La notte di San Giovanni è la notte dei fuochi. Che ai falò sui monti si siano sostituiti i fuochi d'artificio sulle spiagge non cambia il significato magicamente archetipale di questa grande festa solare.
Giorgio AmicoI fuochi di San Giovanni fra storia e folkloreLi hanno fatti quest'anno i falò? - chiesi a Cinto.
Noi li facevamo sempre. La notte di S. Giovanni tutta la collina era accesa.
Poca roba, - disse lui. - Lo fanno grosso alla Stazione, ma di qui non si vede. Il Piola dice che una volta ci bruciavano delle fascine.
Chissà perchè mai, - dissi, - si fanno questi fuochi.
Si vede che fa bene alle campagne, - disse Cinto, - le ingrassa.
(Cesare Pavese, La luna e i falò, 1949)
Non lasciamoci trarre in inganno dalle ingenue parole di Cinto. Pavese sa molto bene di cosa sta parlando e la spiegazione che il contadino langarolo dà dello scopo dei falò va diritto alle radici di quel rito antichissimo che ogni anno si ripete sempre uguale anche se se ne è ormai perso il senso. Le feste del fuoco come riti di fertilità hanno un'origine che si perde nella notte dei tempi, in un periodo molto anteriore al cristianesimo e allo stesso mondo romano. Con la festa di San Giovanni Battista esse acquistano veste cristiana, ma è una veste sottile. Riti della stessa natura si ritrovano in tutta Europa dalla Scandinavia al Mediterraneo, sempre con le stesse caratteristiche. Quello dell'accensione dei falò al solstizio d'estate è un rito magico legato alla fertilità della terra, degli animali, degli uomini, ma anche un rito di purificazione e dunque di protezione.
James Frazer, uno dei padri della moderna antropologia, ha dedicato molte pagine della sua opera monumentale
Il Ramo d'Oro (di cui Cesare Pavese stava curando l'edizione italiana per la casa editrice Einaudi proprio mentre scriveva
La luna e i falò) ai riti del fuoco. In particolare egli defisce solstizio d'estate, cioè in termini cristiani la festa di San Giovanni, " la più diffusa e solenne di tutte le festività rituali dell'anno celebrate dai popoli primitivi d'Europa"
Il solstizio è un punto di svolta dell'anno, lentamente il sole inizia a declinare, per l'uomo primitivo è il momento di ricorrere a riti magici con cui arrestarne il declino, o quanto meno garantire la rinascita della vita delle piante. Il falò deve servire a sostenere l'astro, ad aiutarlo a mantenere la sua potenza, allontanando le forze avverse Un rito quindi che permette di espellere o tenere lontano tutto ciò che può essere dannoso a uomini, luoghi, piante, animali.Un rito di purificazione (che fa appello al carattere purificatore del fuoco, e, come vedremo, anche dell'acqua). Un rito di morte e resurrezione e dunque di fertilità
"Nell'Europa moderna – scrive Frazer – la grande festa di mezzestate è stata soprattutto una festa dell'amore e del fuoco. Uno dei suoi caratteri principali è la scelta degli innamorati che saltano sopra i fuochi tenendosi per mano e si tirano dei fiori attraverso le fiamme".
Festa misteriosa e ambivalenteLa festa di San Giovanni ha un carattere misterico e ambivalente. Si tratta della principale festa della luce, ma ha il suo epicentro nella notte; è una festa del fuoco (simbolo del principio maschile), ma anche dell'acqua (simbolo del principio femminile). D'altronde il fuoco e l'acqua sono gli elementi centrali della predicazione del Battista. Dice Giovanni Battista: "Io vi battezzo con acqua...; ma colui che viene dopo di me... vi battezzerà in spirito santo e fuoco" (Matteo 3.11)
"Notte specialissima carica di magia e di presagi, notte gravida di forze sacrali diffuse nella natura, quella di San Giovanni è la notte che decide dei destini dell'intero anno solare: da questa magica notte le ragazze attendono presagi sulla loro sorte nuziale e i contadini risposte sugli esiti del futuro raccolto" ,
Secondo le tradizioni celtiche e nordiche, la notte del 24 giugno corrisponde alla notte di mezza estate. Il mondo naturale il soprannaturale si compenetrano e cose ritenute impossibili diventano possibili. Il tempo si ferma. Cadono le barriere che separano le diverse manifestazioni dell'esistere. Fate, folletti, elfi fanno irruzione nel mondo. William Shakespeare in
Sogno di una notte di mezza estate ha reso in tutta la sua magia questa notte straordinaria. Ancora una volta appare il simbolismo della porta (vero e propria immagine archetipale), apertura sull'aldilà. La notte di San Giovanni questa porta misteriosamente si apre e i due mondi entrano in comunicazione.
Festa pagana, poi cristianizzataLa festa di San Giovanni è quella che forse più esemplarmente di altre testimonia di quella commistione di pagano e cristiano che è uno dei tratti caratterizzanti la religione popolare almeno fino al XIV secolo. Il Venerabile Beda annota nelle sue cronache come Gregorio Magno consigliasse ai monaci che si accingevano a evangelizzare Anglia e Irlanda di distruggere gli idoli, ma preservare i fana. I luoghi, cioè, dove il sacro si manifesta in tutta la sua potenza numinosa. Progressivamente, dunque, luoghi, riti, feste vengono cristianizzati. Giano, dio bifronte del principio e della fine, delle porte e dei confini, cede il controllo delle “porte solstiziali”. A guardia di tali porte viene sostituito dai due Giovanni: San Giovanni Battista che governa sul solstizio d'estate, San Giovanni Evangelista che governa sul solstizio d'inverno. Anche la somiglianza fonetica evidente fra Janus e Joannes, dimostra che la collocazione della festa dei due Giovanni in prossimità dei solstizi non è casuale. San Giovanni assume nel Cristianesimo, il posto che occupava, nella ripartizione delle feste della Roma Imperiale, il Dio Giano di cui una faccia guardava il passato, l’altra l’avvenire, mentre la faccia invisibile contemplava "l’eterno presente". E la posizione dei due Santi alla data dei solstizi, conferisce loro una doppia parte, spirituale e cosmologica ad un tempo. Posti in tal modo alle porte solstiziali, essi sono come i pilastri del cielo.
Quanto al Battista ulteriore elemento duplicità consiste nel doppio festeggiamento. Il dies natalis dei santi, quello cui vengono ricordati nel calendario, corrisponde al giorno della morte a simboleggiare che morendo sono ri-nati in Cristo. San Giovanni Battista è l'unico santo di cui si festeggia la nascita naturale il 24 giugno e la morte il 29 agosto. E' un privilegio che condivide solo con la Madonna.
Che la festa di San Giovanni sia festa della luce (e d'altronde quale luce può illuminare il mondo più del Battista che predica il prossimo avvento del Messia) lo scrive Jacopo da Varagine nella Leggenda aurea: “Portavasi anche le faccelline accese, perchè san Giovanni fue lucerna ardente e rilucente; e la ruota del sole si volge però che 'l sole scende allora nel cerchio a significare la nominanza di san Giovanni, il quale era creduto che fosse Cristo, secondo ched elli medesimo ne diede testimonianza, quando dice: “Me conviene menomare e lui crescere” Questo fue significato, secondo che dice santo Agostino, ne li loro nascimenti e ne le loro morti. Ne li loro nascimenti, però che intorno a la natividade di santo Joanni cominciano i di a minimare; intorno alla natividade di Cristo cominciano a crescere, secondo che dice uno verso: “Solstitium decimo Christum praecit atque Johannem”. Anche ne la loro morte, però che il corpo di Cristo fu levato in alto e l'corpo di Giovanni fu menomato il capo”
In realtà l'uso delle fiaccole è molto più antico: nel calendario romano il 24 giugno è indicato come Lampas oppure Dies lamparum, per la consuetudine di portare fiaccole accese per i campi e per le strade.
In epoca cristiana il solstizio estivo si carica di un simbolismo nuovo. Il sole col suo decrescere segna la fine di un'epoca nel cammino dell'umanità verso la salvezza, quella della fine del Vecchio Testamento rappresentato da Giovanni Battista. Il solstizio d'inverno, che inizia la fase crescente del sole, segna la nascita de Nuovo Testamento e dell'era cristiana simboleggiata dal Vangelo di Giovanni, il Vangelo esoterico, quello di più difficile interpretazione. E a questo punto diventa inevitabile il richiamo alla mitologia classica e alla figura di Giano, il dio dai due volti. Si, proprio Giano perchè il simbolismo della porta associato a lui, mette il dio in stretto rapporto con il simbolismo dell'iniziazione nelle sue varie forme incentrato sul superamento della soglia che separa gli stati fondamentali dell'esistenza prima e dopo la morte. Non a caso, come dimostra nei suoi studi René Guénon, gli esoteristi cristiani si sono sempre definiti gioanniti. Giano é detto Janitor , il dio che apre le porte, il dio dell'iniziazione ai misteri e d'altronde initiatio deriva da in-ire, cioè entrare. San Giovanni (Evangelista, ma anche Battista) ha sempre rappresentato il punto di riferimento dell'esoterismo cristiano prima, di quello massonico poi. Non a caso nei testi rinascimentali Giano è rappresentato spesso come un uomo barbuto con due teste coronate impugnante due chiavi, queste chiavi sono quelle delle porte solstiziali, Janua Coeli (solstizio d'inverno), Janua Inferi (solstizio d'estate).
Festa contadinaLa notte di San Giovanni si spalancano dunque le Januas inferi. Notte di prodigi e meraviglie, notte di veglia, in cui gli uomini entrano in contatto con potenze superiori che possono essere sia benefiche che malefiche. Occorre dunque proteggersi con riti nei confronti delle potenze malefiche o al contrario ottenere l'aiuto di quelle benefiche. Per secoli, praticamente fino a qualche decennio fa, i contadini di tutta Europa hanno con una uniformità impressionante praticato riti che dovevano assicurare protezione e prosperità.
Proteggere i raccolti: saltare tre volte le fiamme o correre in mezzo a due falò assicurava un raccolto abbondante.Spargere le ceneri nei campi preservava il raccolto dai parassiti. Far correre una ruota in fiamme attraverso i campi o i vigneti li fertilizzava.
Aumentare la fertilità delle donne e agevolare la formazione delle coppie: giovani dei due sessi ballavano attorno al fuoco portando corone di artemisia e di verbena. Le ragazze lanciavano corone di fiori attraverso il falò, gli innamorati dovevano prenderle. Poi ogni coppia si prendeva per mano e saltava per tre volte attraverso le braci. Da come saltavano si prediceva se si sarebbero sposati presto o no.Passare attraverso il fuoco rendeva fertile una coppia senza figli, così come agevolava il parto.
Proteggere gli animali domestici: il bestiame veniva fatto passare attraverso il fumo o le ceneri per immunizzarlo dalle malattie e dai malefici. Le ceneri poste nei nidi garantivano che le galline avrebbero fatto molte uova.
Proteggere la salute dei contadini:Saltare il falò preservava il contadino dal mal di reni . Bisognava però girare tre volte attorno al fuoco con un ramoscello di noce in mano.
Proteggere la casa: il fuoco domestico veniva spento e poi riacceso con un tizzone del falò. Un tizzone spento veniva messo sul tetto della casa per proteggerla dal fulmine e dagli incendi.
Ottenere fortuna: mangiare lumache. Il significato di questa usanza antichissima (ne troviamo traccia già fra i Romani) sembra essere legato alle corna delle lumache ( Simbolo lunare propiziatorio). Più lumache si mangiano, maggiore sarà la fortuna.
Festa della naturaIl solstizio d'estate è il periodo in cui le energie della terra sono al culmine, quindi, come nota Frazer, il giorno migliore tra tutti per raccogliere erbe grazie alle quali non solo si poteva combattere la febbre e curare una vasta gamma di malattie, ma anche guardarsi dagli stregoni e dai loro sortilegi.
La festa di mezzestate è dunque una celebrazione della trasformazione. Frazer suggerì che " i fiori come i fuochi di mezzestate, erano ritenuti in grado di trasferire agli uomini parte dello splendore e del calore del sole, che li investiva per un certo periodo di poteri straordinari che consentivano loro di curare le malattie e di smascherare ed evitare tutti i mali che minacciano la vita dell'uomo". A mezzestate nello sbocciare di un fiore, nel fuoco, nel sesso (...) si liberano le energie, avviene una trasformazione, e il Cielo e la Terra si riuniscono per un momento. Poi la vita continua rinnovata. Molte sono le piante legate alla notte di San Giovanni, vediamone qualcuna:
L'artemisia, chiamata anche erba di San Giovanni (si credeva che il santo portasse una cintura di artemisia), serviva a far ghirlande e cinture. Ancora oggi usata in erboristeria come un tonico stimolante. Si credeva che le foglie essiccate messe in un cuscino favorissero sogni particolarmente piacevoli.
La verbena, raccolta dopo il tramonto della vigilia di mezzestate e messa tutta la notte a bagno, poi fatta essiccare. Considerata un afrodisiaco, usata anche come profumo.
L'iperico, una pianta molto comune dai fiori gialli che fioriscono in estate e da foglie ovoidali che osservate controluce appaiono coperte da forellini. Secondo la leggenda cristiana l'iperico era nato dal sangue di San Giovanni e il diavolo tentò di distruggerlo, trafiggendolo. Dalle foglie e dai fiori schiacciati veniva ricavata una sostanza che veniva bruciata come incenso per via dell'odore simile, originando così la convinzione popolare che servisse a scacciare i diavoli, da qui il suo nome antico “Fugademonum”. L'erba serviva anche per prepare pozioni per cacciare i diavoli dal corpo. L'ipericina (principio attivo dell'iperico) è un potente antidepressivo naturale ancora oggi usato in medicina. Inoltre l'olio di iperico (preparato lasciando macerare al sole i fiori in olio d'oliva) ieri come oggi scaccia i dolori delle scottature.
Un famoso testo di magia apparso nel rinascimento prima in Francia e poi dal 1523 in Italia, attribuito a Papa Leone III (che ne avrebbe fatto dono a Carlo Magno in occasione della sua incoronazione) contiene un richiamo alla festa di San Giovanni. Se si vuole vincere al gioco, occorre cogliere qualche foglia di elleboro la vigilia di San Giovanni a mezzogiorno e intrecciare un braccialetto che rappresenti le lettere: HUTY. Il braccialetto va poi infilato al braccio destro.
La notte di San Giovanni è anche collegata al noce e ai suoi frutti che in molte zone d'Italia si usa raccogliere in questa notte, ancora acerbi, per preparare il nocino, liquore ritenuto possedere virtù magiche.
Festa delle streghe
Come ogni momento critico, di passaggio da un periodo ad un altro, la notte di San Giovanni è anche notte densa di pericoli, popolata di forze benefiche, ma anche malefiche come demoni e streghe. Nel Medioevo si pensava che in questa notte tutte le streghe volassero per radunarsi a Benevento sotto un grande noce, guidate da Erodiade, Salomè e Diana. Si credeva anche, che durante il viaggio, le streghe potessero introdursi nelle case della gente e portare la malasorte. È per questo motivo che durante la notte si usava mettere sale grosso sui davanzali delle finestre. La strega, curiosa di conoscere il numero dei chicchi di sale, si sarebbe messa a contarli perdendo così tempo finché l’alba non l'avesse costretta a fuggire via. De Andrè riprende questa credenza nella canzone "A Cimma"
"metterai la scopa dritta in un angolo
che se dalla cappa scivola in cucina la strega
a forza di contare le paglie che ci sono
la cima è già piena e già cucita"
Per proteggersi le campane delle chiese non smettevano di suonare dal tramonto all'alba, affinchè le streghe (scrive Cesare Cantù nel 1845) "a cui, se nol sapeste, è spaventosissimo lo scampanio, non potessero cogliere le erne nocive, nè impedire con loro malizie che fossero colte le profittevoli"
Festa del fuoco, ma anche dell'acqua
Frazer ricorda anche come questa festa fosse presso i romani anche una festa acquatica, caratterizzata dall'attraversamento del Tevere su barche inghirlandate di fiori e illuminate da fiaccole, e spiega anche con questo duplice carattere la scelta della Chiesa di dedicare la festa a San Giovanni Battista e, come abbiamo già visto, al carattere duplice (acqua e fuoco) del battesimo. Il solstizio è dunque anche glorificazione dell'acqua, simbolo di fecondità e di purificazione, elemento di rigenerazione. Da qui la credenza nei poteri magici della rugiada della notte di San Giovanni che consacra le erbe e le rende idonee al loro impiego terapeutico o magico. Le erbe o i fiori raccolti all'alba della notte di San Giovanni (o lasciate durante la notte in una bacinella all'esterno della casa) acquisivano così poteri particolari. Rotolarsi nella rugiada guariva dalla rogna, dalle emorroidi, dai calli, dalle malattie degli occhi, dalla infertilità "perchè di essa si bagnavano il sesso le ragazze in cerca di marito" (dice una fonte citata da Alfonso di Nola)
Testimone d'eccezione di questi riti acquatici fu Francesco Petrarca che racconta ancora meravigliato e stupito di aver assistito a Colonia ad un'immensa folla di donzelle ornate di erbe odorose e di fiori immergersi al tramonto della vigilia di San Giovanni nelle acque del Reno. Il poeta ricorda anche come gli fosse stato spiegato che si trattava di un antichissimo rito popolare, specificatamente femminile, per allontanare le calamità dell'anno e garantirsi un'annata felice.
Nei confronti di questi riti, caratterizzati da una forte promiscuità sessuale e spesso dalla esibizione senza pudori del corpo, la Chiesa ebbe fin dai primi secoli un atteggiamento di estrema diffidenza. Già Sant'Agostino interviene contro l'uso il giorno di San Giovanni di bagnarsi in mare per purificarsi, definendola una superstizione pagana che toglieva valore al battesimo cristiano. Nel x secolo Cesario di Arles condanna la pratica del "lavacro sacrilego" nelle fonti e nei fiumi sempre in occasione di San Giovanni. E Attone da Vercelli nello stesso periodo condanna come "cose da meretrici"i riti della notte di San Giovanni come pernottare presso fonti e fiumi, cantare e danzare tutta la notte, tirare presagi, predire la sorte, raccogliere erbe e foglie che "battezzate" nelle acque, sono religiosamente ("quasi religionis causa") conservate in casa, appese alle pareti, per tutto l'anno.
E' evidente anche da queste prese di posizione che la dimensione ludico-erotica doveva essere una delle componenti essenziali della festa, festa della fecondità dei campi e della natura, ma anche degli uomini. La carica liberatoria e di conseguenza radicalmente sovversiva di quella magica notte, in cui tutto poteva accadere e dunque tutto era lecito, non poteva che essere avvertita come trasgressiva e pericolosa dal potere ecclesiastico e civile. Una condanna destinata a durare a lungo e a seguire il ripetersi della festa e dei suoi riti nel corso dei secoli fino quasi alle soglie della mostra epoca. Così in un bando del governo pontificio del 19 giugno 1753 riferendosi alla credenza che la rugiada e per estensione l'acqua potesse assicurare la fecondità, si decretava che: "con l'autorità del nostro ufficio, a qualsiasi persona dell'uno o dell'altro sesso, proibiamo che in detta notte veruno ardisca accostarsi alle vasche, ai rigagnoli, alle fontane, togliendsi le brache e accucciandosi sull'erba, pena gli uomini tre tratti di corda da darsi in pubblico e scudi 50 di multa, e per le donne tre colpi di frusta a posteriori in pubblico, e sì per gli uni, come per gli altri, senza alcuna remissione"
Una festa tanto complessa,magica, gioiosa e inquietante al tempo stesso non poteva non colpire profondamente poeti e scrittori di ogni epoca. Abbiamo iniziato con Pavese, rovesciamo la polarità maschile-femminileper concludere con Sibilla Aleramo che così ne parla: "Legna che arde. Crepitio nel silenzio. Alari. Bastan due tizzi, spirito reduce, e un palpitar di fiamma azzurra. Riassunta tutta la miracolosa vivacità degli elementi. Più fresca d'un'acqua corrente, più vicina del vento alla segreta gioia della terra, cuore del tempo, rosso ganglio eterno. Due tizzi fra alari anche di camino straniero, in una sosta anche di un'ora sola. O un falò sotto fredde stelle, un rombo, una scossa han destato minacciosi le case, s'esce al freddo aperto, i campi s'accendono come in una notte di San Giovanni."