mercoledì 22 dicembre 2021

Da leggere: Genova macaia


Alla scoperta di una Genova sconosciuta, viaggiando nel cuore di un genovese che non ci vive più. Perché è destino dell'uomo, di ogni uomo, da Edipo a Ulisse, a ognuno di noi, finire sempre per tornare da dove si è partiti. E che ciò avvenga solo col ricordo non fa differenza. Ne presentiamo l'introduzione.

Simone Pieranni

Ritorno

Genova è un modo di essere, mi dicevi. La forma del mio pensiero, mi spiegavi, dipende da questa città, e con il tempo lo avrei scoperto. Oggi la ritrovo come allora, come la ricordo: lunga e parallela al mare, protetta dai monti. Alcune persone ritengono che la riservatezza mista a diffidenza dei genovesi arrivi proprio da questa postura urbana, schiacciata tra i monti e il mare, determinata quindi dalla natura, inchiodata dalla cupezza di uno spazio che a tratti sembra restringersi.

Genova è un alto e un basso continuo, è un infinito salire e scendere: da Bolzaneto, a nord ovest, fino al centro storico, ad altezza dell’acqua; a Genova ci sono Carignano e Castelletto, in alto, ci sono Sottoripa e piazza Cavour, in basso. E all’interno di questa strettoia tra i monti e il mare ci sono altri confini, come quelli che scorrono tra Campopisano, piazzetta del centro storico, e Porta Siberia al porto, piazza Sarzano, che ospita la statua di Giano, il fondatore della città secondo la tradizione, e le mura di un molo sul mare.

Genova è un continuo racchiudere, restringere, contenere: è in spazi così angusti che basta un filo di vento per venirci a guidare.

A Genova sono nato e ho vissuto fino al 2001. Da allora a oggi ci sono tornato ogni anno, fermandomi per periodi diversi: a volte per un solo giorno, altre per alcuni mesi. Da quando me ne sono andato ho via via recuperato pezzetti di memoria, portando sempre Genova con me, sotto forma di una sciarpa rossoblù che ha finito per girare il mondo.

Quanto alla mia nascita, ho sempre desiderato conoscerne l’ora esatta ma, interpellata, mia madre ogni volta cambiava l’orario: una volta sosteneva fossi nato alle 18, una volta alle 19, un’altra addirittura al mattino. Ripeteva sempre che – in ogni caso – ero nato in ritardo di diversi giorni su quanto era stato pronosticato. «Abbastanza per nascere di un anno più giovane, alla fin fine», chiosava mia nonna. La domanda sull’orario del mio arrivo nel mondo a te non l’ho mai rivolta. Mi hanno sempre raccontato che dopo avermi visto per la prima volta sei svenuto.

Sono nato a Sampierdarena – un fattore che da genoano ho sempre considerato una sorta di maledizione – e ho vissuto sempre a Bolzaneto. Che è Genova, ma per noi di Bolza alla fine Genova era Genova, ovvero la città: il centro storico, il porto. Poi si vagheggiava di zone ancora più in là, da Marassi in avanti. Luoghi che potevano essere interpretati come le colonne d’Ercole della mia infanzia, posti misteriosi, probabilmente percorsi da abitanti diversi, benché fossero considerati a tutti gli effetti genovesi, come noi di Bolzaneto.

Genova è una partita aperta che chiede un ritorno per disarcionare dal passato quanto è rimasto non detto. Per ritrovare te, i nostri percorsi, le nostre scoperte della città, i nostri discorsi tra i caruggi e sulla macaia, i vicoli del centro storico e tutte le storie così vicine che ho dovuto recuperare piano piano, passo dopo passo, uscita autostradale dopo uscita autostradale. Da Bolzaneto al centro, dal centro allo stadio, dallo stadio a Recco, ed ecco la riviera: balestre territoriali accompagnate dal procedere del tempo, dalla crescita mia, dalla consapevolezza di vivere la città come fosse l’interno di un guanto, sempre lì, avvolgente e all’apparenza conosciuto, ma in realtà invisibile agli occhi.

Rieccomi dunque a Genova, partendo da Bolzaneto, in quel percorso che ha contraddistinto la mia vita: da ovest a est, da occidente a oriente. Rieccomi a ritrovarti nei luoghi, a chiudere questa partita fatta di non detti, di storia racchiusa in poche parole, quelle che troverò adesso. Sono venuto a cercarti, a rintracciarti negli scampoli di questa città che guardo con occhi diversi. Una città nella quale ritrovo la voglia di parlarti, di trovare un posto e scandire quel percorso di crescita che in fondo mi ha portato lontano. Fa tutto molto Ma se ghe pensu, la canzone della distanza, la canzone dei genovesi partiti, che hanno abbandonato la città – molto spesso per il Sudamerica – ma la pensano in continuazione, al punto da tornare contro ogni consiglio e buon senso. Un ricordo che svanisce ha bisogno di commemorazione. Per questo sono qui, per questo c’è questo percorso da fare, questa strada da camminare: salite da sudare, discese da controllare, parole, parole da buttare.

Non si può che partire da Bolzaneto, dove ho vissuto per trent’anni. E da quelle parti la mia infanzia è stata contrassegnata dalla tua presenza costante e da quei personaggi che hanno segnato la mia percezione di Genova. Tu, mio padre. Tua madre, mia nonna. Tuo fratello, mio zio, e il suo mondo quasi onirico di cui spesso cercavo informazioni, a volte con discrezione, a volte in modo ben più perentorio.

Questa è la mia Genova, questo è il mio percorso.


Indice

Ritorno 

Genova Bolzaneto 
Voce di Genova #1 La madre di mio padre 
Genova Ovest 
Voce di Genova #2 F., il fratello di mio padre 
Pegli 
Il centro 
Voce di Genova #3 Il Ghedda 
Il Porto 
Genova Est 
Testa di gatto 
Voce di Genova #4 Mio padre 
Nota dell’autore

Simone Pieranni
Genova macaia
Un viaggio da Ponente a Levante
Laterza 2017