Ravenna San Vitale
Come il compasso e la
squadra l'allegoria dei Magi ricompone ciò che è disperso alla
ricerca dell'armonia primigenia. I Re Magi rappresentano la Rosa
sapienziale all'incontro con la Croce simbolo dell'eternità del principio vitale. Tra
massoni e Rosa Croce una interpretazione affascinante e attualissima della leggenda che ci ricorda come l'attenzione all'uomo (la pietas) sia il punto di partenza di ogni percorso di ricerca e perfezionamento. "Si dice Maestro, ma non sa ascoltare: la sua parola non ha fondamento", dice un detto orientale. Un invito a mettersi in ascolto, a cogliere la voce di chi non ha voce, ci piace leggere così il bel testo di Salinari che proponiamo oggi.
Raffaele K. Salinari
Arrivano i Re Magi
Nel Vangelo di Matteo, e
solo in quello, si narra la storia dei Re Magi. Scritto ad Antiochia,
questo testo apologetico subisce evidentemente le influenze della
grande comunità zoroastriana presente in città. I Maghi sacerdoti
erano tra le figure centrali di questa antica religione, incardinata
nel moto degli astri, ed ordinata dagli eventi che si svolgevano «nei
cieli, cosi come in terra».
Partono dunque i Re Magi,
sacerdoti e sapienti, si incamminano da Oriente verso l’annuncio di
un prodigio seguendo un segno astrale. Li muove la fede, cioè la
forza in un disegno superiore, che tutto connette; non sanno cosa o
chi troveranno ma sanno che solo andando, mettendosi in cammino,
troveranno.
I loro doni hanno un
valore simbolico archetipico: da una parte troviamo l’oro, che
simboleggia la regalità, cioè l’eternità della Vita, della Zoé,
nella sua continua ricreazione, nella sua insopprimibile ciclicità.
Alla polarità opposta ecco invece la mirra: simbolo della morte,
essenza con la quale si conservavano i corpi, di sapore amaro come il
transito verso l’oltre tomba. Ed infine, nel mezzo, l’incenso,
che bilancia gli altre due elementi; simbolo della purificazione,
ovvero del percorso di una vita che vuole arrivare alla morte in modo
consapevole, chiudendo un ciclo affinché se ne possa aprire un
altro.
Il Bambino, cui rendono
omaggio, non «adorato» come erroneamente viene tradotta l’originale
parola greca questo significa, è il destinatario altrettanto
simbolico a cui i doni sono destinati: per questo a sua volta morirà
e risorgerà in ogni cosa, in ogni altra vita, come ciascun essere
consapevole della propria esistenza, del proprio esserci.
I Re magi rappresentano
dunque la rosa, la rosa tea, la sapienza orientale, e la portano
verso la croce, simbolo sia della realtà contingente, manifestata,
le sue braccia orizzontali, sia di quella trascendentale, che
riflette l’infinità spirituale del Principio creatore attraverso
quello verticale. E sarà cosi, molto secoli dopo, che la
Confraternita dei Rosa Croce richiamerà per così dire i Magi al
loro ruolo di testimoni nelle nozze necessarie tra scienza e fede.
E dunque, come dice Gesù
nel Vangelo apocrifo di Tommaso, i Magi si mettono in cammino:
«mettevi in cammino, andate oltre, inoltratevi», perché solo nel
viaggio, nel pellegrinaggio verso se stessi, agito nelle vie del
mondo, ci sarà la salvezza. Ed allora oggi chi porta i doni al
Bambino luce del Mondo? Chi è questo bambino? E chi sono i Magi in
cammino seguendo il prodigio della stella che illumina la strada?
Ieri, nella situazione
storica della Palestina dominata dai Romani e dall’odio di Erode
che fa strage di innocenti perché cosi crede di fermare la Vita che
continuamente rinasce, così come oggi nel mondo delle nuove
schiavitù e dei corpi migranti, il Bambino è ogni bambino ed i Magi
chiunque sia in cammino per rendere omaggio alla Vita trovando per se
stesso una nuova vita, per poter «far girare i propri talenti».
Dalle ascendenza iraniche
alle scuole misteriche di Oriente ed Occidente, il viaggio del Magi
si rispecchia così ancora una volta nella forza dell’esistenza,
nella nuda vita di ogni persona che non si ferma dinanzi a nulla
perché mosso dalla fede nella Vita e ed in se stesso come parte di
essa. In ogni migrante rifulge ciò cui resero omaggio i Magi: la
vita che vuole esistere, exsistere, cioè uscire, levarsi (dalla
terra) e quindi apparire, essere nel Mondo, essere la luce del Mondo.
L’oro della regalità
brilla allora in ogni bambino da qualunque parte arrivi o nasca, la
mirra servirà a ricordare il nome dei morti, e l’incenso a
purificare i miasmi del razzismo e dei settarismi di chi professa a
volta fedi trascendenti ma vuote di ogni contenuto immanente.
Ogni giorno dunque i Magi
arrivano, perché ogni giorno qualcuno si mette in cammino seguendo
la stella del proprio destino, ogni momento rinasce il Salvatore in
ogni creatura che ha bisogno di aiuto poiché chi lo accudisce trova
la strada per essere pienamente se stesso.
Tutto questo, l’allegoria
dei Magi e dei loro doni al Salvatore, ricompone così, come il
compasso e la squadra della simbologia latomistica, ciò che è
sparso, spesso artatamente, tra chi crede in un Dio trascendente e
chi invece nella saggezza della Madre Materia. Poiché, a ben vedere,
se si percepisce l’intento che sottende al Tutto, chi è alla
ricerca di un «altro mondo possibile», che sia questo o quello che
verrà, deve comunque mettersi in cammino ed onorare i Magi ed Il
Bambino in ogni luogo ed in ogni momento.
Il Manifesto/Alias – 6
gennaio 2017