Qualche visitatore del
nostro blog si stupisce del nostro sostegno alla causa occitana. La
risposta è semplice: siamo per una Europa dei popoli che permetta
finalmente di superare le barriere artificiali costruite nei secoli
scorsi dalle classi dominanti. E gli Occitani (come i Baschi e i
Corsi) sono l'esempio più chiaro di una nazione senza stato. Qualcun
altro contesta che l'occitano sia una lingua autonoma e non un
insieme di dialetti franco-provenzali. Lasciamo la risposta agli
amici di Ousitanio Vivo.
QUATTRO DOMANDE SUL
TERMINE "OCCITANO"
Ci sembra opportuno
tornare ancora una volta sull'antica, e per fortuna in via di
superamento, questione della differenza tra occitano-Occitania e
provenzale-Provenza. Lo facciamo esponendo, per chiarezza, quattro
domande fondamentali.
1: Occitano e
provenzale indicano la stessa cosa?
Si! Per indicare la
lingua parlata nelle nostre Valli viene usato da alcuni il termine
occitano, da altri quello provenzale. Ma i due termini fanno
riferimento esattamente alla stessa lingua, parlata, con molte
varianti, dalle valli del Quiè a sud alla valle di Oulx a nord. La
nostra lingua è una sola, occitana o provenzale che la si voglia
definire. Non ha dunque senso parlare di provenzale o di minoranza
provenzale come se si trattasse di un'entità linguistica o
geografica distinta da quella occitana. Ancora meno senso ha chiedere
il riconoscimento di una entità provenzale a fianco di quella
occitana, a meno che questa entità indichi non un territorio o una
comunità di parlanti, ma un movimento politico (è come se, ad
esempio, l'ARCI chiedesse alla Stato di essere riconosciuta come
minoranza linguistica).
2: Qual è il termine
più appropriato?
Il termine
occitano-Occitania, per due ordini di ragioni. Il primo è che
l'identità provenzale fa riferimento ad una realtà regionale assai
circoscritta (e questo può essere da un certo punto di vista un
vantaggio), e ignora che la lingua d'oc si estende in tutto il
mezzogiorno francese. L'unità della lingua d'oc, pur comprendente
diverse varianti regionali (tra le quali la più originale non è il
provenzale ma il guascone) è riconosciuta da tutti i linguisti e
studiosi universitari. Lo stesso Mistral ne aveva tenuto conto
redigendo il suo grande dizionario "Lou tresor dóu Felibrige".
Il secondo ordine di
ragioni che rende inaccettabile il termine provenzale per la lingua
parlata nelle nostre Valli è che la lingua d'oc del mezzogiorno
francese si divide, per unanime giodizio dei maggiori studiosi, in
due gruppi: a nord i dialetti (limosino, alvergnate, delfinese o
occitano alpino) caratterizzati, tre altre cose, dal fenomeno della
palatalizzazione ("chan" per cane, "chabro" per
capra, ec.); a sud i dialetti (provenzale, lengadociano, guascone)
che non adottano tale fenomeno ("can" per cane, "cabro"
per capra, ec.). Ora la palatalizzazione è pressochè totale nelle
nostre Valli. Dunque, anche nel caso in cui si ritenesse un'identità
occitana troppo vasta e vaga, e si preferisse una identità
regionale, geograficamente e storicamente più agevole, le nostre
Valli non potrebbero considerarsi linguisticamente provenzali, poiché
le loro parlate sono chiaramente di tipo nord-occitano.
3: Qual è il termine
più affermato?
Sino a qualche decennio
fa tra la gente comune delle Valli, priva di ogni coscienza
identitaria, entrambi i termini erano sconosciuti: essa non sapeva di
parlare né l'occitano né il provenzale, ma semplicemnete un
"patuà", "a nosto modo", un dialetto di
campanile. E' dunque mistificatorio proporre il provenzale come
un'identità radicata nella nostra tradizione e sentire comune, e
l'occitano come una costruzione intellettuale imposta dall'alto. La
verità è che entrambe le definizioni sono state "scoperte"
in tempi recenti: quella provenzale a partire dai primi anni '60,
quella occitana alla fine dello stesso decennio, con l'arrivo di
François Fontan a Frassino.
Ma negli ultimi anni si è
verificata una grande presa di coscienza, ed essa è andata
principalmente in direzione del termine secondo noi più corretto,
quello di occitano-Occitania. Di questo semplice fatto hanno tenuto
conto i legislatori che licenziarono un anno fa la legge 482,
riconoscendo la minoranza linguistica occitana tra quelle presenti in
Italia. Lo stesso indirizzo è da molto tempo fuori discussione in
sede di Comunità Europea, nelle Università e sui giornali.
4: L'occitano è una
lingua astratta?
Questa è forse la
mistificazione più grave. La ricerca di un occitano alpino
"normalizzato" o meglio "referenziale" non è
volta a sostituire le parlate (occitane) autentiche di ogni valle e
paese con una lingua (occitana) calata dall'alto, bensì tenta di
elaborare una forma che possa essere insegnata nelle scuole (ai
bambini o agli adulti che vogliono riscoprire le proprie radici),
utilizzata nei documenti ufficiali, nella segnaletica stradale, nella
comunicazione scritta. Questa lingua occitana referenziale non potrà
e non dovrà mai sostituirsi alle parlate occitane locali, ma anzi
costituisce l'unica via attraverso la quale queste parlate possono
continuare a prosperare, senza ridursi a fenomeni folcloristici o da
museo. Le due forme - quella autentica del proprio villaggio e quella
"standard" della vita pubblica - devono convivere una
accanto all'altra perché si riferiscono a contesti e situazioni
differenti. Tutte le minoranze linguistiche che cercano di aprirsi al
futuro e non di chiudersi a riccio in atteggiamenti nostalgici
adottano questa strada, dai friulani ai catalani, dai romanci ai
sardi.
Sarebbe interessante
chiedere ai sostenitori del provenzale quale lingua vorrebbero fare
insegnare nelle scuole: quella localissima del villaggio? (ma in una
Scuola Media di valle, a quale villaggio fare riferimento?) O il
provenzale ottocentesco di Mistral, zeppo di termini che nessun
parlante delle nostre Valli conosce?
Queste ed altre domande
risultano insomma ineludibili per chiunque assuma, come noi cerchiamo
di fare, il senso di responsabilità e la progettualità come criteri
della propria azione.
(Da: Ousitanio Vivo - 18
dicembre 2000)