Questo è mio padre, Giuseppe Amico (1919-1996), durante la guerra, brigadiere dei carabinieri, prima in Albania e poi nel 1944 comandante della Stazione di Fiesole.
Eppure mio padre, partigiano combattente e decorato, ebbe sempre un estremo pudore a parlare di quei fatti. Lo fece raramente, per brevi accenni e sempre parlando solo dei suoi compagni morti. Pensava di aver semplicemente fatto quello che in quel momento andava fatto. Oggi, con quel po' di esperienza portato degli anni, ho capito che il pensare di essere stato l'unico a sopravvivere a quel tragico evento, mentre tutti i suoi compagni erano morti nel fiore degli anni, gli provocasse una profonda sofferenza, come di una sorta di ingiustizia non voluta ma subita.