La guerra civile spagnolo vide il coinvolgimento in difesa della Repubblica di intellettuali e artisti come Hemingway, Orwell, Lam, Mirò e Picasso. Proprio Mirò e Picasso furono protagonisti nel 1937 di un evento straordinario destinato a segnare profondamente la storia dell'arte moderna.
Giorgio Amico
Mirò, Picasso e la guerra di Spagna
All'inizio degli anni '30
si apre in Spagna una crisi rivoluzionaria di ampie proporzioni,
destinata a protrarsi per l'intero decennio e a risolversi poi con la
vittoria della destra estrema e l'instaurazione di un regime
dittatoriale di tipo fascista che durerà fino alla metà degli anni
Settanta.
Nell'aprile 1931 una
forte ondata di lotte nelle campagne e nelle città da l'ultimo
scrollone ad una monarchia agonizzante, nei fatti abbandonata ormai
dalle componenti più dinamiche e moderne della borghesia. Il regime
repubblicano che segue ai moti del '31 non è tuttavia più stabile
del precedente. Premuto dalle masse contadine da una parte e dalle
esigenze di sviluppo del capitalismo rappresentato dalle forze del
radicalismo piccolo borghese dall'altra, il nuovo regime repubblicano
è costretto, anche se con mille cautele, a prendere posizione contro
la chiesa cattolica, le sue istituzioni, gli infiniti ordini
religiosi, il loro enorme patrimonio finanziario e fondiario e contro
il ceto dei grandi latifondisti.
La repubblica solleva
enormi attese di riscatto sociale. Il movimento si allarga ovunque e
in modo spontaneo: nelle campagne, nelle fabbriche, nei quartieri
proletari delle città industriali nascono le prime forme embrionali
di consigli operai e contadini, le juntas. Le rivendicazioni operaie
e contadine si fanno sempre più pressanti di contro a un governo,
composto da socialisti, radicali e repubblicani, che elude i problemi
di fondo ed in particolare evita accuratamente di decidere in merito
alla tanto attesa riforma agraria.
Nonostante ciò, le forze
più conservatrici, agrari e Chiesa cattolica in testa, si sentono
minacciate e si adoperano per la restaurazione puntando su gerarchie
militari, espressione in prevalenza della borghesia terriera,
fanaticamente legate al culto di una presunta "ispanità
cattolica" minacciata dall'irrompere della modernità. Già nel
'32 viene scoperto un primo tentativo di colpo di stato militare. Il
golpe organizzato da un generale in pensione, Sanjuro, si rivela una
messinscena da operetta nella tradizione dei pronunciamenti militari
propri dei generali spagnoli. Il generale Sanjuro viene arrestato,
processato e condannato all'esilio. Ma gli altri generali implicati
rimangono ai loro posti. Il tentativo golpista, accantonato in attesa
di tempi migliori, ottiene comunque un immediato risultato, spostando
a destra gli equilibri politici e frenando ulteriormente la già
evanescente volontà riformistica del governo.
La borghesia repubblicana
inasprisce la repressione nei confronti delle lotte operaie e
contadine, tornando a utilizzare come ai tempi della monarchia
l'esercito contro i lavoratori. Nel gennaio 1933 a Casas Viejas la
Guardia Civil massacra spietatamente i braccianti in lotta. La
situazione peggiora ulteriormente nel '34, quando nuove elezioni
vedono la vittoria delle forze di centrodestra. Il nuovo governo apre
decisamente ai latifondisti e alla destra cattolica.Vengono inseriti
nel governo alcuni ministri della CEDA, il partito cattolico fondato
nei primi anni Trenta che non nasconde le sue simpatie per il
fascismo. A Madrid e a Barcellona gli operai scendono in piazza per
opporsi a quello che recepiscono come un tradimento delle loro
conquiste. Nelle Asturie i minatori insorgono e per alcune
settimane controllano la regione. Sarà il generale Francisco Franco,
che per questa impresa verrà poi promosso capo di stato maggiore, a
reprimere nel sangue la rivolta asturiana. E' la prova generale di
quanto accadrà su scala nazionale due anni più tardi.
All'inizio del '36, a
causa di uno scandalo finanziario che coinvolge direttamente il primo
ministro Lerroux e buona parte del governo, viene sciolto il
parlamento; le nuove elezioni nel febbraio '36 vedono la vittoria del
Fronte popolare, costituito dalle sinistre (PSOE e PCE) e dai partiti
della democrazia radicale, attorno ad un programma che prevede
l'amnistia per gli incarcerati per i fatti asturiani e un timido
inizio di riforma agraria.
Di fronte alla vittoria
elettorale dello schieramento democratico, le forze conservatrici e
in primo luogo i militari e la gerarchia cattolica preparano il colpo
di stato. I generali operano alla luce del sole, i nomi dei
cospiratori sono noti, il golpe è l'argomento di moda nei caffè di
Madrid, ma il governo non adotta alcuna misura precauzionale pago del
giuramento di fedeltà dei generali felloni. I cospiratori possono
così in assoluta tranquillità tessere la tela della congiura,
stabilendo accordi con Mussolini e Hitler che si impegnano a fornire
armi e sostegno finanziario, con gli esponenti della CEDA che siedono
in parlamento e col vecchio generale Sanjuro in esilio a Lisbona. Di
fronte all'aperto disegno reazionario dei generali i sindacati
operai, in particolare la CNT, chiedono la formazione di milizie
popolari. Il governo respinge decisamente la proposta, riconfermando
la propria fiducia nella lealtà delle forze armate. Una situazione
che ritroveremo pressochè identica nel golpe cileno del generale
Pinochet del settembre 1973.
Il 16 luglio 1936 parte
la rivolta dei generali. Anche di fronte all'aperta sollevazione il
fronte popolare si rifiuta di armare gli operai, i contadini, i
militanti delle stesse organizzazioni che lo compongono. Inutilmente
l'UGT, il sindacato vicino al PSOE maggiore forza di governo, reclama
con insistenza l'armamento generale delle masse. Ancora il 18 luglio,
con la rivolta militare in pieno sviluppo, il partito socialista e
il partito comunista dichiarano congiuntamente che la situazione è
difficile ma non disperata, mentre il governo tenta a trovare un
compromesso con i generali rivoltosi per arrivare a una mediazione e
ad una ricomposizione pacifica della crisi che eviti la guerra
civile. Di fronte alle esitazioni della politica sono le masse
popolari, gli operai delle città e i braccianti delle campagne, a
bloccare il golpe, attaccando, spesso a mani nude, le caserme,
recuperando armi, convincendo i soldati di leva a passare dalla parte
del popolo.
Dal 19 gli operai armati
cominciano a organizzare colonne di miliziani che passano al
contrattacco riconquistando parte del territorio caduto sotto il
controllo dei franchisti. Il 20 luglio, allo scadere dei quattro
giorni programmati dai generali per la conquista di tutta la Spagna,
sono in mano ai rivoltosi le colonie, poche città dell'Andalusia
occidentale a Sud e una parte della Vecchia Castiglia e del Léon al
nord. Ovunque la reazione dei proletari, dei braccianti, dei
contadini è stata immediata anche se lasciata alla spontaneità e
disorganizzata.
E' questo l'inizio di un
rapido processo rivoluzionario che investe tutta la Spagna. Ovunque
si formano comitati rivoluzionari di operai, di braccianti, di
contadini che assumono tutto il potere; confiscano terre e le
distribuiscono, requisiscono le fabbriche e ne controllano la
produzione, formano sotto il loro controllo forze di polizia, aprono
e gestiscono nuove scuole. Un pugno di giorni basta a far esplodere
la rabbia immensa del popolo, accumulata in secoli di servaggio.
Tutto il potere è nelle mani di un popolo in armi fieramente
determinato a combattere fino alla fine. Una potente ondata
rivoluzionaria incendia la Spagna, blocca e fa retrocedere il golpe
franchista.
Fin dai primi giorni la
rivolta dei generali comincia a ricevere consistenti aiuti materiali
da Hitler e da Mussolini, grazie ai quali riesce rapidamente a
superare le difficoltà impreviste dovute agli insuccessi militari e
al mancato appoggio della marina che è rimasta fedele alla
repubblica. A luglio un grande ponte aereo-navale organizzato dai
Germania e Italia garantisce l'afflusso delle truppe Le truppe
coloniali marocchine (“los moros”) e della legione straniera nel
territorio spagnolo occupato dai rivoltosi. Saranno proprie questi
reparti mercenari a formare il nerbo delle truppe franchiste e a
rendersi responsabili dei massacri e delle atrocità che segneranno
la progressiva avanzata dei golpisti. Grazie all'aiuto delle potenze
fasciste Franco può rapidamente riorganizzare il suo schieramento e
rilanciare con forze fresche l'offensiva verso Madrid.
Il governo repubblicano è
costretto a chiedere aiuto: si rivolge al governo di fronte popolare
in Francia, presieduto dal socialista Léon Blum. Ma senza esito.
Dopo consultazioni con gli inglesi, il governo francese dichiara di
auspicare una politica di non-intervento. La Spagna democratica resta
sola davanti all'aggressione fascista che si presenta fin dagli inizi
con il suo volto più spietato. A Granada, una delle prime città
occupate ai militari ribelli, viene arrestato il poeta Federico
Garcia Lorca, odiato dalla destra per le sue idee anticonformiste.
Lorca, che si era rifugiato presso il cognato sindaco socialista
della città (anche lui fucilato), viene arrestato e assassinato la
notte del 19 agosto 1938. La sua colpa, secondo un documento della
polizia ritrovato nel 2015, è di essere un "massone
appartenente alla loggia Alhambra" e di "praticare
l'omosessualità e altre aberrazioni".
Le stragi dei generali,
la ferocia delle truppe coloniali che si accaniscono contro la
popolazione civile e in particolare le donne, la repressione
sistematica di ogni forma di dissenso scatenano un moto di protesta
in tutti i paesi democratici. In prima fila sono intellettuali ed
artisti.
Scrittori come Ernest
Hemingway che andrà in Spagna come giornalista e denuncerà la
brutalità fascista e l'eroismo del popolo spagnolo nel suo grande
romanzo “Per chi suona la campana” che già nel titolo, un verso
del poeta inglese John Donne, ricorda che nessun uomo è un'isola e
dunque non si può restare indifferenti a ciò che accade altrove ad
altri uomini. “La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io
sono parte dell'umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la
campana: essa suona per te”- aveva scritto così il poeta e
Hemingway lo riprende per invitare il mondo civile all'impegno e alla
resistenza contro il fascismo che rappresenta una minaccia per tutti
e non solo per gli spagnoli. Il libro esce nel 1940 quando le truppe
naziste occupano già Parigi e gran parte dell'Europa a conferma del
carattere non episodico o locale dei fatti spagnoli.
Scrittori, ma anche poeti
come il cileno Pablo Neruda, in quegli anni console in Spagna per
conto del suo governo, testimone diretto delle atrocità franchiste
che denuncia con versi che descrivono l'orrore indicibile di ciò che
sta accadendo:
Chiederete: ma dove sono
i lillà?
(...)
Vi racconterò tutto quel
che m'accade.
Vivevo in un quartiere
Di Madrid, con campane,
Orologi, alberi.
Da lì si vedeva
Il volto secco della
Castiglia,
Come un oceano di cuoio.
La mia casa la chiamavano
“La casa dei fiori”
(...)
E una mattina tutto era
in fiamme,
E una mattina i roghi
Uscivan dalla terra,
Divorando esseri,
E da allora fuoco,
Da allora polvere da
sparo,
Da allora sangue.
Banditi con aerei e con
mori,
(...)
Arrivavan dal cielo a
uccidere bambini,
E per le strade il sangue
dei bambini
Correva semplicemente,
come sangue di bambini.
(...)
Generali
Traditori:
Guardate la mia casa
morta,
Guardata la Spagna
spezzata:
(...)
Chiederete: perché la
tua poesia
Non ci parla del sogno,
delle foglie,
Dei grandi vulcani del
paese dove sei nato?
Venite a vedere il sangue
per le strade,
Venite a vedere Il sangue
per le strade,
Venite a vedere il sangue
Per le strade!
Il culmine dell'orrore si
raggiunge il 26 aprile 1937 quando una squadriglia di 24 aerei (fra
cui tre italiani) rade al suolo la città di Guernica che non è un
obiettivo militare, ma rappresenta la capitale storica del popolo
basco e dunque il cuore della resistenza all'oppressione e al
fascismo. E' il primo bombardamento sistematico di un obiettivo
civile e inaugura un nuovo tipo di guerra, che i nazisti
applicheranno poi su larga scala due anni più tardi sulle città
inglesi, mirante a terrorizzare la popolazione civile, a spezzare la
volontà di resistenza di un popolo con l'annientamento pianificato
minuziosamente e generalizzato di chi si oppone.
Le foto di Guernica
distrutta fanno il giro del mondo. Pablo Picasso, che vive a Parigi,
ne è immediatamente informato dalla sua compagna Dora Maar. E' lei a
spingerlo a fare qualcosa, perché qualcosa si deve fare, non si può
rimanere inerti a guardare ciò che il fascismo fa in terra di
Spagna.
“Il segreto di Guernica
è una donna. - scrive una giornalista ricostruendo quell'episodio -
C'era lei, quei giorni. è scesa lei in strada il pomeriggio del
primo maggio del '37 a comprare Ce soir. Ha visto lei per prima,
salendo fino all'ultimo piano le scale dell' atelier di rue des
Grands Agustins, la foto in bianco e nero di prima pagina: «Immagine
della città di Guernica in fiamme». è lei che gli ha detto:
«Guarda». Lui stava conversando con un amico, lei si è avvicinata,
ha messo tra i due il giornale e ha detto solo questo: guarda”.
La risposta di Picasso
sarà Guernica, la grande tela che denuncia gli orrori e la ferocia
della guerra di Spagna. Fin da subito l'artista è consapevole della
portata politica del suo lavoro:
"La guerra di Spagna
– dichiarerà - è la battaglia della reazione contro il popolo,
contro la libertà. Tutta la mia vita è stata una lotta continua
contro la reazione e la morte dell'arte. In Guernica, e in tutte le
mie opere recenti esprimo chiaramente il mio odio per la casta
militare che ha fatto naufragare la Spagna in un oceano di dolore e
di morte".
In quegli stessi giorni
si apre a Parigi la grande esposizione universale che vede la
partecipazione dei principali paesi del mondo. Sono gli anni del
Fronte Popolare e l'Expo diventa immediatamente occasione di
contrasto politico. La destra vede nell'esposizione il segno della
propaganda “giudaico-massonica”. Nel suo libello antisemita
Bagattelle per un massacro Céline la definisce “La grande giuderia
1937” e aggiunge: “Tutti quelli che espongono sono ebrei. Tutto
quello che comanda, che dirige, che ordina, architetti, grandi
ingegneri, direttori, incaricati, tutti ebrei, o mezzi ebrei, o
peggio andare massoni. Occorre che la Francia intera venga ad
ammirare il genio ebraico. Occorre che la Francia intera si eserciti
a morire per gli ebrei”.
Ed in effetti l'Expo del
1937 diventa una grande vetrina propagandistica, ma per i regimi
totalitari. All'ingresso due grandi padiglioni si contrappongono
l'uno all'altro a segnare anche visivamente il contrasto fra due
ideologie e due potenze: quello tedesco costruito da Albert Speer e
quello sovietico. Entrambi nel segno del gigantismo marziale, segno
della potenza dei regimi nazista e staliniano, ideologicamente
opposti, ma esteticamente identici.
Proprio nell’anno
1937 sia la Germania nazista che l’Unione Sovietica di Stalin
avevano intensificato la repressione nei confronti dell’arte
«decadente». A Monaco i nazisti allestirono quella che
sarcasticamente è stata definita la più bella mostra di arte
contemporanea e che Goebbels decise di battezzare come Mostra
dell’arte degenerata : oltre 650 opere confiscate, da Otto Dix a
Paul Klee, da Kandinskij a Piet Mondrian, da Oskar Kokoschka a Max
Ernst, allo stesso Picasso, espressione dello spirito «ebraico»,
«prodotto di menti malate» e anti-tedesco. Sempre nel 1937 Stalin
metteva al bando, come antisovietico e antipopolare l’astrattismo
di Kandinskij.
Anche la Spagna partecipa
all'Expo trasformando il suo padiglione in una denuncia dei crimini
del fascismo. Max Aub, che ne è il curatore, chiama due artisti ad
affrescarlo. Sono Mirò e Picasso, entrambi catalani, entrambi
antifascisti convinti.
Juan Mirò crea un grande
murale di cinque metri per quattro composto di sei pannelli e
rappresentante un mietitore radicato nella terra come un albero che
in una mano impugna una falce e alza l'altra verso il cielo ad
accarezzare una stella. Un'opera visionaria e bellissima di cui
rimangono solo le foto scattate allora perchè non se ne trovano più
tracce dopo la chiusura dell'Expo e lo smantellamento dei padiglioni.
El segador (il mietitore)
incarna il sogno di una Spagna che lotta accanitamente per la libertà
e per un avvenire che sia fatto di pane (il grano mietuto), ma anche
di rose: l'arte, la cultura, la bellezza a disposizione del popolo
(la stella). L'opera si richiama anche direttamente
all'indipendentismo catalano perché Els segadors (I mietitori) è
anche il titolo dell'inno nazionale catalano che riprende un antico
canto popolare nato in occasione della grande rivolta antispagnola
dei contadini catalani del 1622.
Diversa l'impostazione di
Picasso. Guernica, che dipingerà in pochissimi giorni
(l'inaugurazione del padiglione sarà il 25 maggio), vuole essere un
grido di denuncia della guerra, una luce che si accende e rivela la
brutalità e l'orrore dell'aggressione fascista alla democrazia
spagnola. Picasso pensa l'opera, che prende una intera parete del
piano terra del padiglione, come una sorta di sacra rappresentazione,
strutturata secondo i canoni dell'arte sacra medievale, come un
polittico composto di tre fasce verticali, due laterali più strette,
simmetriche, contenenti a sinistra il toro ( simbolo di violenza e
bestialità) e a destra un uomo in una casa in fiamme che tende le
mani al cielo rappresentato in un urlo senza voce. Le due parti
estreme fanno da quinta a quella centrale, più larga, ove è
ammassato il maggior numero di personaggi, qui la composizione si
organizza su una struttura “a frontone” ispirato ai templi greci
che converge verso la lampada a esplicitare lo scopo dell'opera: fare
luce sull'orrore.
All’estrema sinistra
una madre lancia al cielo il suo grido straziante mentre stringe fra
le mani il cadavere del figlio. Picasso lo definirà un riferimento
esplicito alla pietà di Michelangelo. Al vertice un cavallo ferito,
simbolo del popolo spagnolo, nitrisce dolorosamente protendendo verso
l’alto una lingua aguzza come una scheggia di vetro. Sopra di lui
una lampada che illumina la scena e rende evidente ciò che sta
accadendo. Da una finestra una figura femminile sporge una lampada.
E' un omaggio e una dedica a Dora Maar che per prima ha aperto gli
occhi del pittore sull'orrore di Guernica e ad insistere perché si
prendesse posizione.
Ovunque morte e
distruzione, sottolineate da un disegno duro e quasi tagliente.
All’angolo inferiore destro una donna in ginocchio tende le braccia
al cielo. Al suolo, tra le macerie, si assiste all’orrore dei
cadaveri straziati.
Esattamente al centro del
dipinto una mano serra ancora una spada spezzata, da cui germoglia un
fiore: è l'unico segno di speranza, ma da il senso profondo
dell'opera. Occorre far luce sull'orrore, squarciare le tenebre che
coprono la violenza e la vogliono rendere invisibile e impunita. Solo
così può risorgere dalle rovine e dalla morte il fiore della
libertà e della pace. Questo è il compito dell'artista: fare luce,
rappresentare l'indicibile, lasciare aperta una via alla speranza.
“Io – affermerà anni
più tardi Picasso - non ho mai considerato la pittura come un’arte
di puro piacere, di distrazione. Io ho voluto con il disegno e col
colore, dato che sono le mie armi, penetrare sempre più nella
coscienza degli uomini e del mondo, affinché questa coscienza ci
liberi ogni giorno di più”.