martedì 1 novembre 2022

José Carlos Mariátegui, Cronache italiane del primo dopoguerra (1920-1930)

 


José Carlos Mariátegui (1894–1930) , forse il più importante pensatore marxista latinoamericano, giornalista e attivista socialista prima e comunista poi, iniziò il suo impegno politico nel 1918-19, sui temi dell’antimilitarismo e del sostegno alle lotte operaie e studentesche. Esiliato visse in Italia dal dicembre 1919 alla primavera del 1922. Il periodo italiano fu fondamentale per la sua maturazione politica, tanto che anche dopo il rientro in patria continuò a seguire la realtà politica e culturale italiana sulla sua rivista Amauta. Esce finalmente oggi, grazie a Massari Editore, una raccolta esaustiva dei suoi articoli sull'Italia a cura di Remo Mazzacurati. Ne presentiamo le prime pagine dell'introduzione.


Remo Mazzacurati

L'Italia con gli occhi di un giovane peruviano


Una targa collocata il 3 aprile 1995 sull'edificio di via della Scrofa n. 10, nel rione romano di Campo Marzio, ricorda che dal 1920 al 1922 in quella casa abitò «José Carlos Mariátegui (1894-1930) pensatore e saggista peruviano». Ciò che la targa non dice è che quel giovane intellettuale era in esilio politico dal suo Paese natale. Discendente da uno dei Padri dell'Indipendenza peruviana, Francisco Mariátegui y Telleria, nasce il 14 giugno 1894 nella piccola località portuale di Moquegua, al Sud del Paese NIOe e il mese successivo è battezzato nella parrocchia di Santa Catalina con il nome di José del Carmen Eliseo. Il suo primo articolo, «Cronicas madrileňas», compare il 24 febbraio 1911 ne La Prensa, con lo pseudonimo «Juan» utilizzato fino al 1918 per collaborare in seguito con altre testate. Il giovane considera il giornalismo come un impegno etico non fine a se stesso, in quanto visione critica della società, in un periodo di lotte studentesche per la Riforma universitaria, e di grandi scioperi e manifestazioni. Queste sono organizzate da una classe operaia in formazione, specialmente quella del 13 gennaio 1919 per le otto ore di lavoro e per una moderna legislazione sociale.

Il 3 agosto 1919, sul quotidiano serale ribelle e fiancheggiatore delle cause popolari La Razón - fondato pochi mesi prima da lui stesso, da César Falcón e da Humberto del Àguila - vorrebbe pubblicare l'editoriale «La Patria nueva», nel quale, fin dal sottotitolo, definisce l'entourage dell'astuto dittatore Augusto Leguía y Salcedo, al potere per la seconda volta dal precedente 4 luglio, come «Uno staff senile e vacillante». Ma viene censurato e l'Arcivescovado di Lima, dietro pressioni governative, si rifiuta di continuare a stampare il giornale nella propria tipografia Immediatamente dopo, il giornale è soppresso in quanto «insinua una pericolosa attitudine alla ribellione e un inusitato tono critico». Accusando Mariátegui di essere un «perturbatore dell'ordine pubblico», è emesso un mandato di cattura nei suoi confronti. Forse grazie anche al fatto che Leguía è sposato con Julia Swayne Mariátegui, una famigliare di José Carlos, ma di certo per l'intercessione dello zio di secondo grado e deputàto Foción Mariátegui Ausejo, sostenitore e consigliere del golpista al potere, viene stabilito per lui l'esilio con la qualifica di «giornalista peruviano» corrispondente de El Tiempo, quotidiano di tendenza liberale e letto in ambienti piccolo-borghesi mediamente progressisti. Al contempo gli viene concessa una specie di borsa di studio - formula mascherata per quello che è un esilio a tutti gli effetti - come alternativa al carcere. 


Quasi un anno dopo la conclusione del macello bellico mondiale che mette fine alla Belle Époque, scortato dalla polizia con l'amico Falcón, anch'egli esiliato (in Spagna), 1'8 ottobre 1919 s'imbarca sulla nave a vapore «Atenas» e parte da Callao per arrivare a La Rochelle il 10 novembre, dopo uno scalo a New York. Trascorre un breve periodo nel Quartiere Latino di Parigi, fino al 20 dicembre, poi si sposta in varie città italiane, iniziando quello che alcuni definiscono «viaggio iniziatico»: a Genova alla fine di dicembre (ospite nell'abitazione del console peruviano Palmiro Macchiavello Gonzàles); a Roma da gennaio a maggio del 1920; a Firenze tra giugno e luglio; nuovamente a Genova in agosto; a Venezia e a Milano in settembre. Resta anche alcuni giorni a Torino e infine torna nella Città Eterna nell'ottobre del 1920, dove risiede fino alla primavera del 1922. Tra la fine di aprile e l'inizio di maggio, in attesa del permesso per poter rientrare in Perú, lascia l'Italia per visitare alcuni Paesi europei (Francia, Germania, Austria, Ungheria, Cecoslovacchia e Belgio), con la moglie italiana Anna Maria e il figlio Sandro. Rientra in Perú il 18 marzo 1923, partendo dal porto di Anversa un mese prima.

Resta in Europa per un periodo di tre anni e quattro mesi, trascorrendone in Italia due e mezzo, durante i quali legge avidamente la stampa italiana e invia, senza una specifica regolarità, una cinquantina di articoli a El Tiempo, fondato il 17 luglio 1916 e inizialmente diretto da Pedro Ruiz Bravo (il successivo 12 luglio 1922, anch'egli esiliato nella cilena Antofagasta), rivelando il proprio interesse acuto e meditato sugli avvenimenti a lui contemporanei in un continente ancora sofferente sia materialmente sia psicologicamente per i danni bellici. Non solo informa i propri connazionali sugli avvenimenti che accadono e sul clima politico del Paese, con oltre trenta articoli, ma nello stesso tempo compie uno sforzo per comprendere una realtà assai diversa rispetto a quella peruviana, ancora arretrata sotto molti punti di vista.


José Carlos Mariátegui
Cronache italiane del primo dopoguerra (1920-1930)
Massari Editore, 2022