Ciao Rosasco, libraio controcorrente
E così, in silenzio, a 85 anni, se
ne è andato anche Rosasco, libraio controcorrente per oltre
vent'anni. Aperta nel 1975 in via Torino, nei locali di una vecchia osteria, quasi di nascosto, con la porta di legno a vetri oscurata da spessi fogli di carta rossa, sede di un'associazione culturale inesistente dal nome francese (Joie de lire) con tanto di finti tesserati,
perché il Comune ritardava la concessione della licenza, la libreria di Rosasco
rappresentava l'erede naturale della vecchia Libreria dello Studente
del dottor Fontana, luogo di perdizione culturale negli anni caldi della contestazione.
Già la scelta di aprire
una libreria al di fuori del centro cittadino in un quartiere operaio
come era Villapiana allora, rappresentava un evento rivoluzionario.
Poi la scelta attenta dei libri: molta scolastica, tanta politica,
tantissima cultura francese, frutto quest'ultima dei periodici viaggi
di esplorazione nelle librerie di Nizza di Luigi Lirosi, vero mentore di Rosasco. E
poi la collaborazione con il libraio genovese Tassi, la cui libreria
nei vicoli del centro storico puzzava di sovversione e di eresia.
Rosasco amava i libri,
per questo aveva deciso di cambiare vita e da agente di commercio
reinventarsi come libraio. E proprio perché amava i libri, e li
leggeva – cosa rara oggi fra i librai – decideva lui cosa tenere e cosa assolutamente non vendere..
Epiche certe sue litigate
contro clienti, entrati per sbaglio, che si lamentavano di non
trovare il bestseller di moda.
Non si era mai visto a Savona, e credo raramente anche altrove, un libraio che cacciava
in malo modo i clienti che non gli piacevano. Rosasco lo faceva, capace nonostante la sua mitezza, di collere improvvise. Ed erano allora libri che volavano attraverso il negozio per atterrare sul marciapiedi davanti all'ingresso, dove sostava sempre gente perché c'era la fermata degli autobus. Volti stupiti a fissare quell'uomo minuto in piedi sulla soglia a sbraitare contro il rincoglionimento di massa voluto dal potere e dall'industria della "cultura".
Da lui potevi trovare
riviste, volantini e opuscoli rintracciabili solo a Genova o addirittura a
Milano. Da lui passavano periodicamente missionari delle varie chiese
bordighiste e trotskiste ad annunciare la lieta novella e a lasciare
i loro materiali, qualcuno anche dalla Francia.
Una libreria
controcorrente che non piaceva ai benpensanti di sinistra, vecchi stalinisti in primis, che sentivano puzza di eresia in quelle
pubblicazioni e guardavano con sospetto i frequentatori abituali di quel locale. Una fauna eterogenea, un mix di cento tribù: cattolici del dissenso, anarchici, militanti di quello che restava dei gruppi extraparlamentari, ma anche fricchettoni dei primi centri sociali e femministe. Insomma, tutti
coloro che non si riconoscevano nel compromesso storico e nel conformismo moralistico berlingueriano che tanti guasti avrebbe provocato. Ma anche, va
detto, non priva di personaggi ambigui, al limite fra il provocatore e il
confidente di Questura. Gente che ti prendeva da parte e sottovoce ti
faceva discorsi neppure troppo allusivi sui "compagni che
sbagliano ma...".
Libreria anomala, rimasta
per molti aspetti osteria, luogo di incontri e di discussioni
accanite nella saletta interna, riservata a pochi, vero e proprio
sancta sanctorum, attorno a una vecchia stufa, unica forma di
riscaldamento in inverno, su cui il buon Rosasco, più vecchio di noi
di una decina di anni, si ostinava a coltivare l'antico uso delle
bucce di mandarino sulla piastra incandescente a combattere il fumo aspro
della legna con aromi e fragranze sicuramente più simpatiche
dell'odore inconfondibile delle prime canne rigorosamente bandite da
quegli spazi.
Un luogo magico, una
sorta di caverna primordiale che ti avvolgeva e ti faceva sentire
bene.
E questo Rosasco cercava.
Non tanto e non solo vendere libri o comunque far cultura, ma gestire
uno spazio che fosse prima di tutto comunità di uomini liberi, di
menti critiche.
Savona gli deve molto,
noi gli dobbiamo molto.
Un abbraccio vecchio
libertario brontolone in guerra accanita con il mondo della
mediocrità culturale e del politicamente corretto che avanzava a larghi passi e che non volevi a
nessun costo accettare.
Non hai vinto la tua
battaglia, ma ci hai aiutato a salvarci da tutta la merda che
incominciava a pioverci addosso. E di questo ti saremo eternamente grati.