Nel Grande Tempo degli
archetipi pandemia ed epidemia sono momenti legati comunque, per
quanto negativi possano sembrarci, al ciclo dell’esistenza, che si
rinnova anche in queste forme tragiche ed a volta terrificanti
Raffaele K, Salinari
Se dietro la pandemia
si intravede la vita
Il grande Houdini il mago
della fuga, diceva spesso: «Se sapessi cosa viene dopo Abra, potrei
sfuggire anche alla morte». Ora, ingenuamente, tutti penseremo a
completare la magica parola ma, ovviamente, nulla di quanto auspicava
il mago potrebbe accadere, perché? Semplicemente perché, come
Houdini ben sapeva, noi abbiamo perduto il potere che nasce dalla
conoscenza etimologica di quella magica parola che significa,
letteralmente, «io creo ciò che dico». Ma il logos, la parola
creatrice, mantiene in potenza tutta la sua forza poietica, che viene
messa in atto ogni qualvolta la pronunciamo.
Ecco, allora, che certe
parole usate per definire una condizione che oggi tocca direttamente
ognuno di noi, vanno comprese nella loro forza etimologica, appunto
perché il loro potere sia nelle nostre mani e ce ne si possa servire
anche in funzione positiva.
Oggi due di queste parole
sono «epidemia» e «pandemia», entrambe con lo stesso etimos,
entrambe con un suono altamente negativo per ciò che veicolano e,
dunque, ancora più bisognose di essere capovolte, o almeno
rimodulate nel loro significato.
«Epidemico» significa
«sulla popolazione»; sin qui nulla di nuovo, ma forse è più
interessante richiamare la divinità del mondo antico associata a
questa parola: Dioniso. Quando il dio fa il suo ingresso in una
comunità a lui ignota, immediatamente il suo culto dilaga
contagiando persone di ogni estrazione sociale, proprio come un virus
sconosciuto. Perciò viene definito il dio epidemico. Eppure una
delle ragioni del successo del suo culto stava proprio nell’unicità
del suo rapporto con chi venerava, un rapporto personale ed al tempo
stesso universale, com’è appunto la malattia.
Ma Dioniso è soprattutto
il dio che rappresenta l’archetipo della Vita indistruttibile, di
quella ciclicità dell’esistenza che egli incarna attraverso una
caratteristica veramente scandalosa: Dioniso è un dio che muore;
muore per rinascere, come ci insegna la Natura Naturans nella
varietà delle sue forme.
L’altra parola, per
certi versi, è ancora più potente: pandemia. Certo il prefisso di
origine greca indica la totalità dell’infezione ma, ancora una
volta, nella parola stessa troviamo una sorta di contravveleno, un
germe positivo di speranza. Anche qui ci riferiamo ad un dio antico,
quel Pan che governa ed esprime le forze naturali, primigenie.
Plutarco in un suo
scritto chiamato De defectu oraculorum, riporta la cronaca di un
episodio narratogli da un certo Epiterse: «All’improvviso dalla
nebbia sul mare si sentì una voce dall’isola di Paxos. Quando
sarai a Palodes, annuncia che Pan il grande è morto. Quando infine
giunsero a Palodes, non un soffio di vento, non un’onda. Allora
Thamus, a gran voce, dalla poppa della nave e rivolto verso la terra,
annunciò che il grande Pan era morto. Ed egli non aveva quasi
finito, che si levò un lamentoso pianto, non di uno solo, ma di
molti, misto a stupore. E siccome molti uomini vi erano presenti, ben
presto la voce si sparse per Roma. L’imperatore Tiberio,
allora, mandò a chiamare Thamus, e tanta fu la sua fede nel racconto
del marinaio che volle informarsi e fare indagini su questo Pan: i
filologi di corte congetturarono che fosse il figlio di Ermes e
Penelope».
Un altro dio che muore,
un’altra divinità legata alla Natura. Ma il grande dio Pan non è
mai morto, molti lo incontrano nei momenti meno opportuni della loro
vita, quando un attacco di panico li gela sul posto e li rende
incapaci di qualsiasi azione. E allora, in conclusione, queste brevi
ascendenza mitologiche, cosa ci dicono?
Noi sappiamo, o dovremmo
sapere, che il mito viene ben prima della storia ma, soprattutto, che
la travalica ponendosi nel Grande Tempo degli archetipi. E dunque
pandemia ed epidemia sono momenti legati comunque, per quanto
negativi possano sembrarci, al ciclo dell’esistenza, che si rinnova
anche in queste forme tragiche ed a volta terrificanti.
Eppure, se riusciamo a
cogliere i fenomeni nel loro divenire ciclico, nella logica della
Zoè, della Vita senza aggettivi né forme caratterizzate, la paura e
l’ansia, grandi nemiche della lucidità ed anche delle difese
immunitarie, si attenuano, dandoci una forza d’animo che forse è
il presidio più potente contro il morbo: questa è la volontà di
vivere come la Vita ci dice di fare.
il Manifesto - 13 marzo
2020