Raphael, si é detto,
non é un novizio della musica reggae ma ha alle
spalle undici anni di gavetta nella band fondata assieme al suo
amico d’infanzia, il bassista Andrea Bottaro.
“Ho cominciato
a fare musica a sedici anni, quando alle scuole superiori
ho rincontrato Andrea Bottaro, un mio amico
dell’asilo e insieme abbiamo deciso di formare la nostra
reggae band, Eazy Skankers, facciamo parte della
seconda ondata del reggae italiano.”
E aggiunge: ”A Savona, la città dove io sono nato e cresciuto,
c’erano delle situazioni reggae nate nel contesto
del movimento delle Posse degli anni ’90, c’era Briggi
Bronson, che era uno che stava molto avanti, poi c’erano
i Sana Pianta, un gruppo reggae di punta del savonese
e quindi siamo cresciuti in questo ambiente qua, e ne
siamo stati influenzati. Perciò abbiamo cominciato
a fare reggae sin da molto piccoli, ma non abbiamo
mai trovato un’etichetta disposta a sostenerci..tutto
quello che abbiamo fatto con Eazy Skankers é materiale
autoprodotto, anche se abbiamo collaborazioni
prestigiose sia in ambito nazionale che
internazionale”.
In realtà, il gusto e la
passione per la musica, Raphael li ha ereditati in
famiglia dato che suo padre “ascoltava musica a 360°
gradi”.
“Mio padre ascoltava qualsiasi tipo di musica,
dall’afrobeat al reggae, ascoltava anche Julio
Iglesias, per dire, e quindi io sono cresciuto
ascoltando molta musica in casa, e devo dire che sin da
piccolo il reggae era un beat che mi dava un brivido
speciale..”
Il disco ha una
struttura solida e funziona decisamente
meglio laddove il basso riveste la centralità
che gli compete (ad esempio She Cry, Step Out), oppure
quando la voce di Raphael si unisce a quella del
giamaicano Skarramucci, in una effervescente
traccia in bilico tra reggae e raggamuffin
e con un arrangiamento irrispettoso delle
barriere tra i generi, o in Step Out con Tiwony
composta e arrangiata con questi medesimi
crismi; si compone di 15 tracce (più tre bonus tracks
remixate da Madaski, disponibili in versione
digitale, estratti dal primo album degli Eazy Skankers, To
The Foundation), cantate in inglese e in patois
giamaicano
“l’inglese fa parte
del mio background, mi viene più facile scrivere in
inglese che in italiano. Poi adesso, con l’introduzione del
digitale, il mercato è più aperto, gli artisti
italiani cantano in inglese perché vogliono essere
distribuiti all’estero, fare concerti all’estero,
è più facile così farsi ascoltare anche all’estero,
nella situazione odierna in cui i dischi non si vendono
più, se dovessi cantare solo in italiano non ci
mangerei e non ci pagherei le bollette. Il
mercato é cambiato molto dagli anni’90 quando
i gruppi reggae italiani erano riusciti
a crearsi un bacino d’utenza, una nicchia,e campavano
con quello…”.
E poi: “sì, sono
stato in Giamaica, per approfondire la conoscenza
della musica reggae, del patois, e della cultura
Rasta, perché sono interessato a tutte le
religioni. Ma mi interessa la spiritualità,
non le religioni come sistemi di pensiero, come strutture
organizzate, perché nel momento in cui diventano
strutture organizzate, diventano sistemi che
manipolano la mente delle persone, anche il
Rastafarianesimo non fa eccezione. Non mi
interessano le religioni da questo punto di
vista qua, sono inutili, perché tutte hanno in comune
l’idea del rispetto per il prossimo ma poi nessuna di
esse lo mette in pratica…percio’ io sono contro tutte le
religioni. Però ho una mia spiritualità, penso
di essere un buon cristiano, i miei genitori sono
mormoni e sono cresciuto immerso nella cultura
cristiana.”
Nell’album, l’ombra
del rastafarianesimo sembrerebbe far
capolino nella traccia dal titolo, If Jah Is With You, in
cui Raphael in realtà, torna a riflettere sui dubbi e le
incertezze che le giovani generazioni si
trovano ad affrontare nel mondo odierno.
Questi 15 testi,
firmati da Raphael, sono densi, e si concentrano
sul delicato tema dell’equilibrio interiore, e della
lotta tra il bene e il male, a parte qualche
divagazione più leggera come ad esempio Wine
With Me:
“L’ho chiamato
Mind vs Heart, perché è una traccia che
mi rappresenta molto, c’è una forte componente
emotiva e introspettiva, perché l’ho
scritta mentre aspettavo la nascita di mio figlio, poi
ripensavo alla situazione globale, a come vanno
le cose. In generale penso che il messaggio di
questo disco sia molto con i piedi per terra, Ben Harper
diceva io posso cambiare il mondo con le mie mani, io no, io
penso il contrario e lo dico sin dall’incipit, non
posso cambiare il mondo con le mie sole mani, perché il
mondo lo si cambia solo se ognuno è disposto
a mettere in discussione se stesso. Penso di
esprimere i dubbi e le paure, che qualsiasi
ragazzo di 30 anni si trova ad affrontare oggi. In
Soundblaster, per esempio, affronto il tema della
musica, dell’arte, e dico che se dovessi ragionare solo
con la testa farei delle scelte di profitto, ma se ascolto il
cuore, seguo la passione e faccio musica per
passione.”
Il disco prevede un
lungo tour promozionale, che si snoderà in giro
per l’Italia e per l’anno che verrà anche date all’estero.