Iniziamo oggi la
presentazione di un quadernetto uscito nel 1995. In pratica, una
piccola storia popolare della rivoluzione cubana. Oggi parliamo di
come era Cuba agli inizi degli anni Cinquanta.
Giorgio Amico
Sulla Sierra con Fidel
Piccola storia
popolare della rivoluzione cubana
1. CUBA AGLI INIZI DEGLI
ANNI CINQUANTA
Considerata un paradiso
dai ricchi turisti nordamericani in cerca di avventure, celebrata
soprattutto per le sue spiagge meravigliose e per le grandi case da
gioco, agli inizi degli anni cinquanta Cuba, la "perla delle
Antille" , celava dietro un apparenza di relativa prosperità
contraddizioni laceranti. Nel 1950 la World Bank descriveva così la
realtà contraddittoria dell'isola caraibica:
"L'economia cubana
soffre di un alto grado di instabilità. Ogni anno c'è una lunga
stagione morta in cui la maggior parte dei lavoratori dello zucchero
sono disoccupati e il più grande equipaggiamento di capitale del
paese resta inutilizzato... un'economia stagnante ed instabile con un
elevato livello di insicurezza...". (1)
L'anno successivo la
missione Truslow, inviata dal Dipartimento di Stato USA per
analizzare le ragioni dell'arretratezza dell'isola, denunciò in un
lungo rapporto le profonde contraddizioni di un sistema economico
che, nonostante l'apparente ricchezza, manteneva ancora tutti gli
elementi tipici della dipendenza economica: la mancanza di spirito
imprenditoriale di una borghesia quasi interamente dedita ad attività
speculative, l'insufficienza degli investimenti, la carenza cronica
delle infrastrutture sociali ed amministrative. Anche da questa
indagine emergeva soprattutto l'elemento della stagnazione, reso
drammaticamente evidente dal fatto che, nonostante l'isola a causa
dell'andamento favorevole del prezzo dello zucchero sui mercati
internazionali stesse in quel momento attraversando un eccezionale
periodo di prosperità e le riserve auree fossero le più elevate
dell'America Latina, il reddito pro-capite si manteneva di poco
superiore a quello del 1920. Per le statistiche poco più di
trecento dollari l'anno, cioè meno di un dollaro il giorno in media
a persona; nella realtà, considerato il fortissimo divario esistente
fra strati ricchi e poveri della popolazione, la stragrande
maggioranza dei cubani disponeva di un reddito assai inferiore. E ciò
era particolarmente vero per la popolazione delle campagne, dove si
concentrava ancora oltre il settanta per cento degli abitanti
dell'isola. I contadini, considerati alla stregua di vere e proprie
bestie da soma, erano totalmente abbandonati a se stessi e lasciati
privi di ogni assistenza. Nessuno si occupava di loro, essi erano i
grandi dimenticati della società cubana. Colpisce il fatto che in un
paese che si diceva cattolicissimo, dove restava fortissimo il peso
politico ed economico di una gerarchia ecclesiastica che dopo la
rivoluzione accuserà il poder popular di voler scristianizzare la
società, non esistessero quasi chiese nelle campagne. (2) Le
malattie infettive infierivano per la scarsissima igiene e per la
malnutrizione, colpendo soprattutto i bambini. Il passo che segue,
tratto da un libro inchiesta pubblicato negli Stati Uniti alla fine
degli anni Cinquanta, basta a far comprendere quali fossero le reali
condizioni di vita per milioni di persone nella Cuba
prerivoluzionaria :
"I parassiti
crescono e si moltiplicano nel corpo dei bambini. alcuni di questi
vermi, delle dimensioni di una matita, si raccolgono in grovigli o
gomitoli, ostruiscono il sistema intestinale e bloccano la
defecazione provocando morti strazianti. questi parassiti
s'introducono nel corpo attraverso la pianta dei piedi dei bambini
che camminano scalzi sul terreno infestato. Quando un bambino è
morto, i vermi possono uscire strisciando dalla sua bocca o dalle sue
narici, in cerca di un altro organismo vivente". (3)
La malnutrizione era
generalizzata. Le famiglie contadine vivevano di farinacei e legumi.
Nelle città per le classi popolari le cose non erano poi tanto
migliori. Il 25 % della popolazione era disoccupata, ma nelle
campagne la grande maggioranza dei contadini non lavorava più di tre
o quattro mesi all'anno, nel periodo della zafra, il raccolto della
canna da zucchero. Di contro un piccolo gruppo di latifondisti
dominava incontrastato. Meno dello 0,1% del numero totale delle
aziende controllava più del 20% delle terre coltivabili; l'8% del
totale ne controllava più del 70%. Quanto alla classe operaia,
questa era numericamente debole, impiegata in forme di produzione di
scarso livello tecnico, inquadrata da sindacati diretti da leaders
spesso corrotti, legati alla dittatura o alle organizzazioni
gangsteristiche nordamericane che sull'isola gestivano traffici
rilevanti connessi alle case da gioco e alla prostituzione. (4) Agli
occhi di un osservatore attento Cuba appariva come un paese
neocoloniale, caratterizzato da una struttura economica profondamente
distorta, con tassi di sviluppo molto bassi, una totale dipendenza
dagli Stati Uniti e un debolissimo livello di industrializzazione.
Una società arretrata, segnata da vistose ingiustizie, ancora
basata su un'agricoltura connotata dallo strapotere del latifondo e
dall'estrema povertà delle grandi masse contadine. Proprio quello
che con passione nell'ottobre 1953 un giovane avvocato, Fidel
Castro, accusato di insurrezione contro i poteri dello Stato,
denunciava nella sua autodifesa davanti al Tribunale straordinario di
Santiago:
"..L' 85% dei
piccoli agricoltori cubani paga un affitto e vive sotto la minaccia
perenne della cacciata dalle sue parcelle di terra. Più della metà
delle migliori terre coltivate è in mano straniere. In Oriente, che
è la provincia più estesa, le terre della United fruit Company e
della West Indian Company vanno dalla costa nord alla costa sud. Ci
sono duecentomila famiglie contadine che non hanno neanche un metro
di terra su cui seminare ortaggi per i loro figli affamati, mentre
restano incolte nelle mani di interessi poderosi, quasi trecentomila
caballerías (5) di terre produttive. Se Cuba è un paese
prevalentemente agricolo, se la sua popolazione è in gran parte
contadina, se è stata la campagna a fare l'indipendenza, se la
grandezza e la prosperità della nostra nazione dipendono da una
popolazione agricola sana e vigorosa che ami e sappia coltivare la
terra, da uno Stato che la protegga e la guidi, come è possibile
che continui questo stato di cose...?" . (6)
LA DITTATURA DI FULGENZIO
BATISTA
La corruzione diffusa e
la concezione della politica come mezzo di arricchimento personale,
tristi eredità del dominio spagnolo, restavano le caratteristiche
più visibili del sistema politico cubano, al di là del variare dei
regimi e dei partiti. Dopo la prima dittatura Batista, dal 1944 era
al governo il Partito Rivoluzionario Autentico, caratterizzato da un
timido e incoerente liberalismo incapace di affrontare i gravi
problemi del paese. Nel 1947 Eduardo Chibás fondò il Partito del
Popolo Cubano (o Partito Ortodosso) che si richiamava all'eredità di
José Martí e adottava un programma nazionalista e moralizzatore non
privo di contraddizioni e di incoerenze sul piano della denuncia
dello sfruttamento imperialistico da parte delle grandi
multinazionali nordamericane. Tuttavia, secondo la testimonianza di
Fidel Castro, in quegli anni dirigente della organizzazione
studentesca del Partito:
"Molta gente in
gamba militava in quel partito. Si batteva soprattutto contro la
corruzione, il furto, gli abusi, l'ingiustizia e denunciava
continuamente gli abusi della prima dittatura di Batista. (7)
Nell'università il partito si rifaceva a tutta una tradizione di
lotta, ai martiri della facoltà di medicina, massacrati nel 1871,
(8) e alla lotta contro Machado (9) e Batista." (10)
Nel 1952 dovevano
svolgersi le elezioni presidenziali e il partito ortodosso sembrava
favorito. Ma, pochi giorni prima delle elezioni, il 10 marzo 1952,
quando la vittoria degli ortodossi appariva ormai certa, un colpo di
stato militare pilotato da Washington, dove si temeva che il
cambiamento di regime potesse in qualche modo danneggiare gli
interessi americani, riportò al potere il generale Fulgenzio
Batista, che godeva del sostegno incondizionato del governo degli
Stati Uniti e del Pentagono e nei fatti era l'uomo dei monopoli
americani, dei grandi latifondisti e della Chiesa. Proclamatosi
dittatore, Batista appena due anni dopo si fece eleggere presidente
con elezioni farsa e subito adottò una politica di stampo
autoritario: la Costituzione venne sospesa, le relazioni diplomatiche
con l'Unione Sovietica interrotte, il Partito Comunista (11) messo
fuorilegge. Verso il movimento operaio e la stessa opposizione
borghese del Partito Ortodosso il regime sviluppò una azione
violentemente repressiva che andò via via assumendo aspetti sempre
più apertamente terroristici. Venendo a interrompere bruscamente una
fase di ascesa delle lotte popolari, il golpe di Batista segnò la
fine di un'epoca e il crollo definitivo delle speranze in una
pacifica evoluzione democratica del quadro politico cubano. La nuova
situazione venutasi a creare all'Avana, contribuì a fare emergere
nuove figure politiche. Tra queste fin da subito la più
significativa apparve essere quella di Fidel Castro, già leader
studentesco e ora avvocato radicale.
NOTE:
- H. Thomas, Storia di Cuba, Torino 1973, pag. 900
- Vedere il bel libro-intervista del domenicano brasiliano Frei Betto, Fidel Castro: la mia fede, Milano 1986, pag. 168.
- R. Brennan, Castro, Cuba and Justice, New York 1959, p. 273, cit. in: H.L. Matthews, La verità su Cuba, Milano 1961
- Per un quadro complessivo della situazione economico-sociale nella Cuba prerivoluzionaria vedere: Umberto Melotti, La rivoluzione cubana, Milano 1967. Per una ricostruzione storica delle vicende cubane sono disponibili in italiano la monumentale opera dello storico inglese Hugh Thomas (Storia di Cuba, Torino 1973) e il più agile volumetto di Roberto Massari (Storia di Cuba, Roma 1987) che però ha il difetto di fermarsi all'inizio degli anni Quaranta. Per una collocazione delle vicende cubane nel contesto più generale del continente latino-americano si possono vedere gli studi di Tulio Halperin Donghi (Storia dell'America Latina, Torino 1968) e di Hubert Herring (Storia dell'America Latina, Milano 1971). Per una prima informazione possono essere utili i quaderni di Vanna Ianni (L'universo dei Caraibi, Firenze 1991) e di José Luis Luzón Benedicto (Cuba, Milano 1993). Per uno studio complessivo della rivoluzione cubana, l'unica opera apparsa in Italia resta l'ormai pressochè introvabile volume di Saverio Tutino (L'Ottobre cubano, Torino 1968). Per un’ analisi della politica cubana degli ultimi anni sono disponibili lo studio marxista rivoluzionario della francese Janette Habel (Cuba fra continuità e rottura, Roma 1990) e il libro intervista di Gianni Minà (Fidel, Roma 1994).
- La caballería è un'unità di misura di superficie di uso comune a Cuba che corrisponde a 13,43 ettari.
- F. Castro, La storia mi assolverà, Roma 1995, pag. 42
- Fulgenzio Batista, autore d un pronunciamento militare aveva già governato Cuba in modo dittatoriale dal 1933 al 1944.
- Il riferimento è a un episodio della lotta di indipendenza contro la Spagna.
- Gerardo Machado, presidente nel 1925, alla scadenza del suo mandato, rifiuterà di dimettersi, instaurando una sanguinosa dittatura.
- Frei Betto, op.cit., pp.123-124
- Fondato nel 1925 da Julio Antonio Mella, il Partito Comunista Cubano nel 1938 si era fuso con altre forze nazionaliste e rivoluzionarie assumendo il nome di Partito Socialista Popolare che mantenne fino alla fusione nel 1961 con il Movimento 26 Luglio.
1. Continua