Piero Sacchetto
Il titolo pare quello di
un Arcano Maggiore del mazzo dei Tarocchi: racchiude infatti destini
e avventure, miserie e desideri, forza di disperazione, addii,
abbracci, sogni e tante altre cose.
Basta trovare il tempo
per leggere la carta, girarla, ed entrare in un universo di
disinteresse e rimorsi, di empatie di un attimo, non tutte e non
sempre sincere; di egoismi e di rimproveri all’ostinazione di chi
insiste a farsi spazio nelle pieghe di un destino che pare a senso
unico: il domani sta più in là, sulle tracce di passi segnati che
possono confondersi o interrompersi e portare a vita o a morte.
Prende forma così
l’altra faccia della carta, disegnata dalla mano che si chiude e si
ritira o da quella che invece ne stringe un’altra le dà forza fino
all’ultimo passo fuori dall’inferno.
Già troppe parole! Ora
il disegno della carta è completo e ogni segno in più rischierebbe
di cancellare qualcuno di quelli già tracciati.
Sì, perché ci sono
parole che cancellano e molto spesso i pensieri del silenzio fanno
meno danni. E’ da pensieri silenziosi che sono nati i lavori
esposti. Silenzio e tempo hanno cercato colori, forme e materiali che
non graffiassero volti già troppo segnati, che non mortificassero
gesti già troppo disperati. Nelle geografie dei colori, nei pieni e
nei vuoti delle superfici appena suggeriti non si incontrano i volti
di “quelli” che sanno di andare per restare, vivi o morti.
Da un inciampo casuale
nei versi di Erri de Luca raccolti nel titolo SOLO ANDATA
(Feltrinelli, 2014), che ho “rubato”, è cominciato il mio
viaggio di meditazione silenziosa. Ne è scaturito un racconto dei
miei pensieri che avevo idea di condividere con chi, interessato,
potesse regalarmene qualcuno dei suoi.