TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 27 maggio 2017

Dronero, Fiera degli Acciugai






giovedì 25 maggio 2017

Quaranta finestre 8. Voltaggio



8. Voltaggio (AL)

Tra fiori e davanzali
i gatti lo sapranno.

Cesare Pavese

Bentornato, Francesco. Itinerari di Letteratura 2017


Venerdì 27 maggio iniziano gli Itinerari di Letteratura 13 edizione 2017, organizzati dall'Associazione Amici di Francesco Biamonti in collaborazione con il Comune di San Biagio della Cima (Im). 7 appuntamenti fra letteratura, paesaggio, itinerari a piedi e fotografia.

Il primo appuntamento, alle 16,30, del 27 maggio, presso il Centro Polivalente "le rose", prevede il "gemellaggio" fra il Parco Francesco Biamonti e Il Parco Beppe Fenoglio, incontro fra due comunità che hanno deciso di valorizzare la figura e i luoghi dei propri scrittori. Interverranno, oltre al sindaco di San Benedetto, anche Enrico Rivella e Veronica Pesce che ci parleranno proprio di Beppe Fenoglio e dell'Alta Langa.

Alle 18,30 verrà inaugurata la mostra fotografica "Sui luoghi di Biamonti" che presenta il lavoro di un gruppo di soci del "Foto Club Riviera dei Fiori" dedicato a Biamonti e al suo territorio.

Il giorno dopo: tradizionale passeggiata-itinerario sui luoghi di Biamonti. Questa volta si percorrerà il crinale fra valle Nervia e val Roja in direzione della cima dell'Abelio. Partenza da San Biagio (davanti al Comune) alle ore 8,30. Munirsi di scarpe da trekking, borraccia d'acqua e qualcosa da sgranocchiare per pranzo.  

mercoledì 24 maggio 2017

I miei amici di qui. Giovanni Boine a cento anni dalla morte



Il giorno 29 maggio 2017, alle ore 15,
presso l'Istituto di Istruzione Superiore “G. Ruffini” di Imperia,
avrà luogo la Tavola rotonda
a cura della Fondazione Mario Novaro
sull'opera di Giovanni Boine nel Centenario della morte

“I miei amici di qui”

Il titolo è lo stesso di uno dei Frantumi (editi per la prima volta postumi, a cura degli amici, nel 1918) di Giovanni Boine (morto a Porto Maurizio, oggi Imperia, il 16 maggio del 1917, a nemmeno trent'anni compiuti)

I relatori, tutti esperti dell’Opera boiniana, saranno Fabio Barricalla, poeta e filologo italiano, già autore di edizioni critiche di testi boiniani (Il peccato ed altre cose, Matisklo edizioni; Salmi della vita e della morte, Edizioni San Marco dei Giustiniani); Marino Magliani, scrittore, narratore tra i più quotati dell’estremo Ponente ligure (l’ultimo suo romanzo: L’esilio dei moscerini danzanti giapponesi, edito da Exòrma); Maria Novaro, architetto, Presidente della “Fondazione Mario Novaro” di Genova, nipote del direttore della rivista “la Riviera ligure” di Oneglia (uno degli ‘amici di qui’) e attivamente impegnata da anni nella conservazione della memoria del nonno e degli autori a lui legati; Ito Ruscini, poeta e studioso di storia delle religioni nonché allievo di Angelo Saglietto detto il “Sofo” (altro ‘amico di qui’), al quale ha dedicato una monografia (Con Sofo, edito da Laterza). Durante il pomeriggio di studio, sarà proiettato un video di Nicola Stefanolo sulla breve vita di Giovanni Boine.  

On the road/En la ruta. In viaggio con il Che



Pubblichiamo in versione «ampliata» lo scritto di Massari che fa da prefazione al libro fotografico - curato da Sandro Lusini e Cesare Moroni - Ernesto Che Guevara: la Ruta del Che - Argentina e Bolivia.

Roberto Massari

On the road/En la ruta


En la ruta… On the road… En route… Auf den Weg… Sulla strada… L’espressione è antica, è comune a molte lingue e continua ad evocare sensazioni che nell’epoca di Facebook in Rete o di Fast and Furious (8!) al cinema riescono a sopravvivere solo come creazioni mentali (perifrasi storico-concettuali), desideri immaginifici, impulsi emotivi alla rottura della routine quotidiana. Immortalata da libri come il classico di Kerouac (1957), assunta come motto dallo scoutismo degli adulti in auge nell’Italia degli anni ‘60, sussurrata dagli impavidi autostoppisti che affollavano gli Auberges de la jeunesse di mezza Europa, quell’espressione ha nondimeno caratterizzato un’epoca, che si può identificare con discreta approssimazione negli anni ‘50 e ‘60, fino all’esplosione semiplanetaria del Sessantotto.

Nel ‘68 Guevara era già morto, da pochi mesi: lui che di quel grande moto giovanile aveva anticipato quasi ogni ambizione utopica, ogni movente iperattivistico, ogni urlo di sfida perentoria e radicale contro il sistema. E aveva anticipato tutto ciò… mettendosi in cammino: in cammino lungo i sentieri tortuosi, selvatici o falsamente civilizzati della sua Grande America, la Pacha Mama violentata degli antichi popoli nativi, meticcia nella sofferenza di nuove immigrazioni e tradizioni imbastardite.

Ma non si pensi che per il giovane Ernesto la formula del viaggio vada intesa in senso allegorico. No: prima imbarcato su navi di lungo corso come apprendista infermiere; poi i quasi 5.000 km andini in bicicletta; a seguire, il periplo con Granado compiuto in moto, camion, zattera, a piedi e in un aereo per il trasporto cavalli; infine il terzo viaggio cominciato in treno alla stazione di Belgrano (1953) e terminato nel groviglio di mangrovie de Las Coloradas (1956), in mezzo alla prima di una lunga serie di stragi dei compagni di lotta.

La trasformazione rivoluzionaria di Ernesto nel Che era stata preparata dall’epopea giovanile del viaggio. Ora questa è storia arcinota, grazie ai libri e al cinema. Quando, però, queste informazioni me le dava Hilda Gadea (la peruviana sua prima moglie e madre di Hildita), nei mesi in cui visse con me a Roma (1969 e 1970), nessun altro al mondo ancora le aveva scritte, teorizzate e forse neanche pensate (con l’esclusione della madre Celia, il fratello Roberto che me ne parlò quando fui suo ospite a Buenos Aires, l’amica Tita Infante e pochi altri suoi intimi). Ma Hilda era la testimone più attendibile, perché da lei Ernesto aveva ricevuto la prima formazione politica (sartriana e marxista) che doveva spingerlo a diventare un autentico ribelle nella mente oltre che nel cuore.


Se i viaggi che ho citato possono considerarsi l’anabasi di Ernesto dall’Argentina a Cuba (attraverso Bolivia, Perù, Guatemala e Messico), i luoghi della guerriglia boliviana costituiscono certamente la catabasi (da Cuba a La Higuera, passando per Congo, Tanzania, Praga). È tantissimo da raffigurare per immagini fisse e quindi ben venga questa sintesi editoriale che ci offre anabasi e catabasi guevariane con l’immediatezza del mezzo fotografico: un bel mezzo… vista la qualità cromatica di preziose inquadrature.

Vorrei aggiungere molto, ma lo spazio è poco. Sarebbe giusto però, per informazione del lettore, che mi dilungassi a descrivere i progetti di viaggi «Sulle orme del Che» dei quali sono stato il primo ideatore in assoluto. Non che mancassero fin dai primi anni ‘70 «pellegrini» del guevarismo che andavano a ripercorrere le varie rutas del Che (io fui tra questi già a Cuba nei sei mesi che vi trascorsi nel 1968). Ma non erano viaggi organizzati, di gruppo e dotati di una specifica meta ideale.

Il primo l’organizzai io a Cuba, e fu certo il primo, visto che nemmeno l’autista, cubano e membro della Seguridad, riusciva a trovare la strada per Alegría de Pío dove invece mi ero recato in precedenza. E uno abbastanza avventuroso l’organizzai in Perù/Bolivia (passando per Machu Picchu e lago Titicaca). Ma poi dovetti desistere di fronte all’esplosione turistica e allo sfruttamento commerciale di quelle idee. Sicché i miei personali viaggi «sulle orme del Che» ho ripreso a farli con la mente e col cuore, ma seguendo ben altri itinerari. Si provi per es. a riflettere sul fatto che anche Caravaggio e Chopin (mese più mese meno) sono morti a 39 anni come Guevara…

Roberto Massari è fondatore e presidente (dal 1998) della Fondazione Ernesto Che Guevara internazionale, principale editore e traduttore delle Opere del Che in Italia, direttore dei Quaderni della Fondazione Ernesto Che Guevara.





lunedì 22 maggio 2017

Il cuore antico della Valle Maira


Giorgio Amico

Il cuore antico della Valle Maira

La Valle Maira da secoli custodisce gelosamente un tesoro. Chiese, cappelle e piloni a punteggiare antiche vie del sale. San Salvatore si affaccia sul Maira, carica di storia. Luogo di ristoro dei pellegrini, segnato da una antichissima devozione.


Intorno al 1460 un ignoto maestro ne affrescò le pareti. Apostoli, martiri, santi dallo sguardo indecifrabile.


Ma più in alto spiccano gli ancora più antichi affreschi romanici del XII secolo. Tracce di un passato di cui si è persa quasi completamente la memoria.


Risalendo il ripido cammino che porta ad Elva, appare la chiesa di San Peyre circondata dalla silenziosa bellezza delle montagne.


All'interno, un pastore da secoli suona il suo strumento


cullando il sonno del Bambino.



E poi Elva, perla delle Alpi



tetti di pietra sullo sfondo del Pelvo


Qui, fra diavoli che non riescono a spaventarci


e muti custodi della soglia


Hans Clemer ha mostrato quale forza visionaria potesse esprimere un fiammingo, cresciuto al sole della Provenza,  venuto a vivere e a dipingere fra le montagne.



La sua crocefissione travolge per l'intensità degli sguardi


Le sue donne piangenti hanno la bellezza un po' triste delle donne della montagna


di chi conosce la fatica quotidiana del vivere.


Una fatica che solo la bellezza dei luoghi rende sopportabile.




Quaranta finestre 7. Elva



7. Elva (CN)

Sono arrivati che faceva giorno uomini e donne all'altipiano 
Col passo lento, silenzioso, accorto
Dei seminatori di grano 

Gianmaria Testa

Valados Usitanos


E' disponibile il numero 108 di Valados Usitanos

Dal sommario:

G. Giordana: Muscére/Moschieres
I. Beolè: Dialettologia occitana
M. Rosso: Frise e altri momenti di vita comunitaria
M. Di Maio: Uccelli della conca di Bardonecchia
M. Fantino Grièt: ... E nomi di uccelli a Roaschia
F. Giuliano: Boves. Manere 'd dì

Per informazioni e richiesta di copie: valadosusitanos@libero.it

venerdì 19 maggio 2017

Quaranta finestre 6. Bologna


6. Bologna

Nel cerchio di un pensiero
a volte mi riposo sognando

Alda Merini

giovedì 18 maggio 2017

Quaranta finestre 5. Pomposa


5. Pomposa

M'affaccio – liberamente alfine- alla finestra.
Guardo nel cielo nuvole passare.

Umberto Saba

mercoledì 17 maggio 2017

1000 anni Valle Maira


Lutero e la Riforma


giovedì 11 maggio 2017

Quaranta finestre 4. Pamplona


4. Pamplona

“La mattina era finito tutto. La fiesta si era conclusa. Mi svegliai verso le nove, feci il bagno, mi vestii e scesi. La piazza era deserta e non c’era nessuno per le strade. Solo qualche bambino che raccoglieva aste di razzi nella piazza. I caffè si stavano appena aprendo e i camerieri portavano fuori le comode sedie bianche di vimini, disponendole intorno ai tavolini col ripiano di marmo nell’ombra del portico. Stavano pulendo le strade e annaffiandole con un idrante.”

Ernest Hemingway

Don Lorenzo Milani a Savona


In occasione dei 50 anni dall’uscita di “Lettera a una professoressa” (maggio ’67) e dalla morte (giugno ’67).

Sabato 13 maggio ore 18.00
Libreria Ubik Savona

Don Lorenzo Milani a Savona”

Incontro sulla figura del Priore di Barbiana, sui 6 mesi trascorsi a Vado Ligure e Savona nel 1939.
Partecipano la nipote di don Milani
VALERIA MILANI COMPARETTI
autrice del libro “Don Milani e suo padre. Carezzarsi con le parole” (Edizioni Conoscenza), e la dottoressa VALENTINA OLDANO co-curatrice del libro “Don Milani Tutte le opere” (I Meridiani Mondadori).

Lorenzo Milani per motivi di salute ha vissuto 6 mesi a Vado Ligure nel 1939 (e per un breve periodo anche nel 1935), studiando al Liceo Chiabrera di Savona. In occasione dei 50 anni della morte del priore di Barbiana, la Ubik incontrerà la nipote, e verranno visionati e raccontati documenti inediti: le lettere scritte da Vado Ligure alla famiglia, le pagelle del Liceo Chiabrera, ecc.

Battezzato durante le persecuzioni razziali, nel 1943 Lorenzo entra in seminario a Firenze, e diventa sacerdote; cappellano a San Donato di Calenzano, vi fonda una scuola serale. Rimosso dall’incarico e inviato nel ‘54 come priore a Barbiana, minuscola parrocchia di montagna nel Mugello.  La sua attività didattica, all’insegna del motto “I care” (“Mi interessa”, opposto allo slogan fascista “Me ne frego”), varca presto i confini locali trasformandosi nell’esempio di una scuola inclusiva per i figli di contadini e operai (esperienza da cui ha origine “Lettera a una professoressa”). Gravemente malato dal 1960, muore il 26 giugno 1967.  

mercoledì 10 maggio 2017

Quaranta finestre 3. Pigna


3. Pigna (IM)

«Il carruggio era ormai disabitato: porte sbarrate, porte aperte sul vuoto, finestre semidivelte... nulla di male: nidi di miseria spariti! Nidi di silenzio, ora, e di topi. Avrigue era decisamente in decadenza...».

Francesco Biamonti

martedì 9 maggio 2017

Sostieni il commercio equo a Savona, vieni a cena!





VUOI SOSTENERE IL COMMERCIO EQUO A SAVONA? VIENI A CENA!

La nostra cooperativa sta attraversando un momento molto difficile: nonostante tutti i nostri sforzi, le attività di cui siamo sostenitori e promotori, i percorsi didattici nelle scuole, l’impegno concreto nel diffondere il più possibile le istanze di un commercio più equo nel Sud del Mondo, così come in Italia, ci troviamo oggi a chiedere a tutti voi uno sforzo maggiore per far sì che questo impegno non rimanga vano e possa ancora essere un messaggio di speranza per il futuro.

Chiediamo ai nostri concittadini di sostenerci con i loro acquisti quotidiani nelle nostre botteghe si Savona e Cairo Montenotte, di devolvere il proprio 5×1000 alla nostra ONLUS, dipartecipare alla nostra Festa del Commercio Equo che quest’anno si sposterà in una location tutta nuova ad Albisola Superiore e vi chiediamo di VENIRE A CENA CON NOI!

Sì, avete capito bene!!! 

Con il prezioso aiuto degli chef e degli allievi dell’Istituto Alberghiero Migliorini di Finale Ligureabbiamo organizzato una serata tutta dedicata alla  nostra Cooperativa: abbiamo in progetto di tornare “piccoli” di restringerci nuovamente nei vecchi locali di Via Manzoni perché gli affitti pagati fino ad oggi si stanno rivelando troppo alti per il nostro debole bilancio. Ma per fare questo abbiamo anche bisogno del vostro AIUTO: una cena di sostegno per finanziare una parte dei lavori che ci ridoneranno la nostra dignitosa piccolezza nella quale speriamo di poter continuare a diffondere e praticare il commercio equo ancora per molti anni!

Un menu speciale con ingredienti equi, bio e a Km0. Una cena servita al tavolo dagli studenti dell’Istituto Alberghiero. Una ghiotta lotteria con bellissimi premi. Una serata di condivisione con chi ci ha sempre sostenuto e con chi vuole cominciare a farlo oggi.

PER PRENOTARE  È NECESSARIO VENIRE IN BOTTEGA (Via Manzoni 54r Savona) E RITIRARE IL BUONO!!



Quaranta finestre 2. Castelvittorio

Q

2. Castelvittorio (IM)

Tutte le finestre della mia vita
sono rientrate alla mia stanza
con tendine e senza tendine
mi piacciono le tendine di cotone
ma ce n'erano anche di tulle
e stoini neri

Nazim Hikmet


lunedì 8 maggio 2017

Quaranta finestre 1. Genova


1. Genova

Le finestre.
Le finestre.
Le finestre di quaranta case
son rientrate alla mia stanza.
Mi sono seduto su una di esse
e ho dondolato i piedi alle nuvole.

Nazim Hikmet

Beppe Dellepiane pittore, performer, poeta

“Per Beppe Dellepiane le parole sono carne, gli oggetti si animano e il corpo è il supporto inevitabile di ogni possibile scrittura. Per questo anche la carta è viva, non più diaframma che ci separa dal mondo, ma essa stessa realtà concreta, biologicamente palpitante, mortale. 

Uso il corpo come
fosse carta
e la carta
come fosse corpo

Disegno e parola, incisione e concetto non sono giustapposti ma si confermano vicendevolmente di esistere, un’esistenza altrimenti così flebile da sfiorare l’invisibile, il mistico umanizzato dalla nevrosi”.



Beppe Dellepiane nasce il 12 luglio 1937 a Bolzaneto. L’ambiente in cui trascorre i primi anni è quello della Genova industriale fra le due guerre. 
Inizia ad esporre nella seconda metà degli anni ’50. La sua ricerca, dalle prime prove tra Informale e Poesia Visiva, si orienta nel successivo decennio in direzione oggettuale con piccoli assemblaggi su tavola (Ex voto) in seguito distrutti. 
Nel 1971 la presentazione a Genova dell’installazione Bici-ambivalente alla galleria Unimedia di Caterina Gualco e a Savona, al Brandale di Stelio Rescio, della Madonna della seggiola segnano l’inizio del periodo di maggior fortuna critica dell’artista, che espone a Napoli e a Torino (1973), a Roma, Spoleto e Graz (1974), a Milano (1976). Si segnala frattanto come uno dei performers di punta della scena nazionale. 
Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 prosegue un’intensa attività espositiva in spazi privati e pubblici, nel cui ambito spiccano la personale tenuta a Genova, alla Gomma Gutta, nel 1981 e la grande mostra “A Guido Gozzano”, allestita a Palazzo Bianco nel 1982, presentata da Attilio Sartori.
Nel corso del 1984 la morte della figlia Francesca provoca nell’artista una profonda crisi esistenziale che lo distoglie a lungo dall’attività pubblica, nella quale rientra nel 1997 con la retrospettiva (“Metafore, metonimie, trasmutazioni”) ordinata da Sandra Solimano presso il Museo d’arte contemporanea di Villa Croce, al quale in precedenza aveva donato le opere di grande dimensione realizzate tra il 1980 e il 1984. 
Nel 1999 Dellepiane pubblica presso l’editore De Ferrari il volume di poesie “L’amor te sensica. Diario di Monsignor Scazonte (1980-1985)”. 
Negli anni più recenti tiene diverse esposizioni in Italia e all’estero: a Zurigo (“Materiale–Spirituale”, Istituto Italiano di Cultura, 2004, con Piergiorgio Colombara e Carlo Merello), Torino (Fusion art Gallery, 2004), Albissola Marina (Centro Balestrini, 2011) e Genova (“Pan perdù”, Andrea Ciani artecontemporanea e Joyce & Co., 2009; “Ombra e sogno sono il peso della luce”, Palazzo Ducale, Spazio 42r, 2012; “Cristo motore e altre opere”, Museattivo Claudio Costa, 2014). 


http://www.tract.it/

giovedì 4 maggio 2017

Arte di strada. Trallalero a Savona


Volontariato e Associazionismo


martedì 2 maggio 2017

Piero Sacchetto, Solo andata



Piero Sacchetto

Solo andata

Il titolo pare quello di un Arcano Maggiore del mazzo dei Tarocchi: racchiude infatti destini e avventure, miserie e desideri, forza di disperazione, addii, abbracci, sogni e tante altre cose.

Basta trovare il tempo per leggere la carta, girarla, ed entrare in un universo di disinteresse e rimorsi, di empatie di un attimo, non tutte e non sempre sincere; di egoismi e di rimproveri all’ostinazione di chi insiste a farsi spazio nelle pieghe di un destino che pare a senso unico: il domani sta più in là, sulle tracce di passi segnati che possono confondersi o interrompersi e portare a vita o a morte.

Prende forma così l’altra faccia della carta, disegnata dalla mano che si chiude e si ritira o da quella che invece ne stringe un’altra le dà forza fino all’ultimo passo fuori dall’inferno.

Già troppe parole! Ora il disegno della carta è completo e ogni segno in più rischierebbe di cancellare qualcuno di quelli già tracciati.

Sì, perché ci sono parole che cancellano e molto spesso i pensieri del silenzio fanno meno danni. E’ da pensieri silenziosi che sono nati i lavori esposti. Silenzio e tempo hanno cercato colori, forme e materiali che non graffiassero volti già troppo segnati, che non mortificassero gesti già troppo disperati. Nelle geografie dei colori, nei pieni e nei vuoti delle superfici appena suggeriti non si incontrano i volti di “quelli” che sanno di andare per restare, vivi o morti.

Da un inciampo casuale nei versi di Erri de Luca raccolti nel titolo SOLO ANDATA (Feltrinelli, 2014), che ho “rubato”, è cominciato il mio viaggio di meditazione silenziosa. Ne è scaturito un racconto dei miei pensieri che avevo idea di condividere con chi, interessato, potesse regalarmene qualcuno dei suoi.







lunedì 1 maggio 2017

Buon Primo Maggio!



L'Inno del Primo Maggio fu scritto da Pietro Gori sulla base della melodia del Va’ pensiero, il coro del Nabucco verdiano, nel 1892, nel carcere milanese di San Vittore dove era rinchiuso per le sue idee libertarie.

Pietro Gori

Inno del Primo Maggio



Vieni o Maggio t'aspettan le genti
ti salutano i liberi cuori
dolce Pasqua del lavoratori
vieni e splendi alla gloria del sol

Squilli un inno di alate speranze
al gran verde che il frutto matura
e la vasta ideal fioritura
In cui freme Il lucente avvenir

Disertate falangi dl schiavi
dai cantieri da l'arse officine
via dai campi su da le marine
tregua tregua all'eterno sudor

Innalziamo le mani incallite
e sian fascio dl forze fecondo
noi vogliamo redimere il mondo
dal tiranni de l'ozio e de l'or

giovinezza dolori ideali
primavere dal fascino arcano
verde maggio del genere umano
date al petti il coraggio e la fé

Date fiori ai ribelli caduti
collo squardo rivolto all'aurora
al gagliardo che lotta e lavora
al veggente poeta che muor