TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 11 maggio 2019

Piero Pentenero. Ricordo di un amico




Giorgio Amico

Piero Pentenero. Ricordo di un amico

Qualche giorno fa è mancato, dopo una lunga battaglia contro la malattia, Piero Pentenero. Le esequie sono state essenziali, come essenziale è sempre stato il suo modo di concepire la vita incentrato sull'essere e non sull'avere. Una vita controcorrente e piena che testimonia che anche in anni di regressione e di sconfitta è possibile non perdere la speranza in un mondo più umano e in diversi rapporti fra gli uomini.
Piero ha avuto un ruolo importante nella mia vita e anche in quella di molti altri. Inizio io a raccontare qualcosa, sperando che anche altri lo facciano.
Ho conosciuto Piero quasi cinquant'anni fa, nell'autunno 1969. Me lo avevano segnalato come un giovane operaio molto interessato alla politica e forse disponibile a impegnarsi. Ci incontrammo in un locale, la Sala da te, che aveva ricavato in un soppalco una saletta adatta ad incontri che si volevano riservati. Un posto da coppie clandestine, ma che si prestava bene anche per un primo contatto politico.
Proprio in quei giorni Piero, operaio ENEL di giorno e studente la sera, stava mettendo in piedi un movimento di studenti lavoratori che rappresentò per quegli anni una esperienza non piccola e di cui bisognerebbe prima o poi scrivere la storia.
L'incontro fu lungo, parlammo molto di politica, certo, ma anche di film, di musica, di viaggi fatti e da fare. Fu un incontro che mi cambiò la vita. Piero mi mise in contatto con un gruppo di giovani, ragazzi e ragazze del suo quartiere, Lavagnola che si riuniva in un appartamentino a Mongrifone, una sorta di comune, fonte di scandalo per il vicinato, ma uno dei pochi luoghi liberi in una Savona ancora bigotta e non solo negli ambienti cattolici.
Nella “casa”, come la chiamavamo, reclutai certo dei compagni al “partito leninista”, alcuni dei quali ancora militano, ma soprattutto iniziai delle amicizie che mi hanno poi accompagnato per tutta la mia vita e, cosa più importante di tutte, incontrai Vilma, allora giovanissima insegnante, con cui da cinquant'anni condivido sogni, speranze, dolori e un figlio.
Per anni Piero fu il mio punto di riferimento, l'amico a cui rivolgersi nei momenti di crisi e con cui condividere le cose che contano davvero. Un anno di vita in comune da scappati di casa in una soffitta di Zinola sospesa nel blu del cielo e del mare, il Portogallo antifascista dei garofani, l'esperienza militante di Radio Savona 102, il festival di Parco Lambro e il sostegno nel 1977 a Radio Alice e alla Bologna del proletariato giovanile assediata dai carri armati di Kossiga.
Poi la vita ci ha portato in direzioni diverse, ma ogni tanto ci si vedeva e ci si confrontava su quello che entrambi ancora si faceva per contrapporsi alla marea montante di intolleranza, xenofobia, odio. Lui impegnato in prima fila nel sostegno ai migranti, io su un piano più culturale.
Poi la notizia della sua malattia, del pudore e del coraggio con cui combatteva un male insidioso che lasciava poche speranze.
E infine con qualche amica e amico un ultimo saluto e il ricordo di un uomo libero, un uomo “giusto”.