Di
fronte all'aggressione turca ai curdi del Rojava, ancora una volta è
emersa la sostanziale impotenza dell'ONU a far rispettare la pace e
il diritto internazionale. Si tratta di una vecchia storia, come
dimostra l'articolo, scritto nell'ormai lontano 2001 in occasione di un'altra guerra purtroppo ancora in corso, che riproponiamo considerandolo quanto mai attuale.
Giorgio Amico
Il
mito dell’ONU
La guerra in Afghanistan
divide la sinistra. Mentre i DS si schierano apertamente per
l'intervento americano, Rifondazione, cossuttiani, Manifesto e parte
della CGIL sostengono la necessità di un intervento delle Nazioni
Unite, quasi che l'ONU rappresentasse una credibile alternativa
all'imperialismo. In realtà, mezzo secolo di guerre con decine di
milioni di morti mostrano non solo la totale impotenza delle Nazioni
Unite a assicurare una gestione pacifica, diplomatica e non militare
dei conflitti, ma la natura di vera e propria agenzia
dell'imperialismo svolta dall'ONU in tutto il secondo dopoguerra.
Il nome "Nazioni
Unite", coniato dal presidente americano Franklin Delano
Roosevelt, appare per la prima volta nella "Dichiarazione"
del 1 gennaio 1942, con cui i rappresentanti di 26 nazioni impegnano
i loro governi ad una lotta a fondo contro le potenze dell'Asse.
Punto di riferimento è l'esperienza da poco conclusa della Lega
delle Nazioni, l'organizzazione internazionale nata all'indomani
della prima guerra mondiale e definita da Lenin "covo di
briganti imperialisti". Nel 1945 i governi di 50 nazioni firmano
la Carta costitutiva redatta dalle potenze vincitrici: Stati Uniti,
Unione Sovietica, Francia, Gran Bretagna e Cina. La "Carta"
si presenta come un gigantesco monumento fatto di parole, piena di
frasi ad effetto sui grandi principi, ma povera di indicazioni
concrete e vincolanti sul come mantenere la pace.
Nei fatti la nuova
organizzazione internazionale sancisce la spartizione del mondo fra
USA e URSS definita dagli accordi Yalta, relegando in un ruolo
secondario le vecchie potenze coloniali GB e Francia, mentre la Cina
nazionalista, dal 1949 ridotta all'isola di Taiwan, gode di un
riconoscimento meramente formale. Come sempre sono gli accordi non
scritti a funzionare meglio. Così nel 1950 Stalin non si avvale del
diritto di veto, di cui l'URSS dispone come membro permanente del
Consiglio di Sicurezza, per bloccare l'intervento militare americano
in Corea. Sei anni più tardi Eisenhower renderà il favore lasciando
che i carri armati russi soffochino nel sangue la rivoluzione
ungherese.
Almeno fino alla fine degli anni Ottanta e al crollo
dell'Unione Sovietica l'ONU funzionerà principalmente come garante
degli equilibri di un mondo bipolare. L'unica politica portata avanti
con determinazione sarà quella della decolonizzazione, ma sempre
nell'ottica degli interessi dominanti di USA e URSS, tese a
sostituirsi alle vecchie potenze europee nel controllo delle materie
prime e dei mercati afroasiatici. Quando, come nel 1956 a Suez o nel
1960 in Congo, gli avvenimenti sembreranno sfuggire di mano ,
minacciando gli equilibri della guerra fredda, allora le Nazioni
Unite con il voto determinante di Stati Uniti e Unione Sovietica
faranno sentire la loro voce.
Per decenni, nell'epoca
della "guerra fredda", le due superpotenze avranno mano
libera all'interno ciascuna della propria sfera "imperiale",
senza che l'ONU trovi qualcosa da eccepire. Al massimo vaghe proteste
e ancora più vaghi pronunciamenti, in un gioco delle parti che
lascia le cose come stanno, soprattutto nel cosiddetto "Terzo
Mondo", campo di battaglia fra imperialismi vecchi e nuovi. Di
fronte a 138 guerre "locali" con decine di milioni di morti
fra il 1945 e il 1989, stanno, vero monumento all'ipocrisia del mondo
borghese, migliaia di risoluzioni di condanna, tutte assolutamente
prive anche del minimo effetto pratico. Tale è la risoluzione 242
del giugno 1967 che intima a Israele il ritiro dai territori occupati
di Cisgiorgania e Gaza, così come i numerosi documenti di condanna
del blocco americano a Cuba.
Prodotto negli anni della seconda guerra
mondiale della diplomazia americana, l'ONU è stato negli anni del
bipolarismo il principale strumento della supremazia delle due grandi
potenze, stanza di compensazione fra gli interessi russi e quelli
americani. La fine dell'URSS e della divisione del mondo sancita a
Yalta segna anche la fine di questi equilibri ed evidenzia il
logoramento degli strumenti diplomatici, come l'ONU, pensati per
gestirli. Il "grande gioco" in atto in Asia Centrale, come
la guerra del Golfo o i conflitti nei Balcani e nel Caucaso,
segnano, seguendo scrupolosamente le linee degli oleodotti e dei
campi petroliferi, lo scatenarsi di nuove contese per la supremazia.
La guerra torna ad essere la continuazione "con altri mezzi"
della politica e dell'economia. "Socialismo o barbarie",
l'accorato appello di Rosa Luxemburg ai proletari agli inizi del
secolo passato, torna ad essere agli inizi di questo nuovo secolo la
parola d'ordine degli internazionalisti.
L'Internazionale, n.29 –
Novembre 2001