliato via dal passato". Il mito serve come il pane, da' una profondità di campo alla ragionevolezza perché colloca l'opportuno dentro la ineluttabile verità del giusto. 



Serve nei momenti bui, quando la ragionevolezza mette ciascuno davanti alla scelta appunto tra l'opportuno e il giusto , tra il sopravvivere a qualunque costo e il vivere. 

Chi ha avuto la sfortuna di dovere scegliere tra vivere e sopravvivere sa di cosa stiamo parlando. Pensate a chi , soggiogato dalle tante dittature che l'uomo ha creato ( o almeno tollerato) ha dovuto scegliere tra la propria vita e il tradimento di amici o parenti...pensate alle tante donne che subiscono violenza fisica e morale semplicemente perché questo è il prezzo richiesto per la loro sopravvivenza, o per quella dei loro cari...pensate ai lavoratori non tutelati che devono chinare la testa per sfamare le loro famiglie...Difficile , inutile e stupido dare giudizi: sono scelte che si discutono dentro la coscienza dei singoli interessati in quel dialogo spietato che ognuno è chiamato a fare con se stesso. Trarre invece una lezione comune, un insegnamento che possa esser utile in modo più collettivo, significa andare oltre. 

Andare oltre obbliga ad un alto pensiero e trascina nella dimensione dell'arte.



L'etimologia della parola arte sembra derivare dalla radice ariana ar- che in sanscrito significa andare verso, ed in senso traslato, adattare, fare, produrre. Questa radice la ritroviamo nel latino ars, artis. Si può sostenere che abbia quindi un'origine concreta, nel senso che individui una azione produttiva, la capacità di fare armonicamente, in maniera adatta: porta quindi in un ambito che noi definiremmo scientifico, e obbliga ad una ricongiunzione dell'esperienza del sapere: la poesia è scienza come la matematica è arte...

L'arte e il mito hanno un'altra cosa in comune: sono netti, semplici, evidenti. Sparisce l'ambiguità del grigio, così utile nella ricerca storica per comprendere e analizzare le sfumature e tutto appare nella sua natura più autentica , bianco o nero: questo non significa perdere la profondità di campo dei particolari, ma esattamente il contrario.

Grazie all'azione maieutica dell'artista ogni frammento si ri/compone nell'insieme archetipico di un messaggio svelato, che arriva diritto al cuore e alla testa: un certo segno, una certa sfumatura di colore, la caratteristica specifica di un certo materiale animano un sentimento dentro chi fruisce dell'opera d'arte e consentono di intuire ciò che siamo: vita, morte, gioia , dolore, speranza...si può dire che l'opera d'arte ci richiami all'obbligo di essere umani.

Ecco perché in tempi così tragici gli artisti devono essere in prima linea , richiamare costantemente all'obbligo dell'umanità: in caso contrario nelle stive dei barconi che attraversano il mare come sotto le macerie dei terremoti dimenticati ci resterà ciascuno di noi.


http://www.tribaleglobale.info/index.php?cID=451