A
Dante, è noto, i Genovesi non erano simpatici. “Uomini diversi
D'ogni costume e pien d'ogni magagna”, così li definisce e per
l'epoca non era proprio un complimento. Cerchiamo di capire perchè
il sommo poeta ce l'avesse tanto con la Superba.
Giorgio
Amico
Quando
Dante mandò all'Inferno i Genovesi.
Quando nel
XXXIII canto Dante arriva nel IX e ultimo cerchio dell’Inferno egli
scopre un grande lago ghiacciato nel quale i colpevoli di tradimento
espiano in vario modo le loro colpe. Nella Caina sono puniti i
traditori dei parenti, nell'Antenòra ci sono i traditori della
patria, nella Tolomea i traditori degli ospiti, nella Giudecca ci
sono i traditori dei benefattori.
Giunto nella
Tolomea, Dante incontra un illustre genovese, Branca Doria, membro di
una delle più nobili famiglie della città e importante uomo
politico del suo tempo. Volendo estendere i domini della famiglia in
sardegna, il Doria aveva prima sposato Caterina Zanche, figlia di un
importante feudatario governatore del Logudoro e poi fatto
assassinare il suocero durante un banchetto a cui lo aveva invitato.
Palazzo di Branca Doria in piazza S. Matteo
La cosa
stupefacente è che, quando il poeta incontra il nobile genovese,
questi è ancora in vita e Dante non manca di farlo notare alla sua
guida:
Io credo,
diss'io a lui, che tu m'inganni;
Chè Branca d'Oria non morì unquanche,
E mangia e bee e dorme e veste panni.
Chè Branca d'Oria non morì unquanche,
E mangia e bee e dorme e veste panni.
Pronta la
risposta di Virgilio a svelare l'arcano. Tanto grave era il delitto
di Branca che la sua anima era stata immediatamente gettata nell'Inferno,
mentre sulla Terra il corpo del traditore è animato da un demone.
Insomma, una sorta di zombie medievale:
Nel fosso su,
diss'ei, di Malebranche,
Là dove bolle la tenace pece,
Non era giunto ancora Michele Zanche,
Che questi lasciò il diavolo in sua vece
Nel corpo suo e d'un suo prossimano
Che 'l tradimento insieme con lui fece.
Là dove bolle la tenace pece,
Non era giunto ancora Michele Zanche,
Che questi lasciò il diavolo in sua vece
Nel corpo suo e d'un suo prossimano
Che 'l tradimento insieme con lui fece.
La storia potrebbe anche finire qui, ma Dante si concede ancora il tempo di lanciare una dura invettiva contro Genova, patria di gente infida:
Ahi Genovesi,
uomini diversi
D'ogni costume e pien d'ogni magagna,
Perchè non siete voi del mondo spersi?
D'ogni costume e pien d'ogni magagna,
Perchè non siete voi del mondo spersi?
A questo
punto la domanda sorge spontanea. Cosa può aver spinto Dante a un
simile atteggiamento? Insomma, cosa gli hanno fatto tanto di male i
Genovesi per meritare una tale maledizione. La risposta si trova
negli scritti di un erudito dei Cinquecento, Oberto Foglietta, che in
un suo libro ( Eloggi degli Huomini chiari della Liguria), pubblicato
nel 1584 a Genova, spiega così la rabbia di Dante verso Branca Doria
e i suoi concittadini:
"Dante
uomo per altro molto eccellente, si rendeva per un certo suo natural
diffetto, rincrescevole a ciascuno e noioso. Ed era poi agli umori
delle parti in modo sottoposto, che spesse volte da furiosi movimenti
d’ animo si lasciava trasportare infino a far delle pazzie. ll
quale non considerando bene, a che grave pericolo si mettano coloro
che offendono gli uomini potenti, con troppa libertà di lingua, in
che egli continuamente peccò, mordeva fuor di misura (ne so io già
per qual cagione) il nome e il credito del Doria. Nè perchè sovente
ei ne fosse ripreso, si rimaneva però dil maledire. Alla fine
pensarono gli amici e servitori di Branca‘, doversi con fatti
rintuzzare l’ acerbità delle parole: laonde preso Dante in bel
pubblico, gli diedero una grande battitura".
Vico dei Parmigiani, In questa zona si sarebbero svolti i fatti narrati.
Dunque,
secondo questa cronaca, Dante avrebbe soggiornato a Genova e lì si sarebbe messo in contrasto con i Doria. Si pensa che i fatti siano accaduti
fra il 1311 e il 1312. Il poeta toscano, ospite della comunità dei
mercanti lucchesi, avrebbe soggiornato in via dei Malocelli, fra il
vico dei Parmigiani e il luogo di Mortedo in prossimità
dell’Acquasola, ove allora sorgeva il chiostro degli Umiliati. Qui
sarebbe stato aggredito e percosso dagli amici e dai servitori di
Branca Doria.
Sul fatto
esistono diverse versioni: alcuni affermano che sarebbe stato lo stesso
Branca ad affrontarlo per strada e a schiaffeggiarlo pubblicamente.
Altri pensano invece l'aggressione sia stata organizzata dal figlio
di Branca, Bernabò, signore di Sassello e di Calvi,che lo avrebbe fatto aggredire dai suoi servi.
La critica
contemporanea mantiene sui fatti un cauto riserbo. In mancanza di
dati storici certi è messa in dubbio anche la presenza dell'esule
toscano a Genova. Ma a noi questa tesi di un Dante gravemente offeso
nel suo onore che regola i conti con Genova e i Genovesi all'Inferno
continua comunque a piacere.
(Da: Donne,
maghi, poeti e marinai. Aspetti insoliti della Liguria di Ponente nel
Medioevo, UniSabazia, Anno accademico 2017-2018)