Nel 1921 nasceva il Partito Comunista d'Italia, sezione dell'Internazionale Comunista. Savona, allora significativo polo industriale, ne fu una delle prime roccaforti. La cosa è nota, meno conosciuto il ruolo svolto da Antonio Gramsci e dal gruppo torinese de "l'Ordine Nuovo" in questa vicenda. Iniziamo a pubblicare la prima parte di un lavoro che, nonostante i quasi trent'anni trascorsi dalla sua pubblicazione, riteniamo ancora di un qualche interesse.
Giorgio
Amico
Gramsci
a Savona
Prima
parte. Il dopoguerra
La città di Savona e il suo circondario conoscono negli anni
immediatamente precedenti lo scoppio della prima guerra mondiale un
periodo di intenso sviluppo industriale. (1)
Nonostante ciò, l'organizzazione sindacale è debole o, come nel
caso di portuali e marittimi, si caratterizza per un accentuato
corporativismo.
Altrettanto debole è il peso politico e organizzativo del Partito
Socialista che, interamente dedito a una politica tutta
elettoralistica e fondata sul compromesso e sui cosiddetti "blocchi
popolari", alleanze di forze spurie finalizzate al mero esercizio
del potere locale, non riesce ad esercitare una reale funzione di
guida di una classe operaia tutto sommato di recente formazione.
"L'organizzazione socialista - scrive nel 1912 Giacinto Menotti
Serrati - è in condizioni deplorevoli. Lunghi anni di inattività ne
hanno atrofizzato le energie e indebolita la compagine. Si è troppo
lasciato fare ai capeggiatori, si sono curati troppo i successi
personali e troppo si è creduto nell'esclusiva efficacia delle
agitazioni elettoralistiche, nelle combinazioni e nei commerci fra il
partito nostro ed i partiti affini o sedicenti tali". (2)
Con un sindacato egemonizzato dai riformisti ed un partito in mano a
piccoli gruppi di notabili locali il movimento operaio e socialista
non esprime che un'assai debole consistenza organizzativa. Nel 1914
gli iscritti alla Confederazione Generale del Lavoro non superano i
1500, mentre il partito conta poco più di un centinaio di iscritti.
Non stupisce che in tali condizioni l'opposizione alla guerra resti
limitata a pochi proclami della Camera del Lavoro e del Partito. Di
fronte ad una martellante campagna interventista a settembre 1914 si
iniziano a manifestare le prime divergenze sulla posizione che i
socialisti devono tenere nei confronti della guerra. A Savona la
maggioranza è per il mantenimento della neutralità assoluta, ma un
piccolo gruppo di riformisti chiede che l'Italia scenda in guerra
senza indugi a fianco della Francia e dell'Inghilterra. Il dissenso
si allarga dopo la scelta interventista di Mussolini, allora
direttore dell'Avanti!, molto seguito soprattutto dai giovani
socialisti. Anche a Savona il partito procede a numerose espulsioni,
così come numerose sono le dimissioni soprattutto fra intellettuali,
molti dei quali aderenti alla Massoneria, e studenti. Una delle
figure storiche del partito, l'avvocato Giuseppe Garibaldi, invia a
Mussolini, appena uscito dal PSI, una lettera di caldo appoggio a
nome di una non trascurabile parte dei socialisti savonesi.
Le conseguenze della guerra
Se per le masse popolari la guerra ha significato soprattutto lutti e
miseria (3), per il capitalismo italiano lo sforzo bellico
rappresenta una potente sferzata di energia, una spinta alla
concentrazione e alla modernizzazione dell'apparato produttivo e
Savona non fa eccezione.
"Savona progredisce - nota compiaciuto il principale organo di
stampa della borghesia cittadina - con la fondazione di nuovi
istituti che ne dimostrano la sempre crescente potenzialità
economica. Savona è ormai un importante centro di affari e di
produzione; è tra le principali piazze commerciali e marittime
d'Italia". (4)
La guerra innesca processi economici e sociali di enorme portata che
modificano radicalmente i tradizionali assetti di classe. se prima
della guerra la classe operaia risultava frammentata in una
molteplicità di piccole fabbriche e divisa al proprio interno da
interessi corporativi, ora è il proletariato industriale concentrato
in un pugno di grandi imprese che domina la scena, trascinandosi
dietro tutte le altre categorie. La Siderurgica (poi ILVA) occupa
oltre 5.000 operai, la vetreria Viglienzoni quasi 2.000, la Servettaz
Basevi circa 400, la Balbontin 200. A Vado Ligure si è andato
costituendo un complesso industriale metallurgico e chimico di tutto
rispetto: la Westinghouse occupa 2.000 operai, la Società Anonima
Carboni Fossili 200, la Italo-Americana Petroli 500, la Ferrotaie
1.000. Nella Valle Bormida il complesso di fabbriche di munizioni
della SIPE occupa negli stabilimenti di Ferrania e Cengio quasi 5.000
operai. Dai 1.500 iscritti del 1914 la Camera del Lavoro di Savona
passa ad organizzare nel 1920 oltre 20.000 lavoratori che supereranno
i 25.000 nel 1921.
Il malcontento e la delusione dei proletari smobilitati, l'odio
verso i borghesi che hanno voluto l'intervento e sulla guerra si sono
ulteriormente arricchiti, Il precipitare delle condizioni di vita e
di lavoro, la miseria crescente, la mancanza di lavoro dopo la
smobilitazione dei soldati al fronte, la corruzione e l'inefficienza
dello Stato: tutto porta a radicalizzare sempre di più la situazione
e a spingere alla lotta le masse operaie che, trascinate
dall'esaltante esempio dell'Ottobre russo, aspirano ad un nuovo e più
giusto ordine sociale.
"Fare come in Russia: chi non lavora non mangia" diventa la
parola d'ordine di masse non ancora del tutto giunte ad una
complessiva visione politica delle cose, ma già istintivamente
consapevoli che l'unica soluzione consiste nel radicale cambiamento
dell'assetto sociale borghese. Già al Congresso Nazionale della
FIOM, svoltosi a Roma nella prima settimana di novembre 1918, i due
delegati savonesi, gli operai della Siderurgica De Martini e
Verniani, votano a favore della mozione rivoluzionaria presentata da
Repossi, Montagnana e Tasca, tutti e tre futuri dirigenti comunisti.
Il Partito Socialista, che solo si era opposto alla guerra anche se
non senza ambiguità, incanala l'ondata di piena della collera
proletaria: in massa gli operai aderiscono al partito, abbandonano
quei riformisti che dal 1914 avevano fatto incessantemente
propaganda per la guerra. (5)
Nelle fabbriche, tra i militanti più attivi incomincia a circolare
una nuova rivista socialista che da poco esce a Torino e che incita
alla formazione dei consigli di fabbrica e all'autogoverno dei
produttori. Nelle sezioni socialiste e nella Camera del Lavoro
riecheggiano con sempre maggiore frequenza i nomi di Antonio Gramsci
e de "l'Ordine Nuovo".
Il gruppo torinese de "l'Ordine Nuovo" segue infatti da
tempo, visti gli storici legami fra le due città, con particolare
interesse la situazione savonese e già dai primi mesi del 1919 sono
stati allacciati regolari contatti finalizzati alla creazione alla
Siderurgica e più in generale nei principali stabilimenti del
Savonese di Consigli di fabbrica sul modello torinese.
1. Fino alla metà degli anni venti la Liguria era
amministrativamente divisa nelle province di Genova (con i circondari
di Genova, Chiavari, La Spezia, Savona e Albenga) e Porto Maurizio
(con i circondari di Porto Maurizio e Sanremo).
2. "Il Diritto" di Savona, 7 settembre 1912
3. La "grande guerra" costa al popolo italiano oltre 700 mila caduti, mezzo milione di invalidi e mutilati, oltre ad un altro
mezzo milione di morti per l'epidemia di "spagnola" la cui
disastrosa diffusione fu largamente favorita dalle condizioni di
denutrizione in cui la guerra aveva gettato le masse proletarie.
4. "L'Indipendente", 26 ottobre 1918.
5. Emblematica è la figura di Giuseppe Canepa, deputato e direttore
del quotidiano socialista "Il Lavoro" di Genova, principale
esponente del riformismo in liguria. Canepa fu prima sottosegretario
all'agricoltura e poi commissario agli approvvigionamenti.
1. Continua