domenica 18 novembre 2018

I Tricaroli. Una storia dalla Liguria di montagna



Una storia dall'estremo Ponente ligure, da quella Liguria di montagna che conserva ancora qualcosa della sua cultura millenaria. Per Francesco Biamonti una sorta di vecchia Castiglia di contro a una costa ormai totalmente devastata. Il racconto è di un vecchio amico di Vento largo, Roberto Trutalli, da sempre impegnato nella tutela del territorio dagli assalti speculativi che anche lì purtroppo non mancano.

Roberto Trutalli

I Tricaroli

Stè e Ninò (i Tricaroli), vivevano in Piazza Colla la porta a fianco alla nostra, due fratelli nati cresciuti in La Cola in quel ritaglio di spazio che andava dalla loro casa alla stalla ubicata qualche decina di metri più avanti e le campagne che coltivavano, una fra tutte, forse con più assiduità, a Madonna di Campagna.dove avevano gli orti ed i conigli.

Erano tutti e due alti di statura, quasi due metri e per quel tempo una anomalia nei nostri paesi, io avendo conosciuto anche la loro madre Marietta, una signora anziana come le tante che in quegli anni vivevano in paese, donne cresciute già anziane, nei vestiti nelle acconciature ed in quelle gesta quasi discrete e timorose, mi chiedevo da dove provenisse quell’altezza , da chi l’avevano ereditata , una volta alla povera Marietta applicarono delle ventose sulla schiena (vasetti in cui veniva posto un pezzo di cotone intriso di alcool e fatto bruciare ed applicato subitaneamente sulla parte dolorante) allora usava molto come rimedio contro il mal di schiena, ma le lasciarono in opera tutta la notte ed al mattino la povera donna aveva la schiena nera come un tizzone..

I due erano quasi coetanei li separavano pochi anni, Stè più vecchio, credo che si allontanò da Pigna per la prima ed unica volta quando parti soldato e fu spedito in Albania come Artigliere nel secondo conflitto mondiale, li prese anche la patente, era alto due metri, doveva essere un pezzo d’uomo, Ninò credo che abbia passato tutta la sua esistenza a Pigna, anche perché affetto da una scoliosi invalidante che lo aveva ridotto a camminare quasi del tutto piegato in avanti.


Fino ai primi anni settanta li ho sempre visti con il bue, poi lo vendettero ed acquistarono un’ape Piaggio, con la quale si recavano a Campagna, dal 1966 si era costruita la nuova strada interpoderale e lentamente ed inesorabilmente gli animali da soma e da lavoro per altri motivi, vennero venduti, finiva in quegli anni un mondo che non serviva più a nessuno. Loro arrivavano a casa in serata sempre dopo le nove nelle giornate estive, scaricavano davanti a casa nostra e poi rigovernavano il bue nella stalla la quale era preceduta da un lungo corridoio stretto in discesa, mi divertiva vederli fare scendere la povera bestia in quel budello, vi passava a stento. 

Un anno erano rimasti senza bue, e credo che come molti aspettassero la fiera di San Michele alla fine di settembre, per riacquistarne uno, bene, quell’anno verso la fine di giugno, nel periodo che va da San Giovanni a San Pietro e Paolo, quassù a Campagna era tempo di levare le patate e di seminare sul terreno che le aveva ospitate i fagioli bianchi, essendo senza bue la cosa non era semplice, Ninò ebbe un lampo di genio e propose al fratello; visto che tu Stè sei più robusto ti leghi l’aratro (a versoio) ed io da dietro lo governo, tu tiri ed io mantengo il solco, e così fecero. Ma dopo pochi metri Ninò, che intanto aveva in una mano la corda e nell’altra una venka (un sottile bastone) colpi ripetutamente il povero Stè, il quale d’impulso ed incredulo si girò e gli disse ; ma dai i numeri mi colpisci anche, e Ninò candidamente gli rispose; e se non tiri per forza con il bue si fa così.