Troverai più nei
boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che
nessun maestro ti dirà.(San Bernardo da Chiaravalle) Inizia così
l'ultimo libro di Giuseppe Testa che aggiunge un altro tassellino
allo straordinario puzzle che da anni l'autore sta costruendo sulla
storia del Finalese. Da leggere per chi ama la storia del nostro territorio. Ne riprendiamo la Premessa.
Giuseppe
Testa
“Il
Gualdo del Bormida”. Il bosco del Marchesato
Scrivere un libro può
essere facile, specialmente se si è supportati dalla passione.
“Centrarne” il titolo, in talune occasioni, è estremamente
difficile.
Il titolo, necessariamente formato da poche parole, deve individuare il contenuto del libro e così permettere al lettore, incuriosendolo, di capire l’argomento di cui si tratta. A volte, in particolare per i saggi monotematici, il titolo è subito chiaro e, direi, obbligato. Quando invece le tematiche sono numerose, come in questo caso, tutto diventa difficile: o si scrive una paginata di titolo (il ché non rientra nella prassi, né è consigliabile) o si rischia di lasciare fuori dall’immediata comprensione molte sfaccettature, più o meno importanti, del contenuto del testo.
Le vicende dei “Boschi di Bormida”, di seguito riportate coinvolgono numerose comunità: già è riduttivo il solo riferimento a Bormida, in quanto dovrebbero essere chiamati anche “di Osiglia”, “di Rialto”, “di Mallare”, “di Carbuta” e “di Calice”. Lo studio in questione, inoltre, sviluppa le vicende del bosco in varie epoche: dalla preistoria, attraverso i Liguri e l’Età Romana fino ad Oggi. Sono esaminate vicende sociali, quali il tipo di uso del bosco ed il modo in cui lo stesso veniva gestito nei secoli, compreso ciò che era o meno permesso; poi tutti i passaggi legali tra i vari possessori e l’evolversi dei confini e dei conflitti fino ai giorni nostri.
La lotta per il possesso
dei boschi era in fondo un'antesignana guerra per le risorse , nella
quale le comunità del versante marino, più ricche e potenti e di
fatto già deforestate nei loro territori, facevano la parte delle
superpotenze di allora. Emerge anche la consapevolezza, che avevano
gli uomini del Medioevo, della assoluta importanza del bosco,
tutelato con grande attenzione (superiore addirittura a quella di
oggi), attraverso lo sfruttamento accurato e non distruttivo delle
sue risorse nonché il ripristino dei tagli. Queste sono cose che
dovremmo imparare da quegli anni definiti “bui”. Il bosco era
considerato un bene supremo, tanto che non stupisce affatto come
nella vendita del 1261 il marchese Giacomo abbia imposto l’obbligo
agli acquirenti di non disboscare per far posto ai campi seminati, ed
abbia sottolineato il divieto di usare il fuoco, vero pericolo per il
bosco.
Per spiegare il contenuto di questo libro ci vorrebbero quindi più titoli:
- Il Gualdo di Bormida, come era spesso definito nei documenti Medievali;
- La Terra di Mezzo, in quanto si tratta di un territorio compreso tra entità più nette e definite, (Mare e Pianura Padana, Liguria e Piemonte) oltre che tra diverse comunità;
- I Boschi del Finale, oppure del Marchesato;
- Il possesso dei boschi di Bormida, un'antica disputa per l’energia;
- Un millennio di controversie per i boschi di Bormida;
- Uso e gestione dei boschi di Bormida.
Faticosa la scelta definitiva: in taluni momenti propendevo per un'opzione, in altri un diverso titolo mi sembrava più appropriato. Questo altalenare è durato per tutta la stesura ma alla fine, dovendo andare in stampa, una scelta andava fatta. Questa credo sia la più calzante, seppur, lo riconosco, non esaustiva: per cui, così come avviene per alcune persone, che vantano più nomi, anche questa “storia dei boschi” mi piace pensarla con più titoli.