Ma chi erano i Massoni
medievali? Come erano organizzati e come lavoravano? Quali erano i
“Doveri” che dovevano rispettare? E soprattutto: cosa era una
“loggia”?
Giorgio Amico
I Liberi Muratori
Secondo la ricostruzione
fattane dal Pirenne, ogni corporazione era suddivisa in tre categorie
di adepti: maestri, apprendisti e lavoranti. I maestri costituivano
la categoria principale e dirigevano il lavoro, sovraintendendo nel
contempo alla formazione professionale degli apprendisti. I
lavoranti, invece, erano dei dipendenti retribuiti che, pur avendo
terminato il periodo di apprendistato, non avevano potuto o saputo
diventare maestri.27
Assai diversa la
struttura delle corporazioni muratorie. La massoneria medievale
conosceva soltanto due gradi: apprendista e compagno d'arte.
L'appellativo di Maestro
non sottintedeva un vero e proprio grado raggiungibile da ogni
compagno, come nella Massoneria moderna, ma definiva un ruolo
particolare, quello di Maestro Architetto, ossia del Libero Muratore
incaricato di dirigere i lavori del cantiere. In questa accezione il
termine di maestro verrebbe ad equivalere a quello attuale di
“Maestro Venerabile” che, come si sa, non designa un grado, ma
una “dignità”.28
A questo proposito pare
ormai storicamente accertato la derivazione monastica
dell'appellativo. Negli antichi monasteri dove, come si è visto,
l'abate era anche maestro architetto, egli riceveva dai suoi
confratelli il titolo di Fratello Venerabile o Venerabile Maestro.29
I rituali iniziatici
degli antichi Massoni ci sono in gran parte sconosciuti. Sappiamo
tuttavia che l'apprendistato durava sette anni, al termine dei quali
il giovane muratore, se si era dimostrato all'altezza dei compiti
affidatigli e moralmente e spiritualmente degno, veniva iniziato ai
misteri dell'arte.
Durante la cerimonia di
iniziazione al nuovo adepto venivano minuziosamente spiegati i
simboli attinenti la sua professione (squadra, compasso, livella,
filo a piombo, ecc.), quindi gli venivano illustrati i suoi nuovi
“Doveri”. Più tardi, durante la narrazione della storia
leggendaria dell'Ordine, venivano rivelati al nuovo confratello i
segni di riconoscimento e le parole di passo. Questi segni, che non
dovevano per nessun motivo essere rivelati ai profani, servivano a
farsi riconoscere come membro della corporazione muratoria.
«In un tempo in cui non
esistevano diplomi, determinavano la qualifica professionale
dell'artigiano. Essi erano tanto più necessari in quanto lo
spostamento degli artigiani da un paese all'altro li costringeva a
rivolgersi per lavoro e per assistenza ai fratelli di altre città».30
Al termine della
cerimonia l'iniziando prestava un solenne giuramento, in cui si
impegnava a non far conoscere quanto gli era stato rivelato e veniva
festeggiato con un gran banchetto.
In seguito il nuovo
Compagno compiva un viaggio d'istruzione, visitando numerose altre
logge (ossia altri cantieri), per meglio impratichirsi del mestiere
accostandosi a diverse tecniche di costruzione. Terminato anche
questo periodo, gli veniva fatto l'obbligo di approfondire le
fondamenta teoriche dell'arte, frequentando per circa due anni la
“camera dei disegni”, dove erano custodite le chiavi simboliche e
tecniche dell'arte reale.
Prima pagina Poema Regius
Quanto ai “Doveri”,
grazie alla fortuita scoperta avvenuta nel 1830 al British Museum del
cosiddetto “Manoscritto Regius”, siamo incommensurabilmente più
informati. Il manoscritto, consistente in 784 versi scritti in un
inglese arcaico, viene fatto risalire attorno al 1400 e contiene
brani delle leggende e degli ordinamenti della corporazione
muratoria, oltre ad istruzioni per adempiere scrupolosamente ai
“Doveri” (Charges) attinenti al rango di massone. Tali doveri
riguardavano tutti gli aspetti della vita, non solo quelli della
professione, ma anche minute regole di comportamento «circa il modo
di stare a tavola, di comportarsi con l'ospite, la moglie
dell'ospite, sua figlia».31
Alla nostra sensibilità
di moderni un simile accostamento può sembrare bizzarro, in realtà
esso cela una profonda saggezza ed una grande conoscenza dell'animo
umano. Con queste norme gli antichi muratori volevano, infatti,
testimoniare che l'appartenenza alla corporazione non era un fatto
professionale, ma una vera e propria scelta di vita, intimamente
rivissuta in ogni momento, anche il più banale dell'esistenza. Una
specie di sigillo che a prima vista doveva contraddistinguere il
Libero Muratore dal profano.
L'iniziato, infatti, in
ogni circostanza doveva caratterizzarsi per la misura e la
correttezza dei modi, prova della sofferta capacità di esercitare un
totale dominio su se stesso.
Quanto al termine “Libero
Muratore” (Freemason) non ne esiste ancora una interpretazione
univoca. Mentre la parola “massone” è di origine francese,
importata in Inghilterra dai normanni,32 numerose sono le versioni
riguardo al prefisso”free”. Secondo la tradizione, il massone era
detto “libero” (free o franc) perché affrancato dai vincoli
feudali. In tempi recenti si è invece affermata l'ipotesi che i
liberi muratori fossero muratori particolarmente specializzati che,
contrariamente ai manovali (cowans) che muravano le pietre già
squadrate, sapevano lavorare la “freestone” (pietralibera), una
pietra arenaria di qualità superiore particolarmente adatta ad
essere modellata. A confermare questa tesi viene un documento del
1350 in cui in un francese arcaico di fa menzione del «mestre mason
de franche pere» (maestro massone della pietra libera).
Vediamo ora come doveva
essere organizzato un cantiere. Sopra tutti stava il Maestro
architetto che sovrintendeva all'elaborazione dei progetti e alla
realizzazione dell'opera. Egli era assistito da un “Parlatore”
con il compito di tramettere ai Compagni i suoi ordini. Questo
assistente del Maestro curava anche la ripartizione del lavoro fra i
singoli muratori e la sorveglianza dei lavori del cantiere.
Ogni singolo scalpellino
squadrava la pietra assegnata e la lavorava artisticamente a seconda
dell'uso a cui veniva richiesta, infine la firmava col proprio
marchio personale (gelosamente custodito con gli altri nel libro dei
soci della corporazione).
Marchi medievali
Sembra che nei cantieri
delle cattedrali il numero dei Liberi Muratori non fosse molto
elevato. C'è chi dice dai venti ai quaranta coadiuvati da una gran
massa di manovali.34 Di certo sappiamo che attorno alle associazioni
muratorie si formarono, per la stessa gigantesca complessità dei
lavori, delle leghe assai estese comprendenti contadini e mercanti il
cui scopo era la fornitura dei materiali da costruzione e delle
provviste necessarie al cantiere, pittori, lattonieri, ceramisti,
vetrai, ecc.
Accanto agli edifici in
costruzione veniva eretta la loggia, sempre orientata come le cattedrali da oriente a occidente. Le autorità ecclesiastiche la
proteggevano dal potere civile e dalla polizia sanzionando con la
loro autorità il divieto di penetrarvi per coloro che non fossero
membri riconosciuti della corporazione.
Nei locali, oltre a
compiere i lavori più delicati, i muratori depositavano gli
utensili, tenevano le loro riunioni e prendevano i pasti. In fondo
alla costruzione vi era la “stanza delle linee” o “camera dei
disegni”, riservata al Maestro Architetto, dove venivano
conservati i progetti e dove venivano impartite lezioni di
perfezionamento ai giovani Compagni.
Anche il termine loggia
(che troviamo per la prima volta citato nel 1278) è oscuro. Alcuni
lo fanno discendere dal latino, altri addirittura dal sanscrito.
Secondo le varie interpretazioni esso designerebbe la Luce, il Cosmo
o molto più semplicemente un luogo coperto.
(Da: G. Amico, Dalla
Massoneria di mestiere alla Gran Loggia d'Inghilterra, CSI, Ars
Graphica, Savona 1980)
27. cfr. H. Pirenne,
Storia economica e sociale del Medioevo, Garzanti, Milano 1967, p.
204.
28. Cfr. M. Moramarco, La
Massoneria, ieri, oggi e domani, De Vecchi, Milano 1977, p. 93.
29. Cfr. C. Jacq, La
Massoneria. Storia e iniziazione, Mursia, Milano 1978, p. 95
30. Cfr. C.
Francovich,Storia della Massoneria in Italia, La Nuova Italia,
Firenze 1974, p. 3.
31. Cfr. J.C. Pichon,
L'altra storia, Rosada, Torino 1972, p. 250.
32. Cfr. E. Lennhoff, Il
Libero Muratore, Bastogi, Livorno 1976, p. 40.
33. Cfr. M. Moramarco,
cit., p. 100.
34. Cfr. C. Jacq, cit.,
p.85.
Una precisazione è
doverosa: in questi quasi 40 anni la ricerca storica sulle origini
della Massoneria ha fatto passi da gigante, il testo è quindi da
considerarsi datato, come peraltro dimostrano i testi citati, i più
recenti dei quali sono degli anni '70.
4. Continua