martedì 1 dicembre 2009

Quando gli "extra-comunitari" erano i liguri. Una pagina del 1884




 
Gustavo Strafforello
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Gli emigranti
Io non m'era appena dilungato un mezzo miglio Mentone e già la letizia di che m'avean fatto ripieno le sue naturali bellezze e gli odorosi sottilissimi effluvii dei suoi aranceti mi veniva improvvisamente turbata da uno spettacolo desolante. Sul ponte di San Luigi, che accavalcia un torrente spumeggiante, e da cui lo sguardo si spazia estatico sopra una delle più belle prospettive del mondo, stava riposandosi dal lungo cammino una di quelle povere famiglie che espatriano sì di frequente in Liguria per ire a cercare in Francia sorti migliori.
 
Erano un vecchio canuto, un uomo ed una donna - marito e moglie - nerbuti ed adulti, e tre figli, fra' quali una fanciulla di circa dieci anni, e sedevano a terra sopra i loro fardelletti sbocconcellando mestamente e senza profferir parola un tozzo di pane.
- E dove ve ne andate voi, brava gente? diss'io smontando ed avvicinandomi ad essi.
 
- A Marsiglia - rispose il vecchio levando in su il mento irto di bianchi peli.
 
- Un viaggio sì lungo, così a piedi...
 
- Che vuol ella, bisogna fare come si può; e si va a piccole giornate, e quando si è stanchi, ci si riposa, come la vede.
 
- E d'onde venite, s'è lecito?
 
- Dal nostro villaggio natio, dalla Ciprezza, fra San Remo e Porto Maurizio, e ce n'andiamo in Francia in cerca d'un pane, che non manca mai per chi può lavorare come nei nostri paesi. Noi avevamo una casa e due poderetti, coi quali si campava, se non ricchi, contenti; ma da molti anni
la siccità e il verme se ne portano quel pò di ricolto delle ulive; e la vigna , dopo che c'è entrata quella benedetta malattia - io non so più come se la chiamino - e' non ci si può più far conto nemmeno per assaggiarne noi di quel nostro buon vino d'un tempo; pensa un pò per vendere - e si mettevano insieme di bei quattrini un tempo, l'accerto. Come le dicevo, i ricolti mancano, le tasse bisogna pagarle, e mangiar s'ha a mangiare; toi oggi, toi domani, il mercante di commestibili ci ha dato un conto tanto fatto, e non lo si potendo pagare, e' ci ha messo su l'ipoteca, minacciandoci l'espropriazione forzata. Prega e riprega, abbiamo ottenuto una dilazione di due anni, e andiamo a Marsiglia per vedere di raccozzar tanto da pagarlo. Mio figlio qui lavorerà alle fabbriche di sapone, mia nuora - ch'è robusta, come vede, ed usa alle fatiche - porterà le mercanzie al porto, ed io e questi bambini si vedrà di far qualche lavoruccio anche noi, finchè, radunato quanto è necessario al riscatto dell'eredità dei nostri vecchi, e' si tornerà tutti in patria - io no però - io sento che non lo rivedrò più il mio villaggio, e che queste stanche mie ossa non saranno seppellite nel nostro camposanto accanto a quelle della mia povera Maddalena!
 
E nel proferire queste sue ultime parole la sua voce divenne tremula, e i suoi occhi umidicci si volsero desiderosi, sotto le irsute sopracciglia, a levante, come se sperassero rivedere ancora una volta il caro luogo natio.
- Via, state di buon animo, chè tornerete anche voi, a Dio piacendo, gli dissi stringendogli la mano commosso, e lasciando in essa alcune monete ch'io avea già sin dal principio risoluto di dargli.
 
- Dio la benedica! Io non ho mai avuto bisogno di elemosine, ma ora...
 
E un singhiozzo gli mozzò la voce, e una lagrima gli sgocciò lentamente giù per le guancie rugose!
- Buon viaggio, brava gente diss'io, rimontando nel calesse....
 

(da: Gustavo Strafforello, Lungo la Cornice, Edgardo Perino Editore, Roma 1884)
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Gustavo Strafforello, Porto Maurizio (Imperia) 1818 - 1903, letterato poligrafo, traduttore, si occupò di tutti gli ambiti della cultura mirando alla divulgazione. Fra le più curiose sue pubblicazioni merita un cenno il Dizionario universale dei proverbi di tutti i popoli. Fu amico di Giuseppe Pomba, il fondatore dell'Unione Tipografico Editrice (UTE, poi UTET), per cui scrisse diversi volumi di La Patria: geografia dell'Italia.