giovedì 11 luglio 2013

Per un' Occitania viva e libera, per un'Europa dei popoli. Quattro domande sul termine occitano



Qualche visitatore del nostro blog si stupisce del nostro sostegno alla causa occitana. La risposta è semplice: siamo per una Europa dei popoli che permetta finalmente di superare le barriere artificiali costruite nei secoli scorsi dalle classi dominanti. E gli Occitani (come i Baschi e i Corsi) sono l'esempio più chiaro di una nazione senza stato. Qualcun altro contesta che l'occitano sia una lingua autonoma e non un insieme di dialetti franco-provenzali. Lasciamo la risposta agli amici di Ousitanio Vivo.

QUATTRO DOMANDE SUL TERMINE "OCCITANO"

Ci sembra opportuno tornare ancora una volta sull'antica, e per fortuna in via di superamento, questione della differenza tra occitano-Occitania e provenzale-Provenza. Lo facciamo esponendo, per chiarezza, quattro domande fondamentali.

1: Occitano e provenzale indicano la stessa cosa?

Si! Per indicare la lingua parlata nelle nostre Valli viene usato da alcuni il termine occitano, da altri quello provenzale. Ma i due termini fanno riferimento esattamente alla stessa lingua, parlata, con molte varianti, dalle valli del Quiè a sud alla valle di Oulx a nord. La nostra lingua è una sola, occitana o provenzale che la si voglia definire. Non ha dunque senso parlare di provenzale o di minoranza provenzale come se si trattasse di un'entità linguistica o geografica distinta da quella occitana. Ancora meno senso ha chiedere il riconoscimento di una entità provenzale a fianco di quella occitana, a meno che questa entità indichi non un territorio o una comunità di parlanti, ma un movimento politico (è come se, ad esempio, l'ARCI chiedesse alla Stato di essere riconosciuta come minoranza linguistica).



2: Qual è il termine più appropriato?

Il termine occitano-Occitania, per due ordini di ragioni. Il primo è che l'identità provenzale fa riferimento ad una realtà regionale assai circoscritta (e questo può essere da un certo punto di vista un vantaggio), e ignora che la lingua d'oc si estende in tutto il mezzogiorno francese. L'unità della lingua d'oc, pur comprendente diverse varianti regionali (tra le quali la più originale non è il provenzale ma il guascone) è riconosciuta da tutti i linguisti e studiosi universitari. Lo stesso Mistral ne aveva tenuto conto redigendo il suo grande dizionario "Lou tresor dóu Felibrige".

Il secondo ordine di ragioni che rende inaccettabile il termine provenzale per la lingua parlata nelle nostre Valli è che la lingua d'oc del mezzogiorno francese si divide, per unanime giodizio dei maggiori studiosi, in due gruppi: a nord i dialetti (limosino, alvergnate, delfinese o occitano alpino) caratterizzati, tre altre cose, dal fenomeno della palatalizzazione ("chan" per cane, "chabro" per capra, ec.); a sud i dialetti (provenzale, lengadociano, guascone) che non adottano tale fenomeno ("can" per cane, "cabro" per capra, ec.). Ora la palatalizzazione è pressochè totale nelle nostre Valli. Dunque, anche nel caso in cui si ritenesse un'identità occitana troppo vasta e vaga, e si preferisse una identità regionale, geograficamente e storicamente più agevole, le nostre Valli non potrebbero considerarsi linguisticamente provenzali, poiché le loro parlate sono chiaramente di tipo nord-occitano.

3: Qual è il termine più affermato?

Sino a qualche decennio fa tra la gente comune delle Valli, priva di ogni coscienza identitaria, entrambi i termini erano sconosciuti: essa non sapeva di parlare né l'occitano né il provenzale, ma semplicemnete un "patuà", "a nosto modo", un dialetto di campanile. E' dunque mistificatorio proporre il provenzale come un'identità radicata nella nostra tradizione e sentire comune, e l'occitano come una costruzione intellettuale imposta dall'alto. La verità è che entrambe le definizioni sono state "scoperte" in tempi recenti: quella provenzale a partire dai primi anni '60, quella occitana alla fine dello stesso decennio, con l'arrivo di François Fontan a Frassino.

Ma negli ultimi anni si è verificata una grande presa di coscienza, ed essa è andata principalmente in direzione del termine secondo noi più corretto, quello di occitano-Occitania. Di questo semplice fatto hanno tenuto conto i legislatori che licenziarono un anno fa la legge 482, riconoscendo la minoranza linguistica occitana tra quelle presenti in Italia. Lo stesso indirizzo è da molto tempo fuori discussione in sede di Comunità Europea, nelle Università e sui giornali.



4: L'occitano è una lingua astratta?

Questa è forse la mistificazione più grave. La ricerca di un occitano alpino "normalizzato" o meglio "referenziale" non è volta a sostituire le parlate (occitane) autentiche di ogni valle e paese con una lingua (occitana) calata dall'alto, bensì tenta di elaborare una forma che possa essere insegnata nelle scuole (ai bambini o agli adulti che vogliono riscoprire le proprie radici), utilizzata nei documenti ufficiali, nella segnaletica stradale, nella comunicazione scritta. Questa lingua occitana referenziale non potrà e non dovrà mai sostituirsi alle parlate occitane locali, ma anzi costituisce l'unica via attraverso la quale queste parlate possono continuare a prosperare, senza ridursi a fenomeni folcloristici o da museo. Le due forme - quella autentica del proprio villaggio e quella "standard" della vita pubblica - devono convivere una accanto all'altra perché si riferiscono a contesti e situazioni differenti. Tutte le minoranze linguistiche che cercano di aprirsi al futuro e non di chiudersi a riccio in atteggiamenti nostalgici adottano questa strada, dai friulani ai catalani, dai romanci ai sardi.

Sarebbe interessante chiedere ai sostenitori del provenzale quale lingua vorrebbero fare insegnare nelle scuole: quella localissima del villaggio? (ma in una Scuola Media di valle, a quale villaggio fare riferimento?) O il provenzale ottocentesco di Mistral, zeppo di termini che nessun parlante delle nostre Valli conosce?

Queste ed altre domande risultano insomma ineludibili per chiunque assuma, come noi cerchiamo di fare, il senso di responsabilità e la progettualità come criteri della propria azione.

(Da: Ousitanio Vivo - 18 dicembre 2000)