Giorgio Amico
Antonio Gramsci a Savona
Seconda parte. Il biennio rosso e l'occupazione delle fabbriche
All'indomani del termine delle ostilità, dopo tre anni di sacrifici
e umiliazioni, la classe operaia, pesantemente colpita dalla crisi di
riconversione dell'industria, esplode in un irrefrenabile moto di
lotte rivendicative. Si tratta generalmente di agitazioni di carattere
economico, dovute al continuo crescere del costo della vita, spesso
del tutto spontanee, ma che testimoniano inequivocabilmente del
fermentare di una situazione rivoluzionaria.
Nel gennaio 1919 entrano in lotta i metallurgici per la conquista
delle otto ore lavorative, subito seguiti dagli elettrici, dai
postelegrafonici e dai ferrovieri. A febbraio è la volta dei
marittimi che chiedono il rispetto dei patti di lavoro e la
regolamentazione degli organici. Di fronte alla resistenza padronale
le agitazioni si vanno presto moltiplicando, assumendo sempre più un
aperto carattere politico.
La celebrazione del 1° Maggio offre l'occasione di una prima
straordinaria prova di forza da parte del proletariato. A Savona e in
tutti i centri di una qualche importanza del Circondario gli operai
manifestano compatti con bandiere e striscioni inneggianti a Lenin,
alla Russia dei soviet, alla dittatura del proletariato.
Alla fine di giugno, caduto il ministero Orlando, Francesco Saverio
Nitti si appresta a formare il nuovo governo in un clima di
agitazioni sempre più serrate, mentre i prezzi salgono
incessantemente soprattutto per quanto riguarda i generi di prima
necessità.
Ai primi di luglio gravi incidenti scoppiano a La Spezia nel corso di
una manifestazione sindacale contro il carovita. La lotta si estende
immediatamente a tutta la regione con manifestazioni che assumono
aspetti apertamente insurrezionali. Savona è l'epicentro delle
manifestazioni più dure: la folla saccheggia i negozi e si scontro
con carabinieri e guardie regie costringendole ad una precipitosa
ritirata nelle caserme. Alla sera del 7 luglio tutta la città è
nelle mani dei rivoltosi.
La Camera del Lavoro costituisce immediatamente un Comitato
d'Agitazione composto da Antonio Gamalero, segretario della CdL,
Francesco Sivori, segretario della FIOM, Pietro De Martini,
presidente della Commissione Esecutiva della CdL, Andrea Aglietto,
Orlando Pierucci e G.B. Terzani, tutti membri della stessa CE. Viene
organizzata una "Guardia Rossa" allo scopo di evitare altri
saccheggi e di requisire viveri e altri generi di prima necessità da
distribuire alla popolazione a prezzo politico. Squadre di operai
armati pattugliano le strade e le piazze garantendo l'ordine.
"Abbiamo a Savona il Soviet con in Russia - scrive un giornale
cittadino - il quale dirige le funzioni , per ora, del piccolo
commercio. sia come si vuole, bisogna convenire che la locale CdL, ha assunto in questi momenti una posizione di comando che le spettava in
conseguenza del pietosissimo fallimento della borghesia cittadina".
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Pochi giorni più tardi si svolge massicciamente compatto lo sciopero
generale di solidarietà con le repubbliche sovietiche russa e
ungherese; gli operai protestano contro l'intervento militare
dell'Italia che ha inviato in Russia un corpo di spedizione, in
realtà più simbolico che reale, in aiuto alle armate
controrivoluzionarie dei Bianchi.
Ai primi di agosto ha inizio il grande sciopero degli operai
metallurgici per i minimi di paga che gli industriali liguri non
vogliono riconoscere nella misura già concordata dal padronato
torinese. Anche in questa occasione salta immediatamente agli occhi il
rapporto diretto fra Savona e Torino e la sua classe operaia, vera
avanguardia del proletariato italiano.
L'agitazione durerà ben sessanta giorni, procedendo ordinata e
compatta in tutte le fabbriche, fino ai primi giorni di ottobre
quando verrà raggiunta una soluzione di compromesso contestata,
tuttavia, da una parte dei lavoratori delle fabbriche di Savona e
Vado Ligure, quelli più in contatto con i compagni torinesi.
negli stessi giorni, a dimostrazione di come la collera operaia stia
crescendo, viene devastato in pieno centro di Savona il Caffè Chianale,
elegante ritrovo della borghesia cittadina, diventato luogo di
raccolta di ufficiali, smobilitati e no, e dei nazionalisti che lo
hanno trasformato in un vero e proprio centro di propaganda
dell'avventura fiumana di Gabriele D'Annunzio e dei suoi legionari.
Nel mese di novembre si svolgono le elezioni politiche, per la prima
volta con il sistema proporzionale. Il Partito Socialista ottiene un
grande successo, incrementando notevolmente i propri consensi.
Rispetto alla precedenti consultazioni del 1913, infatti, il PSI
passa in Liguria dal 15,9 al 33,2% diventando il primo partito e
inviando alla Camera una nutrita pattuglia di sei deputati. A Savona
i socialisti superano i 6.000 voti, nel Circondario oltre 10.000.
Il PSI vive un esaltante periodo di ascesa, ma il partito è
travagliato da una profonda crisi interna che lo rende di fatto
incapace di comprendere a fondo la portata degli avvenimenti in corso
e di indicare alle masse una chiara e univoca linea d'azione. Pur con
questi limiti, la vittoria elettorale socialista ha l'effetto di
spingere ulteriormente in avanti la combattività operaia.
Il 5 novembre nel corso di un'assemblea, tenuta presso la Camera del
Lavoro, dopo un'ampia discussione viene approvato all'unanimità un
ordine del giorno in cui, dopo aver espresso "voti fervidissimi
che il proletariato russo riesca a salvare la Repubblica Comunista
dal formidabile attacco del capitalismo internazionale", si
esprime la più totale solidarietà e si auspica che "il
proletariato internazionale sappia provvedere colla sua azione alla
salvezza della Repubblica comunista che sarà presto la repubblica di
tutti i produttori".
L'anno si chiude con l'inizio della lotta dei ferrovieri e degli
operai delle centrali elettriche. Lo sciopero degli elettrici ha
serie ripercussioni in quanto, interrompendo le forniture di energia
agli impianti, provoca la paralisi dell'intero apparato industriale.
In molte fabbriche le direzioni sospendono la produzione e mettono in
mobilità i dipendenti. Si tratta nei fatti di una vera e propria
serrata allo scopo evidente di dividere i lavoratori e spezzarne lo
slancio unitario. La manovra fallisce, la classe reagisce ancora una
volta compattamente: gli operai metallurgici e siderurgici chiedono
l'integrale retribuzione delle giornate non lavorate. Il rifiuto
padronale scatena una nuova, esaltante, ondata di lotte.
Le agitazioni continuano anche nel 1920 con intensità e ampiezza
non minori di quelle del 1919. Se nel 1919 si erano contati 26
scioperi, tutti pienamente riusciti, nel 1920 saranno 72, il punto
più alto del dopoguerra.
Il 20 gennaio scendono in sciopero i ferrovieri, mentre il 19 marzo
l'introduzione dell'ora legale da luogo ad una clamorosa iniziativa
di protesta da parte degli operai della Servettaz Basevi. Precedendo di ben due settimane il famoso sciopero "delle lancette"
alla FIAT di Torino, gli operai scendono in sciopero e costringono la
direzione a venire a patti. Diretto è in questa occasione il
contatto con il gruppo de "l'Ordine Nuovo".
Ma non sono tutte rose e fiori. Gli ordinovisti devono confrontarsi
duramente all'interno del sindacato con gli esponenti socialisti
moderati. Nei primi mesi del 1920 si accende tra "l'Ordine
Nuovo" e l'organo della Confederazione Generale del Lavoro
"Battaglie sindacali" una dura polemica sul ruolo e le
funzioni dei consigli di fabbrica. La polemica si estende rapidamente
all'intero movimento operaio e diventa occasione di confronto anche a
Savona. Così a marzo sul settimanale dei socialisti savonesi
"Bandiera Rossa" Gaetano Barbareschi sostiene con vigore la
necessità che "il Consiglio di fabbrica, che nella società
comunista sarà l'ente direttivo della fabbrica stessa, eve oggi
invece essere l'ente dirigente l'organizzazione operaia della stessa
fabbrica... Bisogna insomma prepararsi a sostituire, ove esiste,
l'opera del dirigente proprietario". Sono le tesi di Gramsci sul
ruolo dirigente dei produttori.
A maggio viene rinnovata la Commissione Esecutiva della Camera del
Lavoro. La nuova Commissione risulta interamente composta da operai.
determinanti sono i rappresentanti dei metallurgici, ben tre, mentre
un rappresentante ciascuno contano le categorie dei siderurgici, dei
petrolieri, dei chimici, degli edili, dei portuali, dei ferrovieri,
dei panettieri e dei calzolai.
Alla fine del mese si tiene a Genova il Congresso nazionale della
FIOM. Mel corso della relazione introduttiva il segretario generale
Bruno Buozzi critica duramente l'esperienza torinese dei consigli di
fabbrica definendola immatura e confusa. Sarà la FIOM di Savona,
controllata da militanti vicini alle posizioni ordinoviste, a
contrapporsi frontalmente alla segreteria nazionale presentando un
ordine del giorno in cui si propone la generalizzazione
dell'esperienza torinese:
"Il congresso, sentita la relazione del Comitato Centrale e dei
rappresentanti di Torino in merito all'ultimo movimento, deplora che
il CC non abbia estesa ed intensificata in Italia la preparazione,
onde arginare l'offensiva degli industriali, e considerata la
grandiosità dei postulati in gioco in quella battaglia, deplora che
il proletariato d'Italia non sia stato chiamato a dare la solidarietà
più completa ai Compagni di Torino".
La mozione, che raccoglie più di un quarto dei voti congressuali,
non passa, ma evidenzia come una larga parte della classe operaia
savonese sia ormai saldamente conquistata alla coerente posizione di
classe propugnata da Antonio Gramsci e dal gruppo de "l'Ordine
Nuovo" nei confronti sia del riformismo sindacale che
dell'impotente massimalismo socialista, estremista a parole e
moderato nei fatti.
In città e nel circondario intanto la tensione non accenna a calare.
la sera del 2 agosto a Millesimo nel corso di un banalissimo alterco
i carabinieri aprono il fuoco contro un gruppo di giovani che cantano
in piazza canzoni rivoluzionarie, uccidendone uno e ferendone
gravemente un altro. Il giorno dopo a Savona si svolge una
manifestazione di protesta al termine della quale un capitano degli
arditi spara contro gli operai uccidendone due. La folla inferocita
devasta il Caffè Chianale e i bagni Wanda al Prolungamento a mare, noto
luogo di divertimento della buona borghesia cittadina.
Procede intanto la vertenza dei metallurgici per un consistente
recupero salariale a fronte dell'incessante aumento del costo della
vita che costringe molte famiglie operaie pressoché alla fame. Le
discussioni si protraggono per tutto il mese di agosto senza
apprezzabili risultati. Il 30 agosto a Milano l'associazione degli
industriali proclama la serrata, gli operai rispondono con
l'occupazione delle fabbriche.
L'occupazione armata degli stabilimenti rappresenta il punto più
alto raggiunto dalla lotta di classe nel primo dopoguerra. La
situazione è ormai apertamente insurrezionale, ma accortamente il
governo Giolitti evita di intervenire, evitando così lo scontro
diretto fra proletariato e Stato, ma contando soprattutto sull'opera
di freno della direzione ultrariformista della Confederazione
Generale del Lavoro e sulla manifesta indisponibilità, nonostante i
proclami incendiari, della dirigenza massimalista del Partito
Socialista di mettersi a capo del movimento per garantirgli uno
sbocco politico, iniziando al contempo un lavoro di propaganda
all'interno di un esercito formato da soldati di leva nella quasi
totalità di ordine operaia e contadina.
Anche nel Savonese le fabbriche sono presidiate armi alla mano dagli
operai che le trasformano in veri e propri fortilizi proletari in
previsione di un attacco che non verrà. Ovunque si costituiscono i
consigli di fabbrica che non si limitano a gestire gli impianti e a
mandare avanti la produzione, ma acquisiscono sempre più apertamente
una caratterizzazione rivoluzionaria di organi di contropotere. Ma
gli operai restano chiusi nelle fabbriche e non portano la lotta
fuori. L'occupazione dura per l'intero mese di settembre, ma alla
fine, lasciato a se stesso dall'ignavia dei capi riformisti e privo
di sbocchi, il movimento rifluisce. La lezione sarà assimilata dalla borghesia che si mette alacremente all'opera per
organizzare una guardia bianca, quelle squadracce fasciste che,
diversamente dai socialisti che si erano chiusi in trincea,
inizieranno una guerra di movimento contro le organizzazioni operaie
e contadine, raccogliendo le forze per colpire Leghe bracciantili,
Camere del Lavoro, Comuni rossi e poi ritirarsi dopo aver fatto terra
bruciata. Una tattica spregiudicata e innovativa che porterà
nell'arco di un anno al rovesciamento dei rapporti di forza militari
e politici e poi nel 1922 alla marcia su Roma.
La sconfitta manifesta dalla classe operaia con il fallimento del
movimento delle occupazioni precipita la crisi del Partito
Socialista. All'interno della sezione savonese si fa strada la
convinzione dell'insufficienza della direzione massimalista e si
intensifica l'azione della componente rivoluzionaria ormai
maggioranza. Gli elementi riformisti vengono esclusi dalla lista per
le elezioni amministrative previste per il mese di novembre, mentre
il programma elettorale recisamente afferma che i socialisti "non
terranno calcolo alcuno dei limiti assegnati dalle attuali leggi
borghesi, persuasi che le illegalità di oggi costituiscono la
legalità del domani".
Il giorno delle elezioni il Comune viene conquistato con una
larghissima maggioranza e il 6 novembre viene eletto nuovo sindaco
Mario Accomasso, operaio metallurgico, esponente di primo piano della
Frazione comunista del PSI, già partecipante all'insurrezione
spartachista di Berlino (7), mentre la Giunta è composta da un
gruppo di operai massimalisti e comunisti.
6. "L'indipendente" 19 luglio 1919.
7. Mario Accomasso. Astigiano, operaio metallurgico, diserta dopo i moti dell'agosto
1917 a Torino. rifugiatosi in Svizzera, svolge un'intensa attività
internazionalista collaborando con Francesco Misiano. Espulso dalla
Svizzera, passa in Germania dove partecipa ai moti spartachisti di
Berlino. Arrestato, sconta 15 mesi di carcere. Figura centrale del
movimento comunista savonese, muore in circostanze mai chiarite nel
1924, probabilmente assassinato dai fascisti.
2. Continua