Nel 1990 Giulio Andreotti rivela ufficialmente l'esistenza dell'organizzazione Gladio. Una realtà eversiva di cui comunque già si conosceva l'esistenza, come dimostra questo nostro articolo apparso ben tre anni prima su Bandiera Rossa, organo della sezione italiana della Quarta Internazionale. Come prevedevamo Delle Chiaie, mancato qualche giorno fa, non fece rivelazioni e forse anche per questo trascorse libero e indisturbato il resto dei suoi giorni, come peraltro la quasi totalità dei personaggi (militari e civili) coinvolti in quegli avvenimenti. A distanza di più di trent'anni ci pare che l'impianto dell'articolo, che richiese una lunga e dettagliata ricerca sulla base dei materiali allora conosciuti, ancora regga. Sicuramente regge la denuncia dell'ipocrisia profonda del termine "servizi deviati", coniato allora dal PCI e ancora oggi largamente usato nonostante l'enorme mole di dati anche giudiziari accumulatasi negli anni dimostri che di tutto si trattò meno che di deviazioni di singoli o di gruppi.
Giorgio Amico
Un
filo nero lungo quarant'anni
Si celebra in queste
settimane a Bologna il processo per la strage alla stazione di sette
anni fa. Nella requisitoria dei giudici si possono leggere i nomi
degli esecutori e sono indicati con chiarezza i mandanti e la logica
politica della strategia che ha lasciato una scia di sangue e di
terrore sugli ultimi vent'anni di vita italiana. Avremo, questa
volta, una sentenza in grado di accordare la verità e la giustizia?
Non si può dimenticare che chi ha lavorato contro questa possibilità
è sempre al suo posto. Il filo nero che, oltre le stragi, lega
quarant'anni di minacce autoritarie non è mai stato reciso.
L'arresto di Stefano
Delle Chiaie alla fine del mese di marzo e la sua estradizione in
Italia hanno contribuito a ridestare l'attenzione dei mass media sulle
stragi nere che hanno insanguinato il nostro paese negli ultimi
vent'anni. Dalle sue deposizioni al processo per la strage di
Bologna, in corso in queste settimane, o in altra sede, qualcuno si
attende clamorose rivelazioni che contribuiscano a far luce su questi
orrendi crimini, sui loro esecutori e mandanti politici, mentre non
si è spento l'eco dell'inquietante balletto di competenze fra i vari
uffici giudiziari che, come il processo per la bomba di Piazza
Fontana insegna, è la più sicura via all'insabbiamento.
Ma, ammesso che Delle
Chiaie collabori con i giudici, è poi lecito aspettarsi rivelazioni
clamorose? Da ciò che l'esponente neofascista ha già dichiarato in
interviste e, sembra, durante l'audizione disposta dalla commissione
parlamentare sulle stragi e sul terrorismo nonché nel corso delle
udienze del processo di Bologna, sembrerebbe proprio di no.
Il particolare l'ex capo
di Avanguardia Nazionale ha fatto cenno all'esistenza di una
struttura di sicurezza, nata dopo la seconda guerra mondiale e
utilizzata anche per fini di politica interna. Questa struttura
occulta avrebbe materialmente organizzato gli attentati, infiltrando
e utilizzando le organizzazioni di destra, per poi depistare le
indagini.
Tutto ciò è altamente
verisimile e concorda con quanto, ed è molto, già si conosce sulla
strategia del terrore. Ma non rappresenta certo una novità. Il fatto
è che, già a partire dal libro-inchiesta La strage di Stato nel
1970 il quadro in cui si attua la strategia terroristica neofascista è sostanzialmente delineato, così come i mandanti, i finanziatori,
gli esecutori. Non a caso nel libro in questione ricorrono nomi, come
quelli di Sindona e Marcinkus, destinati a diventare tristemente
noti negli anni successivi. Per cui, come Bandiera Rossa
sosteneva all'indomani della
strage di Natale del 23 dicembre 1984, “IL problema non è tanto
quello di compiere vere e proprie indagini, quanto di mettere i
tasselli di un mosaico il cui disegno è ormai chiaro, di unificare
fatti e indizi, di leggerli con una logica politica diversa da quella
dell'ideologia di regime”1.
Prima
di tutto, occorre sgomberare il campo dall'ostacolo rappresentato
dalla cosiddetta tesi dei servizi segreti “deviati”. Tesi
certamente comoda perché permette di non fare i conti con ciò che
realmente rappresenta l'apparato repressivo dello Stato borghese, ma
del tutto illusoria. In realtà di tutto si può parlare meno che di
deviazionismo dei servizi segreti, il cui compito principale, ed è
l'intera storia della Repubblica a confermarlo, è proprio consistito
nel porre sotto tutela, prima per conto direttamente degli americani
e poi della NATO, l'evoluzione del quadro politico italiano.
È
una trama che parte da lontano, prima ancora della nascita dello Stato
repubblicano...
Il
referendum istituzionale del 1946
Intorno alla questione
dell'assetto istituzionale dello Stato si combatte nei primi mesi del
1946 la prima grande battaglia democratica dell'Italia del
dopoguerra. Nel timore che la caduta della monarchia agevoli l'andata
al potere della sinistra e i particolare del PCI, l'intero
schieramento borghese da l'Uomo Qualunque ad ampi settori della
gerarchia cattolica e della DC, fa blocco attorno ad Umberto di
Savoia.
I fautori della monarchia non si
limitano alle manovre elettorali, ma si preparano anche sul piano
militare. Si stringono contatti con i movimenti clandestini fascisti
sorti già all'indomani della Liberazione con la connivenza delle
autorità militari anglo-americane, si apprestano piani operativi che
prevedono l'effettuazione di una campagna di provocazione e di
attentati da attribuire alle sinistre e poi l'intervento di unità
militari fedeli, essenzialmente dell'Arma dei carabinieri.
Grazie all'aperto appoggio di
larga parte dell'apparato statale, non epurato e ancora monarchico,
nascono così i Reparti antitotalitari antimarxisti monarchici
(RAAM), vere e proprie formazioni paramilitari di cui fanno parte
nostalgici del ventennio e della monarchia.
Ai RAAM appartengono molti alti
ufficiali dei carabinieri e i più elevati dirigenti della polizia,
sotto la supervisione di ciò che resta dei servizi segreti (SIM) e
con stretti addentellati con organizzazioni criminali come la mafia
siciliana (2).
È
in questa occasione che per la prima volta si tenta di coalizzare
insieme in funzione anticomunista gruppi paramilitari fascisti ed
elementi anche di spicco del movimento partigiano. Cardine di questo
intreccio è Edgardo Sogno, monarchico e liberale, durante la
Resistenza a capo di una formazione - l'organizzazione Franchi - alle
dirette dipendenze dell'OSS, il servizio segreto americano. Altro
elemento di rilievo è il maggiore Enrico Martini "Mauri",
già a capo delle formazioni badogliane in Piemonte e acceso
anticomunista.
Sono fascisti, partigiani
bianchi, alti gradi delle forze armate e della polizia, servizi
segreti e organizzazioni criminali a formare già in questi primi
mesi del 1946 un amalgama golpista che riapparirà puntuale ad ogni
snodo cruciale della storia della repubblica come strumento di
condizionamento occulto dell'evoluzione politica del paese.
Le elezioni politiche
del 1948
La vittoria della
repubblica il 2 giugno 1946 non segna di certo la fine delle trame
golpiste. avviene tuttavia un cambiamento non di scarso rilievo: alla
destra monarchica si sostituisce nel ruolo di sfruttamento e
protezione politica dell'eversione la Democrazia cristiana ormai a
tutti gli effetti espressione delle più importanti frazioni della
borghesia italiana.
Queste manovre si
intensificano con l'estromissione dal governo dei ministri comunisti
e socialisti nella primavera del 1947. Come testimonia un'anonima
informativa da Torino all'ufficio "I" dell'Arma dei
carabinieri, nel mese di novembre l'apparato clandestino costituitosi
alla vigilia del referendum istituzionale rimane in piena attività
in vista di un possibile confronto armato con il movimento operaio e
le sue organizzazioni. dopo aver evocato lo spettro d un'imminente
insurrezione comunista nel triangolo industriale, il documento passa
in rassegna lo stato delle forze filogovernative e conclude:
" ... a capo di
queste forze dell'ordine [sono] noti e stimati comandanti di
formazioni partigiane democristiane e monarchiche come il maggiore
effettivo dell'esercito Martini 'Mauri'... Ogni giovedì questi capi
si incontrano, si scambiano informazioni, per tenersi pronti a
predisporre dei piani di controinsurrezione. 'Ci stiamo ritrovando e
riorganizzando, essi dicono, quindi per i comunisti le cose non
saranno troppo lisce' " (3).
I servizi speciali
americani non sono di certo estranei a queste iniziative. È
un momento di forti cambiamenti a Washington causati dalla guerra
fredda e dal ruolo di potenza globale ormai giocato dagli USA e anche
i servizi segreti assumono dimensioni nuove. nel settembre del 1947
la CIA sostituisce il vecchio e ormai inadeguato Office Strategic
Service (OSS) da cui durante la guerra dipendevano in Italia uomini
come Sogno, Martini "Mauri" e un certo Fumagalli che negli
anni della strategia della tensione troveremo a capo di un
fantomatico Movimento di azione rivoluzionaria (MAR).
Il
10 ottobre 1947 l'ambasciatore americano a Roma, James Dunn, in un
telegramma al segretario di Stato Marshall, auspica la necessità di
"formulare piani, compresi quelli per un'assistenza militare
attiva, per il caso che se ne manifesti la necessità nel prossimo
inverno o nella prossima primavera". Va comunque evitato un
coinvolgimento diretto di truppe americane; per questo, in vista di
uno scontro con le sinistre ormai improcrastinabile, vengono
approntate - in accordo con le autorità italiane - strutture
"parallele" in grado di affrontare ogni tipo di emergenza
al di là di ogni possibile controllo parlamentare.
"Già
nei primi mesi del 1948 - dichiarerà trent'anni più tardi l'ex
ministro dell'Interno Mario Scelba - era stata messa a punto
un'infrastruttura capace di far fronte a un tentativo insurrezionale
comunista. L'intero paese era stato diviso in una serie di grosse
circoscrizioni e alla loro testa era stato designato in maniera
riservata, per un
eventuale momento di emergenza, una specie di prefetto regionale...
un uomo di sicura energia e di assoluta fiducia. L'entrata in vigore
di queste prefetture sarebbe stata automatica nel momento in cui le
comunicazioni con Roma fossero state, a causa di una sollevazione,
interrotte: allora i superprefetti da me designati avrebbero assunto
gli interi poteri dello Stato sapendo esattamente, in
base a un piano preordinato,
che cosa fare" (4).
L'8
marzo del 1948, alla vigilia delle elezioni, il National Security
Council americano discute della situazione esistente in Italia. dato
per scontato che "una maggioranza per il Blocco del popolo non
è improbabile" e che ciò minaccerebbe seriamente "gli
interessi di sicurezza degli Stati Uniti nel Mediterraneo", il
NSC sostiene tra l'altro la necessità di "fornire ai gruppi
clandestini anticomunisti [cioè ai neofascisti] assistenza
finanziaria e militare". La proposta è personalmente approvata
dal presidente Truman e diventa immediatamente operativa (5).
L'adesione
dell'Italia alla NATO
Come
sappiamo, nonostante i timori dell'amministrazione Truman, il Fronte
popolare non vinse le elezioni; ciò non valse tuttavia a modificare
in nulla la politica americana di appoggio ai gruppi armati
neofascisti.
All'inizio
del 1950 giungono in Italia Carmel Offie, supervisore dei servizi
segreti italiani per conto della CIA, e James Angleton, ex dirigente
dell'OSS. I due contattano ex ufficiali repubblichini ed ex dirigenti
fascisti in vista della costituzione di un "fronte nazionale"
anticomunista sotto la guida dell'ex capo della X MAS, Valerio
Borghese. Il progetto viene poi provvisoriamente accantonato per
essere ripreso con la stessa sigla e con gli stessi uomini vent'anni
più tardi, alla vigilia della strategia della tensione (6).
Il
23 settembre 1950 il Consiglio dei ministri approva la legge per la
difesa civile proposta dal ministro dell'Interno Scelba. Formalmente
il costituendo servizio di difesa civile dovrebbe farsi fiancheggiare
carabinieri e polizia in caso di gravi calamità naturali. In realtà
sotto la supervisione del generale dei carabinieri Pieche, ex
ufficiale del SIM prima al servizio di Franco e poi del sanguinario
capo degli ustascia Ante Pavelic, viene costituito un vero e proprio
corpo separato composto da "volontari" reclutati tra gli
avanzi delle Brigate nere.
Sono
anni di repressione sistematica contro i lavoratori e le forze di
sinistra. In tre anni, a partire dal 1948, 62 sono gli assassinati,
3.126 i feriti, 92.162 gli arrestati di cui 19.306 condannati a ben
8.441 anni di carcere complessivo. Nemmeno il tribunale speciale del
fascismo aveva saputo fare di meglio (7).
Anche
in questo frangente i partigiani bianchi sono tra i più accesi
sostenitori della caccia ai comunisti. Il presidente dell' ENI, Enrico
Mattei, vicepresidente dell'Associazione dei partigiani
democristiani, fissa i compiti degli associati nel sorvegliare nelle
fabbriche i sovversivi, opporsi all'azione dei comunisti che, anche
mascherata da fini sindacali, mira a sabotare l'efficienza
dell'apparato produttivo, scoprire e segnalare fonti di finanziamento
delle organizzazioni operaie, ostacolare con ogni mezzo l'accesso dei
comunisti a posti di responsabilità.
Intanto
nell'agosto del 1949 l'Italia è entrata a far parte della NATO. Tra
i vari obblighi che tale adesione comporta, alcuni riguardano
direttamente i servizi segreti, che vengono completamente
riorganizzati sotto la supervisione della CIA e utilizzati, secondo
appositi protocolli ancora segreti, in funzione "antisovversiva",
cioè antioperaia e antidemocratica.
L'appoggio
ai neofascisti diventa aperto. Nell'agosto 1952 si svolge il primo
campo paramilitare neofascista pubblico, organizzato
dall'associazione giovanile missina a Lavazé in Trentino. Vi si
tengono lezioni teoriche e addestramento allo scontro fisico e al
sabotaggio. Il campo scuola viene significativamente denominato
"Ordine Nuovo", un nome questo che ritroverà
frequentemente nella storia dell'eversione nera.
Qualche
nese prima il comando dello Stato Maggiore delle forze armate
americane aveva indirizzato al servizio segreto italiano un
memorandum al fine di impegnarlo ad attuare gli obiettivi di un piano
permanente di offensiva anticomunista chiamato in codice
"Demagnetize".
Nel
documento si legge tra l'altro:
"L'obiettivo
ultimo del piano è quello di ridurre le forze dei partiti comunisti,
le loro risorse materiali, la loro influenza nei governi italiano e
francese e in particolare nei sindacati, in modo da ridurre al
massimo il pericolo che il comunismo possa trapiantarsi in Italia e
in francia, danneggiando gli interessi degli Stati Uniti nei due
paesi... La limitazione del potere dei comunisti in Italia e in
Francia è un obiettivo prioritario: esso deve essere raggiunto con
qualunque mezzo" (8).
Il
centrosinistra e il piano "Solo"
Nel
1962 nasce sotto la guida di Amintore Fanfani il primo governo di
centrosinistra, un tripartito DC-PSDI-PRI con l'appoggio esterno dei
socialisti. Pochi mesi prima, il 22 novembre 1961, il segretario
democristiano Aldo Moro aveva dichiarato in televisione ormai
inevitabile e necessaria l'apertura al PSI. Tanto era bastato a
gettare nel panico l'apparato spionistico americano in Italia. Nei
giorni immediatamente successivi a questo storico annuncio
all'ambasciata USA di roma si tiene una riunione segreta dei massimi
dirigenti militari e della CIA in Europa. Si parla di impedire con
ogni mezzo l'andata al governo dei socialisti, si discute di un
intervento aperto di unità militari NATO. Il capo della CIA a Roma,
Thomas Karamessines, più realisticamente sostiene che invece di
opporsi apertamente sia meglio svuotare dall'interno la svolta democristiana da ogni significato innovatore (9).
Gli
uomini della CIA concertano insieme ai responsabili dei servizi
italiani (SIFAR), De Lorenzo e Rocca, un'azione di disturbo al
tentativo di Moro. Vengono costituite "squadre d'azione"
per compiere attentati da attribuirsi alle sinistre in modo da
esigere poi in nome delle "forze sane" della nazione severe
misure di emergenza da parte del capo dello Stato e del governo.
A
tal fine vengono utilizzati gli archivi della stazione CIA di Roma,
contenenti oltre duemila nominativi di uomini "capaci di
uccidere, piazzare bombe e ordigni incendiari, fare propaganda",
membri di formazioni di estrema destra che da tempo hanno offerto
agli americani i loro servizi in funzione anticomunista (10).
Gruppi
di "volontari" si formano in molte città italiane tra cui
Milano, Torino, Genova. "Sono gruppi - dichiarerà il senatore
Ferruccio Parri alla commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti
dell'estate '64 - di civili, di ex militari, di ex carabinieri...
Questi gruppi avrebbero dovuto assecondare il colpo che il generale
De Lorenzo aveva preparato, anche con funzione di agenti provocatori,
con funzione di squadre di appoggio dei reparti dei carabinieri".
È
il famoso piano "Solo" che prevede l'intervento dei reparti
corazzati dell'Arma dei carabinieri, l'arresto e la deportazione in
appositi campi già predisposti in Sardegna di migliaia di militanti
di sinistra, secondo liste scrupolosamente aggiornate che risalgono
almeno ai primi anni cinquanta. Il piano del tutto simile, data la
comune matrice NATO, al golpe dei colonnelli greci dell'aprile '67,
non verrà mai attuato, ma otterrà comunque lo scopo di condizionare
pesantemente in senso moderato l'andamento della vita politica
italiana.
L'autunno
caldo e la strategia della tensione
Svuotata,
anche grazie alle manovre occulte dei servizi, di ogni reale
contenuto innovatore, l'apertura ai socialisti si rivela ben presto
per quello che è: un'abile operazione trasformistica gestita dalla
DC che tenta di inserire una parte della sinistra nel proprio sistema
di potere allo scopo di dividere e penalizzare il movimento operaio.
Ma
le profonde contraddizioni sociali, conseguenza diretta del selvaggio
boom economico prima e della recessione poi, spingono alla lotta la
classe operaia, mentre una nuova generazione di studenti si
radicalizza in risposta all'esaltante esempio che viene da Cuba e dal
Vietnam.
Le
lotte si allargano, si generalizzano, tendono in alcuni casi a
sfuggire al controllo sindacale. Per la prima volta si manifesta il
fenomeno degli scioperi selvaggi. L'ondata della contestazione
investe l'università, mentre cresce la mobilitazione
antimperialista. Crollano i vecchi steccati risalenti agli anni
della guerra fredda e si fa sempre più forte l'esigenza dell'unità
sindacale.
Democrazia
cristiana, americani, Confindustria, vaticano ritengono che occorra
riportare all'ordine l'Italia. Nasce la strategia della tensione.
Vengono recuperati Sogno, i partigiani bianchi e il Fronte nazionale
di Valerio Borghese "in sonno" dagli anni cinquanta. I
burattinai sono sempre gli stessi: la CIA e i vari "uffici
speciali" targati NATO.
Dal
3 al 5 maggio 1965 si svolge, con il patrocinio neppure troppo
occulto dei vertici militari, all'Hotel Parco dei Principi di Roma il
famoso convegno sulla "guerra rivoluzionaria" in cui
relazionano personaggi come Guido Giannettini e Pino Rauti. È
l'atto di nascita ideologico, e forse anche organizzativo, della
strategia del terrore.
Sul
piano operativo vengono discusse diverse linee strategiche; al centro
di tutte si collocano le forze armate, considerate l'unico baluardo
nei confronti del comunismo. esse tuttavia non debbono agire da sole
ma operare con l'appoggio di gruppi irregolari di civili (11).
È
la tesi esposta fra gli altri dal giornalista fascista Beltrametti,
imperniata sull'esistenza di uno "stato maggiore parallelo,
composto di militari e civili, il quale... agendo nella
clandestinità, provveda a mobilitare l'apparato predisposto, formato
di cittadini sicuri, tra i quali alcuni addestrati alla guerra di
guerriglia". Beltrametti sostiene questa tesi in un volume,
Guerra e megatoni, la cui prefazione è firmata dal generale
Liuzzi, già capo di stato maggiore dell'esercito, il quale, tra
l'altro, sostiene la necessità di costituire già in tempo di pace
"forze per la difesa territoriale... composte di militari e
civili prenotati (convenientemente e clandestinamente addestrati),
con stati maggiori misti (militari e civili)".
Come
scrive il De Lutiis nella sua illuminante Storia dei servizi
segreti, "i servizi paralleli, che fino ad allora avevano
addestrato civili da utilizzare in appoggio a eventuali colpi di
stato militari, ora cominciavano a esercitarli alla tecnica
dell'attentato" (12).
Nel
1968 viene ricostituito il Fronte nazionale di Valerio Borghese,
nello stesso anno la "scuola guastatori" del SID di Capo
Marrargiu in sardegna viene riorganizzata sotto la guida di "tecnici"
americani. nella base vengono addestrati alla controguerriglia e al
sabotaggio migliaia di giovani neofascisti che, una volta tornati
alle loro zone di origine, restano a disposizione dei servizi
segreti, collegati in gruppi ristretti e forniti di armi ed
esplosivi, diretti da ufficiali della struttura "I"
dell'esercito (13).
Sempre
nel 1968 avvengono i primi attentati ai treni e alla Fiera di Milano,
attribuiti dalla polizia e dalla stampa agli anarchici. Il 12
dicembre 1969 è la volta della strage di Piazza Fontana a Milano.
Nasce il Movimento politico Ordine nuovo di Clemente Graziani, mentre
Stefano Delle Chiaie ricostituisce Avanguardia Nazionale, ritenuto
anche a destra il braccio operativo dell'Ufficio affari riservati del
ministero dell'Interno.
Il
1970 è l'anno del golpe Borghese e dell'occupazione fantasma del
Viminale. Ricompaiono i partigiani bianchi; mentre il MAR di Carlo
Fumagalli sigla una serie di attentati, secondo Valerio Borghese i
militari distribuiscono armi "in parte a pochi fascisti e in
maggior parte ad ex partigiani bianchi".
La
Rosa dei Venti e i protocolli segreti della NATO
Non
rientra negli scopi di questo breve lavoro una trattazione
sistematica delle trame nere che hanno insanguinato l'Italia a
partire dal 1969. Ciò che ci interessa è dipanare un filo che, come
si è visto, ha origini lontane e lega indissolubilmente servizi
segreti e apparati militari italiani e stranieri sotto la costante
supervisione della NATO.
Nel
1973 scoppia il caso dell'organizzazione eversiva denominata "Rosa
dei Venti" che vede implicati una serie di alti ufficiali, tutti
in stretti rapporti con l'Ufficio guerra psicologica del comando NATO
di Verona, responsabile di servizi segreti, neofascisti e partigiani
bianchi.
Si
scopre così che l'Ufficio di guerra psicologica è una struttura di
rilevante importanza strategica, legata strettamente alla CIA,
incaricata tra l'altro di studiare le varie strategie psicologiche da
usare in caso di colpi di Stato, guerre civili, sommosse,
controguerriglie. In quel periodo l'Ufficio avrebbe dedicato
particolare attenzione allo studio "scientifico" degli
effetti destabilizzanti della strategia della tensione (14).
Uno
dei principali imputati, il colonnello Amos Spiazzi, riconosce
durante gli interrogatori cui viene sottoposto dai magistrati
l'esistenza di una "organizzazione di sicurezza delle forze
armate, che non ha finalità eversive ma si propone di proteggere le
istituzioni contro il marxismo". Di questa organizzazione
clandestina non fanno parte solo militari ma anche "civili,
industriali, politici" a ulteriore conferma dell'esistenza di
quegli "stati maggiori misti" di cui si è visto discutere
fascisti e generali al convegno dell'Hotel Parco dei Principi.
Il
colonnello Spiazzi, quindi, ammette le accuse ma rivela che
l'organizzazione eversiva di cui è accusato di far parte è una
struttura ufficiale anche se segretissima della NATO, con carattere
sovranazionale e allo scopo di impedire la conquista delle leve dello
Stato da parte dei comunisti e più in generale delle sinistre (15).
Come
non pensare immediatamente al piano "Demagnetize" e ai
piani operativi del National Security Council americano della fine
degli anni quaranta? A conferma di quanto ammesso dallo Spiazzi, il
capo del SID, generale Vito Miceli, riconosce nel corso della stessa
inchiesta l'esistenza da sempre all'interno dei servizi segreti di
"una particolare organizzazione segretissima, che è a
conoscenza delle massime autorità dello Stato... Un organismo che
assolve compiti pienamente istituzionali, anche se si tratta di
attività ben lontane dalla ricerca informativa..." (16).
l'esistenza
di un'organizzazione di questo tipo, operante in totale segretezza al
di fuori di ogni controllo, troverebbe la sua ragione d'essere in
protocolli aggiuntivi segreti, stipulati nel 1949 contestualmente
alla firma del Patto atlantico.
Questi
accordi, cui ha fatto diretto riferimento l'esponente socialista Rino
Formica all'indomani della strage del 23 dicembre 1984, "prevedono
l'istituzione di un organismo non ufficiale, anzi giuridicamente
inesistente, preposto a garantire con ogni mezzo la collocazione
dell'Italia all'interno dello schieramento atlantico, anche nel caso
che l'elettorato si mostri orientato in maniera difforme" (17).
Chi
scrive è sempre il De Lutiis, il cui libro è stato dal senatore
Gualtieri, presidente del comitato parlamentare per i servizi di
sicurezza, consigliato ai membri della commissione perché "opera
seria e documentata"!
Che
senso ha, allora, insistere come fa il PCI sulle "deviazioni"
dei servizi segreti e sui generali "felloni"? Tesi
insostenibile alla luce di quanto già si conosce ma che certo ha il
pregio di essere compatibile con le professioni di fedeltà
all'alleanza atlantica.
Che
senso ha denunciare, come fa l'Unità, che "non è in
Italia il punto finale" della politica occulta (18), se poi ci
si arrampica sugli specchi per non tirare in ballo gli Stati Uniti e
gli accordi che ci legano ad essi?
Ma
allora, come in altra occasione affermava il nostro giornale, "se
così stanno le cose, se la NATO è lo strumento che lega al
personale politico americano l'Europa privandola della sua sovranità
nazionale su questioni di vita o di morte, che cos'altro si può
auspicare e chiedere per l'Italia se non l'uscita dalla NATO?"
(19).
"Fuori
l'Italia dalla NATO, fuori la NATO dall'Italia!", gridavamo nei
cortei del '68. Continuare in questa lotta è un impegno che, come
marxisti rivoluzionari, abbiamo assunto anche verso le vittime
innocenti di vent'anni di stragi impunite.
Note
1.
Cfr. "Una proposta al movimento operaio per non arrendersi al
terrore", in Bandiera Rossa del
20 gennaio 1985.
2.
Cfr. P.G. Murgia, Il vento del Nord. storia e cronaca del
fascismo dopo la Resistenza,
Milano 1975,pp. 210-11.
3.
Cfr. G. Boatti, Le spie imperfette,
Milano 1987, pp. 309-10.
4.
Cfr. A.Gambino, Storia del dopoguerra dalla liberazione al
potere DC, Bari 1975, pp.
473-74.
5.
Ampi stralci del documento in: A. Gambino, "Se il 18 aprile il
Fronte avesse vinto", in L'Espresso
del 23 aprile 1978.
6.
Cfr. P.G. Murgia, Ritorneremo,
Milano 1976, p. 213 e sgg.
7.
Cfr. G. Scarpari, La Democrazia cristiana e le leggi
eccezionali 1950-1953, Milano
1977, p.9.
8.
Cfr. R. Faenza, Il malaffare,
Milano 1978, pp. 313-14.
9.
L'episodio è ricostruito con abbondanza di particolari in E.
Catania, La lunga mano della CIA,
Milano 1974, pp. 74-5 e G. de Lutiis, Storia dei servizi
segreti in Italia, Roma 1984,
pp. 69-70.
10.
R. Faenza, op. cit., p. 369.
11.
Vedere la ricostruzione dei lavori del convegno in La
destra radicale, a cura di F.
Ferraresi, Milano 1984, pp 58-9.
12.
G. De Lutiis, op. cit., p. 131.
13.
Ivi, p. 13 sgg.
14.
L'Espresso del 27
gennaio 1974.
15.
G. De Lutiis, op. cit., p. 107 e sgg.
16.
Ivi, p. 129.
17.
Ivi, p. 126.
18.
Vedere l'intervista del giudice Giovanni Tamburino su l'Unità
dell'11 gennaio 1987.
19.
Cfr. "Né chiara denuncia né mobilitazione", in Bandiera
Rossa del 30 settembre 1984.
Bandiera
Rossa, Agosto-settembre 1987