Giorgio Amico
Alla ricerca degli
ebrei scomparsi di Mondovì
Domenica 13 gennaio 2013. Sera
Una mostra bellissima,
quella dedicata dal Museo della Ceramica di Mondovì alle lampade
rituali della tradizione ebraica. “Forme di luce” che rompono il
buio e illuminano l'anima. Un omaggio a una presenza plurisecolare
che ha contribuito a modellare il carattere di questa città affascinante eppure misteriosa e sfuggente.
Ma non ci sono più ebrei
a Mondovì. L'ultimo, Marco Levi, sfuggito miracolosamente alla
deportazione, è scomparso nel 2001.
Eppure non erano pochi.
Novantotto fra uomini e donne, suddivisi in poco più di una ventina
di famiglie, al momento dell'Unità d'Italia nel 1861. Duecento prima
della guerra, della persecuzione e dello sterminio.
Nonostante le leggende
che ancora si sentono ripetere sulla loro ricchezza, “quasi tutti
miserabili” come si legge in una cronaca d'epoca "sebbene
eserciscano la mercatura delle pannine, ed alcuni quello di
strazzaruoli".
Povera gente, uomini e
donne per lo più di umili condizioni, ma legati alla loro fede e
alla loro cultura con tale forza da lasciare tracce ancora oggi visibili di una
costante lotta in difesa della propria dignità. Questo fu dal 1749 il Collegio,
l’Università Israelitica del Montis Regalis, frequentato da
ragazzi e ragazze e rinomato per la serietà degli studi.
Di quella storia resta oggi una piccola, bellissima, Sinagoga di fine Settecento, qualche
lapide smangiata dal muschio nel cimitero comunale e il ricordo di
una comunità che dal Cinquecento, per cinque secoli ha abitato “in
fine della contrada di Vico a parte sinistra uscendo dalla città…”.
Ma più forti dell'odio e del pregiudizio, restano nei vicoli della
città alta le loro voci che il vento ripete, mentre una nebbia lieve
avvolge piazze e palazzi e le luci gialle dei fanali ricordano le
chanukkiot accese nei giorni santi della festa delle luci.