sabato 12 dicembre 2009

"Riviera di Ponente". Lettera da Bordighera di Guido Seborga


Guido Seborga


Proseguiamo nell'omaggio a Guido Seborga, pubblicando un suo articolo, apparso su Il Lavoro Nuovo del 19 agosto 1951, che rappresenta un appassionato atto d'amore per la sua terra d'adozione.

Guido Seborga

Riviera di Ponente



Bordighera, agosto

Ritorno sempre in queste valli dalla terra rossiccia, dalla terra a fasce costruite verticali, tra i rami ritorti, duri e dolenti degli ulivi grigi, nei paeselli di pietra antica dalla dinamica architettura che si crea a slanci verticali, ritorno al mare ostile, o gioioso nella notte di luna, ed ogni fascia della terra è un letto per fare l'amore.

Questa costa ligure di ponente nelle sue spaziose aperture dinamiche, nelle valli dell'entroterra, dove l'aria respirata è bruciata di sole, mi accoglie sempre in un ozio aderente alla vita e ricco d'esplosioni di giovinezza, nella fervida natura di pini palme agavi e cipressetti gentili.

Forse qui scopro meglio che altrove il segreto della mia nascita, del mio dolce riposo, del mio lavoro; ma certo la morte non la saprei conoscere, tutto è vivente e vibrante, anche il dolore.

Ricordo i versi qui del poeta Cesare Vivaldi (Quaderni di poesia popolare):
Con un bicchiere in mano un uomo esce -
dalla porta segnata da un ramo di pino –
il vecchio dalla chitarra se ne va –
aprendo al sole la gola rossa di vino

che in un libretto in dialetto ligure ha segnato alcuni accenti precisi di questi paesi.

Sulla costa la vita eterogenea con l'incrociarsi di non poche civiltà, a Bordighera il segno lasciato dagli inglesi, quando occupavano dopo l'altra guerra, quasi tutte le più eleganti ville di qui, e sentore di Francia vicina, e cadenze liguri dappertutto, di un popolo duro e rugoso, di poche parole che trasforma la sua proverbiale avarizia in economia pubblica e privata.

Strati di turisti che si sono come innestati nella zona per desiderio di viverci, da una certa agiatezza tipo zucchero filato di San Remo, mecca di giocatori e mantenute, all'asprezza di Ventimiglia con la sua ampia valle della Roja, aperta d'aria e di sole.

Bordighera al centro, più dolce e silenziosa, le giornate attive nei lavori e nei bagni, le serate più lunghe e monotone, e il pubblico estivo di bordigotti e turisti che si riversa sullo splendido lungomare.

E sempre le valli e gli incantevoli paeselli del retroterra, Sasso, Vallebona, Dolceacqua, con le loro alte antiche torri di dove i liguri studiavano le mosse d'arrivo dei pirati saraceni, e i liguri partivano per scambiare le crudeli visite di vino e donne violate e rubate;

Mi ha interessato quella organizzata nelle Cinque Bettole di Bordighera vecchia, un paesello di pietra e archi e che nasce sul primo balzo della collina, un paese sonoro di canti e di luci, un paese di gioia e di tristezza, un paese di pescatori, un paese di amore e di povertà. Così fu che per iniziativa dell'artista Giuseppe Balbo (…) i pittori esposero in queste cinque osterie un centinaio di opere.
Sono nomi noti ed ignoti, ma indubbiamente c'è del talento, dal romano Camarca, al torinese Polastri, al bordigotto Gian Antonio Porcheddu: e ci fu un premio intitolato Pittori della Domenica, che raccolse i lavori di molti pittori giovani e anziani, da Allavena a Barberis, dalla Impedovo a Raimondo, a tanti altri, tra i quali i primi premiati furono Joffrè Truzzi e Enzo Maiolino che svolgono la loro arte con un vivo senso della realtà superando le varie accademie moderniste e ottocentesche. E ci fu festa nel paese vecchio, pieno di gente, venuta da tutta la costa, e si ballò in piazza liberamente, senza gonfiori gerarchici.

Un'iniziativa da continuare. Tutta la zona del resto ha bisogno di molta attenzione di una moderna pubblicità. Bordighera, organizzandosi e senza deturpare le sue bellezze con architetture posticce e artificiose, ma risalendo sempre alle qualità sostanziali dei suoi aspetti, continuerà ad essere attraente come un suo fiore.

(Da: Il Lavoro Nuovo, 19 agosto 1951)