Giorgio Amico
Massoneria e fascismo
E da poco nelle librerie "Massoneria e fascismo" (Carocci Editore) di Fulvio Conti, professore ordinario di storia contemporanea all'Università di Firenze e apprezzato autore di studi sulla Massoneria.
Il volume discute il ruolo della massoneria nella sfera pubblica italiana del primo dopoguerra e i suoi rapporti con l'ascesa del fascismo. L'autore sottolinea come questo sia un tema poco esplorato dagli storici del fascismo, ad eccezione di Renzo De Felice.
Il saggio prende spunto da un quadro di Giacomo Balla, "Marcia su Roma", esposto a Roma nel 2000. Il dipinto, realizzato nel 1932 sul retro di una precedente opera futurista di Balla ("Velocità astratta"), raffigura Mussolini e una trentina di gerarchi fascisti, ispirandosi a una famosa fotografia scattata dopo l'incarico di governo a Mussolini nel 1922. Con l'eccezione di Mussolini e Cesare Maria De Vecchi, molti dei personaggi ritratti nel quadro, inclusi i quadrumviri (Italo Balbo, Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, Emilio De Bono e Michele Bianchi) e altri esponenti come Giacomo Acerbo e Giuseppe Bottai, appartenevano alla massoneria, principalmente alla Gran Loggia d'Italia di piazza del Gesù.
Viene evidenziata l'affiliazione massonica di numerosi importanti esponenti fascisti, distribuiti tra la Gran Loggia d'Italia e il Grande Oriente d'Italia (GOI), tra cui Roberto Farinacci, Achille Starace, Aldo Oviglio, Cesare Rossi, Giovanni Marinelli, Filippo Filippelli, e persino squadristi come Italo Capanni e Amerigo Dumini. Anche figure di spicco come Alberto Beneduce (grand commis dello Stato fascista) e Giuseppe Belluzzo (ministro dell'Economia nazionale) erano massoni. Si menziona anche il generale Luigi Capello, presidente del congresso costitutivo del PNF, passato poi all'opposizione e condannato per l'attentato Zaniboni. Vengono citati anche Arturo Labriola e Gino Olivetti, artefici del "lodo Giolitti", e l'antifascista Giovanni Amendola.
L'autore si interroga se l'appartenenza massonica di queste figure sia una coincidenza o una prova della pervasiva presenza della massoneria nella sfera pubblica italiana del primo dopoguerra. Altre questioni riguardano il ruolo della massoneria nell'ascesa del regime mussoliniano, i suoi rapporti con altre forze politiche, e se la Libera Muratoria fosse ancora un "potere forte" o al contrario un'organizzazione ormai marginale. Viene anche sollevato il quesito sul perché la massoneria fu colpita per prima dalle leggi di "difesa dello Stato" nel 1925.
Le due maggiori istituzioni massoniche, il Grande Oriente e la Gran Loggia d'Italia, sono descritte come strutture associative con una spiccata vocazione politica, organi direttivi nazionali e una presenza capillare nella penisola. All'inizio degli anni Venti, contavano complessivamente circa 30.000-40.000 affiliati e mantenevano una significativa influenza nella sfera pubblica. Antonio Gramsci, in un discorso del 1925, definì la massoneria l'unico vero partito della borghesia italiana fino a quel momento. Nonostante non fossero partiti moderni, per via del parziale segreto e delle diverse posizioni ideologiche al loro interno, furono percepite come centri di potere rilevanti dai politici del dopoguerra. Nitti, Giolitti e Bonomi incontrarono il gran maestro del GOI, Domizio Torrigiani, e Mussolini incontrò con maggiore assiduità Raoul Vittorio Palermi, gran maestro della Gran Loggia di piazza del Gesù.
L'autore chiarisce che il suo intento non è attribuire a questi incontri un significato eccessivo; il fascismo non fu una creazione della massoneria, né questa fu la principale responsabile del fallimento dell'Aventino. Tuttavia, le istituzioni massoniche e i singoli massoni ebbero un ruolo, seppur contraddittorio e non decisivo, nella storia di quel periodo.
La metodologia utilizzata nel saggio prevede un ampio spazio ai documenti, come verbali degli organi direttivi del GOI, circolari dei gran maestri, carteggi e articoli di riviste e giornali delle diverse obbedienze, per far emergere la "voce" delle organizzazioni massoniche e la complessità delle loro decisioni. Questo approccio è stato esteso anche ad altri documenti rilevanti, come il dibattito al congresso del PSI di Ancona del 1914 e la discussione parlamentare sulla legge contro le associazioni segrete del 1925.
L'obiettivo finale è gettare nuova luce su un periodo drammatico della storia italiana, restituendo visibilità al ruolo della massoneria, la quale, dopo essersi illusa che il fascismo potesse risolvere la crisi post-bellica, fu la prima a subire la repressione della dittatura.
In conclusione, un libro di grande interesse, indispensabile a chi voglia meglio capire l'ascesa al potere del fascismo e le contraddizioni della Massoneria italiana negli anni fra la fine della prima guerra mondiale e la messa fuori legge da parte del regime nel 1925.