martedì 15 giugno 2010

A scuola da Aspasia




Vento largo ha dedicato alcuni interventi alla figura di Ipazia di Alessandria e al ruolo delle donne nell'elaborazione del pensiero filosofico classico. Ma ci sarebbe stata Ipazia senza Aspasia di Mileto?


Gabriella Freccero

A scuola da Aspasia



Aspasia di Mileto è conosciuta soprattutto come l'amante straniera di Pericle, il grande statista dell'Atene del V sec. a.Cr. La tradizione antica, proveniente per lo più dalla commedia attica, ha visto in lei un'etera e un'ammaestratrice di ragazze da avviare alla stessa professione; ma altre fonti ci parlano di lei come riconosciuta maestra di retorica e intellettuale. Secondo una recente ipotesi di Peter J. Bicknell, Aspasia sarebbe giunta in Atene al seguito di Alcibiade il vecchio, come sorella nubile della moglie del nobile ateniese; Pericle, anch'egli appartenente alla famiglia degli Alcmeonidi l'avrebbe allora incontrata semplicemente frequentando il proprio clan familiare, senza dover pensare a un adescamento in ambienti di malaffare.
Plutarco nella Vita di Pericle ci trasmette la testimonianza antica più consistente su Aspasia; riporta la cattiva fama proveniente dai comici, ma affianca anche la testimonianza delle fonti del circolo socratico, Eschine di Sfetto, Antistene e lo stesso Socrate, secondo cui Aspasia insegnò la retorica a Pericle e a molti ateniesi di spicco e fu unita a lui da un legame forse anticonformista ma sicuramente solido e mal conciliabile con l'ipotesi dell'eterismo; Plutarco riporta anche la tradizione di un processo per empietà che coinvolse Aspasia, della cui storicità è lecito dubitare poiché non ha lasciato traccia nelle fonti storiche che trattano il periodo.
Nell'opera di Senofonte Aspasia è citata da Socrate che la ricorda come sua maestra nei Memorabili, e come la donna più adatta per la formazione delle future spose nell'Economico; il fatto che Socrate in questi brani usi una terminologia che ricorda quella del grande sofista Gorgia fa pensare che Aspasia sia stata allieva del grande maestro siciliano, da cui avrebbe mutuato l'amore per la parola, la consapevolezza del suo enorme potere di persuasione, sia nei rapporti privati che nella sfera politica.



Eschine di Sfetto le dedicò un dialogo che portava il suo nome; qui Socrate consiglia un ricco ateniese, Callia, di mandare suo figlio a scuola da lei; di fronte allo scetticismo del padre di avere una donna come insegnante per il figlio, Socrate citava esempi di virtù dimostrata da donne famose nell'antichità. Un frammento dell'Aspasia di Eschine, giunto a noi tramite Cicerone e Quintiliano, che lo consideravano un modello classico del procedimento argomentativo dell'induzione, Aspasia interroga successivamente la moglie di Senofonte e Senofonte stesso; il tema è se preferire cose più belle appartenenti ad altri rispetto a quelle che si hanno; arrivando al dubbio se è lecito preferire anche i partners degli altri, Aspasia conclude che tutti ricercano per sé il partner migliore in assoluto, ma che la ricerca è vana se non è accompagnata anche da un perfezionamento individuale, poichè la ricerca del partner migliore è reciproca negli amanti.
Antistene invece probabilmente avversava il sapere e il modo di vivere di Aspasia; nei frammenti rimasti della sua Aspasia attacca violentemente i due figli di Pericle e della prima moglie, Santippo e Paralo, che conducevano vita dissoluta, e lo stesso Pericle; egli infatti aveva in spregio l'amore e il piacere. L'attacco di Antistene lascia pensare che oltre che nel suo stile di vita, Aspasia sostenesse l'hedoné, il piacere, anche come principio filosofico.
Platone nel Menesseno fa recitare a Socrate un discorso retorico che egli dice fosse composto da Aspasia; l'intenzione è di parodiare un genere, l'orazione pubblica, che Platone aborre per la sua mancanza di riferimento al vero e vuoto esercizio di parole; ma proprio attaccando Aspasia e il suo genere di retorica egli ci consente di evidenziare, se si confronta questo discorso con altri dello stesso genere pervenuti di Lisia, Demostene, Iperide, Isocrate, la fiducia di Aspasia nel potere della parola, la sua capacità di creare un grande affresco mitico sullo sviluppo della potenza ateniese, il legame che essa dichiara con gli antichi poeti encomiastici (Pindaro su tutti), in una prospettiva per cui l'antico legame della parola con la divinità serve ormai a guidare uno stato e ad esercitare non più un potere sacrale ma pubblico e civico.
Sinesio di Cirene nel Dione ci testimonia una fondamentale intuizione di Aspasia: che l'esercizio dell'arte della parola e della filosofia non sono tra loro incompatibili; egli dice che lo stesso Socrate, attendendo la morte in carcere, iniziò a poetare, testimoniando che il Vero e il Bello non sono categorie inconciliabili, come vorrà tutta la tradizione filosofica posteriore, ma due aspetti di una stessa elevazione dell'anima il cui nesso è ancora l'eros, tema su cui Aspasia è ancora una volta maestra (erotodidaskalos).
Nelle Conclusioni sviluppo in estrema sintesi l'idea che bisognerà attendere il Medioevo perché ci giunga una voce femminile che faccia riferimento all'insegnamento di Aspasia; si tratta di Eloisa, che nella corrispondenza con Pietro Abelardo dopo la tumultuosa fine del loro rapporto cita la filosofa come fonte dell'idea del perfezionamento degli amanti nella concreta pratica del rapporto amoroso, cui Abelardo mostra di voler venir meno dopo il brusco troncamento della loro relazione. La tesi si può quindi considerare una prima introduzione alla figura e al pensiero di Aspasia; non ne rappresenta certo una esaustiva trattazione, ma introduce piuttosto una serie di interrogativi che qui vengono appena accennati: Socrate indica Aspasia come esperta in questioni amorose, come anche fa con Diotima nel Simposio: il termine che usa, erotodidaskalos, faceva riferimento ad una antica sapienza perduta, l'erotica, di cui le donne erano titolari, o di cosa altro si trattava? Sulla perdita dell'erotica si interroga anche Luisa Muraro nel suo saggio La maestra di Socrate e mia, nel volume miscellaneo Approfittare dell'assenza. Punti di vista sulla tradizione.




Aspasia nel dialogo riportato da Eschine interroga due sposi sul tema del compagno migliore, che alla fine essa riconosce nel compagno che ciascuno ha già e che ama. Il tema riecheggia da vicino quello del celebre frammento 16 Voigt di Saffo, dove la poetessa dichiara che la cosa più bella è ciò che ciascuno ama. Vi è forse l'ombra di un comune pensiero femminile che circola? La studiosa Page DuBois nel saggio Sappho is burning propone una lettura in termini filosofici dell'opera di Saffo. D'altra parte continui riferimenti poetici vi sono in riferimento ad Aspasia; Ateneo cita dei versi riportati da Erodico seguace di Cratere che sarebbero composti da lei. Allora Sinesio di Cirene nella mancata contrapposizione tra poetica e filosofia avrebbe colto una antica modalità del pensiero femminile, e si capisce come Platone, convinto assertore del divorzio tra le due discipline, avversasse il sapere di Aspasia . Aspasia giudica positivamente il coinvolgimento dei sensi nell'atto conoscitivo, di cui anche il rapporto amoroso fa parte. Si può considerare l'opera di Platone dedicata all'eros, soprattutto quindi il Fedro e il Simposio, un tentativo riuscito di opporsi a un tale tipo di pensiero, che costituirà nei secoli il modello per l'esclusione del corpo dall'attività intellettuale? Il nome di Aspasia tocca dunque alcuni punti nevralgici della riflessione sulle donne e l'antichità, e mostra il grande lavoro critico ancora da svolgere negli studi classici su questi temi.



Gabriella Freccero, laureata in Storia ad indirizzo antico, da sempre attivamente impegnata nel movimento femminista, vive e lavora a Savona. Collabora con numerose riviste fra cui Donne e conoscenza storica, Senecio, Dominae, Leggere donna, La Civetta.