Fortissima
oggi, e i motivi sono evidenti basta pensare allo scandalo petrolio
in Basilicata che riempie le pagine dei giornali, è la disaffezione
verso il voto come arma di cambiamento. Si dimentica che la conquista
dei diritti politici costò sudore e sangue alle classi popolari,
come dimostra il caso delle elezioni del 1882 a Savona, le prime non
riservate solo al ceto possidente. Una pagina di storia da non
dimenticare.
Giorgio Amico
L'associazionismo operaio e le
elezioni nella Savona del 1882
Nel 1882, accogliendo in
parte le istanze a favore di un allargamento del suffragio presentate
dalla sinistra ma anche da ambienti liberali e perfino clericali, il
governo acconsentì a modificare il sistema elettorale. La riforma fu
varata dopo accese discussioni alla Camera e al Senato con le leggi
del 22 gennaio e del 7 maggio 1882. La prima riguardante i requisiti
necessari per essere iscritti al voto, la seconda istituente un nuovo
sistema elettorale basato sul principio dello scrutinio di lista. Le
due leggi vennero poi unificate nel Testo Unico del 24 settembre
1882.
La nuova elettorale
stabiliva che per essere elettori occorresse aver compiuto il
ventunesimo anno di età contro i venticinque della precedente
normativa, saper leggere e scrivere e possedere almeno uno dei
seguenti requisiti: aver superato l'esame di seconda elementare o
pagare almeno 19,80 lire di imposte dirette contro le 40 precedenti.
Ciò permise ad una parte
notevole della classe operaia di allora di poter partecipare al voto,
anche se, escludendo gli analfabeti, la nuova legge veniva di fatto a
favorire le città del nord rispetto alle campagne del sud. Comunque
gli elettori, che nelle elezioni del maggio 1880 erano stati circa
seicentomila, pari al 2.2% della popolazione del Regno, triplicarono
passando a più di due milioni pari al 6,9%.
La riforma suscitò
vivaci discussioni nell'estrema sinistra che, favorevole al suffragio
universale senza limitazioni di censo o di titoli di studio, si
divise fra chi intendeva comunque approfittare dell'occasione pur
riconoscendone la portata limitata e chi invece la rifiutava in
blocco accampando motivi di principio.
Echi di questo dibattito,
che assunse presto toni assai accesi, ritroviamo nell'editoriale de
“Il Cittadino”, combattiva voce del movimento democratico, dedica
il 15 febbraio 1882 alla tanto discussa questione:
«Se
la legge, che venne votata da una Camera borghese, non risponde
perfettamente alle esigenze della Democrazia, non di meno è sempre
un grande vantaggio pel popolo, il quale può così più agevolmente
impromettersi il riscatto della schiavitù nazionale. Secondo noi,
dovere di tutte le forze della Democrazia militante tra cui
soprattutto i socialisti, è quello di concorrere all'urna compatti,
Sun fila serrate e di votare per candidati radicali e onesti (…) La
partecipazione alla prossima agitazione elettorale pei socialisti e
le altre gradazioni del partito democratico, secondo noi, non è un
problema da discutere, ma un dovere imprescindibile». (1)
Lo
stesso giornale aveva d'altronde già celebrato in toni civilmente
appassionati l'estensione del diritto di voto agli operai.
Nell'articolo « Sono cittadini» di V. Boldrini possiamo sentire
vibrare l'ingenuo orgoglio di chi si sente protagonista di un
avvenimento eccezionale:
«…
Anche l'operaio, anche il contadino oggi sono uomini – anzi sono
cittadini (...) se ieri eran nulla, o forse men che nulla, poiché
erano plebe (...) oggi sono gli elettori dei reggenti stessi della
Società. Oggi sono i cittadini. Oggi hanno una Patria (…). Operai,
non siamo più ventre, che a mala voglia si sfami. Siamo cittadini
che si guadagnano... il pane della vita (…). Invidiosi di nessuno,
saremo anzi generosi. Sotto la nostra bandiera che è quella del
lavoro, della modestia e del sacrifizio, noi accoglieremo anche chi
ci paga il salario. Purché non pretenda di essere il padrone! E sia
contento di esserci eguale». (2)
Coerentemente
con questa impostazione la Fratellanza Operaia, la più antica e
gloriosa delle associazioni democratiche savonesi, nomina una
speciale commissione incaricata di garantire l'iscrizione nelle liste
elettorali del maggior numero possibile di lavoratori. Il 19 febbraio
la commissione diffonde un « Manifesto agli operai» perchè
accorrano “numerosi e solleciti” a farsi registrare.
A
convincere anche i più restii della utilità della partecipazione
elettorale giunge alla fine del mese di febbraio la notizia che i
congressi appena svolti dei socialisti fiorentini e romagnoli hanno
respinto l'ipotesi astensionista «considerando che l'agitazione
elettorale potrà essere non solo un mezzo per propugnare le idee
socialiste, ma bensì anche la ragione di molte e grandi riunioni di
lavoratori nelle quali questi si intenderanno sempre meglio e si
affratelleranno ognor più per raggiungere un nuovo ordine di cose».
(3)
Da
Savona “Il Cittadino” plaude a questi deliberati ed auspica che
«col concorso dei rappresentanti del proletariato, la questione
sociale si potrà risolvere in modo conforme ai dettami della
giustizia ed ai sentimenti della sociale fratellanza». (4)
Il
Manifesto dei clericali
La
riforma elettorale spinge alla mobilitazione anche il mondo cattolico
o come era uso dire allora clericale. Il 24 marzo da Bologna il
Comitato Generale Cattolico Permanente diffonde un appello agli
«elettori di sani principi» perchè nelle ormai prossime elezioni
amministrative vengano prescelti candidati «di indubbia religione»
al fine «conservare cristiani i nostri comuni». L'attivismo
cattolico si allarga ben presto al nuovo soggetto politico
rappresentato dagli operai, qua e là si assiste alla nascita
improvvisa di società operaie cattoliche.
Allarmato
“Il Cittadino” nota acidamente che «molti furbi, che pochi
giorni or sono trattavano gli operai come carne da macello, o li
disprezzavano, o per lo meno ricusavano di riconoscerli come facenti
parte del consorzio umano, or cambiano sistema e cominciano ad
accarezzare, qua e là, nelle fabbriche, nelle officine, su per le
piazze, i lavoratori e con larghe promesse, pur di ingannarne la
buona fede, pur di carpirne il voto». (5)
La
breccia di Porta Pia infiamma ancora gli animi. Ad un articolo del
giornale della curia vescovile, “La Liguria Occidentale” che nei
socialisti vede «la bandiera del diavolo», dalle colonne de “Il
Cittadino” si replica che «il popolo è devoto maggiormente alla
bandiera del forcone anziché a quella dei Torquemada. La prima è
l'insegna della libera ragione, la seconda è l'insegna della
superstizione, della menzogna, dell'immoralità elevata a dogma della
setta dei preti». (6)
Anche
le autorità di governo, accusate di favorire per motivi di
conservazione sociale i clericali, non rimangono esenti da spunti
polemici. I democratici savonesi lamentano che «ai nostri giornali
repubblicani e socialisti e anticlericali, che propugnano una forma
di reggimento la quale indubbiamente racchiude libertà e uguaglianza
per tutti, il sequestro e le multe... agli uomini di sacrestia che
ogni giorno nei congressi, nelle scuole, nei loro fogli fanno voti
pel ristabilimento dello Stato Pontificio e della immorale e barbara
tirannia papale, impunità e favori!». (7)
Ma
al di là del fattore unificante rappresentato dalla polemica
anticlericale, le cose non vanno troppo bene per il movimento
democratico che, frammentato in una molteplicità di correnti, stenta
a trovare un terreno d'intesa che superi il personalismo, retaggio
del vecchio sistema incentrato sul notabilato. E' questo un dato
generale che va ben oltre i pur reali limiti della sinistra savonese,
per coinvolgere un movimento operaio intimamente lacerato tra furori
bakunniisti, suggestioni mazziniane e primi tentativi di
organizzazione politica autonoma.
A
conferma di tale malessere giunge l'ordine del giorno votato il 18
aprile dalla Consociazione Operaia Genovese secondo cui:
«considerando
che v'hanno partiti politici cui non pesa di consumare ibridi
compromessi... che i partiti che s'intitolano del Progresso più che
per il trionfo dei principi combattono oggi per levare in alto le
loro personali ambizioni: che ancora incompleta è la partecipazione
popolare alle elezioni... delibera di astenersi, allo stato attuale
delle cose, dal prendere parte alle prossime elezioni amministrative
di Genova».
La
notizia, inaspettata, esplode a Savona come una bomba riaprendo
vecchie polemiche mai sopite. Per tutta la primavera le associazioni
operaie, i circoli liberali e gli intellettuali democratici discutono
se, accettato il principio della partecipazione alle elezioni, sia
utile per il movimento democratico, diviso e impreparato, prendere
parte all'ormai imminente tornata amministrativa. Gradualmente viene
prevalendo un indirizzo simile a quello degli operai genovesi. Lo
schieramento democratico si divide. Da un lato un gruppo di elettori
liberali sostenuti dal giornale “Il Progresso” presenta una
propria lista, mentre i democratici vicini a “Il Cittadino” e al
Circolo Anticlericale optano per l'astensione.
Con
un editoriale a tutta pagina intitolato significativamente «Giunge
il nostro tempo» “Il Cittadino” supera i limiti del vecchio
rivoluzionarismo repubblicano per rivolgersi direttamente agli operai
che sull'onda impetuosa dello sviluppo industriale di fine secolo
appaiono sempre più il vero soggetto centrale di qualunque politica
di trasformazione sociale del Paese che voglia essere praticabile.
«
Le prossime elezioni generali saranno per la democrazia una nuova
prova... E' agli operai che noi ci rivolgiamo, l'avvenire è
riservato ad essi: blasoni, privilegi, dispotismi di classe debbon
cadere infranti davanti al sacro altare del lavoro. L'operaio che
fino ad ora fu considerato una macchina, una forza produttrice
qualunque, alla sua volta deve mostrare che ora anche per lui è
arrivato il suo tempo». (8)
Le
elezioni amministrative del 30 luglio segnano una volta ancora una
netta affermazione della lista clericale-moderata, nonostante il
forte astensionismo – votarono infatti solo 776 dei 2391 iscritti
nelle liste elettorali – confermi l'influenza del partito
democratico.
«I
clericali – scrive “Il Cittadino”- hanno ottenuto una completa
vittoria in articulo mortis. Era da aspettarselo. Noi li attendiamo
al redde rationem il giorno non remoto delle elezioni generali». (9)
Il
Programma della Massoneria
Consapevole
dei propri limiti, il movimento operaio savonese dedica i tre mesi
estivi ad una puntigliosa opera di riorganizzazione. Il 7 agosto nel
corso di una affollatissima assemblea la Consociazione Operaia elegge
un Comitato Elettorale Democratico Operaio composto dai cittadini
Giuseppe Murialdo, F.G. Gozo, G.B. Bolens, G.B. Lottero, Onorio
Blengini, Matteo Leveratto, Tito Vacca, Giuseppe Borzone, Giov. Maria
Negro, Salvatore Lippi, G.B. Cortese e Felice Spirito. Il Comitato,
che ha l'appoggio delle società operaie e della redazione de “Il
Cittadino”, ha il compito di coordinare gli sforzi elettorali del
movimento democratico, di creare sottocomitati nei principali centri
del circondario, di reperire fondi e di scegliere i candidati.
Ai
primi d'Ottobre scende in campo anche la Massoneria che si schiera
decisamente a fianco del movimento operaio e democratico. Il Grande
Oriente dirige a tutte le Officine della Comunione italiana una
circolare che invita i Maestri Venerabili a far presente ai
“Fratelli” i principi ispiratori della politica massonica in
campo elettorale. Innanzitutto si deve per quanto attiene la scelta
dei candidati «ricercare l'onestà della vita, l'integrità del
carattere e l'indipendenza morale». Vanno appoggiati candidati che
«ossequienti al principio della Sovranità Popolare, siene sempre
disposti ad allargare la base di tale sovranità (…) e a propugnare
tutte quelle Riforme che l'opinione pubblica ha già dimostrato e
dimostrerà sempre più per l'avvenire, utili e necessarie». Quindi
si devono scegliere candidati che: «Propugnino il discentramento
amministrativo – leggi agrarie se necessarie a bonificare terre
incolte e casse di prestito agricolo necessarie a salvare i piccoli
coltivatori che scompariscono spaventosamente, di giorno in giorno,
oppressi dalle tasse eccessive e da un'insopportabile fiscalità .
Sostengano l'abolizione completa del [la tassa sul] macinato e
propugnino la riduzione equa e onesta della tassa sul sale.
Suggeriscano e promuovano l'istituzione delle Camere sindacali
operaie ed agricole destinate a tutelare gli interessi dei
lavoratori. Sollecitino i risultati dell'inchiesta agraria ed i
provvedimenti igienici, economici e amministrativi contro la
pellagra, la malaria, le abitazioni insalubri. Il cibo insufficiente
alla vita, l'emigrazione». E ancora che promuovano l'istruzione
elementare generale ed obbligatoria, la riforma della legge penale e
l'umanizzazione del sistema carcerario, l'adozione di una politica
estera di pace «secondo lo spirito di giustizia e d'equità, non di
prepotenza, di conquista e di egoismo brutale» sostenendo il
principio dell'arbitrato internazionale in caso di contrasti fra
nazioni.
Il
manifesto del Grande Oriente, che di fatto fornisce un vero e proprio
programma politico al movimento democratico, ottiene larghe adesioni
anche nella nostra città. “Il Cittadino” lo riprende
dedicandogli l'intera prima pagina, le associazioni operaie ed i
circoli liberali lo discutono, mentre i giornali clericali fanno a
gara, soprattutto nelle campagne, ad evocare immagini diaboliche e a
denunciare oscuri e minacciosi complotti orditi dai “framassoni”.
Avvicinandosi
la data del 29 ottobre prevista per le elezioni, gli schieramenti
vengono sempre più delineandosi. Il Comitato Democratico Operaio, il
Comitato Progressista, la Fratellanza Operaia, il Club Progresso
Operaio decidono di proporre agli elettori una lista unitaria formata
dallo scrittore garibaldino Giuseppe Cesare Abba, dall'avvocato
Giuseppe Berio, dal marchese Nicola Mameli e dal cavaliere Adolfo
Sanguineti. I moderati appoggiati dall'organo della curia vescovile
“La Liguria Occidentale” e da numerosi periodici locali,
sostengono invece le candidature dell'onorevole Paolo Boselli, del
marchese Marcello De Mari, di Stefano Castagnola e di G. Rolando.
Da
una parte e dall'altra si affilano le armi. “Il Cittadino” mette
in guardia gli elettori operai affinchè non si facciano condizionare
dal vecchio sistema che privilegiava il voto ai notabili rispetto ai
programmi di partito.
«Non
sono più nomi che stanno di fronte nella lotta: ora sono due
partiti, il moderato alleato coi preti, il partito dell'avvenire e
del progresso. Per quale voteranno gli operai? Pel partito di Boselli
e compagnia che di questione sociale, di voto universale non si sono
mai interessati ed anzi hanno negato il voto ai diseredati; hanno
tentato di schiacciare le classi dei lavoratori di fronte
all'ingordigia dei capitalisti». (10)
Anche
i moderati non stanno certo a guardare, ma appoggiati dal clero
dedicano particolare cura alla propaganda nelle campagne come risulta
dalle corrispondenze che a decine giungono alla redazione de “Il
Cittadino” da Cairo, Dego, Sassello, Stella.
Il
29 ottobre giunge finalmente l'occasione tanto attesa dai
progressisti. Il collegio elettorale di Savona viene ripartito nei
circondari di Savona ed Albenga e nei mandamenti di Voltri e Sestri
Ponente. Le elezioni si svolgono in maniera regolare e vedono
l'affermazione della lista democratica che ottiene circa un migliaio
di voti in più della lista clericale-moderata. Per il particolare
meccanismo elettorale risultano però eletti i primi due candidati di
ogni lista e precisamente Sanguineti e Berio per il partito
democratico, Boselli e De Mari per quello moderato. Ovunque, con
l'eccezione di Finalmarina, prevalgono i democratici. Nelle cittadine
e nei centri di una qualche importanza, dove il livello di
istruzione è mediamente più alto, la lettura dei giornali è più
diffusa e soprattutto più forte è la presenza di operai
industriali, il corpo elettorale mostra di possedere una più
avanzata coscienza politica premiando massicciamente la lista
progressista, mentre nei comuni rurali, dove ancora molto forte è
l'influenza della Chiesa, la lista moderata sostanzialmente tiene. A
Savona, infine, polo industriale ma con un circondario agricolo non
disprezzabile, i due schieramenti sostanzialmente si equivalgono con
una lieve prevalenza dei democratici, mentre risulta schiacciante il
voto democratico nei mandamenti industriali “genovesi” di Voltri
e Sestri Ponente.
Comuni
|
Lista
democratica
|
Lista
moderata
|
Savona
|
3976
|
3744
|
Altare
|
702
|
329
|
Albenga
|
913
|
765
|
Cairo
|
804
|
331
|
Finalborgo
|
806
|
229
|
Finalmarina
|
202
|
338
|
Loano
|
481
|
313
|
Noli
|
402
|
216
|
Sassello
|
505
|
367
|
Varazze
|
430
|
360
|
Sestri
Ponente
|
2118
|
1047
|
Voltri
|
1664
|
1218
|
Per
le ancora inesperte associazioni operaie, povere di mezzi finanziari
e osteggiate dalle autorità di governo, è un clamoroso successo.
“Il Cittadino” tira così le somme della prima vera prova
elettorale a cui abbia mai preso parte il modo organizzato il
movimento operaio:
«
E' pertanto ai comuni rurali del Collegio che è d'uopo rivolgere
tutta la cura dei comitati, ed usare di tutte le possibili influenze
per infiltrare lo spirito nuovo in quelle buone e semplici
popolazioni, vittime per lo più della propria ignoranza abilmente
sfruttata dal clero, dai ricchi feudatari e dai di costoro agenti
(…). E per adempiere adeguatamente a questo imprescindibile compito
della democrazia, occorre non aspettare il tempo indetto per le
elezioni, che a poco o nulla approderebbe allora ogni sforzo nostro,
ma imitando in ciò i nostri avversari, è cosa indispensabile,
urgente che i liberali si diano pensiero degli elettori delle
campagne e mettano molta cura e diligenza nel promuovere e sviluppare
l'educazione politica, colla fondazione di associazioni operaie, di
club di divertimento e di istruzione e simili istituzioni, le quali
tendano specialmente ad avvicinare ed affratellare la gioventù,
sottraendola al pernicioso dominio del prete». (11)
Note
1)
“Il Cittadino” del 15/2/1882
2)
“Il Cittadino” del 14/2/1882
3)
“Il Cittadino” del 3/3/1882
4)
“Il Cittadino” del 6/3/1882
5)
“Il Cittadino” del 28/2/1882
6)
“Il Cittadino” del 2/8/1882
7)
“Il Cittadino” del 18/4/1882
8)
“Il Cittadino” del 14/7/1882
9)
“Il Cittadino” del 1/8/1882
10)
“Il Cittadino” del 18/10/1882
11)
“Il Cittadino” del 8/11/1882
Da: Pagine savonesi, luglio 1982