sabato 27 maggio 2017
giovedì 25 maggio 2017
Bentornato, Francesco. Itinerari di Letteratura 2017
Venerdì 27 maggio
iniziano gli Itinerari di Letteratura 13 edizione 2017, organizzati
dall'Associazione Amici di Francesco Biamonti in collaborazione con
il Comune di San Biagio della Cima (Im). 7 appuntamenti fra
letteratura, paesaggio, itinerari a piedi e fotografia.
Il primo appuntamento, alle 16,30, del 27 maggio, presso il Centro Polivalente "le rose", prevede il "gemellaggio" fra il Parco Francesco Biamonti e Il Parco Beppe Fenoglio, incontro fra due comunità che hanno deciso di valorizzare la figura e i luoghi dei propri scrittori. Interverranno, oltre al sindaco di San Benedetto, anche Enrico Rivella e Veronica Pesce che ci parleranno proprio di Beppe Fenoglio e dell'Alta Langa.
Alle 18,30 verrà inaugurata la mostra fotografica "Sui luoghi di Biamonti" che presenta il lavoro di un gruppo di soci del "Foto Club Riviera dei Fiori" dedicato a Biamonti e al suo territorio.
Il giorno dopo:
tradizionale passeggiata-itinerario sui luoghi di Biamonti. Questa
volta si percorrerà il crinale fra valle Nervia e val Roja in
direzione della cima dell'Abelio. Partenza da San Biagio (davanti al
Comune) alle ore 8,30. Munirsi di scarpe da trekking, borraccia
d'acqua e qualcosa da sgranocchiare per pranzo.
mercoledì 24 maggio 2017
I miei amici di qui. Giovanni Boine a cento anni dalla morte
Il giorno 29 maggio 2017,
alle ore 15,
presso l'Istituto di
Istruzione Superiore “G. Ruffini” di Imperia,
avrà luogo la Tavola
rotonda
a cura della Fondazione Mario Novaro
sull'opera di Giovanni Boine nel Centenario della morte
“I miei amici di qui”
Il titolo è lo stesso di
uno dei Frantumi (editi per la prima volta postumi, a cura
degli amici, nel 1918) di Giovanni Boine (morto a Porto Maurizio,
oggi Imperia, il 16 maggio del 1917, a nemmeno trent'anni compiuti)
I relatori, tutti esperti
dell’Opera boiniana, saranno Fabio Barricalla, poeta e filologo
italiano, già autore di edizioni critiche di testi boiniani (Il
peccato ed altre cose, Matisklo edizioni; Salmi della vita e della
morte, Edizioni San Marco dei Giustiniani); Marino Magliani,
scrittore, narratore tra i più quotati dell’estremo Ponente ligure
(l’ultimo suo romanzo: L’esilio dei moscerini danzanti
giapponesi, edito da Exòrma); Maria Novaro, architetto, Presidente
della “Fondazione Mario Novaro” di Genova, nipote del direttore
della rivista “la Riviera ligure” di Oneglia (uno degli ‘amici
di qui’) e attivamente impegnata da anni nella conservazione della
memoria del nonno e degli autori a lui legati; Ito Ruscini, poeta e
studioso di storia delle religioni nonché allievo di Angelo
Saglietto detto il “Sofo” (altro ‘amico di qui’), al quale ha
dedicato una monografia (Con Sofo, edito da Laterza). Durante il
pomeriggio di studio, sarà proiettato un video di Nicola Stefanolo
sulla breve vita di Giovanni Boine.
On the road/En la ruta. In viaggio con il Che
Pubblichiamo in
versione «ampliata» lo scritto di Massari che fa da prefazione al
libro fotografico - curato da Sandro Lusini e Cesare Moroni - Ernesto
Che Guevara: la Ruta del Che - Argentina e Bolivia.
Roberto Massari
On the road/En la ruta
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En la ruta… On the
road… En route… Auf den Weg… Sulla strada…
L’espressione è antica, è comune a molte lingue e continua ad
evocare sensazioni che nell’epoca di Facebook in Rete o di Fast
and Furious (8!) al cinema riescono a sopravvivere solo come
creazioni mentali (perifrasi storico-concettuali), desideri
immaginifici, impulsi emotivi alla rottura della routine quotidiana.
Immortalata da libri come il classico di Kerouac (1957), assunta come
motto dallo scoutismo degli adulti in auge nell’Italia degli anni
‘60, sussurrata dagli impavidi autostoppisti che affollavano gli
Auberges de la jeunesse di mezza Europa, quell’espressione ha
nondimeno caratterizzato un’epoca, che si può identificare con
discreta approssimazione negli anni ‘50 e ‘60, fino
all’esplosione semiplanetaria del Sessantotto.
Nel ‘68 Guevara era già
morto, da pochi mesi: lui che di quel grande moto giovanile aveva
anticipato quasi ogni ambizione utopica, ogni movente
iperattivistico, ogni urlo di sfida perentoria e radicale contro il
sistema. E aveva anticipato tutto ciò… mettendosi in cammino: in
cammino lungo i sentieri tortuosi, selvatici o falsamente civilizzati
della sua Grande America, la Pacha Mama violentata degli antichi
popoli nativi, meticcia nella sofferenza di nuove immigrazioni e
tradizioni imbastardite.
Ma non si pensi che per
il giovane Ernesto la formula del viaggio vada intesa in senso
allegorico. No: prima imbarcato su navi di lungo corso come
apprendista infermiere; poi i quasi 5.000 km andini in bicicletta; a
seguire, il periplo con Granado compiuto in moto, camion, zattera, a
piedi e in un aereo per il trasporto cavalli; infine il terzo viaggio
cominciato in treno alla stazione di Belgrano (1953) e terminato nel
groviglio di mangrovie de Las Coloradas (1956), in mezzo alla prima
di una lunga serie di stragi dei compagni di lotta.
La trasformazione
rivoluzionaria di Ernesto nel Che era stata preparata
dall’epopea giovanile del viaggio. Ora questa è storia arcinota,
grazie ai libri e al cinema. Quando, però, queste informazioni me le
dava Hilda Gadea (la peruviana sua prima moglie e madre di Hildita),
nei mesi in cui visse con me a Roma (1969 e 1970), nessun altro al
mondo ancora le aveva scritte, teorizzate e forse neanche pensate
(con l’esclusione della madre Celia, il fratello Roberto che me ne
parlò quando fui suo ospite a Buenos Aires, l’amica Tita Infante e
pochi altri suoi intimi). Ma Hilda era la testimone più attendibile,
perché da lei Ernesto aveva ricevuto la prima formazione politica
(sartriana e marxista) che doveva spingerlo a diventare un autentico
ribelle nella mente oltre che nel cuore.
Se i viaggi che ho citato
possono considerarsi l’anabasi di Ernesto dall’Argentina a
Cuba (attraverso Bolivia, Perù, Guatemala e Messico), i luoghi della
guerriglia boliviana costituiscono certamente la catabasi (da
Cuba a La Higuera, passando per Congo, Tanzania, Praga). È
tantissimo da raffigurare per immagini fisse e quindi ben venga
questa sintesi editoriale che ci offre anabasi e catabasi guevariane
con l’immediatezza del mezzo fotografico: un bel mezzo… vista la
qualità cromatica di preziose inquadrature.
Vorrei aggiungere molto, ma lo spazio è poco. Sarebbe giusto però,
per informazione del lettore, che mi dilungassi a descrivere i
progetti di viaggi «Sulle orme del Che» dei quali sono stato il
primo ideatore in assoluto. Non che mancassero fin dai primi anni ‘70
«pellegrini» del guevarismo che andavano a ripercorrere le
varie rutas del Che (io fui tra questi già a Cuba nei sei
mesi che vi trascorsi nel 1968). Ma non erano viaggi organizzati, di
gruppo e dotati di una specifica meta ideale.
Il primo l’organizzai
io a Cuba, e fu certo il primo, visto che nemmeno l’autista, cubano
e membro della Seguridad, riusciva a trovare la strada per
Alegría de Pío dove invece mi ero recato in precedenza. E uno
abbastanza avventuroso l’organizzai in Perù/Bolivia (passando per
Machu Picchu e lago Titicaca). Ma poi dovetti desistere di fronte
all’esplosione turistica e allo sfruttamento commerciale di quelle
idee. Sicché i miei personali viaggi «sulle orme del Che» ho
ripreso a farli con la mente e col cuore, ma seguendo ben altri
itinerari. Si provi per es. a riflettere sul fatto che anche
Caravaggio e Chopin (mese più mese meno) sono morti a 39 anni come
Guevara…
Roberto Massari è
fondatore e presidente (dal 1998) della Fondazione Ernesto Che
Guevara internazionale, principale editore e traduttore
delle Opere del Che in Italia, direttore dei Quaderni
della Fondazione Ernesto Che Guevara.
lunedì 22 maggio 2017
Il cuore antico della Valle Maira
Giorgio Amico
Il cuore antico della Valle Maira
La Valle Maira da secoli custodisce
gelosamente un tesoro. Chiese, cappelle e piloni a punteggiare
antiche vie del sale. San Salvatore si affaccia sul Maira, carica di
storia. Luogo di ristoro dei pellegrini, segnato da una antichissima
devozione.
Intorno al 1460 un ignoto maestro ne
affrescò le pareti. Apostoli, martiri, santi dallo sguardo indecifrabile.
Ma più in alto spiccano gli ancora più
antichi affreschi romanici del XII secolo. Tracce di un passato di cui si è persa quasi completamente la memoria.
Risalendo il ripido cammino che porta
ad Elva, appare la chiesa di San Peyre circondata dalla silenziosa bellezza delle
montagne.
All'interno, un pastore da secoli suona
il suo strumento
cullando il sonno del Bambino.
E poi Elva, perla delle Alpi
tetti di pietra sullo sfondo del Pelvo
Qui, fra diavoli che non riescono a spaventarci
e muti custodi della soglia
Hans Clemer ha mostrato quale forza
visionaria potesse esprimere un fiammingo, cresciuto al sole della
Provenza, venuto a vivere e a dipingere fra le montagne.
La sua crocefissione travolge per
l'intensità degli sguardi
Le sue donne piangenti hanno la
bellezza un po' triste delle donne della montagna
di chi conosce la fatica quotidiana del
vivere.
Una fatica che solo la bellezza dei luoghi rende sopportabile.
Quaranta finestre 7. Elva
7. Elva (CN)
Sono arrivati che faceva giorno uomini
e donne all'altipiano
Col passo lento, silenzioso,
accorto
Dei seminatori di grano
Dei seminatori di grano
Valados Usitanos
E' disponibile il numero 108 di Valados Usitanos
Dal sommario:
G. Giordana: Muscére/Moschieres
I. Beolè: Dialettologia occitana
M. Rosso: Frise e altri momenti di vita comunitaria
M. Di Maio: Uccelli della conca di Bardonecchia
M. Fantino Grièt: ... E nomi di uccelli a Roaschia
F. Giuliano: Boves. Manere 'd dì
Per informazioni e richiesta di copie: valadosusitanos@libero.it
venerdì 19 maggio 2017
giovedì 18 maggio 2017
Quaranta finestre 5. Pomposa
5. Pomposa
M'affaccio – liberamente alfine- alla
finestra.
Guardo nel cielo nuvole passare.
Umberto Saba
mercoledì 17 maggio 2017
giovedì 11 maggio 2017
Quaranta finestre 4. Pamplona
4. Pamplona
“La mattina era finito
tutto. La fiesta si era conclusa. Mi svegliai verso le nove, feci il
bagno, mi vestii e scesi. La piazza era deserta e non c’era nessuno
per le strade. Solo qualche bambino che raccoglieva aste di
razzi nella piazza. I caffè si stavano appena aprendo e i camerieri
portavano fuori le comode sedie bianche di vimini,
disponendole intorno ai tavolini col ripiano di marmo nell’ombra
del portico. Stavano pulendo le strade e annaffiandole con
un idrante.”
Ernest Hemingway
Don Lorenzo Milani a Savona
In occasione dei 50 anni
dall’uscita di “Lettera a una professoressa” (maggio ’67) e
dalla morte (giugno ’67).
Sabato 13 maggio ore
18.00
Libreria Ubik Savona
“Don Lorenzo Milani
a Savona”
Incontro sulla figura del
Priore di Barbiana, sui 6 mesi trascorsi a Vado Ligure e Savona nel
1939.
Partecipano la nipote di
don Milani
VALERIA MILANI COMPARETTI
autrice del libro “Don
Milani e suo padre. Carezzarsi con le parole” (Edizioni
Conoscenza), e la dottoressa VALENTINA OLDANO co-curatrice
del libro “Don Milani Tutte le opere” (I Meridiani Mondadori).
Lorenzo Milani per motivi
di salute ha vissuto 6 mesi a Vado Ligure nel 1939 (e per un breve
periodo anche nel 1935), studiando al Liceo Chiabrera di Savona. In
occasione dei 50 anni della morte del priore di Barbiana, la Ubik
incontrerà la nipote, e verranno visionati e raccontati documenti
inediti: le lettere scritte da Vado Ligure alla famiglia, le pagelle
del Liceo Chiabrera, ecc.
Battezzato durante le persecuzioni razziali, nel 1943 Lorenzo entra in seminario a Firenze, e diventa sacerdote; cappellano a San Donato di Calenzano, vi fonda una scuola serale. Rimosso dall’incarico e inviato nel ‘54 come priore a Barbiana, minuscola parrocchia di montagna nel Mugello. La sua attività didattica, all’insegna del motto “I care” (“Mi interessa”, opposto allo slogan fascista “Me ne frego”), varca presto i confini locali trasformandosi nell’esempio di una scuola inclusiva per i figli di contadini e operai (esperienza da cui ha origine “Lettera a una professoressa”). Gravemente malato dal 1960, muore il 26 giugno 1967.
mercoledì 10 maggio 2017
Quaranta finestre 3. Pigna
3. Pigna (IM)
«Il
carruggio era ormai disabitato: porte sbarrate, porte aperte sul
vuoto, finestre semidivelte... nulla di male: nidi di miseria
spariti! Nidi di silenzio, ora, e di topi. Avrigue era decisamente in
decadenza...».
Francesco Biamonti
martedì 9 maggio 2017
Sostieni il commercio equo a Savona, vieni a cena!
La nostra cooperativa sta
attraversando un momento molto difficile: nonostante tutti i
nostri sforzi, le attività di cui siamo sostenitori e promotori, i
percorsi didattici nelle scuole, l’impegno concreto nel diffondere
il più possibile le istanze di un commercio più equo nel Sud del
Mondo, così come in Italia, ci troviamo oggi a chiedere a tutti voi
uno sforzo maggiore per far sì che questo impegno non rimanga vano e
possa ancora essere un messaggio di speranza per il futuro.
Chiediamo ai nostri
concittadini di sostenerci con i loro acquisti quotidiani nelle
nostre botteghe si Savona e Cairo Montenotte, di devolvere il
proprio 5×1000 alla nostra ONLUS, dipartecipare alla nostra
Festa del Commercio Equo che quest’anno si sposterà in una
location tutta nuova ad Albisola Superiore e vi chiediamo di VENIRE
A CENA CON NOI!
Sì, avete capito
bene!!!
Con il prezioso aiuto
degli chef e degli allievi dell’Istituto Alberghiero
Migliorini di Finale Ligureabbiamo organizzato una serata tutta
dedicata alla nostra Cooperativa: abbiamo in progetto di
tornare “piccoli” di restringerci nuovamente nei vecchi
locali di Via Manzoni perché gli affitti pagati fino ad oggi si
stanno rivelando troppo alti per il nostro debole bilancio. Ma
per fare questo abbiamo anche bisogno del vostro AIUTO: una cena di
sostegno per finanziare una parte dei lavori che ci ridoneranno la
nostra dignitosa piccolezza nella quale speriamo di poter continuare
a diffondere e praticare il commercio equo ancora per molti anni!
Un menu speciale con
ingredienti equi, bio e a Km0. Una cena servita al tavolo dagli
studenti dell’Istituto Alberghiero. Una ghiotta lotteria con
bellissimi premi. Una serata di condivisione con chi ci ha sempre
sostenuto e con chi vuole cominciare a farlo oggi.
PER PRENOTARE È
NECESSARIO VENIRE IN BOTTEGA (Via Manzoni 54r Savona) E RITIRARE IL BUONO!!
Quaranta finestre 2. Castelvittorio
2. Castelvittorio (IM)
Tutte le finestre della mia vita
sono rientrate alla mia stanza
con tendine e senza tendine
mi piacciono le tendine di cotone
ma ce n'erano anche di tulle
e stoini neri
sono rientrate alla mia stanza
con tendine e senza tendine
mi piacciono le tendine di cotone
ma ce n'erano anche di tulle
e stoini neri
Nazim Hikmet
lunedì 8 maggio 2017
Quaranta finestre 1. Genova
1. Genova
Le finestre.
Le finestre.
Le finestre di quaranta case
son rientrate alla mia stanza.
Mi sono seduto su una di esse
e ho dondolato i piedi alle nuvole.
Le finestre di quaranta case
son rientrate alla mia stanza.
Mi sono seduto su una di esse
e ho dondolato i piedi alle nuvole.
Nazim Hikmet
Beppe Dellepiane pittore, performer, poeta
“Per Beppe Dellepiane
le parole sono carne, gli oggetti si animano e il corpo è il
supporto inevitabile di ogni possibile scrittura. Per questo anche la
carta è viva, non più diaframma che ci separa dal mondo, ma essa
stessa realtà concreta, biologicamente palpitante, mortale.
Uso il corpo come
fosse carta
e la carta
come fosse corpo
Disegno e parola, incisione e concetto non sono giustapposti ma si confermano vicendevolmente di esistere, un’esistenza altrimenti così flebile da sfiorare l’invisibile, il mistico umanizzato dalla nevrosi”.
Beppe Dellepiane nasce il
12 luglio 1937 a Bolzaneto. L’ambiente in cui trascorre i
primi anni è quello della Genova industriale fra le due guerre.
Inizia ad esporre nella
seconda metà degli anni ’50. La sua ricerca, dalle prime prove tra
Informale e Poesia Visiva, si orienta nel successivo decennio in
direzione oggettuale con piccoli assemblaggi su tavola (Ex voto) in
seguito distrutti.
Nel 1971 la presentazione
a Genova dell’installazione Bici-ambivalente alla galleria Unimedia
di Caterina Gualco e a Savona, al Brandale di Stelio Rescio, della
Madonna della seggiola segnano l’inizio del periodo di maggior
fortuna critica dell’artista, che espone a Napoli e a Torino
(1973), a Roma, Spoleto e Graz (1974), a Milano (1976). Si segnala
frattanto come uno dei performers di punta della scena nazionale.
Tra la fine degli anni
’70 e i primi anni ’80 prosegue un’intensa attività espositiva
in spazi privati e pubblici, nel cui ambito spiccano la personale
tenuta a Genova, alla Gomma Gutta, nel 1981 e la grande mostra “A
Guido Gozzano”, allestita a Palazzo Bianco nel 1982, presentata da
Attilio Sartori.
Nel corso del 1984 la morte della figlia Francesca provoca nell’artista una profonda crisi esistenziale che lo distoglie a lungo dall’attività pubblica, nella quale rientra nel 1997 con la retrospettiva (“Metafore, metonimie, trasmutazioni”) ordinata da Sandra Solimano presso il Museo d’arte contemporanea di Villa Croce, al quale in precedenza aveva donato le opere di grande dimensione realizzate tra il 1980 e il 1984.
Nel corso del 1984 la morte della figlia Francesca provoca nell’artista una profonda crisi esistenziale che lo distoglie a lungo dall’attività pubblica, nella quale rientra nel 1997 con la retrospettiva (“Metafore, metonimie, trasmutazioni”) ordinata da Sandra Solimano presso il Museo d’arte contemporanea di Villa Croce, al quale in precedenza aveva donato le opere di grande dimensione realizzate tra il 1980 e il 1984.
Nel 1999 Dellepiane
pubblica presso l’editore De Ferrari il volume di poesie “L’amor
te sensica. Diario di Monsignor Scazonte (1980-1985)”.
Negli anni più recenti
tiene diverse esposizioni in Italia e all’estero: a Zurigo
(“Materiale–Spirituale”, Istituto Italiano di Cultura, 2004,
con Piergiorgio Colombara e Carlo Merello), Torino (Fusion art
Gallery, 2004), Albissola Marina (Centro Balestrini, 2011) e Genova
(“Pan perdù”, Andrea Ciani artecontemporanea e Joyce & Co.,
2009; “Ombra e sogno sono il peso della luce”, Palazzo Ducale,
Spazio 42r, 2012; “Cristo motore e altre opere”, Museattivo
Claudio Costa, 2014).
http://www.tract.it/
giovedì 4 maggio 2017
martedì 2 maggio 2017
Piero Sacchetto, Solo andata
Piero Sacchetto
Il titolo pare quello di
un Arcano Maggiore del mazzo dei Tarocchi: racchiude infatti destini
e avventure, miserie e desideri, forza di disperazione, addii,
abbracci, sogni e tante altre cose.
Basta trovare il tempo
per leggere la carta, girarla, ed entrare in un universo di
disinteresse e rimorsi, di empatie di un attimo, non tutte e non
sempre sincere; di egoismi e di rimproveri all’ostinazione di chi
insiste a farsi spazio nelle pieghe di un destino che pare a senso
unico: il domani sta più in là, sulle tracce di passi segnati che
possono confondersi o interrompersi e portare a vita o a morte.
Prende forma così
l’altra faccia della carta, disegnata dalla mano che si chiude e si
ritira o da quella che invece ne stringe un’altra le dà forza fino
all’ultimo passo fuori dall’inferno.
Già troppe parole! Ora
il disegno della carta è completo e ogni segno in più rischierebbe
di cancellare qualcuno di quelli già tracciati.
Sì, perché ci sono
parole che cancellano e molto spesso i pensieri del silenzio fanno
meno danni. E’ da pensieri silenziosi che sono nati i lavori
esposti. Silenzio e tempo hanno cercato colori, forme e materiali che
non graffiassero volti già troppo segnati, che non mortificassero
gesti già troppo disperati. Nelle geografie dei colori, nei pieni e
nei vuoti delle superfici appena suggeriti non si incontrano i volti
di “quelli” che sanno di andare per restare, vivi o morti.
Da un inciampo casuale
nei versi di Erri de Luca raccolti nel titolo SOLO ANDATA
(Feltrinelli, 2014), che ho “rubato”, è cominciato il mio
viaggio di meditazione silenziosa. Ne è scaturito un racconto dei
miei pensieri che avevo idea di condividere con chi, interessato,
potesse regalarmene qualcuno dei suoi.
lunedì 1 maggio 2017
Buon Primo Maggio!
L'Inno del Primo
Maggio fu scritto da Pietro Gori sulla base della melodia del Va’
pensiero, il coro del Nabucco verdiano, nel 1892, nel carcere
milanese di San Vittore dove era rinchiuso per le sue idee
libertarie.
Pietro Gori
Inno del Primo Maggio
Vieni o Maggio t'aspettan le genti
ti salutano i liberi cuori
dolce Pasqua del lavoratori
vieni e splendi alla gloria del sol
Squilli un inno di alate speranze
al gran verde che il frutto matura
e la vasta ideal fioritura
In cui freme Il lucente avvenir
Disertate falangi dl schiavi
dai cantieri da l'arse officine
via dai campi su da le marine
tregua tregua all'eterno sudor
Innalziamo le mani incallite
e sian fascio dl forze fecondo
noi vogliamo redimere il mondo
dal tiranni de l'ozio e de l'or
giovinezza dolori ideali
primavere dal fascino arcano
verde maggio del genere umano
date al petti il coraggio e la fé
Date fiori ai ribelli caduti
collo squardo rivolto all'aurora
al gagliardo che lotta e lavora
al veggente poeta che muor
ti salutano i liberi cuori
dolce Pasqua del lavoratori
vieni e splendi alla gloria del sol
Squilli un inno di alate speranze
al gran verde che il frutto matura
e la vasta ideal fioritura
In cui freme Il lucente avvenir
Disertate falangi dl schiavi
dai cantieri da l'arse officine
via dai campi su da le marine
tregua tregua all'eterno sudor
Innalziamo le mani incallite
e sian fascio dl forze fecondo
noi vogliamo redimere il mondo
dal tiranni de l'ozio e de l'or
giovinezza dolori ideali
primavere dal fascino arcano
verde maggio del genere umano
date al petti il coraggio e la fé
Date fiori ai ribelli caduti
collo squardo rivolto all'aurora
al gagliardo che lotta e lavora
al veggente poeta che muor