TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 9 ottobre 2019

Storia popolare della rivoluzione cubana 5. Verso la vittoria




Ultima parte della nostra breve storia popolare della rivoluzione cubana che tratta della lotta degli studenti e degli operai, della fallita offensiva di Batista e della conquista da parte dell'esercito guerrigliero dell'Avana e delle altre principali città.

Giorgio Amico

Storia popolare della rivoluzione cubana 5. Verso la vittoria

All'inizio del 1958 la guerriglia aveva ormai assunto il pieno controllo della Sierra, un territorio di quasi tremila chilometri quadrati all'interno del quale si era di fatto costituito un vero e proprio apparato logistico molto sofisticato. Nascoste alla ricognizione aerea dalla rigogliosa vegetazione tropicale funzionavano a pieno ritmo una officina per la riparazione delle armi, una calzoleria, una fabbrica di bombe e munizioni, una macelleria e perfino una piccola manifattura di sigari ! I feriti e gli ammalati venivano curati in una serie di piccoli ospedali da campo che fungevano anche da ambulatori per la popolazione civile. Dovunque si aprivano scuole. Per Fidel e il Che l'analfabetismo e la miseria erano nemici che andavano combattuti fin da subito con lo stesso accanimento con cui si lottava contro le truppe di Batista. Il 10 ottobre, intanto, Fidel aveva promulgato sulla Sierra la legge di riforma agraria. Nel territorio liberato i guerriglieri procedevano ad assegnare la terra ai contadini. Il sogno di José Martí si stava avverando. Sotto gli occhi impotenti dell'imperialismo yanqui nasceva una nuova Cuba. Come riconobbe il giornalista americano Matthews, che ne fu conquistato :

"Ciò che io vidi per primo... era che i migliori elementi della società cubana e tutti i giovani si stavano finalmente unendo insieme per creare una nuova, onesta e democratica Cuba". (1)

La guerriglia disponeva inoltre di un suo giornale "El Cubano Libre", stampato con un vecchio ciclostile datato 1903 e di una stazione radio che il 24 febbraio iniziò le sue trasmissioni dalla Sierra con lo storico annuncio:

"Aquí Radio Rebelde ! Aquí Radio Rebelde que transmite desde la Sierra Maestra en el Territorio Libre de Cuba !".

"El Cubano libre" riprendeva la testata dell'organo della lotta di liberazione contro la Spagna. Il Che nell'editoriale del primo numero spiegava le ragioni della continuità della guerriglia sulla Sierra con la lotta di liberazione nazionale: la lotta per l'indipendenza nazionale non era terminata, al dominio spagnolo si era sostituito l'imperialismo yanqui. Lotta per la democrazia e impegno antimperialista non potevano essere disgiunte nella difficile battaglia per l'affermazione di una società più giusta e libera.

I GIOVANI CONTRO LA DITTATURA

Trascinata dall'esempio della Sierra, anche nelle città si intensificava la lotta contro la dittatura. Agli inizi dell'anno i presidenti delle tre grandi federazioni studentesche dell'Avana, di Santiago e di Las Villas dichiararono uno sciopero generale a tempo indeterminato dell'università. Nessun studente avrebbe più seguito le lezioni finché non fossero state ristabilite le garanzie democratiche previste dalla costituzione del 1940. Il sabotaggio delle vie di comunicazione raggiunse livelli tali da costringere le autorità a mantenere segreto l'orario ferroviario nella provincia d'Oriente e a far scortare i convogli da reparti dell'esercito. Il 23 febbraio il campione del mondo di automobilismo Manuel Fangio venne rapito all'Avana mentre si accingeva a disputare il Gran Premio e rilasciato dopo che la notizia ebbe fatto il giro del mondo. Messa in allarme dal rapido radicalizzarsi della situazione anche la Chiesa cattolica decise alla fine di febbraio di intervenire nella situazione politica cubana. Rompendo con l' atteggiamento di grande prudenza tenuto fino ad allora, il 10 marzo i vescovi cubani invitarono le parti alla formazione di un governo di unità nazionale e ad una politica di riconciliazione. Ma la base era andata già oltre. Molti giovani cattolici fra cui numerosi sacerdoti militavano nel Movimento 26 Luglio. Dello Stato Maggiore guerrigliero della Sierra Maestra faceva parte con il grado di comandante un giovane sacerdote, padre Sardiñas, di cui ha scritto Castro:

" Il lavoro che svolgeva tra i contadini non era di tipo politico ma religioso. Poichè da quelle parti non veniva mai un prete, la sua presenza e il fatto che svolgesse la sua attività sacerdotale, battezzando molti bambini, era un modo per legare ancor più quelle famiglie alla Rivoluzione, alla guerriglia, rafforzando i vincoli tra la popolazione e il comando guerrigliero. Direi che egli svolgeva la sua predicazione e il suo lavoro politico in modo indiretto... Da noi non esisteva la figura vera e propria del cappellano, ma gli fu riconosciuto il titolo di comandante, in riconoscimento del suo grado e dei suoi meriti". (2)

Nuovi focolai guerriglieri si andavano intanto accendendo sulle montagne, soprattutto nella selvaggia regione dell'Escambray.(3) Alcuni facevano riferimento all'opposizione borghese che tentava in questo modo di inserirsi nella guerriglia e di contrastare la leadership castrista del movimento di liberazione nazionale.Altri dipendevano dal Partito comunista che, dopo lunghi tentennamenti, nel febbraio del 1958 era giunto infine alla decisione di appoggiare apertamente la lotta armata, invitando i membri del partito ad unirsi a Castro o, come nel caso della colonna Máximo Gómez, a costruire proprie unità guerrigliere. Altri infine non rappresentavano nulla di più di bande di avventurieri e sbandati, dediti più al brigantaggio che alla lotta rivoluzionaria. I contadini li chiamavano "comevacas" (mangiavacche), perchè l'unica loro attività era la requisizione del bestiame e il taglieggiamento sistematico della popolazione civile. La banda più nota di comevacas era comandata da un americano, William A. Morgan, ex ufficiale dei paracadutisti, fucilato dopo la vittoria della rivoluzione in quanto riconosciuto colpevole di aver operato come agente provocatore al soldo della CIA per allontanare i contadini dal movimento guerrigliero. La situazione si caratterizzava sempre più come prerivoluzionaria con un governo incapace di riprendere il controllo del paese ed un movimento rivoluzionario non ancora in grado di lanciare la spallata finale. Di conseguenza Fidel Castro decise che era giunto il momento di allargare il raggio d'azione della lotta armata. Il 10 marzo 1958 Raúl Castro alla testa di sessantacinque uomini lasciò la Sierra Maestra per andare ad aprire un nuovo fronte guerrigliero sulla Sierra Cristal, lungo la costa settentrionale della provincia di Oriente. Denominata "Frank Pais" la nuova colonna n.6 a bordo di jeeps e camion con un'audace spedizione durata venti ore raggiunse la zona di operazioni prescelta nonostante gli incessanti attacchi del nemico. Contemporaneamente Juan Almeida (4) venne inviato con un'altra colonna ad aprire un "Terzo Fronte" nella parte più orientale della Sierra Maestra, immediatamente a ridosso della città di Santiago. Il mese successivo Camilo Cienfuegos si spostò a nord, nella zona di Bayamo, mentre il Che con la colonna n.4 continuava ad operare sulla Sierra Maestra centrale.

IL FALLIMENTO DELLO SCIOPERO GENERALE

Nonostante i successi della guerriglia, i dirigenti del fronte cittadino manifestavano una crescente insofferenza nei confronti di una tattica che secondo loro sottovalutava il ruolo delle città per puntare tutto sulla guerra rivoluzionaria sulle montagne. Alcuni addirittura tacciavano di "militarismo" i capi dei fronti guerriglieri e non risparmiavano neppure lo stesso Fidel, accusato a mezza bocca di "caudillismo". A febbraio la tendenza del "Llano" ritornò prepotentemente alla carica, tentando di imporre la propria direzione strategica al Movimento. Esponenti del Direttorato nazionale de l'Avana, attaccarono Fidel, accusandolo di non conoscere la reale situazione dei rapporti di forza nelle città e proponendo con estrema determinazione l'organizzazione in tempi brevi di un grande sciopero generale insurrezionale destinato ad assestare la spallata decisiva al regime, considerato ormai agonizzante. Nonostante non concordasse con tali analisi e ritenesse il momento ancora prematuro per l'insurrezione, Castro si ritrovò in minoranza, costretto a cedere al fine di evitare una pericolosa frattura fra il Comando generale della Sierra e il Direttorio nazionale del movimento. Nella veste di delegato del Direttorio Faustino Perez si recò ai primi di marzo sulla Sierra e, dopo varie discussioni con Castro e gli altri comandanti militari, firmò assieme a Fidel un nuovo manifesto intitolato "Guerra totale contro la tirannia". Il manifesto, articolato su ventidue punti, asseriva trionfalmente che "la lotta contro Batista è entrata nella sua fase finale" e che "per sferrare il colpo finale è basilare uno sciopero generale, appoggiato da azioni militari". Secondo le direttive impartite alle organizzazioni rivoluzionarie nel corso del mese di marzo i comitati d'azione che operavano clandestinamente nelle città dovevano scatenare una vera e propria guerra totale. In ogni luogo di lavoro di una qualche dimensione andava costituito un "fronte unito dei lavoratori" che riunisse gli operai indipendentemente dall'appartenenza politica intorno alla parole d'ordine dello sciopero insurrezionale. Se la parte militare dell'azione fu svolta con indubbia perizia, nella sola capitale nel mese di marzo si verificarono centinaia di atti di sabotaggio e di attentati contro le installazioni nemiche, l'azione politica, segnò il passo. Nonostante le indicazioni di Fidel di aprirsi a tutti i gruppi di opposizione presenti nelle fabbriche con particolare attenzione ai comunisti, emersero nei dirigenti del fronte sindacale atteggiamenti di grande settarismo. Così, nonostante l'apparato clandestino del Partito Socialista Popolare avesse espresso l'intenzione di aderire allo sciopero, i comitati d'azione rifiutarono di aprirsi ai comunisti. L'organizzazione dello sciopero fu assunta in pieno dal Movimento 26 Luglio, privo di reale radicamento nelle organizzazioni dei lavoratori. Emblematico il caso de l'Avana dove il comitato d'azione era diretto da un gruppo di intellettuali, in gran parte espressione della borghesia radicale, del tutto sconosciuti ai lavoratori. (5) A complicare ulteriormente le cose giunsero le dichiarazioni di Faustino Pérez, improntate ad un moderatismo che non poteva di certo riscuotere grandi consensi nella classe operaia:

"L'attuale movimento rivoluzionario è ben lontano dall'essere comunista...il nostro leader Castro non farà parte del governo provvisorio... creeremo un clima di fiducia e di sicurezza per l'investimento del capitale nazionale e straniero necessario per il nostro sviluppo industriale". (6)

Anche il Frente Obrero Nacional, l'organizzazione sindacale del Movimento 26 Luglio, (7) diretto da David Salvador (8) prese un atteggiamento di estrema chiusura nei confronti dei lavoratori comunisti, sottovalutando del tutto il problema della costruzione delle alleanze nel movimento di classe. Male organizzato e diretto in modo settario, lo sciopero generale si risolse in un fallimento. Le masse operaie risposero in modo limitato al proclama del Movimento 26 Luglio e l'esercito e la polizia di Batista non ebbero difficoltà a reprimere i pochi focolai di lotta. Il 9 aprile, giorno dello sciopero, in tutta l'isola oltre cento militanti operai furono assassinati e diverse altre centinaia arrestati. Il prestigio del movimento rivoluzionario ne uscì a pezzi. Batista trasse la conclusione che la situazione stesse cambiando a favore del regime e che, dopo il clamoroso fallimento dello sciopero, fosse possibile porre all'ordine del giorno la liquidazione dello stesso movimento guerrigliero, organizzando una massiccia operazione militare contro la Sierra Maestra. Opinione condivisa dall'intera stampa internazionale che dava ormai per finita la guerriglia castrista. Significativamente il New York Times, il giornale che fino ad allora più si era espresso a favore di Castro, titolava un articolo del 16 aprile dedicato alla situazione di Cuba: "Fidel Castro ha ormai i giorni contati". Come annotò il Che nei suoi ricordi:

"A partire da febbraio l'insurrezione aveva continuato a gonfiarsi, fino a minacciare di trasformarsi in una valanga incontenibile. Il popolo si levava contro la dittatura in tutto il paese, soprattutto nell'Oriente. Dopo il fallimento dello sciopero generale decretato dal Movimento, l'ondata decrebbe fino a raggiungere il suo minimo in giugno...". (9)

Il morale fra i rivoluzionari era talmente basso che l'esercito lanciò una massiccia campagna propagandistica, invitando gli insorti alla resa. A migliaia di copie un volantino dello Stato Maggiore fu distribuito nelle zone di guerra. Nel testo si prometteva l'incolumità e l'amnistia per chi avesse abbandonato la guerriglia e consegnato le armi.

"Compatriota: Se per il fatto di esserti trovato coinvolto in complotti insurrezionali ti trovi ancora in campagna o in montagna, hai ora l'occasione di rimediare e di tornare in seno alla tua famiglia. il Governo ha ordinato che si rispetti la tua vita e che tu sia inviato al tuo focolare se deporrai le armi e tornerai al rispetto della Legge... presentati al posto militare, di Marina o di Polizia più vicino... Se ti trovi in una zona disabitata, porta con te la tua arma appesa a una spalla e presentati con le mani in alto. Se ti presenti in zona urbana, lascia il tuo armamento nascosto in luogo sicuro, per comunicarne poi l'ubicazione in modo che sia recuperato immediatamente. Non perdere tempo, perchè le operazioni per la pacificazione totale continueranno con maggiore intensità nella zona dove tu ti trovi". (10)

LA RETTIFICA DELLA LINEA

Il 3 maggio 1958 si tenne sulla Sierra , in un luogo chiamato Los Altos de Monpié, una riunione straordinaria della Direzione nazionale del Movimento 26 Luglio, per analizzare il perché del fallimento dello sciopero e definire una volta per tutte i rapporti tra montagna e pianura. Alla riunione, che si rivelò di "un'importanza eccezionale" (11) per la prosecuzione della strategia rivoluzionaria, fu invitato anche il Che, il quale, pur non facendo parte della direzione politica del Movimento, era ormai unanimemente considerato il capo militare più rappresentativo dopo Castro. (12) La discussione fu aspra a causa dell'atteggiamento rigidamente settario di David Salvador e dei rappresentanti del FON che difendevano a spada tratta il loro netto rifiuto di qualunque collaborazione con le organizzazioni del partito comunista. Alla fine si impose l'autorità morale di Fidel, il suo indiscutibile prestigio e la consapevolezza nella maggioranza dei presenti che si erano compiuti gravi errori di valutazione nell'analisi della situazione da parte dei dirigenti della pianura.
Lo sciopero era servito a mostrare nei fatti l'inaffidabilità dell'ala liberale e moderata del Movimento. Dopo un giorno e una notte di acceso dibattito, la Direzione deliberò un documento in cui si definivano le posizioni di Salvador "impregnate di soggettivismo e di putschismo", si criticava severamente l'avventurismo e il settarismo dei dirigenti della pianura e si riorganizzava radicalmente lo Stato Maggiore del Movimento. Fidel Castro fu nominato segretario generale del movimento e comandante in capo di tutte le forze, comprese le unità della milizia urbana che fino a quel momento erano state sotto il comando dei dirigenti delle città. Faustino Pérez e David Salvador vennero rimossi dai loro incarichi. Come ha scritto il Che nei suoi ricordi:

" Ci dividevano differenze di visione strategica. La Sierra era ormai sicura di poter portare avanti la lotta di guerriglia: e cioè di estenderla ad altre zone e accerchiare così dalle campagne le città della tirannia, per arrivare poi a far esplodere tutto l'apparato del regime mediante una tattica di strangolamento e di logoramento. Il Llano aveva una posizione apparentemente più rivoluzionaria, e cioè quella della lotta armata in tutte le città che avrebbe dovuto convergere in uno sciopero generale che avrebbe fatto cadere Batista e avrebbe reso possibile la presa del potere in un tempo abbastanza ravvicinato. Questa posizione era solo apparentemente più rivoluzionaria perchè a quell'epoca l'evoluzione politica dei compagni della pianura era molto incompleta... la loro origine politica, che non era stata gran che influenzata dal processo di maturazione rivoluzionaria, li faceva inclinare piuttosto a una azione "civile" e a una certa opposizione contro il caudillo che si temeva in Fidel e alla frazione "militarista" che rappresentavamo noi della Sierra". (13)

Per ovviare ai metodi settari seguiti dai dirigenti del FON e ricucire lo strappo con il Partito Socialista Popolare, la Direzione nazionale del 26 Luglio redasse anche una circolare sul lavoro nelle fabbriche:

"Continuiamo a considerare - si legge nel documento - lo sciopero generale come strategia finale corretta, ma intendiamo incrementare l'azione armata che ci consentirà di innalzare il morale rivoluzionario. Già la provincia di Oriente è in nostro potere. Il FON è stato creato come un organismo che unificasse tutti i settori. In realtà siamo stati troppo rigidi quando si è trattato di farvi entrare altri gruppi, il che ha creato certe riserve in altre forze sindacali. Ribadiamo quanto ha detto Fidel il 26 marzo: tutti gli operai hanno diritto di far parte dei comitati di sciopero. La direzione nazionale è disposta a parlare a Cuba con qualsiasi organizzazione dell'opposizione per coordinare piani specifici e compiere azioni concrete che tendano ad abbattere la tirannia". (14)

Un segnale chiaro di disgelo tra il Movimento guerrigliero e i comunisti del Partito Socialista Popolare venne dall'incontro l'11 aprile tra il dirigente contadino Pepe Ramirez e Raúl Castro. Raúl era stato inviato ad aprire un secondo fronte di lotta in una regione dove tradizionalmente il partito comunista godeva di forte influenza tra i contadini. In un primo momento il fratello di Fidel si dedicò a riportare ordine nella regione, dove bande armate operavano al di fuori di ogni controllo politico. In poche settimane, usando se necessario metodi durissimi, Raúl sradicò il fenomeno dello spontaneismo armato, unificando sotto il suo comando le bande attive sulla Sierra Cristal e liquidando senza pietà ogni forma di banditismo. Ristabilito un minimo di ordine rivoluzionario nella zona, Raúl affrontò con decisione il problema dei rapporti con il PSP. Dall'incontro con Ramirez la guerriglia ottenne l'assicurazione che i quadri del PC si sarebbero messi a disposizione della lotta armata e questo senza porre particolari condizioni politiche. Immediatamente Ramirez e i suoi compagni iniziarono un'intensa attività di chiarificazione politica, radunando i contadini e spiegando loro la necessità di fornire un concreto aiuto alla guerriglia. Sempre più i guerriglieri avvicinavano il loro raggio d'azione alla base aeronavale degli Stati uniti sulla baia di Guantánamo, da dove, nonostante le dichiarazioni formali del governo americano, continuavano a giungere rifornimenti militari per Batista. In particolare a Guantánamo si rifornivano gli aerei che andavano poi a bombardare la popolazione civile della zona del secondo fronte nella Sierra Cristal, dove Raúl Castro aveva creato un vero e proprio territorio liberato. Per far cessare i bombardamenti alla fine di giugno Raúl ordinò un'audace colpo di mano nell'area di Guantánamo, sequestrando una cinquantina di militari e tecnici statunitensi. In cambio della liberazione degli ostaggi il console americano a Santiago fu costretto a negoziare la cessazione effettiva degli aiuti militari all'aviazione cubana.

L'OFFENSIVA DI BATISTA

Il 24 maggio l'esercito di Batista sferrò una massiccia offensiva contro la Sierra Maestra allo scopo di accerchiare e distruggere il movimento guerrigliero. Nella zona vennero concentrate le unità d'elite dell'esercito, diciassette battaglioni, ciascuno appoggiato da una compagnia corazzata, con una massiccia copertura aerea. L'offensiva, denominata "Operacíon Verano" puntava a tagliare le linee di rifornimento di Castro, rioccupare gran parte della Sierra e chiudere i guerriglieri in una sacca da ripulire, poi, sistematicamente con l'ausilio della Guardia Rurale. Dodicimila uomini, un terzo dell'intero esercito cubano, accerchiarono la Sierra, poi lentamente, partendo dalla pianura, iniziarono le operazioni di rastrellamento. Ai primi di giugno, di fronte ad un'offensiva che per le sue dimensioni appariva decisiva, Fidel impartì a tutti i comandi partigiani l'ordine di resistere in modo elastico, senza incaponirsi a difendere a tutti i costi le posizioni. Occorreva soprattutto rallentare l'avanzata del nemico, riducendo al minimo le perdite in uomini e materiali e poi ripiegare verso punti strategici di più agevole difesa.

"Dopo il fallimento di questa offensiva - diceva l'ordine di Castro - Batista sarà irrimediabilmente perduto ed egli lo sa e per questo compirà il suo massimo sforzo. Questa è la battaglia decisiva... Stiamo dirigendo le cose in modo da trasformare questa offensiva in un disastro per la dittatura". (15)

Per alcune settimane l'esercito avanzò nella Sierra senza incontrare grande resistenza. I ribelli sembravano svaniti nel nulla. Due battaglioni al comando del colonnello Sánchez Mosquera, uno dei più feroci ufficiali batistiani, raggiunsero il 19 giugno la zona di Santo Domingo nel cuore delle montagne. E proprio lì, in una delle più aspre e impervie regioni della Sierra Maestra scattò la controffensiva dei guerriglieri. Un diluvio di fuoco si scatenò su truppe esauste, non abituate al clima umido della foresta, annichilite dalla fatica e dal caldo. In tre giorni di feroce combattimento le truppe di Mosquera furono annientate, molti furono presi prigionieri, pochissimi riuscirono a fare ritorno alle basi di partenza. Lo stesso Mosquera, fu ferito e a stento riuscì a mettersi in salvo. Nelle mani dei partigiani caddero ingenti quantitativi di armi e munizioni, oltre ad un'intera stazione radio con tanto di codici cifrati. La vittoria di Santo Domingo si rivelò subito decisiva. l'esercito ribelle passò alla controffensiva ovunque, mentre migliaia di contadini insorti attaccavano pattuglie isolate, facevano saltare ponti, minavano strade e sentieri alle spalle delle truppe. Accerchiati, isolati in una regione sconosciuta e ostile, senza più rifornimenti, i battaglioni batistiani iniziarono a sbandarsi. Le diserzioni si contarono a centinaia, reparti interi passarono, dopo aver fucilato i comandanti, dalla parte dei ribelli. Alla fine di luglio non si contava più un solo soldato regolare sulla Sierra. L'esercito aveva perso tra morti e feriti oltre mille uomini, 443 erano i prigionieri. In mano ai ribelli erano caduti due carri armati, 2 mortai da 81 mm., 2 bazooka, 12 mitragliatrici pesanti, centinaia di armi leggere, 100 mila pallottole e
tonnellate di munizioni e di rifornimenti. Dal canto loro i partigiani avevano avuto ventisette morti e una cinquantina di feriti. Le dimensioni della vittoria erano veramente straordinarie. Poco meno di trecento uomini male armati avevano fermato e messo in fuga oltre dodicimila soldati, il fior fiore dell'esercito di Batista. Dalla Sierra Maestra Fidel lanciò la parola d'ordine dell'insurrezione generale. Occorreva dare il colpo decisivo alla dittatura, prima che con l'aiuto nordamericano potesse riorganizzare le sue forze. Tutta Cuba diventava terreno di battaglia, tutto il popolo doveva insorgere. Nessuna tregua, nessuna pietà per il nemico. Ai soldati della dittatura veniva lasciata una sola possibilità: o arrendersi o morire.

"Le colonne ribelli - annunciava Fidel da Radio Rebelde - avanzeranno in tutte le direzioni verso il resto del territorio nazionale senza che nulla e nessuno possa fermarle. Se un comandante cade, un altro occuperà il suo posto. Il popolo di Cuba deve prepararsi ad aiutare i nostri combattenti. Ogni villaggio... può diventare campo di battaglia. La popolazione civile deve essere avvertita perchè possa sopportare valorosamente le privazioni della guerra... ". (16)

LA BATTAGLIA FINALE

Alla fine dell'estate, rafforzato dalla straordinaria vittoria ottenuta contro le truppe batistiane mandate all'attacco della Sierra Maestra, Fidel Castro poteva contare su circa ottocento combattenti, per la prima volta ben forniti di armi e munizioni. Tre colonne, al comando di Almeida, dovevano completare l'accerchiamento della capitale della provincia di Oriente, Santiago. Un'altra, agli ordini di Camilo Cienfuegos doveva portarsi all'altro capo dell'isola, nell'estrema provincia occidentale di Pinar del Río, mentre il Che, alla testa della colonna n. 8, doveva impadronirsi della provincia di Las Villas, secondo un foglio d'ordini che riportiamo integralmente:

"Si affida al comandante Ernesto Guevara la missione di condurre dalla Sierra Maestra fino alla provincia di Las Villas una colonna ribelle e di operare in detto territorio d'accordo con il piano strategico dell'Esercito Ribelle. La colonna 8 destinata a tale obiettivo, porterà il nome di Ciro Redondo (17) e partirà da Las Mercedes tra il 24 e il 30 agosto. Si nomina il comandante Ernesto Guevara capo di tutte le unità ribelli del Movimento 26 Luglio che operino nella provincia di Las Villas, tanto nelle zone rurali come nelle zone urbane e gli si concede facoltà di raccogliere e di disporre per le spese di guerra i contributi fissati dai nostri provvedimenti militari, di applicare il codice penale e le leggi agrarie dell'Esercito Ribelle nel territorio in cui opereranno le sue forze, di coordinare operazioni, piani, provvedimenti di carattere amministrativo e organizzativo militare con altre forze armate che operino nella provincia e che dovrebbero essere invitate a integrarsi in un solo esercito per strutturare e unificare lo sforzo militare della rivoluzione; inoltre di organizzare unità locali di combattimento e di nominare ufficiali dell'Esercito Ribelle fino al grado di comandante di colonna. La colonna 8 avrà come obiettivo strategico quello di battere incessantemente il nemico nel territorio centrale di Cuba e di intercettare, fino a paralizzarli totalmente, i movimenti di truppe nemiche via terra da occidente a oriente, più altri che gli verranno opportunamente ordinati.

F.to Il comandante in capo, Fidel Castro Ruz, Sierra Maestra, 21 agosto 1958, ore 9 p.m.". (18)

La guerriglia, rotto l'accerchiamento della Sierra Maestra, si trasforma da questo momento in vera e propria guerra di movimento. Il rapporto di forze volge ormai decisamente a favore della rivoluzione. Le colonne di Camilo e del Che, forti di appena ottanta e centoquaranta combattenti, in un mese e mezzo di marce forzate attraversano la provincia centrale di Camagüey e, nonostante la pressione di migliaia di soldati nemici, iniziano a realizzare l'obiettivo di tagliare in due l'isola per impedire ogni collegamento fra l'Avana e la provincia di Oriente, ormai quasi totalmente in mano all'Esercito Ribelle. A posteriori sembra incredibile che due colonne così piccole, senza comunicazioni con il grosso delle forze ribelli, abbiano potuto impiantarsi in un territorio controllato dal nemico e in pochi mesi ribaltare il rapporto di forze e vincere. La risposta ancora una volta si trova negli scritti del Che:

"Il soldato nemico... è il socio minore del dittatore, l'uomo che riceve l'ultima delle briciole lasciategli dal penultimo dei profittatori, di una lunga catena che ha inizio in Wall Street e finisce con lui. E' disposto a difendere i suoi privilegi, ma nella misura in cui sono importanti. Il suo stipendio e le sue prebende valgono qualche sofferenza e qualche pericolo, ma non valgono mai la sua vita: se è al prezzo di essa che può conservarli, preferisce lasciar perdere, cioè ritirarsi di fronte al pericolo guerrigliero...(I guerriglieri, invece) ... sotto la bandiera della riforma agraria, la cui realizzazione incomincia nella Sierra Maestra... arrivano a scontrarsi con l'imperialismo; sanno che la riforma agraria è la base sulla quale edificare la nuova Cuba; sanno anche che la riforma agraria darà la terra a tutti gli espropriati, ma esproprierà coloro che la possiedono ingiustamente...; hanno imparato a superare le difficoltà con coraggio, con audacia e, soprattutto, con l'appoggio del popolo e hanno ormai visto il futuro di liberazione che li aspetta oltre le sofferenze". (19)

Il 7 novembre Fidel lasciò il suo quartier generale sulle montagne e alla testa di trecento uomini iniziò la marcia verso la capitale della provincia d'Oriente, Santiago di Cuba. Dalla Sierra Cristal anche Raúl Castro iniziò l'avvicinamento a Santiago. Uno dopo l'altro i centri abitati della pianura cadevano nelle mani dei ribelli. Impotente ad arrestare l'avanzata dei partigiani, Batista scatenò le sue ultime forze contro la popolazione civile. L'aviazione prese a bombardare selvaggiamente le zone liberate, causando migliaia di vittime innocenti fra la popolazione civile. Erano bombe americane quelle che seminavano la morte fra i cubani. Era il segnale chiaro per tutti che dopo la vittoria la rivoluzione non sarebbe stata indolore, che una guerra ben più aspra sarebbe iniziata contro l'imperialismo. In un biglietto a Celia Sánchez, Fidel confessava con rabbia:

"Celia, vedendo le bombe-razzo che hanno lanciato contro la casa di Mario ho giurato a me stesso che gli americani pagheranno ben caro quello che stanno facendo. Quando questa guerra finirà, ne comincerà un'altra, per me, molto più lunga e grande: sarà la guerra che farò contro di loro. Mi rendo conto che questo sarà il mio vero destino". (20)

LO SCIOPERO GENERALE INSURREZIONALE

A dicembre le principali basi dell'esercito erano ormai circondate, mentre Santiago era sul punto di cadere nelle mani dei ribelli. La demoralizzazione regnava ormai fra i generali. Lo stesso generale Tabernilla dovette comunicare a Batista che fantasticava di nuove offensive che " I soldati sono stanchi e gli ufficiali non vogliono combattere. Non c'è più nulla da fare". (21) Le sorti della guerra si decisero fra Natale e Capodanno. Il 31 dicembre, dopo un lungo assedio, Camilo Cienfuegos occupò l'importante piazzaforte di Yagujay. Il 29 dicembre la colonna del Che attaccò la città di Santa Clara, capitale della provincia di Las Villas e punto nodale per l'avanzata verso l'Avana. Dopo quattro giorni di intensi combattimenti, il pomeriggio del 1° gennaio Santa Clara cadeva nelle mani del Che. Intanto il 28 dicembre il comandante della guarnigione di Santiago, generale Eulogio Cantillo, aveva incontrato segretamente Castro per negoziare il cessate il fuoco. Cantillo ottenne di poter lasciare in aereo Santiago per raggiungere l'Avana e convincere gli altri generali a deporre Batista e a cedere le armi ai ribelli. In realtà il generale si mise a disposizione degli americani che sul punto di scaricare l'ormai bruciato Batista intendevano impedire ad ogni costo la vittoria della guerriglia. In una concitata riunione con l'ambasciatore americano Smith, i generali decisero la formazione di una giunta militare che sarebbe stata immediatamente riconosciuta da Washington e dall'opposizione cubana di Miami come governo di transizione verso la democrazia. Alle due e dieci del mattino del 1° gennaio, mentre all'Avana, la gente festeggiava il Capodanno, Fulgenzio Batista abbandonava precipitosamente Cuba con destinazione Santo Domingo. Informato dell'accaduto, Fidel Castro dai microfoni di Radio Rebelde lanciava un appello al popolo cubano perchè insorgesse in armi contro i generali:

" Una Giunta Militare in complicità col tiranno ha assunto il potere per garantire la sua fuga e quella dei principali assassini e per cercare di frenare la spinta rivoluzionaria, privandoci della vittoria. L'Esercito Ribelle continuerà la sua irrefrenabile campagna e accetterà solo la resa incondizionata delle guarnigioni militari. Il popolo di Cuba e i lavoratori devono immediatamente prepararsi per iniziare il 2 gennaio in tutto il paese uno sciopero generale che appoggi le armi rivoluzionarie, garantendo in tal modo la vittoria totale della rivoluzione. Sette anni di eroica lotta, migliaia di martiri che hanno versato il loro sangue in ogni luogo di Cuba, non verranno messi al servizio di coloro che fino a ieri furono complici e responsabili della tirannia e dei suoi crimini, perchè continuino a comandare a Cuba. I lavoratori, seguendo le direttive del FON del Movimento 26 Luglio, devono, oggi stesso, occupare tutti i sindacati mujalisti e organizzarsi nelle fabbriche e nei centri di lavoro per iniziare all'alba di domani la paralizzazione completa del paese. Batista e Mujal (22) sono fuggiti, ma i loro complici sono rimasti al comando dell'esercito e dei sindacati. Colpo di stato per tradire il popolo: NO ! Equivarrebbe a prolungare la guerra. Fin quando Columbia (23) non si sarà arresa, la guerra non potrà terminare. Questa volta niente e nessuno potrà impedire il trionfo della rivoluzione. Lavoratori, questo è il momento in cui tocca a voi assicurare il trionfo della rivoluzione. Sciopero generale rivoluzionario in tutti i territori liberati!". (24)

Il 2 gennaio l'intera isola era paralizzata dallo sciopero, mentre nelle principali città squadre di operai armati, organizzate dal PSP e dal FON, prendevano il controllo degli edifici pubblici. Di fronte al precipitare della situazione, una parte dell'esercito si schierò con Fidel. I prigionieri politici vennero liberati, mentre i soldati distribuivano le armi agli insorti. Da Santiago Fidel ordinò a Camilo Cienfuegos e al Che di raggiungere alla testa delle loro truppe l'Avana, che fu occupata senza colpo ferire. L'8 gennaio, mentre lo sciopero generale durava ancora, Fidel raggiunse la capitale accolto da una popolazione festante. La guerra di liberazione era terminata. Dopo quasi un secolo di lotte, Cuba era finalmente libera. Iniziava ora la parte più difficile della rivoluzione, la costruzione di una nuova Cuba, democratica e socialista. Una lotta che si sarebbe rivelata ben più dura e ingrata della guerra sulle montagne.

NOTE:

  1. H.L. Matthews, op. cit., pag. 53
  2. Frei Betto, op. cit., pag. 153
  3. Massiccio montuoso con cime alte fino a 1200 metri, situato nella regione meridionale della provincia di Las Villas.
  4. Operaio edile, partecipò all'assalto al Moncada. Condannato a dieci anni di carcere, dopo l'amnistia seguì Fidel in Messico. Uno dei principali capi militari della guerriglia. Dopo la rivoluzione comandante delle Forze Aeree cubane e viceministro della Difesa. Membro dell'Ufficio politico del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba. Poeta e autore di canzoni di successo.
  5. Faustino Perez, Manuel Ray (un ingegnere), David Salvador (responsabile del lavoro sindacale del Movimento 26 Luglio), Fernández Ceballos ( esponente della chiesa evangelica), Carlos Lechuga (giornalista vicino al partito "ortodosso") e Eladio Blanco (un medico molto noto nei quartieri "alti" della capitale).
  6. H.Thomas, op. cit., pag 756
  7. Il Fronte Operaio nazionale (FON) era stato costituito all'indomani dell'assassinio di Frank País allo scopo di operare nei luoghi di lavoro per portare la classe operaia cubana sulle posizioni del Movimento 26 Luglio. Diretto con metodi settari, non riuscì a radicarsi se non superficialmente fra i lavoratori.
  8. Operaio zuccheriero, ex dirigente della gioventù comunista. Animato da forti risentimenti verso il PSP entrò nel Movimento 26 luglio nel 1956, dal 1957 creatore e responsabile del Frente Obrero Nacional (FON) a cui impresse un marcato carattere settario ed anticomunista. Principale responsabile del fallimento dello sciopero del 9 aprile. Dopo la rivoluzione membro dell'esecutivo della Central trabajadores de Cuba revolucionaria. Esponente della corrente del Movimento 26 Luglio contraria alla fusione con i comunisti, costituì un'organizzazione clandestina controrivoluzionaria. Scoperto e arrestato, fu condannato per tradimento.
  9. E. Guevara, op. cit., pag. 161
  10. E. Guevara, op. cit., pp. 161-162
  11. E. Guevara, Scritti, discorsi e diari di guerriglia, Torino 1969, pag. 211
  12. Alla riunione, oltre al Che e a Fidel Castro, presero parte Faustino Pérez, René Ramos Latour, Vilma Espín, Nico Torres, Luis Busch, Celia Sánchez, Marcelo Fernández, Haydée Santamaría, David Salvador, Enso Infante.
  13. E. Guevara, op. cit., pp. 236-238
  14. E. Guevara, op. cit., pag. 215
  15. S. Tutino, op. cit., pag. 276
  16. S. Tutino, op. cit., pag.279
  17. Ciro Redondo, membro della spedizione del Granma. Caduto eroicamente in combattimento nel novembre 1957. Promosso "Comandante alla memoria".
  18. E. Guevara, op. cit., pag. 239
  19. E. Guevara, op. cit., pp. 485-486
  20. S. Tutino, op. cit., pag. 285
  21. H. Thomas, op. cit., pag. 779
  22. Eugenio Mujal, ex comunista, capo dei sindacati cubani, legato alla CIA e alle organizzazioni gangsteristiche nordamericane. Fuggì da Cuba assieme a Batista.
  23. Principale base militare della capitale. Sede del comando delle Forze armate.
  24. E. Guevara, op. cit., p. 259