Iniziamo la
pubblicazione di una serie di documenti, oggi poco conosciuti anche se
all'epoca fecero non poco scalpore, che testimoniano dell'influenza
esercitata sulle organizzazioni del movimento operaio italiano dallo
stalinismo che fu fenomeno non solo sovietico. Iniziamo dalla
accorata commemorazione tenuta in Senato in occasione della morte del
dittatore sovietico dal socialista Sandro Pertini.
Lo
stalinismo nel movimento operaio italiano
Sandro
Pertini commemora Giuseppe Stalin
Signor
Presidente, onorevoli colleghi il dolore e l'angoscia che sono in noi
impediscono ogni frase retorica ed ogni accento polemico. Dinanzi a
questa morte non si può rimanere che stupiti e costernati.
Stupiti,
per la grandezza che questa figura assume nella morte. La morte la
pone nella sua giusta luce; sicché uomini di ogni credo politico,
amici ed avversari, debbono oggi riconoscere l'immensa statura di
Giuseppe Stalin.
Egli
è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto.
Siamo costernati dinanzi a questa morte per il vuoto che Giuseppe
Stalin lascia nel suo popolo e nella umanità intera. Signori, se
abbandonate per un istante le vostre ostilità politiche, come le
abbandono io in questo momento, dovete riconoscere con me che la vita
di quest'uomo coincide per trent'anni con il corso dell'umanità
stessa. Quattro tappe, soprattutto, della esistenza di Stalin
rappresentano quattro pietre miliari della storia universale.
Ottobre
1917: questa data costituisce una svolta decisiva per la storia del
mondo, come la costituì il 14 luglio 1789. Il 14 luglio 1789 si
affermò e trionfò il Terzo Stato che dette una sua politica,
economica e sociale, a tutto il secolo XIX. L'ottobre 1917, segna
l'affermazione vittoriosa del Quarto Stato, il quale soprattutto da
quel giorno diviene da oggetto soggetto di storia. Per opera di
quella vittoria l'utopia d'uri tempo diventa realtà e quella che era
una speranza a sospingere le masse diseredate ed oppresse verso la
meta suprema diviene una certezza.
Altra
tappa della vita di Giuseppe Stalin è, a mio avviso, l'edificazione
socialista nella sua terra. Allora erano molti i pessimisti, gli
scettici che dicevano che non sarebbe stato possibile edificare il
socialismo in un paese solo. Invece questo Uomo, ereditando il
pensiero e lo insegnamento di Lenin, riuscì a trasformare il suo
popolo; riuscì a dargli anche una economia industriale, che sembrava
un tempo un sogno ed una pazzia, sfruttando le immense ricchezze che
il suolo della sua terra racchiudeva. Portò, così, il lavoratore
sovietico, liberato da ogni catena, ad un alto livello di vita e di
dignità umana. E, badate, signori, è stato questo sforzo gigantesco
a costruire ed a consolidare quella cittadella, contro cui più tardi
s'infrangerà la valanga nazista.
Ed
ecco la terza tappa che rappresenta un'altra pietra miliare per
l'unità e su cui deve essere scritta la parola « Stalingrado».
Signori, voi tutti ricorderete le ore angosciose che abbiamo vissuto
quando la valanga nazista si rovesciò sull'Unione Sovietica. Le
armate naziste già scorgevano le torri del Cremlino e le vette del
Caucaso. Ebbene, noi sentivamo che se, per dannata ipotesi, fosse
crollata l'Unione Sovietica, con l'Unione Sovietica - non
dimenticatelo voi che mi ascoltate - sarebbero crollate tutte le
speranze di un trionfo della libertà sulla dittatura nazifascista.
In quel momento sentivamo che uomini di tutti i credi politici
trattenevano il respiro consapevoli che la loro sorte era legata alla
sorte di Stalingrado. E Stalingrado diventò la Valmy della
Rivoluzione d'Ottobre e al mondo attonito offrì il miracolo di una
strepitosa vittoria, sotto la guida di Stalin. Allora comprendemmo
che da Stalingrado aveva inizio la vittoria delle armi democratiche
contro le armi della barbarie !
Vi è
poi l'ultima tappa, signori; altra pietra miliare sul cammino
dell'umanità. Se a me, umile e piccolo uomo di fronte a tanta
grandezza, fosse concesso di scoprire su questa pietra dei nomi, tre
ne scriverei : «Pace Roosevelt Stalin». Perché, signori, oggi noi
dobbiamo tutti riconoscere che lo sforzo che ha fatto questo uomo in
questi ultimi anni è stato quello di gettare le fondamenta di una
pace sicura e duratura. Ecco perché egli si intese subito con un
altro uomo che aveva indicato al suo ed agli altri popoli la strada
da seguire dopo la guerra, se si voleva veramente avviare il mondo
verso la pace e non verso un conflitto mondiale : Roosevelt. Non è
vero che Roosevelt sia stato ingannato! Egli ha ascoltato
semplicemente la sua coscienza, il suo grande spirito ; e ecco perché si intese subito con Giuseppe Stalin.
E
Giuseppe Stalin continuò su questa strada che era la strada della
pace.
Per
quale ragione, o signori, egli ebbe tanto a cuore questo bene
prezioso? Vedete, chi come noi è stato nell'Unione Sovietica ha
avuto la esatta impressione che i dirigenti della politica
dell'Unione Sovietica sentono di doversi preoccupare non soltanto
delle sorti del popolo lavoratore sovietico, ma anche delle sorti dei
lavoratori di tutta la terra. Ecco perché, o signori, noi
respingiamo sdegnosi e sdegnati l'insinuazione fatta da un'alta
autorità politica italiana ed apparsa stamani sui giornali e che
cioè Giuseppe Stalin «non abbia avuto comprensione per il popolo
lavoratore italiano». Le sorti del popolo lavoratore italiano
stavano a cuore a Giuseppe Stalin come gli stavano a cuore le sorti
del popolo suo e quelle di tutti i popoli della terra.
Egli
si è sempre battuto per la pace, consapevole che coloro che pagano
il più alto tributo di sangue e di sofferenze, nella guerra, sono i
suoi contadini e gli operai. E da buon socialista egli sapeva che non
si doveva volere la guerra per distruggere quanto la società attuale
ha costruito, bensì si deve tendere a trasformare la vecchia società
per edificarne una nuova. Questa è stata la sua volontà ferma ; per
questo egli negli ultimi anni si è battuto. Ha sempre respinto ogni
provocazione, ha sempre rinunciato ad atti di forza pur di difendere
questo bene che appartiene non solo al suo popolo, ma a tutta
l'umanità.
L'ultimo
suo atto come statista fu precisamente un nuovo appello per la pace.
Egli ha terminato bene la sua giornata, anche se troppo presto per
noi e per le sorti del mondo. L'ultima sua parola è stata di pace.
Ebbene, in questa ora per noi così triste, ci auguriamo che questo
invito alla pace, che rispecchia la volontà di tutti i lavoratori
della terra, non cada nel vuoto, ma venga raccolto da tutti coloro
che hanno nelle mani le sorti dei popoli.
6
marzo 1953
da
www.senato.it/