E in svolgimento a
Quiliano (fino al 15 settembre) "Il pianeta azzurro",
Progetto internazionale di arte postale e digitale. Pubblichiamo il
testo della presentazione.
Giorgio Amico
Dalla diligenza alla
postal art: un segno lungo due secoli
Oggi che la vecchia
lettera/cartolina pare ormai irrimediabilmente soppiantata da sempre
nuove forme di comunicazione elettronica, si è quasi dimenticato la
rivoluzione rappresentata all'inizio dell'Ottocento dalla nascita in
Europa e negli Stati Uniti di un servizio postale gestito e
finanziato tramite la fiscalità generale dallo Stato.
Primo grande servizio
pubblico, la Posta mette alla portata di tutti coloro che possono
permettersi la modica spesa necessaria per l'acquisto di un
francobollo ciò che fino ad allora era privilegio dei sovrani e
degli aristocratici.
Ai corrieri del re che
per secoli avevano dominato le strade si sostituiscono le diligenze
postali.
E' una vera e propria
rivoluzione. La lettera diventa il modo usuale di comunicare in un
mondo che diventa sempre più interconnesso. Per gli emigranti, che a
milioni si trasferiscono nelle Americhe, è lo strumento della
conservazione della memoria e degli affetti.
La diligenza postale
diventa sinonimo di avventura. Un mito che nasce nel west. La posta
deve arrivare ad ogni costo, nonostante le insidie di un territorio
ostile, dei fuorilegge e degli indiani, alle piccole comunità della
frontiera. Ricevere la posta significa, anche se persi in quel
territorio selvaggio, partecipare di una civiltà, contribuire alla
nascita di una nazione. E' l'epopea di Ombre rosse, il grande
film di John Ford, che dal 1939 non smette di farci sognare.
In un paese/continente
come gli Stati Uniti la circolazione della posta diventa
rappresentazione quotidiana della normalità, del godimento dei
diritti, della libertà. Il servizio postale è il cardine del
sistema. Ce lo racconta Kevin Costner in un film del 1997, The
Postman (L'uomo del giorno dopo). In un'America devastata
da una catastrofe nucleare, regredita di secoli, dove domina la
violenza e l'unica legge è quella del più forte, un uomo ricomincia
a consegnare la posta riportando la speranza in una normalità
divenuta così di nuovo possibile.
Ma la lettera è prima di
tutto espressione profonda dell'Io, strumento privilegiato del
manifestarsi della passione amorosa. E' attraverso questa via che la
lettera prende forma letteraria, diventa cultura alta , romanzo.
Erede del romanzo
epistolare settecentesco che già nei travagli erotici ed
esistenziali dei personaggi preannuncia l'arrivo del Romanticismo....
il romanzo borghese
ottocentesco vede il trionfo della lettera che ne diventa
incontrastata protagonista. Lettere rubate, smarrite, inaspettate
che sconvolgono famiglie, spezzano unioni, portano il disordine
nell'apparente monotonia della vita borghese. Con La lettera
rubata di Edgard Allan Poe,
nasce nel 1845 addirittura un nuovo genere letterario, destinato a
grande fortuna: il romanzo poliziesco.
Perchè la lettera è
l'irrompere di un altrove che, positivo o negativo che sia, è sempre
fattore potente di mutamento, ma anche attesa, desiderio di un
qualcosa che giunga a cambiare una vita che non corrisponde alle
attese e ai sogni. Un' attesa, spesso delusa, come nel triste San
Valentino di Charlie Brown a cui la ragazzina dai capelli rossi si
ostina crudelmente a non scrivere.
Ma davvero, poi, è
possibile parlare d'amore? Esiste un linguaggio capace di
rappresentare fedelmente i sentimenti? Snoopy ci dice di no.
Ma è davvero così?
Forse un modo c'è e i bambini ne conoscono il segreto.
I bambini? Si, proprio i
bambini, capaci di affiancare alle parole la rappresentazione grafica
immediata e spontanea dei propri sogni, delle proprie paure, dei
propri sentimenti.
“Poichè anche l'arte
ha le sue origini primordiali - scrive nel 1911 Paul Klee – origini
che è più probabile trovare in un museo etnografico o a casa, nella
stanza dei bambini (non ridere, caro lettore), anche i bambini
possono fare arte. Più sono inesperti, questi bambini, più
istruttiva è la loro arte”. Perchè “la finalità pratica è
estranea al bambino, che vede tutto con occhi non assuefatti, e
possiede ancora la capacità non offuscata di assorbire la cosa in
sé... Ogni disegno infantile, senza eccezione alcuna, svela il suono
interiore della cosa in sé con assoluta spontaneità”.
Lo affermiamo senza
timore: la più autentica mail art va cercata nelle letterine dei
bimbi!
Naturalmente, anche qualche adulto, particolarmente sensibile, ha scoperto questo segreto. E' il caso di un ufficiale, di cui non sappiamo nulla, ma di cui ci resta una lettera bellissima spedita dal Pas de Calais nel 1837.
Lo hanno capito gli
scrittori e i poeti e anche, naturalmente, gli artisti. La lettera
diventa opera d'arte unica e irripetibile.
Victor Hugo, Lettera alla moglie
Victor Hugo, Lettera alla moglie
Lettera di Edouard Manet
Notare come in questa lettera di Manet le parole si mescolino alle foglie senza più distinzione di segno.
Chi più e meglio di
tutti usa il mezzo della lettera per comunicare la sua arte è
Vincent Van Gogh che scrive quasi quotidianamente al fratello Theo
riproducendo nei dettagli le opere a cui sta lavorando.
Con il Novecento, il secolo delle avanguardie, saranno i futuristi a dare ulteriore impulso a questo tipo di arte. Marinetti, naturalmente...
ma soprattutto Balla.
Ma si deve attendere
l'inizio degli anni Sessanta perchè l'artista americano Ray Johnson
teorizzi la postal art come vero e proprio movimento artistico.
Per Johnson la postal art è una pratica artistica anarchica, totalmente libera, senza regole, aperta a tutti.
Per Johnson la postal art è una pratica artistica anarchica, totalmente libera, senza regole, aperta a tutti.
L'obiettivo è liberare
l'artista dalla dittatura dei galleristi, combattere la
mercificazione dell'opera d'arte azzerandone il valore di mercato,
permettere la massima circolazione delle idee e delle opere. E
soprattutto, superare la separazione tra attività artistica e vita.
Per l'homo ludens, l'arte è gioco, pratica quotidiana di vita.
“Io sono un artista –
scrive Johnson – e, dunque, dovrei definirmi un poeta, ma altri lo
fanno già. Quello che faccio io, i miei scritti, i miei graffiti, le
opere pubblicate o spedite per posta sono poesia”.
Arthur Rimbaud sarebbe
stato d'accordo.