Tutto
finisce come era incominciato, senza alcuna logica.
Giorgio Amico
Le illusioni d'Itaca
11. Ritorno ad Itaca
Si ritrovò davanti al
Solea che era pomeriggio inoltrato. La calura, sino ad allora tanto
intensa da rendere semideserte le strade, stava lentamente scemando.
Spinse la porta ed entrò. La donna dai capelli grigi era lì. Seduta
ad un tavolo, annotava qualcosa su un registro. Come lo vide entrare
ripose il quaderno, si alzò e gli si avvicinò.
- L’ attendevo. Ero sicura che sarebbe tornato. Cosa posso fare per lei?
- Mi aiuti a trovare Giulia. Non le chiedo altro.
- Perché la cerca?
Non gli era mai piaciuto
parlare di sé, né che gli altri si interessassero troppo da vicino
delle sue cose, ma quella donna non più giovane seduta davanti a lui
riusciva con la sola sua presenza a trasmettergli una sensazione di
serenità, a rassicurarlo. La guardava e non trovava nel suo aspetto
nulla che potesse più colpire l’attenzione di un uomo, ma qualcosa
comunque emanava da lei che non lo lasciava indifferente. Sarà
stata la voce roca, l’atteggiamento disincantato di chi ha molto
vissuto o il modo particolare che aveva di guardare l’altro dritto
negli occhi, ma quella donna esercitava su di lui un fascino sottile.
Non avrebbe saputo spiegarne il perché, ma era così.
- Assomiglia a Giulia. – pensò – Ha lo stesso sguardo.
Notò che la donna
fissava con insistenza l‘orecchino che portava al lobo
dell’orecchio sinistro. Un piccolo cerchietto d’oro, da marinaio.
- È un regalo di Giulia, di tanti anni fa. – spiegò – Non me ne sono mai separato.
Ricordava perfettamente
l’occasione di quel dono. Erano in campagna. Un pomeriggio d’estate
di tanti anni prima. Il tempo all’improvviso era cambiato ed ora
minacciava tempesta. Nuvole cariche di pioggia avanzavano dal mare.
Guardavano il cielo e affrettavano il passo lungo il sentiero che
tagliava per i campi. Poi venne la pioggia, Si erano riparati in un
vecchio casolare in rovina. Un povero rifugio, ma bastante a dar loro
ricovero dall’imperversare della temporale.
- Mi ami? – aveva chiesto lei.
- Perché me lo chiedi ?
Non aveva risposto. Poi,
con un solo gesto si era sfilata uno degli orecchini che portava: un
piccolo cerchietto dorato.
- Tieni. Portalo sempre con te. Anche quando non mi amerai più.
L’aveva presa così, in
piedi, contro la parete di pietra. Con le vesti ancora fradice di
pioggia, lei si era abbandonata interamente alle sue carezze. Si
erano amati con disperazione, travolti dal crepitio della pioggia,
eccitati dal furore primordiale della natura attorno a loro. Ansanti,
dall’ uscio avevano visto il cielo tornare azzurro, ma dentro di
loro ancora albergava la tempesta. Avevano percorso il tragitto verso
la città in silenzio, interamente presi dal mistero terribile di ciò
che era loro accaduto.
- Pensa di amare ancora Giulia? – La voce della donna lo riportò al presente.
Non si sentiva ancora
pronto a scendere su quel terreno. A mettersi tanto a nudo. Rispose
con poche frasi banali.
- Non lo so. Come si fa a dire una cosa simile ? È passato tanto tempo da allora. Troppo tempo. Forse quello che voglio è solo il suo perdono. Sentirmi finalmente in pace.
- Non è questo il problema. E lei lo sa benissimo. – La voce di lei era diventata dura – Se le cose stanno veramente così, se questo è ciò che lei veramente desidera, allora sta sprecando il suo tempo ed il mio.
Provò a dire qualcosa,
ma lei non gliene lasciò il tempo.
- Se è così, lasci perdere Giulia. Non la faccia ancora soffrire. Ha già sofferto abbastanza. Non crede?
Si sentì toccato nel
profondo. Per mascherare il turbamento che lo aveva preso estrasse
dalla tasca un pacchetto di sigarette e lentamente se ne accese una.
- Si fa presto a dire amore.
Ma amore è una parola
strana, dai molti significati. Può significare anche paura. Paura di
perdere la propria libertà, di dover rinunciare ai propri sogni.
Timore di restare prigionieri di una felicità illusoria, di
un’ebbrezza passeggera. Provò a giustificarsi.
- Ero molto giovane allora. A quell’età si crede di avere le idee chiare. Di aver capito tutto.
- Anche Giulia era giovane. Eppure…
Con parole incerte
confessò finalmente il suo peccato. Non aver capito che è l’amore
che rende forti gli uomini, che li fa capaci di reggere il peso della
vita, di riconoscersi negli altri umani, di accettare la propria
debolezza.
- Credevo che l’amore per Giulia mi rendesse debole, mi distogliesse da ciò che dovevo fare, da ciò che era giusto fare. E così l’ ho lasciata, ho rovinato la sua vita e anche la mia.
Lei l’ascoltava in
silenzio. Lasciava che il suo dolore prendesse forma compiuta,
diventasse parola.
Parlò a lungo mentre il
pomeriggio lentamente passava. Le raccontò della sua vita per mare,
del suo errare inquieto, dei libri scritti, delle città dove aveva
vissuto, della solitudine che lo aveva accompagnato per tutti quegli
anni. Di Giulia sempre presente nella sua mente
- Deve amarla ancora molto, per parlare così.
Non riuscì più a
trattenersi. Non poteva ancora fingere con gli altri, ingannare sé
stesso.
- Giulia è la mia vita.
- Anche lei lo pensa.
- Ha parlato con lei? Quando?
- Un paio di giorni fa. E’ stata lei a chiamare. Mi ha raccontato tutto del vostro incontro.
- Com’era la sua voce?
- Come di chi, dopo aver compiuto un lungo cammino, sia giunto finalmente alla sua meta.
- Ma allora, perché fuggire ? Nascondersi in questo modo?
- Aveva bisogno di riflettere, di capire. Voleva essere sicura.
- E ora? Cosa devo fare?
- Nulla. La chiami. Giulia l’aspetta. Ecco: le do il suo recapito.
Quando aveva sentito la
sua voce all’altro capo del telefono un’emozione inesprimibile lo
aveva preso.
- Ciao Giulia, sono io, volevo dirti..
Lei l’aveva dolcemente
zittito.
- Non ora. Ci sarà tempo. Ti aspetto. Qui, nel bar dietro il mercato.
- Ti amo Giulia. Ti ho sempre amato.
- Lo so. Vieni. Non tardare.
Più tardi, mentre
tornava verso il suo albergo, immerso nella folla della sera, pensava
che la sua vita era stata un lungo, accidentato viaggio. Alla ricerca
della sua Itaca di sogno. Come nella poesia di Kavafis.
Se per Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia
lunga la via,
e colma di vicende e
conoscenze.
(…)
Né Lestrigoni o
Ciclopi
né Posidone asprigno
incontrerai,
se non li rechi dentro,
nel tuo cuore,
se non li drizza il
cuore innanzi a te.
Itaca t’ ha donato il
bel viaggio.
Senza di lei non ti
mettevi in via.
Nulla ha da darti più.
E se la trovi povera,
Itaca non ti ha illuso.
Reduce così saggio,
così esperto,
avrai capito che vuol
dire un’Itaca.
E mentre il suo cuore
gioiva, il cielo sopra Marsiglia prendeva fuoco nella luce del
tramonto.
Epilogo
Superata l'ultima
galleria, gli apparve il piazzale dell'ex-dogana come sempre ingombro
di camion e di camper. Era di nuovo in Italia adesso. Gettò uno
sguardo distratto sulle vecchie caserme, sul greto sassoso del Roja
avvolto dalle ombre. Alla sua destra dietro le antiche mura della
città vecchia, alta sulla collina, la Cattedrale biancheggiava nella
calda sera estiva. Ora l'auto correva sull'autostrada punteggiata di
gallerie e viadotti, sospesa tra il mare da un lato e le colline
brulle ricoperte di serre dall'altro. Accese la radio. Si sentiva
sereno. Tornava da Giulia e intanto ascoltava Georges Brassens
cantare Les Lilas.
Aux cours où son cheval passe
L’amour
ne repousse pas
Aux quatre
Coins de l’espace
Il fait
l’desert sous ses pas.
Alors nous
amours sont mortes
Envolées
dans l’au-delà
Laissant
la clè sous la porte
Sous la
porte des Lilas.
Gli piaceva Brassens. Gli
era sempre piaciuto. Le sue canzoni erano uno sghignazzo rivolto
contro il moralismo ipocrita della gente perbene. Una pietra
scagliata contro il conformismo dei benpensanti. Gli ricordavano i
suoi sogni giovanili. La sua voglia di ribellione. Il gusto della
trasgressione. Il sapore aspro della verità. La sincerità negli
occhi di Giulia.
Andava sull’autostrada
grigia e per la prima volta i ricordi non gli facevano più paura.
Finalmente sapeva quale era la via giusta per uscire dal caos che era
stata fino allora la sua vita. Di nuovo provava sentimenti. Non si
vergognava più della sua debolezza. Non sentiva più il bisogno di
fuggire. Antica come la sua terra, Giulia lo aspettava. Perdersi in
lei: questo era ciò che voleva, che aveva sempre voluto. Giulia era
la libertà. Il sogno inseguito sui mari, intravisto nei porti, perso
nelle notti fumose, ritrovato nelle albe sanguinanti. Lei e
nient’altro nella sua mente.
Correva sull’autostrada
mentre sul mare di Liguria lentamente da Oriente si alzava la luna.
Pensava a loro due di nuovo insieme. A cosa sarebbe stata la loro
vita. Ad un nuovo inizio, dopo tanti anni. Ma forse, in realtà, non
era mai finita fra loro. Forse nulla va mai veramente perduto.
Pensava a tutto questo e a Giulia. Rivedeva la vecchia casa sulla
collina e nella brezza salmastra, che lieve saliva dal mare, si
sentiva finalmente parte di quella terra aspra di confine. La terra
dei suoi vecchi, la sua terra.
Si accorse solo
all'ultimo momento del camion messo di traverso sulla carreggiata
proprio all’uscita della lunga galleria. Frenò d'istinto. Il colpo
lo prese all'improvviso da dietro. La macchina iniziò a sbandare
sempre più forte, sbatté contro il guard-rail, poi si mise a girare
su stessa come impazzita. Stringeva il volante con tutte le sue
forze, ma non serviva a nulla. Il camion si faceva sempre più
vicino, sempre più grande. Ora incombeva gigantesco su di lui.
Lo schianto fu terribile.
Non provava dolore, ma
nel torpore che lo aveva preso faceva fatica a tenere gli occhi
aperti. Non capiva più bene dove fosse. Sentiva voci concitate
attorno a sé, mentre sempre più forte si faceva il suono delle
sirene. Poi, lentamente, i rumori si acquietarono fino a sparire. E
all’improvviso, in una luce strana che non era più quella
dell'estate, gli parve di vedere Giulia venirgli incontro, sorridente
come in quel mattino di primavera di tanti anni prima.
- Sto per morire - pensò.
Ma non aveva paura. Non
più. Adesso che Giulia era con lui.
Nel piccolo caffè dietro
al mercato Giulia si affannava al banco a servire gli ultimi clienti
della giornata. Mancavano ormai pochi minuti all’ora di chiusura
del locale.
Dal televisore, alto in
un angolo, giungevano gli echi del telegiornale, frammenti di
notizie:
“Un morto oggi
sull'autostrada in un incidente che ha coinvolto diverse autovetture
e un autoarticolato francese nei presso dell'ex barriera di confine.
Il traffico è rimasto interrotto per oltre due ore in direzione di
Genova.”
Giulia non ascoltava,
pensava a lui che dopo tanto tempo era tornato. A lui che stava per
arrivare.
Fuori, nel silenzio del
mercato ormai deserto il gatto nero dormiva accoccolato in un angolo,
ignaro delle sofferenze degli umani.