TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 15 gennaio 2014

Batte a Savona il cuore del reggae italiano




Raphael. Il cantante e autore ligure, di origini nigeriane, ha da poco pubblicato, per l'etichetta austriaca Irievibrations, un nuovo album solista, "Mind vs Heart". Sonorità roots e un gusto internazionale

Grazia Rita Di Florio

Savona in reggae, ecco il discepolo del Jah sound




Ven­ti­sette anni, tipica capi­glia­tura dread­locks, voce dalla colo­ri­tura cri­stal­lina, Raphael incarna l’ultima gene­ra­zione del reg­gae ita­liano. Per l’esordio soli­sta, il can­tante italo-nigeriano (già lea­der e fon­da­tore della reg­gae band savo­nese Eazy Skan­kerz) ha tro­vato ospi­ta­lità Oltralpe, presso la vien­nese Irie­vi­bra­tions Records, su cui ha rila­sciato il suo Mind­v­sHeart, un disco che si col­loca fon­da­men­tal­mente nel filone roots reg­gae, dal sound deci­sa­mente “euro­peo”, pen­sato e con­fe­zio­nato per un mer­cato inter­na­zio­nale.

“La col­la­bo­ra­zione con l’etichetta è nata dopo che loro ave­vano ascol­tato su You­tube, alcuni pezzi che avevo rea­liz­zato da soli­sta con l’italiana Biz­zarri Records, mi hanno chia­mato per­ché cer­ca­vano una voce che fosse adatta per il mer­cato inter­na­zio­nale, io cer­cavo una pro­du­zione inter­na­zio­nale, e così sono nate le prime col­la­bo­ra­zioni, fino ad arri­vare al con­tratto per que­sto disco, che ho accet­tato molto volentieri.”.

Raphael, si é detto, non é un novi­zio della musica reg­gae ma ha alle spalle undici anni di gavetta nella band fon­data assieme al suo amico d’infanzia, il bas­si­sta Andrea Bot­taro.

“Ho comin­ciato a fare musica a sedici anni, quando alle scuole supe­riori ho rin­con­trato Andrea Bot­taro, un mio amico dell’asilo e insieme abbiamo deciso di for­mare la nostra reg­gae band, Eazy Skan­kers, fac­ciamo parte della seconda ondata del reg­gae ita­liano.”

E aggiunge: ”A Savona, la città dove io sono nato e cre­sciuto, c’erano delle situa­zioni reg­gae nate nel con­te­sto del movi­mento delle Posse degli anni ’90, c’era Briggi Bron­son, che era uno che stava molto avanti, poi c’erano i Sana Pianta, un gruppo reg­gae di punta del savo­nese e quindi siamo cre­sciuti in que­sto ambiente qua, e ne siamo stati influen­zati. Per­ciò abbiamo comin­ciato a fare reg­gae sin da molto pic­coli, ma non abbiamo mai tro­vato un’etichetta dispo­sta a sostenerci..tutto quello che abbiamo fatto con Eazy Skan­kers é mate­riale auto­pro­dotto, anche se abbiamo col­la­bo­ra­zioni pre­sti­giose sia in ambito nazio­nale che inter­na­zio­nale”. 

In realtà, il gusto e la pas­sione per la musica, Raphael li ha ere­di­tati in fami­glia dato che suo padre “ascol­tava musica a 360° gradi”. 

“Mio padre ascol­tava qual­siasi tipo di musica, dall’afrobeat al reg­gae, ascol­tava anche Julio Igle­sias, per dire, e quindi io sono cre­sciuto ascol­tando molta musica in casa, e devo dire che sin da pic­colo il reg­gae era un beat che mi dava un bri­vido speciale..”

Il disco ha una strut­tura solida e fun­ziona deci­sa­mente meglio lad­dove il basso rive­ste la  cen­tra­lità che gli com­pete (ad esem­pio She Cry, Step Out), oppure quando la voce di Raphael si uni­sce a quella del gia­mai­cano Skar­ra­mucci, in una effer­ve­scente trac­cia in bilico tra reg­gae e rag­ga­muf­fin e con un arran­gia­mento irri­spet­toso delle bar­riere tra i generi, o in Step Out con Tiwony com­po­sta e arran­giata con que­sti mede­simi cri­smi; si com­pone di 15 tracce (più tre bonus tracks remi­xate da Mada­ski, dispo­ni­bili in ver­sione digi­tale, estratti dal primo album degli Eazy Skan­kers, To The Foun­da­tion), can­tate in inglese e in patois gia­mai­cano

“l’inglese fa parte del mio back­ground, mi viene più facile scri­vere in inglese che in ita­liano. Poi adesso, con l’introduzione del digi­tale, il mer­cato è più aperto, gli arti­sti ita­liani can­tano in inglese per­ché vogliono essere distri­buiti all’estero, fare con­certi all’estero, è più facile così farsi ascol­tare anche all’estero, nella situa­zione odierna in cui i dischi non si ven­dono più, se dovessi can­tare solo in ita­liano non ci man­ge­rei e non ci paghe­rei le bol­lette. Il mer­cato é cam­biato molto dagli anni’90 quando i gruppi reg­gae ita­liani erano riu­sciti a crearsi un bacino d’utenza, una nicchia,e cam­pa­vano con quello…”.



E poi: “sì, sono stato in Gia­maica, per appro­fon­dire la cono­scenza della musica reg­gae, del patois, e della cul­tura Rasta, per­ché sono inte­res­sato a tutte le reli­gioni. Ma mi inte­ressa la spi­ri­tua­lità, non le reli­gioni come sistemi di pen­siero, come strut­ture orga­niz­zate, per­ché nel momento in cui diven­tano strut­ture orga­niz­zate, diven­tano sistemi che mani­po­lano la mente delle per­sone, anche il Rasta­fa­ria­ne­simo non fa ecce­zione. Non mi inte­res­sano le reli­gioni da que­sto punto di vista qua, sono inu­tili, per­ché tutte hanno in comune l’idea del rispetto per il pros­simo ma poi nes­suna di esse lo mette in pratica…percio’ io sono con­tro tutte le reli­gioni. Però ho una mia spi­ri­tua­lità, penso di essere un buon cri­stiano, i miei geni­tori sono mor­moni e sono cre­sciuto immerso nella cul­tura cri­stiana.” 

Nell’album, l’ombra del rasta­fa­ria­ne­simo sem­bre­rebbe far capo­lino nella trac­cia dal titolo, If Jah Is With You, in cui Raphael in realtà, torna a riflet­tere sui dubbi e le incer­tezze che le gio­vani gene­ra­zioni si tro­vano ad affron­tare nel mondo odierno.

Que­sti 15 testi, fir­mati da Raphael, sono densi, e si con­cen­trano sul deli­cato tema dell’equilibrio inte­riore, e della lotta tra il bene e il male, a parte qual­che diva­ga­zione più leg­gera come ad esem­pio Wine With Me:

“L’ho chia­mato Mind­ v­s Heart, per­ché è una trac­cia che mi rap­pre­senta molto, c’è una forte com­po­nente emo­tiva e intro­spet­tiva, per­ché l’ho scritta men­tre aspet­tavo la nascita di mio figlio, poi ripen­savo alla situa­zione glo­bale, a come vanno le cose. In gene­rale penso che il mes­sag­gio di que­sto disco sia molto con i piedi per terra, Ben Har­per diceva io posso cam­biare il mondo con le mie mani, io no, io penso il con­tra­rio e lo dico sin dall’incipit, non posso cam­biare il mondo con le mie sole mani, per­ché il mondo lo si cam­bia solo se ognuno è dispo­sto a met­tere in discus­sione se stesso. Penso di espri­mere i dubbi e le paure, che qual­siasi ragazzo di 30 anni si trova ad affron­tare oggi. In Sound­bla­ster, per esem­pio, affronto il tema della musica, dell’arte, e dico che se dovessi ragio­nare solo con la testa farei delle scelte di pro­fitto, ma se ascolto il cuore, seguo la pas­sione e fac­cio musica per pas­sione.”

Il disco pre­vede un lungo tour pro­mo­zio­nale, che si sno­derà in giro per l’Italia e per l’anno che verrà anche date all’estero.


Il Manifesto – 3 gennaio 2014