Postiamo
la prima parte di una ricerca, svolta nel 1976-77 nell'ambito delle
attività della sezione genovese dell'Istituto Italo-africano. Con
una premessa doverosa: nel corso della trattazione viene quasi
costantemente usata dagli autori citati il termine “negro/negri”.
Ovviamente non esiste alcun intento denigratorio nell'uso del termine
che rispecchia il momento culturale in cui quelle opere furono
redatte o tradotte in italiano. Trattandosi di citazioni, abbiamo
ritenuto corretto mantenere il termine originario e non procedere a
censure postume in nome di quello che oggi si considera un linguaggio
politicamente corretto.
Giorgio Amico
La tratta degli
schiavi e il razzismo come pilastri della modernità dell'Occidente
La prima notizia che si
ha sulla tratta degli schiavi risale al 1441, ossia alla spedizione
del portoghese Gonçalvez sul Rio de Oro. Gli avventurieri portoghesi
cercavano oro, argento e spezie, e l'aver riportato in Europa anche
alcuni schiavi (i primi) fu un fatto puramente casuale. Nel 1443
parte la prima incursione organizzata e negli anni che seguono la.
tratta diventa un commercio regolare. Dapprincipio la tratta era
essenzialmente un commercio regio, sotto la spinta della corte di
Lisbona lo schiavismo si estese lungo la costa meridionale africana,
ma, pur espandendosi rapidamente, la tratta si mantenne tuttavia
nell'ambito di un sistema commerciale in cui altre merci avevano
valore e spesso erano più importanti. La tratta degli schiavi
costituiva solo una parte dei commerci con l'Africa, e i Portoghesi
si mostravano ben più interessati all'oro che consideravano il
principale obiettivo delle loro imprese. La domanda portoghese e
spagnola di schiavi era limitata e in Francia e in Inghilterra non
esisteva per nulla. I commerci con l'Africa rendevano molto, ma si
basavano soprattutto sui metalli pregiati, l'avorio e il pepe.
La scoperta delle
Americhe cambiò la storia. La richiesta di manodopera nelle
piantagioni delle Indie Occidentali e nelle miniere dell'America
centrale aumentò con ritmi frenetici. I conquistadores tentarono
dapprima di utilizzare le popolazioni indigene, ma gli indios si
dimostrarono inefficienti e poco adatti ad uno sforzo prolungato
.Allora ci si rivolse verso l'Europa e si cercò di risolvere il
problema della manodopera. con l'utilizzo di bianchi poveri legati da
contratti o deportati.
In un documento
ufficiale, consegnato a Giacomo I nel 1606, Bacone affermava. che con
l'emigrazione l' Inghilterra avrebbe ottenuto " un doppio
vantaggio, riducendo la popolazione in patria e utilizzandola
altrove” . Secondo Eric Williams, al quale dobbiamo l' opera più
approfondita sulle origini economiche della schiavitù, "il
fattore decisivo ( della. sostituzione dei servi bianchi con gli
schiavi neri) fu che lo schiavo costava meno. La. somma necessaria ad
acquistare il lavoro di dieci anni del un servo bianco bastava a
comperare un negro per tutta la vita”. ( 1)
Nel 1501 - nove anni
appena dopo il primo viaggio di Colombo – la Spagna emana le prime
leggi relative all' esportazione di schiavi in America. Nel 1515
arriva. in Europa il primo carico spagnolo di zucchero coltivato da
schiavi nelle Indie Occidentali. Nel 1518 per la prima volta un
carico di schiavi viene trasportato direttamente dalle coste dell'
Africa alle Indie Occidentali. Dopo il 1518 la
tratta diventa sempre più
un'istituzione, una parte integrante dell' economia spagnola, un
aspetto essenziale dell' impero ispano-americano. Il commercio degli
schiavi è, come si è già detto, un monopolio regio, dato in
appaltoa ricchi mercanti; questo complesso sistema. giuridico era
l'assiento, ossia. un permesso regale che comportava il
rispetto di ben determinate norme .Per quanto riguarda gli schiavi,
l' assiento concerneva solo gli schiavi della Guinea, in
quanto la Chiesa proibiva la vendita di schiavi cristiani e
scoraggiava l' uso di schiavi nord-africani, perché musulmani.
Ne1 1592 l'appalto
diventa di massa, la nuova licenza vale per il trasporto di 38.250
neri in nove anni. Il commercio degli schiavi à ormai un grosso
affare: nel 1562 con la spedizione di John Hawkins vi erano entrati
anche gli Inglesi. Ad essi si unirono i Francesi, gli Olandesi, i
Danesi e gli Svedesi. Gli Olandesi furono ben presto in vantaggio sui
loro rivali, erano più abili commercianti e non erano ostacolati da
prerogative regie; poco a poco gli Spagnoli e i Portoghesi vennero a
perdere le posizioni di predominio, fino ad allora tenute, sulla
costa dell' Africa Occidentale e nelle isole caraibiche. Nel 1609 gli
Inglesi occupano le isole Bermude, nel 1623 San Cristoforo, nel 1625
Barbados e le Isole Sottovento. I Francesi non furono da meno e nel
1626 occuparono la Guadalupa e nove anni dopo la Martinica. Quanto
agli Olandesi, si erano,verso il 1630, insediati nelle isole di
Trinidad, Tobago e Curaçao. Da questa espansione coloniale europea
al di là dell' Atlantico, venne un nuovo e potente impulso all'
esportazione di schiavi dalla Guinea e allo svilupparsi di una
economia di piantagione basata sullo zucchero e sul tabacco. Infatti
né lo zucchero, né i1 tabacco potevano essere coltivati senza
un'abbondante manodopera agricola. I piantatori dipendevano dunque
direttamente dal commercio degli schiavi africani, sfruttati in modo
tanto intenso da dover periodicamente a causa dell'altissimo tasso di
mortalità rinnovare la popolazione di intere piantagioni. Riferisce
Davidson che la mortalità nelle piantagioni era cosi elevata che,
al1a fine del diciottesimo secolo nella colonia di Suriname,
"l'intero gruppo di schiavi sani, composto da cinquantamila
persone, si estingue completamente ogni vent'anni"(2).
All'inizio del XVIII
secolo gli Olandesi cominciarono a battere il passo, mentre
assumevano via via sempre più importanza gli apparati commerciali
inglesi e francesi. Nel 1702 la Compagnia francese della Guinea
ottenne l' assiento spagnolo e cambiò il proprio nome in
Compagnia dell'assiento. L'Inghilterra ottenne a sua volta
l'assiento nel 1713, e dal quel momento il commercio di
schiavi verso le colonie spagnole diventò ufficialmente britannico.
Nonostante i mercanti dovessero versare un quarto dei loro guadagni
direttamente alla Regia Tesoreria Spagnola e un altro quarto a quella
inglese, i guadagni restavano elevatissimi. La tratta ne ebbe un
fortissimo impulso, basti pensare che ancora alla fine del secolo,
nel periodo 1795-1804, proprio quando più forte era 1a campagna
abolizionista, dai soli porti di Liverpool, Londra e Bristol
partirono ben 400.000 schiavi.
Questa rapida espansione
economica creò le basi per la rivoluzione industriale in
Inghilterra, non soltanto perché i capitali investiti in questo
commercio procuravano grossi guadagni e dunque la base economica
necessaria ad una prima accumulazione di capitali, ma, cosa più
importante, il commercio stesso degli schiavi creava una domanda
sempre crescente di manufatti a buon mercato e dunque contribuì a
implementare la nascita di nuove industrie.
Modalità e dimensioni della tratta
Nella prima fase della
tratta le coste africane furono esposte a molteplici razzie da parte
di piccole spedizioni europee. Ma alla fase piratesca seguì ben
presto una fase di alleanze con i capi delle tribù costiere. Gli
Europei infatti offrivano merci molto ambite dai capi af'ricani, come
cavalli, armi liquori, e in cambio ricevevano spezie e merci
pregiate .L'alleanza militare si trasformò ben presto
in un regolare commercio
con le tribù della costa. Davidson, nel suo libro Madre Nera,
dedicato al rapporto tra l'Africa nera e il commercio degli schiavi,
spiega in questo modo lo sviluppo di questi rapporti commerciali
«Ovunque
il commercio incontrò capi e sovrani forti, prosperò quasi dal
primo momento, dove non riusci a trovarne li creò. Con
l'accumulazione delle ricchezze per mezzo di doni, regali e guadagni
commerciali; con l'autorità politica che lo schiavismo conferiva a
quelli che l'organizzavano; o con la superiorità militare
che derivava dalle armi da fuoco, lo schiavismo codificava i1 potere
di un capo dove non esisteva prima, oppure lo trasformava dove già
esisteva da un potere genericamente rappresentativo in uno
autocratico (3).
Via via che la tratta
degli schiavi si sviluppava i sovrani africani diventavano sempre più
abili a trarne profitto. La storia di quasi tutta la costa africana
atlantica, durante questo periodo, è la storia di come le tribù
costiere riuscirono a sviluppare e a imporre ai negrieri un ben
delineato sistema di tasse e tributi.
«A
Grande Ardra (...) è consuetudine che gli Europei diano al re
l'equivalente di cinquanta schiavi in merci per avere il permesso di
commerciare, e gli paghino diritti doganali per ogni nave; e al
figlio del re l'equivalente di due schiavi per il privilegio di far
rifornimento d'acqua, e di quattro schiavi per rifornirsi di legna»
(4).
In seguito a questo
sviluppo del commercio si crearono delle unità di misura e si
cominciò a fare ampio uso di un sistema di credito.
La maggior parte degli
schiavi proveniva dall'Africa Occidentale, dove venivano acquistati
in una ventina di mercati principali, stanziati lungo il tratto di
litorale che va dal Senegal all'Angola. Un piccolo numero di schiavi
veniva acquistato nell'Africa Orientale, la cui costa dal Mozambico a
Zanzibar era battuta prevalentemente dai trafficanti arabi. Le tribù
costiere solo in casi rarissimi vendevano ai mercanti schiavi
appartenenti alla loro regione. In genere si usava comprare gli
schiavi presso le popolazioni che si trovavano all'interno, generando
un vero e proprio processo a catena che si estendeva all'interno per
varie centinaia di chilometri. Un' altra ricca fonte di schiavi era
la Costa d'Oro, dove le popolazioni della costa compravano
prigionieri dagli Ashanti per rivenderli agli Europei. Per concludere
citiamo un estratto da Davidson:
«Per
quanto riguarda l'Africa Occidentale, si può dire che le forti
popolazioni costiere e i loro immediati confinanti dell'interno
razziavano e compravano a settentrione, senza però spingersi molto
lontano. Si rifornivano normalmente presso le popolazioni,
relativamente numerose, della cintura delle foreste, e , in
proporzioni minori, presso quelle meno dense delle praterie ohe si
estendevano di là dalle foreste».
(5)
Stabilire il numero esatto degli
Africani trasportati nelle Americhe è praticamente impossibile. Non
esistono cifre attendibili ed ogni storico ha operato sulla base di
stime approssimative. Davidson, ad esempio, non cerca neppure di
stabilire una una cifra e si limita a citare alcuni autori:
«Si
dice, per esempio, che tra il 1580 e il 1680 i Portoghesi abbiano
trasportato in Brasile complessivamente non meno di un milione di
Ashanti. Nei cento anni successivi pare che le colonie britanniche
del Nord America e i Caraibi abbiano accolto ben più di due milioni
di africani. Un eminente studioso di statistica della popolazione,
Kuczynski, nel calcolare il totale di schiavi sbarcato vivo sulle
terre al di là dell'Atlantico giunse alla conclusione che quindici
milioni potesse essere una cifra abbastanza prudente. Alcuni autori
hanno accettato questa cifra, sia pure come minimo; alcuni hanno
ritenuto che il totale probabile fosse di di circa cinquanta milioni,
e altri infine sono stati del parere ohe fosse molto superiore».
(6)
Secondo invece il testo
di Carles e Comolli sui rapporti tra musica nera e movimento politico
degli afro -americani gli schiavi trasportati in America sarebbero
stati oltre duecento milioni.(7) Pur tenendo conto che si tratta di
un fenomeno spalmato su più secoli, la cifra appare del tutto
inverosimile, se solo consideriamo la popolazione di un continente
per motivi geografici molto più abitato come l'Europa. È
sicuramente più interessante seguire i1 dibattito tra gli
studiosi sulle condizioni e il trattamento degli schiavi durante il viaggio.
Secondo Williams «gli
orrori della traversata oceanica sono stati esagerati soprattutto ad
opera. degli abolizionisti inglesi».
(8) Più avanti egli afferma che sostanzialmente lo sfruttamento
degli schiavi nelle piantagioni non differisse di molto da quello dei
contadini feudali o dalle condizioni di vita dei poveri nelle città
inglesi del Settecento. Ora, nonostante l'indubbio merito di cercare
di sfrondare la storia della tratta dagli elementi romanzeschi,
tuttavia non crediamo si possa, come appunto fa Williams, attribuire
l'elevato numero dei decessi durante la traversata alle epidemie,
«conseguenze inevitabili dei
lunghi viaggi», (9) quando solo poco più avanti si ammette che «era
come se si trasportasse bestiame nero». (10) Come non basta per
demolire le denunce degli abolizionisti sostenere che «scopo del
mercante degli schiavi era il profitto e non il benessere delle sue
vittime». (11)
Su
questo delicato argomento Davidson prende una posizione intermedia
tra le due tesi contrapposte. Infatti, se da una parte egli concorda
parzialmente con le tesi di Williams, sostenendo che le condizioni di
un viaggio per mare erano dure anche per gli emigranti, tuttavia
egli ha il grosso merito di sottolineare come la tratta degradasse le
sue vittime, ridotte a cose e non più persone.
«Oltre
alla degradazione fisica legata al commercio c'era anche una
degradazione morale degli schiavi e degli schiavisti: riducendo gli
Africani in schiavitù gli Europei offendevano anche la propria
natura umana». (12)
Note :
l) E. Williams, Capitalismo e
schiavitù, Bari 1971 , pag.22.
2) B. Davidson, Madre Nera , Torino
1966, pag.79.
3) Ivi, p. 105.
4) Ivi, p.109.
5) Ivi, p. 126.
6) Ivi, p. 99
7) P.C. Carle- J.-L.Comolli, Free jazz,
black power, Torino 1973, p. 80
8) E. Williams, cit, p.4.
9) Ivi, p. 44.
10) Ibidem.
11) Ibidem.
12)
B. Davidson, op. cit., p. 11.
1.
continua