Ultima parte della
nostra breve storia popolare della rivoluzione cubana che tratta
della lotta degli studenti e degli operai, della fallita offensiva di
Batista e della conquista da parte dell'esercito guerrigliero
dell'Avana e delle altre principali città.
Giorgio Amico
Storia popolare della
rivoluzione cubana 5. Verso la vittoria
All'inizio del 1958 la
guerriglia aveva ormai assunto il pieno controllo della Sierra, un
territorio di quasi tremila chilometri quadrati all'interno del quale
si era di fatto costituito un vero e proprio apparato logistico molto
sofisticato. Nascoste alla ricognizione aerea dalla rigogliosa
vegetazione tropicale funzionavano a pieno ritmo una officina per la
riparazione delle armi, una calzoleria, una fabbrica di bombe e
munizioni, una macelleria e perfino una piccola manifattura di sigari
! I feriti e gli ammalati venivano curati in una serie di piccoli
ospedali da campo che fungevano anche da ambulatori per la
popolazione civile. Dovunque si aprivano scuole. Per Fidel e il Che
l'analfabetismo e la miseria erano nemici che andavano combattuti fin
da subito con lo stesso accanimento con cui si lottava contro le
truppe di Batista. Il 10 ottobre, intanto, Fidel aveva promulgato
sulla Sierra la legge di riforma agraria. Nel territorio liberato i
guerriglieri procedevano ad assegnare la terra ai contadini. Il sogno
di José Martí si stava avverando. Sotto gli occhi impotenti
dell'imperialismo yanqui nasceva una nuova Cuba. Come riconobbe il
giornalista americano Matthews, che ne fu conquistato :
"Ciò che io vidi
per primo... era che i migliori elementi della società cubana e
tutti i giovani si stavano finalmente unendo insieme per creare una
nuova, onesta e democratica Cuba". (1)
La guerriglia disponeva
inoltre di un suo giornale "El Cubano Libre", stampato con
un vecchio ciclostile datato 1903 e di una stazione radio che il 24
febbraio iniziò le sue trasmissioni dalla Sierra con lo storico
annuncio:
"Aquí Radio Rebelde
! Aquí Radio Rebelde que transmite desde la Sierra Maestra en el
Territorio Libre de Cuba !".
"El Cubano libre"
riprendeva la testata dell'organo della lotta di liberazione contro
la Spagna. Il Che nell'editoriale del primo numero spiegava le
ragioni della continuità della guerriglia sulla Sierra con la lotta
di liberazione nazionale: la lotta per l'indipendenza nazionale non
era terminata, al dominio spagnolo si era sostituito l'imperialismo
yanqui. Lotta per la democrazia e impegno antimperialista non
potevano essere disgiunte nella difficile battaglia per
l'affermazione di una società più giusta e libera.
I GIOVANI CONTRO LA
DITTATURA
Trascinata dall'esempio
della Sierra, anche nelle città si intensificava la lotta contro la
dittatura. Agli inizi dell'anno i presidenti delle tre grandi
federazioni studentesche dell'Avana, di Santiago e di Las Villas
dichiararono uno sciopero generale a tempo indeterminato
dell'università. Nessun studente avrebbe più seguito le lezioni
finché non fossero state ristabilite le garanzie democratiche
previste dalla costituzione del 1940. Il sabotaggio delle vie di
comunicazione raggiunse livelli tali da costringere le autorità a
mantenere segreto l'orario ferroviario nella provincia d'Oriente e a
far scortare i convogli da reparti dell'esercito. Il 23 febbraio il
campione del mondo di automobilismo Manuel Fangio venne rapito
all'Avana mentre si accingeva a disputare il Gran Premio e rilasciato
dopo che la notizia ebbe fatto il giro del mondo. Messa in allarme
dal rapido radicalizzarsi della situazione anche la Chiesa cattolica
decise alla fine di febbraio di intervenire nella situazione politica
cubana. Rompendo con l' atteggiamento di grande prudenza tenuto fino
ad allora, il 10 marzo i vescovi cubani invitarono le parti alla
formazione di un governo di unità nazionale e ad una politica di
riconciliazione. Ma la base era andata già oltre. Molti giovani
cattolici fra cui numerosi sacerdoti militavano nel Movimento 26
Luglio. Dello Stato Maggiore guerrigliero della Sierra Maestra
faceva parte con il grado di comandante un giovane sacerdote, padre
Sardiñas, di cui ha scritto Castro:
" Il lavoro che
svolgeva tra i contadini non era di tipo politico ma religioso.
Poichè da quelle parti non veniva mai un prete, la sua presenza e il
fatto che svolgesse la sua attività sacerdotale, battezzando molti
bambini, era un modo per legare ancor più quelle famiglie alla
Rivoluzione, alla guerriglia, rafforzando i vincoli tra la
popolazione e il comando guerrigliero. Direi che egli svolgeva la sua
predicazione e il suo lavoro politico in modo indiretto... Da noi non
esisteva la figura vera e propria del cappellano, ma gli fu
riconosciuto il titolo di comandante, in riconoscimento del suo grado
e dei suoi meriti". (2)
Nuovi focolai
guerriglieri si andavano intanto accendendo sulle montagne,
soprattutto nella selvaggia regione dell'Escambray.(3) Alcuni
facevano riferimento all'opposizione borghese che tentava in questo
modo di inserirsi nella guerriglia e di contrastare la leadership
castrista del movimento di liberazione nazionale.Altri dipendevano
dal Partito comunista che, dopo lunghi tentennamenti, nel febbraio
del 1958 era giunto infine alla decisione di appoggiare apertamente
la lotta armata, invitando i membri del partito ad unirsi a Castro o,
come nel caso della colonna Máximo Gómez, a costruire proprie unità
guerrigliere. Altri infine non rappresentavano nulla di più di bande
di avventurieri e sbandati, dediti più al brigantaggio che alla
lotta rivoluzionaria. I contadini li chiamavano "comevacas"
(mangiavacche), perchè l'unica loro attività era la requisizione
del bestiame e il taglieggiamento sistematico della popolazione
civile. La banda più nota di comevacas era comandata da un
americano, William A. Morgan, ex ufficiale dei paracadutisti,
fucilato dopo la vittoria della rivoluzione in quanto riconosciuto
colpevole di aver operato come agente provocatore al soldo della CIA
per allontanare i contadini dal movimento guerrigliero. La situazione
si caratterizzava sempre più come prerivoluzionaria con un governo
incapace di riprendere il controllo del paese ed un movimento
rivoluzionario non ancora in grado di lanciare la spallata finale. Di
conseguenza Fidel Castro decise che era giunto il momento di
allargare il raggio d'azione della lotta armata. Il 10 marzo 1958
Raúl Castro alla testa di sessantacinque uomini lasciò la Sierra
Maestra per andare ad aprire un nuovo fronte guerrigliero sulla
Sierra Cristal, lungo la costa settentrionale della provincia di
Oriente. Denominata "Frank Pais" la nuova colonna n.6 a
bordo di jeeps e camion con un'audace spedizione durata venti ore
raggiunse la zona di operazioni prescelta nonostante gli incessanti
attacchi del nemico. Contemporaneamente Juan Almeida (4) venne
inviato con un'altra colonna ad aprire un "Terzo Fronte"
nella parte più orientale della Sierra Maestra, immediatamente a
ridosso della città di Santiago. Il mese successivo Camilo
Cienfuegos si spostò a nord, nella zona di Bayamo, mentre il Che con
la colonna n.4 continuava ad operare sulla Sierra Maestra centrale.
IL FALLIMENTO DELLO
SCIOPERO GENERALE
Nonostante i successi
della guerriglia, i dirigenti del fronte cittadino manifestavano una
crescente insofferenza nei confronti di una tattica che secondo loro
sottovalutava il ruolo delle città per puntare tutto sulla guerra
rivoluzionaria sulle montagne. Alcuni addirittura tacciavano di
"militarismo" i capi dei fronti guerriglieri e non
risparmiavano neppure lo stesso Fidel, accusato a mezza bocca di
"caudillismo". A febbraio la tendenza del "Llano"
ritornò prepotentemente alla carica, tentando di imporre la propria
direzione strategica al Movimento. Esponenti del Direttorato
nazionale de l'Avana, attaccarono Fidel, accusandolo di non
conoscere la reale situazione dei rapporti di forza nelle città e
proponendo con estrema determinazione l'organizzazione in tempi brevi
di un grande sciopero generale insurrezionale destinato ad assestare
la spallata decisiva al regime, considerato ormai agonizzante.
Nonostante non concordasse con tali analisi e ritenesse il momento
ancora prematuro per l'insurrezione, Castro si ritrovò in minoranza,
costretto a cedere al fine di evitare una pericolosa frattura fra il
Comando generale della Sierra e il Direttorio nazionale del
movimento. Nella veste di delegato del Direttorio Faustino Perez si
recò ai primi di marzo sulla Sierra e, dopo varie discussioni con
Castro e gli altri comandanti militari, firmò assieme a Fidel un
nuovo manifesto intitolato "Guerra totale contro la tirannia".
Il manifesto, articolato su ventidue punti, asseriva trionfalmente
che "la lotta contro Batista è entrata nella sua fase finale"
e che "per sferrare il colpo finale è basilare uno sciopero
generale, appoggiato da azioni militari". Secondo le direttive
impartite alle organizzazioni rivoluzionarie nel corso del mese di
marzo i comitati d'azione che operavano clandestinamente nelle città
dovevano scatenare una vera e propria guerra totale. In ogni luogo di
lavoro di una qualche dimensione andava costituito un "fronte
unito dei lavoratori" che riunisse gli operai indipendentemente
dall'appartenenza politica intorno alla parole d'ordine dello
sciopero insurrezionale. Se la parte militare dell'azione fu svolta
con indubbia perizia, nella sola capitale nel mese di marzo si
verificarono centinaia di atti di sabotaggio e di attentati contro le
installazioni nemiche, l'azione politica, segnò il passo. Nonostante
le indicazioni di Fidel di aprirsi a tutti i gruppi di opposizione
presenti nelle fabbriche con particolare attenzione ai comunisti,
emersero nei dirigenti del fronte sindacale atteggiamenti di grande
settarismo. Così, nonostante l'apparato clandestino del Partito
Socialista Popolare avesse espresso l'intenzione di aderire allo
sciopero, i comitati d'azione rifiutarono di aprirsi ai comunisti.
L'organizzazione dello sciopero fu assunta in pieno dal Movimento 26
Luglio, privo di reale radicamento nelle organizzazioni dei
lavoratori. Emblematico il caso de l'Avana dove il comitato d'azione
era diretto da un gruppo di intellettuali, in gran parte espressione
della borghesia radicale, del tutto sconosciuti ai lavoratori. (5) A
complicare ulteriormente le cose giunsero le dichiarazioni di
Faustino Pérez, improntate ad un moderatismo che non poteva di certo
riscuotere grandi consensi nella classe operaia:
"L'attuale movimento
rivoluzionario è ben lontano dall'essere comunista...il nostro
leader Castro non farà parte del governo provvisorio... creeremo un
clima di fiducia e di sicurezza per l'investimento del capitale
nazionale e straniero necessario per il nostro sviluppo industriale".
(6)
Anche il Frente Obrero
Nacional, l'organizzazione sindacale del Movimento 26 Luglio, (7)
diretto da David Salvador (8) prese un atteggiamento di estrema
chiusura nei confronti dei lavoratori comunisti, sottovalutando del
tutto il problema della costruzione delle alleanze nel movimento di
classe. Male organizzato e diretto in modo settario, lo sciopero
generale si risolse in un fallimento. Le masse operaie risposero in
modo limitato al proclama del Movimento 26 Luglio e l'esercito e la
polizia di Batista non ebbero difficoltà a reprimere i pochi focolai
di lotta. Il 9 aprile, giorno dello sciopero, in tutta l'isola oltre
cento militanti operai furono assassinati e diverse altre centinaia
arrestati. Il prestigio del movimento rivoluzionario ne uscì a
pezzi. Batista trasse la conclusione che la situazione stesse
cambiando a favore del regime e che, dopo il clamoroso fallimento
dello sciopero, fosse possibile porre all'ordine del giorno la
liquidazione dello stesso movimento guerrigliero, organizzando una
massiccia operazione militare contro la Sierra Maestra. Opinione
condivisa dall'intera stampa internazionale che dava ormai per finita
la guerriglia castrista. Significativamente il New York Times, il
giornale che fino ad allora più si era espresso a favore di Castro,
titolava un articolo del 16 aprile dedicato alla situazione di Cuba:
"Fidel Castro ha ormai i giorni contati". Come annotò il
Che nei suoi ricordi:
"A partire da
febbraio l'insurrezione aveva continuato a gonfiarsi, fino a
minacciare di trasformarsi in una valanga incontenibile. Il popolo si
levava contro la dittatura in tutto il paese, soprattutto
nell'Oriente. Dopo il fallimento dello sciopero generale decretato
dal Movimento, l'ondata decrebbe fino a raggiungere il suo minimo in
giugno...". (9)
Il morale fra i
rivoluzionari era talmente basso che l'esercito lanciò una massiccia
campagna propagandistica, invitando gli insorti alla resa. A migliaia
di copie un volantino dello Stato Maggiore fu distribuito nelle zone
di guerra. Nel testo si prometteva l'incolumità e l'amnistia per chi
avesse abbandonato la guerriglia e consegnato le armi.
"Compatriota: Se per
il fatto di esserti trovato coinvolto in complotti insurrezionali ti
trovi ancora in campagna o in montagna, hai ora l'occasione di
rimediare e di tornare in seno alla tua famiglia. il Governo ha
ordinato che si rispetti la tua vita e che tu sia inviato al tuo
focolare se deporrai le armi e tornerai al rispetto della Legge...
presentati al posto militare, di Marina o di Polizia più vicino...
Se ti trovi in una zona disabitata, porta con te la tua arma appesa a
una spalla e presentati con le mani in alto. Se ti presenti in zona
urbana, lascia il tuo armamento nascosto in luogo sicuro, per
comunicarne poi l'ubicazione in modo che sia recuperato
immediatamente. Non perdere tempo, perchè le operazioni per la
pacificazione totale continueranno con maggiore intensità nella zona
dove tu ti trovi". (10)
LA RETTIFICA DELLA LINEA
Il 3 maggio 1958 si tenne
sulla Sierra , in un luogo chiamato Los Altos de Monpié, una
riunione straordinaria della Direzione nazionale del Movimento 26
Luglio, per analizzare il perché del fallimento dello sciopero e
definire una volta per tutte i rapporti tra montagna e pianura. Alla
riunione, che si rivelò di "un'importanza eccezionale"
(11) per la prosecuzione della strategia rivoluzionaria, fu invitato
anche il Che, il quale, pur non facendo parte della direzione
politica del Movimento, era ormai unanimemente considerato il capo
militare più rappresentativo dopo Castro. (12) La discussione fu
aspra a causa dell'atteggiamento rigidamente settario di David
Salvador e dei rappresentanti del FON che difendevano a spada tratta
il loro netto rifiuto di qualunque collaborazione con le
organizzazioni del partito comunista. Alla fine si impose l'autorità
morale di Fidel, il suo indiscutibile prestigio e la consapevolezza
nella maggioranza dei presenti che si erano compiuti gravi errori di
valutazione nell'analisi della situazione da parte dei dirigenti
della pianura.
Lo sciopero era servito a
mostrare nei fatti l'inaffidabilità dell'ala liberale e moderata del
Movimento. Dopo un giorno e una notte di acceso dibattito, la
Direzione deliberò un documento in cui si definivano le posizioni di
Salvador "impregnate di soggettivismo e di putschismo", si
criticava severamente l'avventurismo e il settarismo dei dirigenti
della pianura e si riorganizzava radicalmente lo Stato Maggiore del
Movimento. Fidel Castro fu nominato segretario generale del movimento
e comandante in capo di tutte le forze, comprese le unità della
milizia urbana che fino a quel momento erano state sotto il comando
dei dirigenti delle città. Faustino Pérez e David Salvador vennero
rimossi dai loro incarichi. Come ha scritto il Che nei suoi ricordi:
" Ci dividevano
differenze di visione strategica. La Sierra era ormai sicura di poter
portare avanti la lotta di guerriglia: e cioè di estenderla ad altre
zone e accerchiare così dalle campagne le città della tirannia, per
arrivare poi a far esplodere tutto l'apparato del regime mediante una
tattica di strangolamento e di logoramento. Il Llano aveva una
posizione apparentemente più rivoluzionaria, e cioè quella della
lotta armata in tutte le città che avrebbe dovuto convergere in uno
sciopero generale che avrebbe fatto cadere Batista e avrebbe reso
possibile la presa del potere in un tempo abbastanza ravvicinato.
Questa posizione era solo apparentemente più rivoluzionaria perchè
a quell'epoca l'evoluzione politica dei compagni della pianura era
molto incompleta... la loro origine politica, che non era stata gran
che influenzata dal processo di maturazione rivoluzionaria, li faceva
inclinare piuttosto a una azione "civile" e a una certa
opposizione contro il caudillo che si temeva in Fidel e alla frazione
"militarista" che rappresentavamo noi della Sierra".
(13)
Per ovviare ai metodi
settari seguiti dai dirigenti del FON e ricucire lo strappo con il
Partito Socialista Popolare, la Direzione nazionale del 26 Luglio
redasse anche una circolare sul lavoro nelle fabbriche:
"Continuiamo a
considerare - si legge nel documento - lo sciopero generale come
strategia finale corretta, ma intendiamo incrementare l'azione armata
che ci consentirà di innalzare il morale rivoluzionario. Già la
provincia di Oriente è in nostro potere. Il FON è stato creato come
un organismo che unificasse tutti i settori. In realtà siamo stati
troppo rigidi quando si è trattato di farvi entrare altri gruppi, il
che ha creato certe riserve in altre forze sindacali. Ribadiamo
quanto ha detto Fidel il 26 marzo: tutti gli operai hanno diritto di
far parte dei comitati di sciopero. La direzione nazionale è
disposta a parlare a Cuba con qualsiasi organizzazione
dell'opposizione per coordinare piani specifici e compiere azioni
concrete che tendano ad abbattere la tirannia". (14)
Un segnale chiaro di
disgelo tra il Movimento guerrigliero e i comunisti del Partito
Socialista Popolare venne dall'incontro l'11 aprile tra il dirigente
contadino Pepe Ramirez e Raúl Castro. Raúl era stato inviato ad
aprire un secondo fronte di lotta in una regione dove
tradizionalmente il partito comunista godeva di forte influenza tra i
contadini. In un primo momento il fratello di Fidel si dedicò a
riportare ordine nella regione, dove bande armate operavano al di
fuori di ogni controllo politico. In poche settimane, usando se
necessario metodi durissimi, Raúl sradicò il fenomeno dello
spontaneismo armato, unificando sotto il suo comando le bande attive
sulla Sierra Cristal e liquidando senza pietà ogni forma di
banditismo. Ristabilito un minimo di ordine rivoluzionario nella
zona, Raúl affrontò con decisione il problema dei rapporti con il
PSP. Dall'incontro con Ramirez la guerriglia ottenne l'assicurazione
che i quadri del PC si sarebbero messi a disposizione della lotta
armata e questo senza porre particolari condizioni politiche.
Immediatamente Ramirez e i suoi compagni iniziarono un'intensa
attività di chiarificazione politica, radunando i contadini e
spiegando loro la necessità di fornire un concreto aiuto alla
guerriglia. Sempre più i guerriglieri avvicinavano il loro raggio
d'azione alla base aeronavale degli Stati uniti sulla baia di
Guantánamo, da dove, nonostante le dichiarazioni formali del governo
americano, continuavano a giungere rifornimenti militari per Batista.
In particolare a Guantánamo si rifornivano gli aerei che andavano
poi a bombardare la popolazione civile della zona del secondo fronte
nella Sierra Cristal, dove Raúl Castro aveva creato un vero e
proprio territorio liberato. Per far cessare i bombardamenti alla
fine di giugno Raúl ordinò un'audace colpo di mano nell'area di
Guantánamo, sequestrando una cinquantina di militari e tecnici
statunitensi. In cambio della liberazione degli ostaggi il console
americano a Santiago fu costretto a negoziare la cessazione effettiva
degli aiuti militari all'aviazione cubana.
L'OFFENSIVA DI BATISTA
Il 24 maggio l'esercito
di Batista sferrò una massiccia offensiva contro la Sierra Maestra
allo scopo di accerchiare e distruggere il movimento guerrigliero.
Nella zona vennero concentrate le unità d'elite dell'esercito,
diciassette battaglioni, ciascuno appoggiato da una compagnia
corazzata, con una massiccia copertura aerea. L'offensiva, denominata
"Operacíon Verano" puntava a tagliare le linee di
rifornimento di Castro, rioccupare gran parte della Sierra e chiudere
i guerriglieri in una sacca da ripulire, poi, sistematicamente con
l'ausilio della Guardia Rurale. Dodicimila uomini, un terzo
dell'intero esercito cubano, accerchiarono la Sierra, poi lentamente,
partendo dalla pianura, iniziarono le operazioni di rastrellamento.
Ai primi di giugno, di fronte ad un'offensiva che per le sue
dimensioni appariva decisiva, Fidel impartì a tutti i comandi
partigiani l'ordine di resistere in modo elastico, senza incaponirsi
a difendere a tutti i costi le posizioni. Occorreva soprattutto
rallentare l'avanzata del nemico, riducendo al minimo le perdite in
uomini e materiali e poi ripiegare verso punti strategici di più
agevole difesa.
"Dopo il fallimento
di questa offensiva - diceva l'ordine di Castro - Batista sarà
irrimediabilmente perduto ed egli lo sa e per questo compirà il suo
massimo sforzo. Questa è la battaglia decisiva... Stiamo dirigendo
le cose in modo da trasformare questa offensiva in un disastro per la
dittatura". (15)
Per alcune settimane
l'esercito avanzò nella Sierra senza incontrare grande resistenza. I
ribelli sembravano svaniti nel nulla. Due battaglioni al comando del
colonnello Sánchez Mosquera, uno dei più feroci ufficiali
batistiani, raggiunsero il 19 giugno la zona di Santo Domingo nel
cuore delle montagne. E proprio lì, in una delle più aspre e
impervie regioni della Sierra Maestra scattò la controffensiva dei
guerriglieri. Un diluvio di fuoco si scatenò su truppe esauste, non
abituate al clima umido della foresta, annichilite dalla fatica e dal
caldo. In tre giorni di feroce combattimento le truppe di Mosquera
furono annientate, molti furono presi prigionieri, pochissimi
riuscirono a fare ritorno alle basi di partenza. Lo stesso Mosquera,
fu ferito e a stento riuscì a mettersi in salvo. Nelle mani dei
partigiani caddero ingenti quantitativi di armi e munizioni, oltre ad
un'intera stazione radio con tanto di codici cifrati. La vittoria di
Santo Domingo si rivelò subito decisiva. l'esercito ribelle passò
alla controffensiva ovunque, mentre migliaia di contadini insorti
attaccavano pattuglie isolate, facevano saltare ponti, minavano
strade e sentieri alle spalle delle truppe. Accerchiati, isolati in
una regione sconosciuta e ostile, senza più rifornimenti, i
battaglioni batistiani iniziarono a sbandarsi. Le diserzioni si
contarono a centinaia, reparti interi passarono, dopo aver fucilato i
comandanti, dalla parte dei ribelli. Alla fine di luglio non si
contava più un solo soldato regolare sulla Sierra. L'esercito aveva
perso tra morti e feriti oltre mille uomini, 443 erano i prigionieri.
In mano ai ribelli erano caduti due carri armati, 2 mortai da 81 mm.,
2 bazooka, 12 mitragliatrici pesanti, centinaia di armi leggere, 100
mila pallottole e
tonnellate di munizioni e
di rifornimenti. Dal canto loro i partigiani avevano avuto ventisette
morti e una cinquantina di feriti. Le dimensioni della vittoria erano
veramente straordinarie. Poco meno di trecento uomini male armati
avevano fermato e messo in fuga oltre dodicimila soldati, il fior
fiore dell'esercito di Batista. Dalla Sierra Maestra Fidel lanciò la
parola d'ordine dell'insurrezione generale. Occorreva dare il colpo
decisivo alla dittatura, prima che con l'aiuto nordamericano potesse
riorganizzare le sue forze. Tutta Cuba diventava terreno di
battaglia, tutto il popolo doveva insorgere. Nessuna tregua, nessuna
pietà per il nemico. Ai soldati della dittatura veniva lasciata una
sola possibilità: o arrendersi o morire.
"Le colonne ribelli
- annunciava Fidel da Radio Rebelde - avanzeranno in tutte le
direzioni verso il resto del territorio nazionale senza che nulla e
nessuno possa fermarle. Se un comandante cade, un altro occuperà il
suo posto. Il popolo di Cuba deve prepararsi ad aiutare i nostri
combattenti. Ogni villaggio... può diventare campo di battaglia. La
popolazione civile deve essere avvertita perchè possa sopportare
valorosamente le privazioni della guerra... ". (16)
LA BATTAGLIA FINALE
Alla fine dell'estate,
rafforzato dalla straordinaria vittoria ottenuta contro le truppe
batistiane mandate all'attacco della Sierra Maestra, Fidel Castro
poteva contare su circa ottocento combattenti, per la prima volta ben
forniti di armi e munizioni. Tre colonne, al comando di Almeida,
dovevano completare l'accerchiamento della capitale della provincia
di Oriente, Santiago. Un'altra, agli ordini di Camilo Cienfuegos
doveva portarsi all'altro capo dell'isola, nell'estrema provincia
occidentale di Pinar del Río, mentre il Che, alla testa della
colonna n. 8, doveva impadronirsi della provincia di Las Villas,
secondo un foglio d'ordini che riportiamo integralmente:
"Si affida al
comandante Ernesto Guevara la missione di condurre dalla Sierra
Maestra fino alla provincia di Las Villas una colonna ribelle e di
operare in detto territorio d'accordo con il piano strategico
dell'Esercito Ribelle. La colonna 8 destinata a tale obiettivo,
porterà il nome di Ciro Redondo (17) e partirà da Las Mercedes tra
il 24 e il 30 agosto. Si nomina il comandante Ernesto Guevara capo di
tutte le unità ribelli del Movimento 26 Luglio che operino nella
provincia di Las Villas, tanto nelle zone rurali come nelle zone
urbane e gli si concede facoltà di raccogliere e di disporre per le
spese di guerra i contributi fissati dai nostri provvedimenti
militari, di applicare il codice penale e le leggi agrarie
dell'Esercito Ribelle nel territorio in cui opereranno le sue forze,
di coordinare operazioni, piani, provvedimenti di carattere
amministrativo e organizzativo militare con altre forze armate che
operino nella provincia e che dovrebbero essere invitate a integrarsi
in un solo esercito per strutturare e unificare lo sforzo militare
della rivoluzione; inoltre di organizzare unità locali di
combattimento e di nominare ufficiali dell'Esercito Ribelle fino al
grado di comandante di colonna. La colonna 8 avrà come obiettivo
strategico quello di battere incessantemente il nemico nel territorio
centrale di Cuba e di intercettare, fino a paralizzarli totalmente, i
movimenti di truppe nemiche via terra da occidente a oriente, più
altri che gli verranno opportunamente ordinati.
F.to Il comandante in
capo, Fidel Castro Ruz, Sierra Maestra, 21 agosto 1958, ore 9 p.m.".
(18)
La guerriglia, rotto
l'accerchiamento della Sierra Maestra, si trasforma da questo momento
in vera e propria guerra di movimento. Il rapporto di forze volge
ormai decisamente a favore della rivoluzione. Le colonne di Camilo e
del Che, forti di appena ottanta e centoquaranta combattenti, in un
mese e mezzo di marce forzate attraversano la provincia centrale di
Camagüey e, nonostante la pressione di migliaia di soldati nemici,
iniziano a realizzare l'obiettivo di tagliare in due l'isola per
impedire ogni collegamento fra l'Avana e la provincia di Oriente,
ormai quasi totalmente in mano all'Esercito Ribelle. A posteriori
sembra incredibile che due colonne così piccole, senza comunicazioni
con il grosso delle forze ribelli, abbiano potuto impiantarsi in un
territorio controllato dal nemico e in pochi mesi ribaltare il
rapporto di forze e vincere. La risposta ancora una volta si trova
negli scritti del Che:
"Il soldato
nemico... è il socio minore del dittatore, l'uomo che riceve
l'ultima delle briciole lasciategli dal penultimo dei profittatori,
di una lunga catena che ha inizio in Wall Street e finisce con lui.
E' disposto a difendere i suoi privilegi, ma nella misura in cui sono
importanti. Il suo stipendio e le sue prebende valgono qualche
sofferenza e qualche pericolo, ma non valgono mai la sua vita: se è
al prezzo di essa che può conservarli, preferisce lasciar perdere,
cioè ritirarsi di fronte al pericolo guerrigliero...(I guerriglieri,
invece) ... sotto la bandiera della riforma agraria, la cui
realizzazione incomincia nella Sierra Maestra... arrivano a
scontrarsi con l'imperialismo; sanno che la riforma agraria è la
base sulla quale edificare la nuova Cuba; sanno anche che la riforma
agraria darà la terra a tutti gli espropriati, ma esproprierà
coloro che la possiedono ingiustamente...; hanno imparato a superare
le difficoltà con coraggio, con audacia e, soprattutto, con
l'appoggio del popolo e hanno ormai visto il futuro di liberazione
che li aspetta oltre le sofferenze". (19)
Il 7 novembre Fidel
lasciò il suo quartier generale sulle montagne e alla testa di
trecento uomini iniziò la marcia verso la capitale della provincia
d'Oriente, Santiago di Cuba. Dalla Sierra Cristal anche Raúl Castro
iniziò l'avvicinamento a Santiago. Uno dopo l'altro i centri abitati
della pianura cadevano nelle mani dei ribelli. Impotente ad arrestare
l'avanzata dei partigiani, Batista scatenò le sue ultime forze
contro la popolazione civile. L'aviazione prese a bombardare
selvaggiamente le zone liberate, causando migliaia di vittime
innocenti fra la popolazione civile. Erano bombe americane quelle che
seminavano la morte fra i cubani. Era il segnale chiaro per tutti che
dopo la vittoria la rivoluzione non sarebbe stata indolore, che una
guerra ben più aspra sarebbe iniziata contro l'imperialismo. In un
biglietto a Celia Sánchez, Fidel confessava con rabbia:
"Celia, vedendo le
bombe-razzo che hanno lanciato contro la casa di Mario ho giurato a
me stesso che gli americani pagheranno ben caro quello che stanno
facendo. Quando questa guerra finirà, ne comincerà un'altra, per
me, molto più lunga e grande: sarà la guerra che farò contro di
loro. Mi rendo conto che questo sarà il mio vero destino". (20)
LO SCIOPERO GENERALE
INSURREZIONALE
A dicembre le principali
basi dell'esercito erano ormai circondate, mentre Santiago era sul
punto di cadere nelle mani dei ribelli. La demoralizzazione regnava
ormai fra i generali. Lo stesso generale Tabernilla dovette
comunicare a Batista che fantasticava di nuove offensive che " I
soldati sono stanchi e gli ufficiali non vogliono combattere. Non c'è
più nulla da fare". (21) Le sorti della guerra si decisero fra
Natale e Capodanno. Il 31 dicembre, dopo un lungo assedio, Camilo
Cienfuegos occupò l'importante piazzaforte di Yagujay. Il 29
dicembre la colonna del Che attaccò la città di Santa Clara,
capitale della provincia di Las Villas e punto nodale per l'avanzata
verso l'Avana. Dopo quattro giorni di intensi combattimenti, il
pomeriggio del 1° gennaio Santa Clara cadeva nelle mani del Che.
Intanto il 28 dicembre il comandante della guarnigione di Santiago,
generale Eulogio Cantillo, aveva incontrato segretamente Castro per
negoziare il cessate il fuoco. Cantillo ottenne di poter lasciare in
aereo Santiago per raggiungere l'Avana e convincere gli altri
generali a deporre Batista e a cedere le armi ai ribelli. In realtà
il generale si mise a disposizione degli americani che sul punto di
scaricare l'ormai bruciato Batista intendevano impedire ad ogni costo
la vittoria della guerriglia. In una concitata riunione con
l'ambasciatore americano Smith, i generali decisero la formazione di
una giunta militare che sarebbe stata immediatamente riconosciuta da
Washington e dall'opposizione cubana di Miami come governo di
transizione verso la democrazia. Alle due e dieci del mattino del 1°
gennaio, mentre all'Avana, la gente festeggiava il Capodanno,
Fulgenzio Batista abbandonava precipitosamente Cuba con destinazione
Santo Domingo. Informato dell'accaduto, Fidel Castro dai microfoni di
Radio Rebelde lanciava un appello al popolo cubano perchè insorgesse
in armi contro i generali:
" Una Giunta
Militare in complicità col tiranno ha assunto il potere per
garantire la sua fuga e quella dei principali assassini e per cercare
di frenare la spinta rivoluzionaria, privandoci della vittoria.
L'Esercito Ribelle continuerà la sua irrefrenabile campagna e
accetterà solo la resa incondizionata delle guarnigioni militari. Il
popolo di Cuba e i lavoratori devono immediatamente prepararsi per
iniziare il 2 gennaio in tutto il paese uno sciopero generale che
appoggi le armi rivoluzionarie, garantendo in tal modo la vittoria
totale della rivoluzione. Sette anni di eroica lotta, migliaia di
martiri che hanno versato il loro sangue in ogni luogo di Cuba, non
verranno messi al servizio di coloro che fino a ieri furono complici
e responsabili della tirannia e dei suoi crimini, perchè continuino
a comandare a Cuba. I lavoratori, seguendo le direttive del FON del
Movimento 26 Luglio, devono, oggi stesso, occupare tutti i sindacati
mujalisti e organizzarsi nelle fabbriche e nei centri di lavoro per
iniziare all'alba di domani la paralizzazione completa del paese.
Batista e Mujal (22) sono fuggiti, ma i loro complici sono rimasti al
comando dell'esercito e dei sindacati. Colpo di stato per tradire il
popolo: NO ! Equivarrebbe a prolungare la guerra. Fin quando Columbia
(23) non si sarà arresa, la guerra non potrà terminare. Questa
volta niente e nessuno potrà impedire il trionfo della rivoluzione.
Lavoratori, questo è il momento in cui tocca a voi assicurare il
trionfo della rivoluzione. Sciopero generale rivoluzionario in tutti
i territori liberati!". (24)
Il 2 gennaio l'intera
isola era paralizzata dallo sciopero, mentre nelle principali città
squadre di operai armati, organizzate dal PSP e dal FON, prendevano
il controllo degli edifici pubblici. Di fronte al precipitare della
situazione, una parte dell'esercito si schierò con Fidel. I
prigionieri politici vennero liberati, mentre i soldati distribuivano
le armi agli insorti. Da Santiago Fidel ordinò a Camilo Cienfuegos e
al Che di raggiungere alla testa delle loro truppe l'Avana, che fu
occupata senza colpo ferire. L'8 gennaio, mentre lo sciopero generale
durava ancora, Fidel raggiunse la capitale accolto da una popolazione
festante. La guerra di liberazione era terminata. Dopo quasi un
secolo di lotte, Cuba era finalmente libera. Iniziava ora la parte
più difficile della rivoluzione, la costruzione di una nuova Cuba,
democratica e socialista. Una lotta che si sarebbe rivelata ben più
dura e ingrata della guerra sulle montagne.
NOTE:
- H.L. Matthews, op. cit., pag. 53
- Frei Betto, op. cit., pag. 153
- Massiccio montuoso con cime alte fino a 1200 metri, situato nella regione meridionale della provincia di Las Villas.
- Operaio edile, partecipò all'assalto al Moncada. Condannato a dieci anni di carcere, dopo l'amnistia seguì Fidel in Messico. Uno dei principali capi militari della guerriglia. Dopo la rivoluzione comandante delle Forze Aeree cubane e viceministro della Difesa. Membro dell'Ufficio politico del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba. Poeta e autore di canzoni di successo.
- Faustino Perez, Manuel Ray (un ingegnere), David Salvador (responsabile del lavoro sindacale del Movimento 26 Luglio), Fernández Ceballos ( esponente della chiesa evangelica), Carlos Lechuga (giornalista vicino al partito "ortodosso") e Eladio Blanco (un medico molto noto nei quartieri "alti" della capitale).
- H.Thomas, op. cit., pag 756
- Il Fronte Operaio nazionale (FON) era stato costituito all'indomani dell'assassinio di Frank País allo scopo di operare nei luoghi di lavoro per portare la classe operaia cubana sulle posizioni del Movimento 26 Luglio. Diretto con metodi settari, non riuscì a radicarsi se non superficialmente fra i lavoratori.
- Operaio zuccheriero, ex dirigente della gioventù comunista. Animato da forti risentimenti verso il PSP entrò nel Movimento 26 luglio nel 1956, dal 1957 creatore e responsabile del Frente Obrero Nacional (FON) a cui impresse un marcato carattere settario ed anticomunista. Principale responsabile del fallimento dello sciopero del 9 aprile. Dopo la rivoluzione membro dell'esecutivo della Central trabajadores de Cuba revolucionaria. Esponente della corrente del Movimento 26 Luglio contraria alla fusione con i comunisti, costituì un'organizzazione clandestina controrivoluzionaria. Scoperto e arrestato, fu condannato per tradimento.
- E. Guevara, op. cit., pag. 161
- E. Guevara, op. cit., pp. 161-162
- E. Guevara, Scritti, discorsi e diari di guerriglia, Torino 1969, pag. 211
- Alla riunione, oltre al Che e a Fidel Castro, presero parte Faustino Pérez, René Ramos Latour, Vilma Espín, Nico Torres, Luis Busch, Celia Sánchez, Marcelo Fernández, Haydée Santamaría, David Salvador, Enso Infante.
- E. Guevara, op. cit., pp. 236-238
- E. Guevara, op. cit., pag. 215
- S. Tutino, op. cit., pag. 276
- S. Tutino, op. cit., pag.279
- Ciro Redondo, membro della spedizione del Granma. Caduto eroicamente in combattimento nel novembre 1957. Promosso "Comandante alla memoria".
- E. Guevara, op. cit., pag. 239
- E. Guevara, op. cit., pp. 485-486
- S. Tutino, op. cit., pag. 285
- H. Thomas, op. cit., pag. 779
- Eugenio Mujal, ex comunista, capo dei sindacati cubani, legato alla CIA e alle organizzazioni gangsteristiche nordamericane. Fuggì da Cuba assieme a Batista.
- Principale base militare della capitale. Sede del comando delle Forze armate.
- E. Guevara, op. cit., p. 259