mercoledì 29 giugno 2022
martedì 28 giugno 2022
Occupazioni oziose di una giornata troppo calda
A metà della sua Canzone dei dodici mesi Francesco Guccini brinda a Cenne e Folgore, due poeti del dolce stil novo. E' un omaggio dovuto a chi lo aveva ispirato con con due bellissimi e poco conosciuti sonetti, dedicati ai dodici mesi dell'anno. Siamo di fronte ad una sorta di sfida poetica, accompagnata sicuramente da musica e vino e belle fanciulle. Il primo augura ai suoi amici e alle sue amiche le cose più belle che possano accadere nel corso dell'anno, tutte legate al ciclo delle stagioni e ai lavori dei campi. Il secondo si diverte a smontare tutto e, usando gli stessi materiali dell'amico Folgore, risponde augurando quanto di peggio possa esserci, donne brutte e vino cattivo.
Folgore da San Gimignano
Sonetto dei dodici mesi
A la brigata nobele e
cortese
en tutte quelle parte, dove sono
con allegrezza stando,
sempre dono
cani, uccelli e danari per ispese,
ronzin portanti,
quaglie a volo prese,
bracchi levar, correr veltri a bandono:
in
questo regno Niccolò corono,
per ch'ell'è 'l fior de la città
sanese;
Tengoccio e Min di Tengo ed Ancaiano,
Bartolo con
Mugàvero e Fainotto,
che paiono figliuoi del re Priàno,
prodi
e cortesi più che Lancilotto;
se bisognasse, con le lance in
mano
fariano tarneamenti a Camelotto.
corte con fuochi di salette accese,
camere e letta d'ogni bello arnese,
lenzuol di seta e copertoi di vaio,
treggea, confetti e mescere a razzaio,
vestiti di doagio e di racese;
e 'n questo modo stare alle difese,
muova scirocco, garbino e rovaio;
uscir di fuor alcuna volta il giorno,
gittando della neve bella e bianca
alle donzelle che saran d'attorno;
e, quando la compagna fosse stanca,
a questa corte facciasi ritorno,
e sí riposi la brigata franca.
E di febbraio vi dono bella
caccia
di cerbi, cavrïuoli e di cinghiari,
corte gonnelle con
grossi calzari,
e compagnia che vi diletti e piaccia;
can da
guinzagli e segugi da traccia,
e le borse fornite di danari,
ad
onta degli scarsi e degli avari,
o chi di questo vi dà briga e
'mpaccia;
e la sera tornar co' vostri fanti
carcati della molta
salvaggina,
avendo gioia ed allegrezza e canti;
far trar del
vino e fumar la cucina,
e fin al primo sonno star razzanti;
e
poi posar infin' alla mattina.
Di marzo sí vi do una
peschiera
di trote, anguille, lamprede e salmoni,
di dentici,
dalfini e storïoni,
d'ogn'altro pesce in tutta la riviera;
con
pescatori e navicelle a schiera
e barche, saettíe e galeoni,
le
qual vi portino a tutte stagioni
a qual porto vi piace alla
primiera:
che sia fornito di molti palazzi,
d'ogn'altra cosa
che vi sie mestiero,
e gente v'abbia di tutti sollazzi.
Chiesa
non v'abbia mai né monistero:
lasciate predicar i preti
pazzi,
ché hanno assai bugie e poco vero.
D'april vi dono la gentil
campagna
tutta fiorita di bell'erba fresca;
fontane d'acqua,
che non vi rincresca,
donne e donzelle per vostra
compagna;
ambianti palafren, destrier di Spagna,
e gente
costumata alla francesca
cantar, danzar alla provenzalesca
con
istormenti nuovi d'Alemagna.
E d'intorno vi sian molti giardini,
e
giacchito vi sia ogni persona;
ciascun con reverenza adori e
'nchini
a quel gentil, c'ho dato la corona
de pietre prezïose,
le piú fini
c'ha 'l Presto Gianni o 'l re di Babilona.
Di maggio sí vi do molti
cavagli,
e tutti quanti sieno affrenatori,
portanti tutti,
dritti corritori;
pettorali e testiere di sonagli,
bandiere e
coverte a molti intagli
e di zendadi di tutti colori;
le targe
a modo delli armeggiatori;
vïuole e rose e fior, ch'ogn'uom
v'abbagli;
e rompere e fiaccar bigordi e lance,
e piover da
finestre e da balconi
in giú ghirlande ed in su melerance;
e
pulzellette e giovani garzoni
baciarsi nella bocca e nelle
guance;
d'amor e di goder vi si ragioni.
Di giugno dovvi una montagnetta
coverta
di bellissimi arbuscelli,
con trenta ville e dodici castelli
che
sieno intorno ad una cittadetta,
ch'abbia nel mezzo una
fontanetta;
e faccia mille rami e fiumicelli,
ferendo per
giardini e praticelli
e rinfrescando la minuta erbetta.
Aranci
e cedri, dattili e lumìe
e tutte l'altre frutte
savorose
impergolate sien su per le vie;
e le genti vi sien
tutte amorose,
e faccianvisi tante cortesie,
ch'a tutto 'l
mondo sieno grazïose.
Di luglio in Siena, in su la
Saliciata,
con le piene inguistare de' trebbiani;
nelle cantine
li ghiacci vaiani,
e man e sera mangiare in brigata
di quella
gelatina ismisurata,
istarne arrosto e giovani fagiani,
lessi
capponi e capretti sovrani,
e, cui piacesse, la manza e
l'agliata.
Ed ivi trar buon tempo e buona vita,
e non uscir di
fuor per questo caldo;
vestir zendadi di bella partita;
e,
quando godi, star pur fermo e saldo,
e sempre aver la tavola
fornita,
e non voler la moglie per castaldo.
D’agosto sí vi do trenta
castella
in una valle d’alpe montanina,
che non vi possa
vento di marina,
per istar sani e chiari come stella;
e
palafreni da montare in sella,
e cavalcar la sera e la mattina;
e
l’una terra all’altra sia vicina,
ch’un miglio sia la vostra
giornatella,
tornando tuttavïa verso casa;
e per la valle
corra una fiumana,
che vada notte e dí traente e rasa;
e star
nel fresco tutta meriggiana;
la vostra borsa sempre a bocca
pasa,
per la miglior vivanda di Toscana.
Di settembre vi do deletti
tanti:
falconi, astori, smerletti, sparvieri;
lunghe,
gherbegli, geti con carnieri,
bracchetti con sonagli, pasto e
guanti;
bolze, balestre dritt'e ben portanti,
archi, strali,
ballotte e ballottieri,
sianvi mudati guilfanghi ed astieri
nidaci
e di tutt'altri uccel volanti,
che fosser boni da snidar e
prendere:
e l'un e l'altro tuttavia donando,
e possasi rubar e
non contendere;
quando con altra gente rencontrando,
la vostra
borsa si' acconcia a spendere
e 'n tutto abbiate l'avarizia en
bando.
Di ottobre nel contà c'ha
buono stallo,
e' pregovi, figliuoi, che voi n'andate;
traetevi
bon tempo ed uccellate
come vi piace, a piè ed a cavallo.
La
sera per la sala andate a ballo,
e bevete del mosto ed
inebriate,
ché non ci ha miglior vita, en veritate:
e questo è
vero come 'l fiorin giallo.
E poscia vi levate la mattina,
e
lavativ'el viso con le mani;
lo rosto e 'l vino è bona
medicina.
A le guagnele, starete più sani,
ca pesce in lag' o
fiume o in marina,
avendo meglior vita di cristiani!
E di novembre a Petriuolo al
bagno,
con trenta muli carchi de moneta:
la ruga sia tutta
coverta a seta;
coppe d'argento, bottacci di stagno:
e dar a
tutti stazzonier guadagno;
torchi, doppier che vegnan di
Chiareta;
confetti con cedrata de Gaeta;
e béa ciascun e
conforti 'l compagno.
E 'l freddo vi sia grande e 'l foco
spesso;
fagiani, starne, colombi, mortiti,
levori, cavrioli
rosto e lesso:
e sempre aver acconci gli appetiti;
la notte 'l
vento, 'l piover a ciel messo:
e siate ne le letta ben forniti.
E di decembre una città in
piano:
sale terrene, grandissimi fochi,
tappeti tesi, tavolier
e giochi,
torticci accesi, star co' dadi en mano,
e l'oste
inebriato e catellano,
e porci morti e finissimi cochi,
ghiotti
morselli, ciascun béa e mandochi:
le botte sian maggior che San
Galgano.
E siate ben vestiti e foderati
di guarnacche, tabarri
e di mantegli
e di cappucci fini e smesurati;
e beffe far de'
tristi cattivegli,
de' miseri dolenti sciagurati
avari: non
vogliate usar con egli.
Sonetto mio, a Niccolò di
Nisi,
colui ch'è pien di tutta gentilezza,
di' da mia parte
con molt'allegrezza
che eo so acconcio a tutti soi servisi;
e
più m'è caro che non val Parisi,
d'avere sua amistade e
contezza:
se ello avesse emperial ricchezza,
stare' lì me' che
San Francesco en Sisi.
Raccomendame e lui tutta fiata
ed a la
so' compagna ed Ancaiano,
ché senza lui non è lieta
brigata.
Folgore vostro da San Giminiano
vi manda, dice e fa
questa ambasciata:
che voi n'andaste con su' cor en mano.
Cenne da la Chitarra
Risposta per contrarî ai sonetti de’ mesi di Folgore da San Geminiano
Ala brigata avara senza
arnesi:
in tutte quelle parti dove sono,
davanti a’ dadi e
tavolier’ li pono
perché al sole stien tutti distesi;
e in
camicia stieno tutti i mesi
per poter più leggèr’ ire al
perdono;
entro la malta e ’l fango gl’imprigiono,
e sien
domati con diversi pesi.
E Paglierino sia lor capitano;
e abbia
parte di tutto lo scotto,
con Benci e Lippo savio da
Chianzano,
Senso da Panical ch’ha leggier trotto.
Chi lo
vedesse schermir giuso al piano,
ciascun direbbe: «E’ pare un
anitrotto».
Io vi doto, del mese di gennaio,
corti con fumo al modo
montanese,
letta qual’ ha nel mare il genovese,
acqua e vento
che non cali maio,
povertà di fanciulle a colmo staio,
da ber
aceto forte galavrese
e stare come ribaldo in arnese,
con panni
rotti senza alcun denaio.
Ancor vi do così fatto soggiorno:
con
una vecchia nera, vizza e ranca,
catun gittando de la neve a
torno;
apresso voi seder in una banca,
e resmirando quel so
viso adorno;
così riposi la brigata manca.
Di febbraio vi metto in
valle ghiaccia
con orsi grandi vecchi montanari,
e voi
cacciando con rotti calzari;
la nieve metta sempre e si
disfaccia;
quel che piace a l’uno a l’altro spiaccia:
con
fanti ben ritrosi e bacalari;
tornando poi la sera ad osti
cari,
lor moglie tesser tele ed ordir accia.
E ’n questo vo’
che siate senza manti,
con vin di pome, che stomaco affina;
in
tal’ alberghi gran sospiri e pianti,
tremuoti, venti; e no sia
con ruina,
ma sian sì forti, che ciascun si smanti
da prima
sera enfino la mattina.
Di
marzo vi riposo in tal manera:
in Puglia piana, tra molti
lagoni,
e ’n essi gran mignatte e ranaglioni;
poi da mangiar
abbiate sorbe e péra,
olio di noci vecchio, mane e sera,
per
far caldegli, arance e gran cidroni;
barchette assai con remi e
con timoni,
ma non possiate uscir de tal rivera;
Case de paglia
con diversi razzi;
da bere vin gergon, che sia ben nero;
letta
di schianze e di gionchi piumazzi.
Tra voi signore sia un priete
fero,
che da nessun peccato vi dislazzi;
per ciascun loco
v’abbia un munistero.
Di aprile vi do vita senza
lagna:
tafani a schiera con asini a tresca,
ragghiando forte,
perché non v’incresca,
quanti ne sono in Perosa o Bevagna;
con
birri romaneschi di Campagna
e ciaschedun di pugna sì vi
mesca:
e, quando questo a gioco non rïesca,
restori i marri
de’ pian de Romagna.
Per danzatori vi do vegli armini,
una
campana, la qual peggio sona,
stormento sia a voi, e non refini.
E
quel che ’n millantar sì largo dona,
en ira vegna de li soi
vicini,
perché di cotal gente sì ragiona.
Il
maggio voglio che facciate en Cagli
con una gente di
lavoratori,
con muli e gran destrier’ zoppicatori:
per
pettorali forti reste d’agli.
Intorno questo sìanovi gran
bagli
di villan scapigliati e gridatori,
de’ qual’ resolvan
sì fatti sudori,
8che turben l’aire sì che mai non
cagli;
altri villan poi facendovi mance
di cipolle porrate e di
marroni,
1usando in questo gran gavazze e ciance:
in giù
letame ed in alto forconi;
vecchie e massai baciarsi per le
guance;
di pecore e di porci si ragioni.
Di
giugno siate in tale campagnetta,
che ve sieno corbi ed
argironcelli;
le chiane intorno senza caravelli:
entro nel
mezzo v’abbia una isoletta,
de la qual esca sì forte
venetta,
che mille parte faccia e ramicelli
d’aqua di solfo,
e cotai gorgoncelli,
8sì ch’ella adacqui ben tal
contradetta.
Sorbi e pruni acerbi siano lìe,
nespole crude e
cornie savorose;
le rughe sian fangose e strette vie;
le genti
vi sian nere e gavinose,
e faccianvisi tante villanie,
che a
Dio ed al mondo sïano noiose.
Di luglio vo’ che sia
cotal brigata
en Arestano, con vin di pantani,
con acque salse
ed aceti soprani,
carne di porco grasso apeverata;
e poi,
diretro a questo, una insalata
di salvi’ e ramerin, per star più
sani,
carne de volpe guascotta a due mani
e, a cui piacesse,
drieto cavolata;
con panni grossi lunghi d’eremita:
e sia sì
forte e sì terribil caldo
1com’ha il solleone a la finita;
ed
un brutto converso per castaldo,
avaro, che si apaghi di tal
vita:
la moglie a ciaschedun sia’n manovaldo.
D’agosto
vi reposo en aire bella,
en Sinegallia, che me par ben fina;
il
giorno sì vi do, per medicina,
che cavalcate trenta
migliatella,
e tutti en trottier’ magri senza sella,
sempre
lung’ a un’acqua de sentina;
da l’altra parte si faccia
tonnina,
8poi ritornando a poso di macella.
E, se ben cotal
poso non vi anasa,
mettovi en Chiusi la città sovrana,
1sì
stanchi tutti da non disfar l’asa;
la borsa di ciascuno stretta
e vana,
e stare come lupi a boc[c]a pasa,
tornando in Siena un
dïe la semana.
Di settembre vi do gioielli
alquanti:
àgor’ e fusa, cumino et asolieri;
nottol’ e
chieppe con nibbi lanieri;
archi da lana bistorti e
pesanti;
barbagianni, assïuoli allocchi tanti
quanti ne son de
qui a Monpeslieri;
guanti di lana, borsa da braghieri,
stando
così a vostre donne davanti.
E sempre questo comparar e
vendere
con tal mercadantìa il più usando;
e di settembre tal
diletto prendere;
e per Siena entro gir alto gridando:
«Muoia
chi cortesïa vuol defendere,
ch’i Salimbeni antichi li diêr
bando».
D’ottobre vi conseglio
senza fallo
che ne la Falterona dimorate,
e de le frutta, che
vi so’, mangiate
a riglie grand’, e non vi canti gallo.
Chiare
vi son l’acque come cristallo;
or bevete, figliuoli, e
restorate;
uccellar bono v’è a’ varchi, en veritate,
ché
farete nel collo nervo e callo,
in quell’aire, ched è sottile e
fina:
ben stanno en Pisa più chiari i pisani,
e ’l genovese
lungo la marina.
Prendere ’l mi’ consegl’ non siate
vani:
arosto vi darò mésto con strina,
che ’l sentiranno i
piedi con le mani.
Di novembre vi metto in un
gran stagno,
in qual parte più pò fredda pianeta,
con quella
povertà che non si acqueta
di moneta acquistar, che fa gran
danno.
Ogni buona vivanda vi sia in banno;
per lume, facelline
da verdeta;
castagne con mele aspre di Faeta:
istando tutti
ensieme en briga e lagno.
E fuoco non vi sia, ma fango e gesso,
se
no ’n alquanti luochi di romiti
che sia di venti miglia lo più
presso;
di vin e carne del tutto sforniti:
schernendo voi qual
è più laido biesso,
veggendovi star tutti sì sguarniti.
Di dicembre vi pongo in un
pantano
con fango, ghiaccia ed ancor panni pochi;
per vostro
cibo fermo fave e mochi;
per oste abbiate un troio maremmano;
un
cuoco brutto, secco, tristo e vano,
che vi dia colli guascotti e,
que’, pochi:
e qual tra voi ha lumi, dadi o rochi
tenuto sia
come tra savi un vano.
Panni rotti vi do e debrilati;
apresso
questo, onn’omo en capegli;
bottacci di vin montanar fallati.
E
chi ve mira sì se meravegli,
vedendovi sì brutti e
rabuffati,
tornando in Siena così bei fancegli.
giovedì 16 giugno 2022
Amarcord. Ricordi, sogni, nostalgia, amore. Una vita in sette foto ritrovate per caso
Una vita in sette foto ritrovate per caso
«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.»
“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita”
Amarcord 1
Questo è mio nonno, Giuseppe “Pippo” Carli, Figlio di una famiglia di contadini di Piani, tra Porto Maurizio e Dolcedo. Tornato dalla guerra, quella “grande” del 1914-1918, aveva aperto una barberia in Piazza Dante a Oneglia e sposato mia nonna . Giovane e pieno di speranza, guardava il mondo con occhi da socialista turatiano convinto che gli uomini avessero finalmente capito e che non ci sarebbero più state guerre. Era il 1921, da poco era nata mia madre.
Amarcord 2
Questo è mio padre, Giuseppe “Pino” Amico. Figlio di un ferroviere siciliano trasferitosi a Oneglia negli anni Venti. Siamo nel 1940, la guerra è appena cominciata. Lui, da poco arruolatosi volontario nei Reali Carabinieri, ancora credeva che sarebbe stata breve e vittoriosa.
Amarcord 3
Questa è Angela. Il mio primo grande amore. Avevo 13 anni e da Ameglia, vicino a La Spezia, venni a vivere a Savona dove mio padre, maresciallo dei CC, era stato trasferito. Alla mia partenza, nell'estate del 1962, lei mi lasciò questa foto con una dedica sul retro. Io le lasciai il mio cuore di ragazzo. Tante volte mi sono chiesto che donna sia diventata, quale sia stata la sua vita, cosa ricordi di quell'amore innocente fatto di sguardi e di sorrisi,.
Amarcord 4
Questo è di nuovo mio padre, molto più giovane di quanto sia io ora. Il nostro è stato un rapporto conflittuale e difficile. Trovai questa foto tra le sue carte dopo la sua morte. Conteneva un messaggio per me che lui voleva evidentemente leggessi solo quando non ci sarebbe più stato. Lo avevo sempre considerato un uomo duro, capii allora che la sua severità era soprattutto pudore, paura di mostrare i sentimenti che provava.
Amarcord 5
Questo sono io a 19 anni, sicuro delle mie idee, convinto di cambiare il mondo.
Amarcord 6
E questa è Vilma, la donna con cui ho diviso la mia vita. Mi diede questa foto, fatta alla macchinetta della stazione, come pegno d'amore, il giorno dopo che ci mettemmo insieme nel luglio 1970. Aveva vent'anni. Di lei, bellissima, la prima volta che la vidi mi colpì la profondità e la dolcezza un po' triste dello sguardo. In quegli occhi mi sono perso e ancora ne resto prigioniero.
Amarcord 7
E questo è mio figlio Luca, bambino. Non so perché questa foto invece che in un album sia finita nella busta dei ricordi. Forse perché mio padre non aveva saputo dirlo a me, fin dai primi giorni della sua vita non ho mai avuto timore di dirgli che gli volevo bene. E continuo a dirglielo ancora oggi, anche se è diventato uomo, a sua volta padre.
venerdì 10 giugno 2022
Red Spanish Notebook. Prefazione
Red Spanish Notebook
Prefazione
Red Spanish Notebook è la prima opera di valore letterario e storico che tratti della rivoluzione spagnola, della sua rapida ascesa e della sua altrettanto rapida crisi. Scritto a caldo nel 1937, subito dopo il rientro precipitoso dalla Spagna dei due autori, minacciati di morte dagli stalinisti per le loro intransigenti posizioni rivoluzionarie, il libro offre una rappresentazione quasi fotografica della Barcellona della seconda metà del 1936 dove non esistono più taxi e nemmeno mendicanti, i camerieri rifiutano le mance, i tram sono gestiti dagli anarchici e nei bordelli grandi cartelli del sindacato delle prostitute, affiliato alla Cnt, invitano a “trattare le donne come compagne”. Una Barcellona in piena effervescenza rivoluzionaria, dove ogni formalità pare abolita, tutti si chiamano fra loro “compagni” e le donne finalmente escono di casa, girano per strada a capo scoperto e iniziano a frequentare i caffè fino ad allora luogo di ritrovo esclusivamente maschile.
Struttura dell'opera
Firmato congiuntamente dall'inglese Mary Low e dal cubano Juan Breá, poeti surrealisti e militanti trotskisti, in realtà «Red Spanish Notebook» si deve alla frenetica attività di scrittura di Mary Low che in poche settimane raccoglie impressioni, ricordi, appunti, articoli suoi e del suo compagno.
Il libro è composto da diciotto capitoli, undici dei quali di Mary Low, ambientati a Barcellona, e sette di Juan Breá: sei cronache di guerra dai fronti di Aragona, Toledo e Sigüenza, e un capitolo finale di conclusioni. In realtà i contributi di Breá sono il frutto di un accurato lavoro di riscrittura di Mary Low che non si limita a tradurli in inglese dalla versione originaria spagnola, ma li adatta al suo stile trasformando quello che è un linguaggio giornalistico in una prosa letteraria di alta qualità stilistica.
L'opera ha una scansione precisa che vuole nell'alternarsi dei contributi dei due autori raccontare “in diretta” l'entusiasmo delle prime settimane, e poi il progressivo disincanto di fronte allo spegnersi delle spinte rivoluzionarie e del ritorno alla normalità borghese ad opera dei nazionalisti catalani, ma soprattutto degli stalinisti del Partito comunista per i quali la difesa della “democrazia repubblicana” diventa l'unico obiettivo e l'azione diretta delle masse un ostacolo all'attività del governo e alla conduzione della guerra.
I primi cinque capitoli, scritti da Mary Low, descrivono con una straordinaria ricchezza di particolari e di notazioni psicologiche il viaggio in treno da Parigi a Barcellona, l'arrivo in una città in pieno fermento rivoluzionario, la scoperta esaltante di cosa sia un mondo dove non ci sono più padroni, la vita quotidiana nella sede centrale del Poum e nei caffè lungo le Ramblas dove fino a tarda notte si discute di come la rivoluziona cambierà la vita delle persone a partire, Mary Low lo ribadisce continuamente, dalla liberazione delle donne da una cultura oppressiva che le vuole solo spose e madri.
I tre capitoli successivi sono di Juan Breá e raccontano l'addestramento della Colonna Lenin del Poum e poi la situazione dei fronti d'Aragona e di Huesca. Di Breá sono anche i capitoli dall'XI al XIII dedicati alla situazione di Madrid, all'assedio dell'Alcazar di Toledo e a una corrispondenza dal fronte di Sigüenza dove incontra Mika Etchébehère, leggendaria comandante di colonna del Poum.
Gli altri capitoli sono di Mary Low e, oltre ad uno straordinario spaccato della condizione
femminile a Barcellona, descrivono con toni di grande delusione l'accelerato processo di normalizzazione della vita cittadina, il ritorno degli usi borghesi, la burocratizzazione delle pratiche di governo, i cedimenti del Poum e degli anarchici, il potere sempre più invasivo degli stalinisti e la loro crescente intolleranza verso ogni critica da sinistra.
È Breá a tirare le conclusioni. La guerra continua, ma la rivoluzione è in uno stato di stallo. Anche se i repubblicani vinceranno la guerra, sarà la vittoria della democrazia borghese e non del socialismo. E ciò a causa della politica controrivoluzionaria di Stalin e dell'Unione Sovietica dove prioritari sono gli interessi nazionali e quelli della casta burocratica.
«Red Spanish Notebook - annota una autorevole studiosa - ha tutta l'immediatezza di essere stato scritto in poche settimane ed entro pochi mesi dagli eventi che Mary Low descrive, il suo linguaggio ben si adatta alla tecnica del collage surrealista con con cui mette insieme descrizioni e riflessioni, primi piani di luoghi e persone, frammenti di conversazioni e propaganda politica, vedute di eventi pubblici e di singoli leader del POUM, intervallati da ricordi degli amici che si è fatta in quei mesi e dell'inquietudine e delle ansie che ha provato». (Susana Bayó Belenguer, «Mary Low. A Trotskyst with the POUM in Barcelona», Bulletin of Spanish Studies, n. 9-10/2018, pp. 311-24.)
La cosa che più colpisce procedendo nella lettura del libro è il progressivo passaggio di Mary Low da un entusiasmo manifestato con la gioia giovanile dei suoi 24 anni, davanti allo spettacolo travolgente dell'utopia che si fa vita quotidiana a un disincanto non privo di tristezza, come quando descrive la visita tragicomica di Benjamin Péret al ministro della propaganda e all'atteggiamento altezzoso di questi che vedendo il poeta in tuta da miliziano lo scambia per un operaio venuto a compiere delle riparazioni e non lo degna del minimo interesse. Disincanto che diventa rabbia nella descrizione degli uffici della Generalità quando ad un usciere che non la vuol far passare, risponde che lei è venuta in Spagna per fare la rivoluzione e non per fare anticamera, per quello poteva restare nel mondo “borghese”. Rabbia e tristezza che accompagnano Mary e Juan nel loro ritorno in Francia alla fine del dicembre 1936.
«Ricominciava tutto da capo. Il giorno dopo eravamo a Parigi, e tutto era finito, fino agli ultimi malintesi causati dall'aver dimenticato che eravamo signore e signori e che esistevano classi inferiori».
Un ritorno che coincide con l'arrivo a Barcellona di George Orwell. Quasi un passaggio di consegne che è anche il momento di transizione tra la fase dell'assalto rivoluzionario al cielo e quello della normalizzazione e della ritirata. Proprio in questo consiste la differenza fra «Red Spanish Notebook» e «Omaggio alla Catalogna», due opere potenti che si equivalgono per forza letteraria e lucidità politica. Mary Low ci racconta una Barcellona combattiva e fiera, totalmente presa sal sogno della rivoluzione, George Orwell testimonia invece dei giorni tragici del maggio 1937 e della disfatta per mano stalinista del potere popolare.
Fortuna dell'opera
Come abbiamo visto, «Red Spanish Notebook» fu pubblicato a Londra nel 1937 dalla Martin Secker and Warburg Limited, grazie alle insistenze di C.L.R. James, militante trotskista e influente giornalista, oltre che collaboratore della casa editrice, che scrisse anche una breve prefazione, mai più ripresa nelle successive edizioni. Tirato in poche copie, il libro non ebbe molta fortuna, nonostante la buona recensione fattane proprio da George Orwell. Non ci furono più riedizioni inglesi e l'opera finì per essere dimenticata fino al 1979 quando il poeta Lawrence Ferlinghetti la ristampò a San Francisco per la sua piccola casa editrice, la City Lights, con la prefazione di Eugenio Fernández Granell, famoso pittore surrealista catalano, già combattente del Poum. Nel 1997 seguì l'edizione francese, «Carnets de la guerre d’Espagne», con prefazione di Gérard Roche e nel 2001 la prima edizione parziale spagnola, dal titolo «Cuaderno Rojo de Barcelona», contenente solo i capitoli a firma di Mary Low. L'anno successivo sarà la volta dell'edizione tedesca, uscita ad Amburgo per le edizioni Nautilus con il titolo un po' anonimo «Rotes Notizbuch». Bisognerà attendere il 2019 per «Cuaderno rojo de la Guerra de Espaňa», seconda edizione spagnola, questa volta integrale, per le edizioni Virus di Barcellona e con una bella introduzione di Núria Pujol y Xavier Theros. In nessuna di queste edizioni ricompare più la prefazione di James.
Criteri della presente edizione
A tutt'oggi inspiegabilmente manca un'edizione italiana di quest'opera così significativa. Abbiamo cercato di colmare questa lacuna e di fornire al tempo stesso un'ampia appendice documentale che, oltre a inserire i fatti narrati nel contesto più complessivo della rivoluzione spagnola, permetta al lettore di conoscere meglio gli autori, due straordinarie figure di poeti e militanti rivoluzionari, aggiungendo una piccola antologia della loro produzione poetica, a partire dalla struggente Canción para Andrés Nin che Mary Low dedicò al segretario del Poum, sequestrato dagli stalinisti - torturato per fargli confessare sul modello dei processi staliniani di essere un agente di Franco - e poi, davanti al suo irremovibile silenzio, assassinato. Per la prima volta dopo l'edizione del 1937 riappare qui l'introduzione di James, accompagnata dalla recensione di Orwell, da un testo di Fernández Granell e da un saggio bibliografico di Massari: l’editore e amico cui va un ringraziamento particolare per aver creduto nel progetto fin dall’inizio, permettendo che questo testo, fondamentale per la conoscenza della storia grande e terribile del Novecento, sia finalmente accessibile anche al pubblico italiano.
giovedì 9 giugno 2022
Red Spanish Notebook. Taccuino della Guerra di Spagna
Uno dei libri più belli sulla Spagna, scritto a caldo fra l'estate e l'inverno 1936. La prima testimonianza della rivoluzione spagnola e del lento declinare della spinta popolare soffocata dal burocratismo stalinista agevolato dagli errori degli anarchici e del POUM. Pubblicato nel 1937 a Londra e mai tradotto in italiano, esce ora per Massari Editore con una ricca appendice di documenti d'epoca.