TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 8 aprile 2016

Associazionismo operaio ed elezioni nella Savona del 1882



Fortissima oggi, e i motivi sono evidenti basta pensare allo scandalo petrolio in Basilicata che riempie le pagine dei giornali, è la disaffezione verso il voto come arma di cambiamento. Si dimentica che la conquista dei diritti politici costò sudore e sangue alle classi popolari, come dimostra il caso delle elezioni del 1882 a Savona, le prime non riservate solo al ceto possidente. Una pagina di storia da non dimenticare.

Giorgio Amico

L'associazionismo operaio e le elezioni nella Savona del 1882

Nel 1882, accogliendo in parte le istanze a favore di un allargamento del suffragio presentate dalla sinistra ma anche da ambienti liberali e perfino clericali, il governo acconsentì a modificare il sistema elettorale. La riforma fu varata dopo accese discussioni alla Camera e al Senato con le leggi del 22 gennaio e del 7 maggio 1882. La prima riguardante i requisiti necessari per essere iscritti al voto, la seconda istituente un nuovo sistema elettorale basato sul principio dello scrutinio di lista. Le due leggi vennero poi unificate nel Testo Unico del 24 settembre 1882.

La nuova elettorale stabiliva che per essere elettori occorresse aver compiuto il ventunesimo anno di età contro i venticinque della precedente normativa, saper leggere e scrivere e possedere almeno uno dei seguenti requisiti: aver superato l'esame di seconda elementare o pagare almeno 19,80 lire di imposte dirette contro le 40 precedenti.

Ciò permise ad una parte notevole della classe operaia di allora di poter partecipare al voto, anche se, escludendo gli analfabeti, la nuova legge veniva di fatto a favorire le città del nord rispetto alle campagne del sud. Comunque gli elettori, che nelle elezioni del maggio 1880 erano stati circa seicentomila, pari al 2.2% della popolazione del Regno, triplicarono passando a più di due milioni pari al 6,9%.

La riforma suscitò vivaci discussioni nell'estrema sinistra che, favorevole al suffragio universale senza limitazioni di censo o di titoli di studio, si divise fra chi intendeva comunque approfittare dell'occasione pur riconoscendone la portata limitata e chi invece la rifiutava in blocco accampando motivi di principio.

Echi di questo dibattito, che assunse presto toni assai accesi, ritroviamo nell'editoriale de “Il Cittadino”, combattiva voce del movimento democratico, dedica il 15 febbraio 1882 alla tanto discussa questione:

«Se la legge, che venne votata da una Camera borghese, non risponde perfettamente alle esigenze della Democrazia, non di meno è sempre un grande vantaggio pel popolo, il quale può così più agevolmente impromettersi il riscatto della schiavitù nazionale. Secondo noi, dovere di tutte le forze della Democrazia militante tra cui soprattutto i socialisti, è quello di concorrere all'urna compatti, Sun fila serrate e di votare per candidati radicali e onesti (…) La partecipazione alla prossima agitazione elettorale pei socialisti e le altre gradazioni del partito democratico, secondo noi, non è un problema da discutere, ma un dovere imprescindibile». (1)



Lo stesso giornale aveva d'altronde già celebrato in toni civilmente appassionati l'estensione del diritto di voto agli operai. Nell'articolo « Sono cittadini» di V. Boldrini possiamo sentire vibrare l'ingenuo orgoglio di chi si sente protagonista di un avvenimento eccezionale:

«… Anche l'operaio, anche il contadino oggi sono uomini – anzi sono cittadini (...) se ieri eran nulla, o forse men che nulla, poiché erano plebe (...) oggi sono gli elettori dei reggenti stessi della Società. Oggi sono i cittadini. Oggi hanno una Patria (…). Operai, non siamo più ventre, che a mala voglia si sfami. Siamo cittadini che si guadagnano... il pane della vita (…). Invidiosi di nessuno, saremo anzi generosi. Sotto la nostra bandiera che è quella del lavoro, della modestia e del sacrifizio, noi accoglieremo anche chi ci paga il salario. Purché non pretenda di essere il padrone! E sia contento di esserci eguale». (2)

Coerentemente con questa impostazione la Fratellanza Operaia, la più antica e gloriosa delle associazioni democratiche savonesi, nomina una speciale commissione incaricata di garantire l'iscrizione nelle liste elettorali del maggior numero possibile di lavoratori. Il 19 febbraio la commissione diffonde un « Manifesto agli operai» perchè accorrano “numerosi e solleciti” a farsi registrare.

A convincere anche i più restii della utilità della partecipazione elettorale giunge alla fine del mese di febbraio la notizia che i congressi appena svolti dei socialisti fiorentini e romagnoli hanno respinto l'ipotesi astensionista «considerando che l'agitazione elettorale potrà essere non solo un mezzo per propugnare le idee socialiste, ma bensì anche la ragione di molte e grandi riunioni di lavoratori nelle quali questi si intenderanno sempre meglio e si affratelleranno ognor più per raggiungere un nuovo ordine di cose». (3)

Da Savona “Il Cittadino” plaude a questi deliberati ed auspica che «col concorso dei rappresentanti del proletariato, la questione sociale si potrà risolvere in modo conforme ai dettami della giustizia ed ai sentimenti della sociale fratellanza». (4)



Il Manifesto dei clericali

La riforma elettorale spinge alla mobilitazione anche il mondo cattolico o come era uso dire allora clericale. Il 24 marzo da Bologna il Comitato Generale Cattolico Permanente diffonde un appello agli «elettori di sani principi» perchè nelle ormai prossime elezioni amministrative vengano prescelti candidati «di indubbia religione» al fine «conservare cristiani i nostri comuni». L'attivismo cattolico si allarga ben presto al nuovo soggetto politico rappresentato dagli operai, qua e là si assiste alla nascita improvvisa di società operaie cattoliche.

Allarmato “Il Cittadino” nota acidamente che «molti furbi, che pochi giorni or sono trattavano gli operai come carne da macello, o li disprezzavano, o per lo meno ricusavano di riconoscerli come facenti parte del consorzio umano, or cambiano sistema e cominciano ad accarezzare, qua e là, nelle fabbriche, nelle officine, su per le piazze, i lavoratori e con larghe promesse, pur di ingannarne la buona fede, pur di carpirne il voto». (5)

La breccia di Porta Pia infiamma ancora gli animi. Ad un articolo del giornale della curia vescovile, “La Liguria Occidentale” che nei socialisti vede «la bandiera del diavolo», dalle colonne de “Il Cittadino” si replica che «il popolo è devoto maggiormente alla bandiera del forcone anziché a quella dei Torquemada. La prima è l'insegna della libera ragione, la seconda è l'insegna della superstizione, della menzogna, dell'immoralità elevata a dogma della setta dei preti». (6)

Anche le autorità di governo, accusate di favorire per motivi di conservazione sociale i clericali, non rimangono esenti da spunti polemici. I democratici savonesi lamentano che «ai nostri giornali repubblicani e socialisti e anticlericali, che propugnano una forma di reggimento la quale indubbiamente racchiude libertà e uguaglianza per tutti, il sequestro e le multe... agli uomini di sacrestia che ogni giorno nei congressi, nelle scuole, nei loro fogli fanno voti pel ristabilimento dello Stato Pontificio e della immorale e barbara tirannia papale, impunità e favori!». (7)

Ma al di là del fattore unificante rappresentato dalla polemica anticlericale, le cose non vanno troppo bene per il movimento democratico che, frammentato in una molteplicità di correnti, stenta a trovare un terreno d'intesa che superi il personalismo, retaggio del vecchio sistema incentrato sul notabilato. E' questo un dato generale che va ben oltre i pur reali limiti della sinistra savonese, per coinvolgere un movimento operaio intimamente lacerato tra furori bakunniisti, suggestioni mazziniane e primi tentativi di organizzazione politica autonoma.

A conferma di tale malessere giunge l'ordine del giorno votato il 18 aprile dalla Consociazione Operaia Genovese secondo cui:

«considerando che v'hanno partiti politici cui non pesa di consumare ibridi compromessi... che i partiti che s'intitolano del Progresso più che per il trionfo dei principi combattono oggi per levare in alto le loro personali ambizioni: che ancora incompleta è la partecipazione popolare alle elezioni... delibera di astenersi, allo stato attuale delle cose, dal prendere parte alle prossime elezioni amministrative di Genova».



La notizia, inaspettata, esplode a Savona come una bomba riaprendo vecchie polemiche mai sopite. Per tutta la primavera le associazioni operaie, i circoli liberali e gli intellettuali democratici discutono se, accettato il principio della partecipazione alle elezioni, sia utile per il movimento democratico, diviso e impreparato, prendere parte all'ormai imminente tornata amministrativa. Gradualmente viene prevalendo un indirizzo simile a quello degli operai genovesi. Lo schieramento democratico si divide. Da un lato un gruppo di elettori liberali sostenuti dal giornale “Il Progresso” presenta una propria lista, mentre i democratici vicini a “Il Cittadino” e al Circolo Anticlericale optano per l'astensione.

Con un editoriale a tutta pagina intitolato significativamente «Giunge il nostro tempo» “Il Cittadino” supera i limiti del vecchio rivoluzionarismo repubblicano per rivolgersi direttamente agli operai che sull'onda impetuosa dello sviluppo industriale di fine secolo appaiono sempre più il vero soggetto centrale di qualunque politica di trasformazione sociale del Paese che voglia essere praticabile.

« Le prossime elezioni generali saranno per la democrazia una nuova prova... E' agli operai che noi ci rivolgiamo, l'avvenire è riservato ad essi: blasoni, privilegi, dispotismi di classe debbon cadere infranti davanti al sacro altare del lavoro. L'operaio che fino ad ora fu considerato una macchina, una forza produttrice qualunque, alla sua volta deve mostrare che ora anche per lui è arrivato il suo tempo». (8)

Le elezioni amministrative del 30 luglio segnano una volta ancora una netta affermazione della lista clericale-moderata, nonostante il forte astensionismo – votarono infatti solo 776 dei 2391 iscritti nelle liste elettorali – confermi l'influenza del partito democratico.

«I clericali – scrive “Il Cittadino”- hanno ottenuto una completa vittoria in articulo mortis. Era da aspettarselo. Noi li attendiamo al redde rationem il giorno non remoto delle elezioni generali». (9)



Il Programma della Massoneria

Consapevole dei propri limiti, il movimento operaio savonese dedica i tre mesi estivi ad una puntigliosa opera di riorganizzazione. Il 7 agosto nel corso di una affollatissima assemblea la Consociazione Operaia elegge un Comitato Elettorale Democratico Operaio composto dai cittadini Giuseppe Murialdo, F.G. Gozo, G.B. Bolens, G.B. Lottero, Onorio Blengini, Matteo Leveratto, Tito Vacca, Giuseppe Borzone, Giov. Maria Negro, Salvatore Lippi, G.B. Cortese e Felice Spirito. Il Comitato, che ha l'appoggio delle società operaie e della redazione de “Il Cittadino”, ha il compito di coordinare gli sforzi elettorali del movimento democratico, di creare sottocomitati nei principali centri del circondario, di reperire fondi e di scegliere i candidati.

Ai primi d'Ottobre scende in campo anche la Massoneria che si schiera decisamente a fianco del movimento operaio e democratico. Il Grande Oriente dirige a tutte le Officine della Comunione italiana una circolare che invita i Maestri Venerabili a far presente ai “Fratelli” i principi ispiratori della politica massonica in campo elettorale. Innanzitutto si deve per quanto attiene la scelta dei candidati «ricercare l'onestà della vita, l'integrità del carattere e l'indipendenza morale». Vanno appoggiati candidati che «ossequienti al principio della Sovranità Popolare, siene sempre disposti ad allargare la base di tale sovranità (…) e a propugnare tutte quelle Riforme che l'opinione pubblica ha già dimostrato e dimostrerà sempre più per l'avvenire, utili e necessarie». Quindi si devono scegliere candidati che: «Propugnino il discentramento amministrativo – leggi agrarie se necessarie a bonificare terre incolte e casse di prestito agricolo necessarie a salvare i piccoli coltivatori che scompariscono spaventosamente, di giorno in giorno, oppressi dalle tasse eccessive e da un'insopportabile fiscalità . Sostengano l'abolizione completa del [la tassa sul] macinato e propugnino la riduzione equa e onesta della tassa sul sale. Suggeriscano e promuovano l'istituzione delle Camere sindacali operaie ed agricole destinate a tutelare gli interessi dei lavoratori. Sollecitino i risultati dell'inchiesta agraria ed i provvedimenti igienici, economici e amministrativi contro la pellagra, la malaria, le abitazioni insalubri. Il cibo insufficiente alla vita, l'emigrazione». E ancora che promuovano l'istruzione elementare generale ed obbligatoria, la riforma della legge penale e l'umanizzazione del sistema carcerario, l'adozione di una politica estera di pace «secondo lo spirito di giustizia e d'equità, non di prepotenza, di conquista e di egoismo brutale» sostenendo il principio dell'arbitrato internazionale in caso di contrasti fra nazioni.

Il manifesto del Grande Oriente, che di fatto fornisce un vero e proprio programma politico al movimento democratico, ottiene larghe adesioni anche nella nostra città. “Il Cittadino” lo riprende dedicandogli l'intera prima pagina, le associazioni operaie ed i circoli liberali lo discutono, mentre i giornali clericali fanno a gara, soprattutto nelle campagne, ad evocare immagini diaboliche e a denunciare oscuri e minacciosi complotti orditi dai “framassoni”.

Avvicinandosi la data del 29 ottobre prevista per le elezioni, gli schieramenti vengono sempre più delineandosi. Il Comitato Democratico Operaio, il Comitato Progressista, la Fratellanza Operaia, il Club Progresso Operaio decidono di proporre agli elettori una lista unitaria formata dallo scrittore garibaldino Giuseppe Cesare Abba, dall'avvocato Giuseppe Berio, dal marchese Nicola Mameli e dal cavaliere Adolfo Sanguineti. I moderati appoggiati dall'organo della curia vescovile “La Liguria Occidentale” e da numerosi periodici locali, sostengono invece le candidature dell'onorevole Paolo Boselli, del marchese Marcello De Mari, di Stefano Castagnola e di G. Rolando.

Da una parte e dall'altra si affilano le armi. “Il Cittadino” mette in guardia gli elettori operai affinchè non si facciano condizionare dal vecchio sistema che privilegiava il voto ai notabili rispetto ai programmi di partito.

«Non sono più nomi che stanno di fronte nella lotta: ora sono due partiti, il moderato alleato coi preti, il partito dell'avvenire e del progresso. Per quale voteranno gli operai? Pel partito di Boselli e compagnia che di questione sociale, di voto universale non si sono mai interessati ed anzi hanno negato il voto ai diseredati; hanno tentato di schiacciare le classi dei lavoratori di fronte all'ingordigia dei capitalisti». (10)

Anche i moderati non stanno certo a guardare, ma appoggiati dal clero dedicano particolare cura alla propaganda nelle campagne come risulta dalle corrispondenze che a decine giungono alla redazione de “Il Cittadino” da Cairo, Dego, Sassello, Stella.

Il 29 ottobre giunge finalmente l'occasione tanto attesa dai progressisti. Il collegio elettorale di Savona viene ripartito nei circondari di Savona ed Albenga e nei mandamenti di Voltri e Sestri Ponente. Le elezioni si svolgono in maniera regolare e vedono l'affermazione della lista democratica che ottiene circa un migliaio di voti in più della lista clericale-moderata. Per il particolare meccanismo elettorale risultano però eletti i primi due candidati di ogni lista e precisamente Sanguineti e Berio per il partito democratico, Boselli e De Mari per quello moderato. Ovunque, con l'eccezione di Finalmarina, prevalgono i democratici. Nelle cittadine e nei centri di una qualche importanza, dove il livello di istruzione è mediamente più alto, la lettura dei giornali è più diffusa e soprattutto più forte è la presenza di operai industriali, il corpo elettorale mostra di possedere una più avanzata coscienza politica premiando massicciamente la lista progressista, mentre nei comuni rurali, dove ancora molto forte è l'influenza della Chiesa, la lista moderata sostanzialmente tiene. A Savona, infine, polo industriale ma con un circondario agricolo non disprezzabile, i due schieramenti sostanzialmente si equivalgono con una lieve prevalenza dei democratici, mentre risulta schiacciante il voto democratico nei mandamenti industriali “genovesi” di Voltri e Sestri Ponente.

Comuni
Lista
democratica
Lista
moderata
Savona
3976
3744
Altare
702
329
Albenga
913
765
Cairo
804
331
Finalborgo
806
229
Finalmarina
202
338
Loano
481
313
Noli
402
216
Sassello
505
367
Varazze
430
360
Sestri Ponente
2118
1047
Voltri
1664
1218

Per le ancora inesperte associazioni operaie, povere di mezzi finanziari e osteggiate dalle autorità di governo, è un clamoroso successo. “Il Cittadino” tira così le somme della prima vera prova elettorale a cui abbia mai preso parte il modo organizzato il movimento operaio:

« E' pertanto ai comuni rurali del Collegio che è d'uopo rivolgere tutta la cura dei comitati, ed usare di tutte le possibili influenze per infiltrare lo spirito nuovo in quelle buone e semplici popolazioni, vittime per lo più della propria ignoranza abilmente sfruttata dal clero, dai ricchi feudatari e dai di costoro agenti (…). E per adempiere adeguatamente a questo imprescindibile compito della democrazia, occorre non aspettare il tempo indetto per le elezioni, che a poco o nulla approderebbe allora ogni sforzo nostro, ma imitando in ciò i nostri avversari, è cosa indispensabile, urgente che i liberali si diano pensiero degli elettori delle campagne e mettano molta cura e diligenza nel promuovere e sviluppare l'educazione politica, colla fondazione di associazioni operaie, di club di divertimento e di istruzione e simili istituzioni, le quali tendano specialmente ad avvicinare ed affratellare la gioventù, sottraendola al pernicioso dominio del prete». (11)

Note

1) “Il Cittadino” del 15/2/1882
2) “Il Cittadino” del 14/2/1882
3) “Il Cittadino” del 3/3/1882
4) “Il Cittadino” del 6/3/1882
5) “Il Cittadino” del 28/2/1882
6) “Il Cittadino” del 2/8/1882
7) “Il Cittadino” del 18/4/1882
8) “Il Cittadino” del 14/7/1882
9) “Il Cittadino” del 1/8/1882
10) “Il Cittadino” del 18/10/1882
11) “Il Cittadino” del 8/11/1882

Da: Pagine savonesi, luglio 1982