domenica 30 luglio 2023

La questione fiscale come manifestazione della lotta di classe

 

La questione fiscale non è come solitamente si pensa un fatto di bassa cucina politica, ma una espressione diretta dei rapporti di classe. Lo dimostra bene un articolo di Paolo Favilli, apparso su il Manifesto del 29 luglio, di cui proponiamo le parti salienti.

Paolo Favilli

L'ossimoro del riformismo neoliberista

(...)

Alla vigilia della Rivoluzione francese si scontrano due progetti di riforma del sistema fiscale dello Stato, un sistema fiscale che è la risultante dei continui aggiustamenti conseguenti alle diverse fasi dell’assestamento assolutistico e che quindi non ha più la forma della fiscalità feudale. Lo scontro, durissimo, ha, dunque, come oggetto la direzione dell’ormai necessario mutamento di forma, della riforma appunto. E la durezza dello scontro fu direttamente proporzionale al fatto che non di scelta tra diverse tecniche finanziarie si trattava, bensì di scelte che implicavano un profondo mutamento di equilibrio rispetto allo status quo sociale. Insomma, la riforma veniva definendosi come l’esito di una fase della lotta di classe, un esito che finì per determinarne la direzione.

Due i termini dello scontro: a) scegliere una modernità che legasse la soluzione del deficit pubblico ad un forte e decisivo allargamento della platea dei soggetti fiscali (nobili e chiesa compresi), un allargamento che di fatto preludeva anche a necessari e profondi mutamenti politico-giuridici nel rapporto tra le classi; b) scegliere di ripristinare aspetti della fiscalità feudale ormai andati in disuso e quindi scaricare totalmente il problema del deficit pubblico sulle classi subalterne.

AMBEDUE LE SOLUZIONI possono essere considerate come cambiamenti in meglio per il deficit dello Stato. Dal punto di vista dei rapporti sociali è necessario, però, rispondere al quesito meglio per chi? La risposta che per più di duecento anni ha dato la storia è estremamente chiara: le riforme sono quelle proposte da Turgot. Per gli altri si usa il termine di reazione.

(...)

IL BALZO ALL’INDIETRO nei «trenta ingloriosi» [1993-2023, gli anni del neoliberismo berlusconiani – nota nostra] si è concretizzato nel trasferimento di 12 punti di Pil da salari e pensioni a rendite e profitti. Una sinistra che proponesse un progetto di lotta per riforme tendenti alla restituzione alle classi subalterne di quell’immenso surplus loro sottratto, sarebbe esemplificativa di un riformismo definibile davvero, [come tale – nota nostra] . Il riformismo dell’antitesi.

La costruzione/ricostruzione dell’antitesi si farà (e anche in ciò non c’è nessuna predeterminazione) solo attraverso un percorso non breve e assai accidentato. Un percorso che richiede un impegno costante senza alcuna attesa risolutiva straordinaria. Un atteggiamento «riformista», insomma. Un percorso che richiede la consapevolezza che in ogni istante può esserci la possibilità di una parziale rottura del tempo determinato. Un atteggiamento «rivoluzionario», insomma.


(Per leggere l'articolo nella sua integralità cfr. Il Manifesto del 29 luglio 2023]





sabato 29 luglio 2023

Cina e Occidente, guardarsi allo specchio

 


Riprendiamo ampi stralci di un articolo, apparso su il Manifesto, sulle dinamiche in atto nella società cinese che richiama per molti versi le tesi di Lotta comunista sulla maturazione imperialistica del capitalismo di Stato cinese.

Cina e Occidente, guardarsi allo specchio
Massimo Bertorello-Danilo Corradi

I dati che progressivamente giungono dalla Cina ci parlano di crescenti contraddizioni e difficoltà. (…)

I consumi interni ristagnano, la disoccupazione giovanile supera il 20% nelle aree urbane e il lavoro precario si diffonde, peggiorando la condizione delle nuove generazioni. Quest’ultime incominciano a possedere livelli di istruzione sovradimensionati rispetto alle esigenze del mercato del lavoro e in pochi anni hanno fatto precipitare i tassi di natalità (vuoi per il relativo benessere raggiunto, vuoi per un quadro di crescenti incertezze). (...) Il debito pubblico sembra veleggiare verso il 100% del Pil e quello privato risulta in affanno già da tempo (era al 193% sul Pil nel 2021 secondo il Fmi), facendo complessivamente registrare un ristagno degli investimenti. Anche le esportazioni faticano segnando un -12,4% a giugno, probabilmente in conseguenza anche delle tensioni crescenti con l’Occidente.

(...) Le linee di fondo verso cui si sta muovendo Pechino risultano piuttosto chiare. A ben guardare sembra che i suoi dilemmi assomiglino sempre di più a quelli del mondo occidentale (…) giungendo ora a dinamiche che ricordano i problemi dei paesi a capitalismo maturo. Oggi possiamo affermare che la Cina può specchiarsi nell’Occidente (...)

Persino l’opzione di un capitalismo politico, cioè gestito dall’alto e con una mano visibile dello Stato, mostra segni di difficoltà in Cina, proprio quando in Occidente si inizia, più o meno consapevolmente, a guardare con qualche interesse quell’opzione per gestire le attuali contraddizioni. Proprio quando il ritorno dello Stato e di una mano pubblica interventista in economia fa capolino in ambienti politici ed economici sia di destra che di sinistra in Europa e negli Usa. Una tendenza che vede confrontarsi diverse visioni sul ruolo del pubblico.

Ciò che andrebbe rilevato è che le contraddizioni in campo nell’economia capitalistica trovano sempre meno una soluzione efficace su base nazionale, anche per un paese grande come la Cina e che non rinuncia a una certa pianificazione seppur centralmente dirigista. Le logiche della concorrenza e dell’accumulazione sembrano condurre verso una crescente difficoltà dell’espansione dell’economia, con conseguente rafforzamento della sua finanziarizzazione a partire da un indebitamento esponenziale, con un uso spregiudicato della leva nel mercato immobiliare, con stimoli monetari e fiscali per rimanere a galla. Tutti fattori che sembrano essere utili per prendere tempo, piuttosto che rappresentare una via d’uscita dalle difficoltà crescenti del capitalismo contemporaneo.

(Per il testo completo cfr. il Manifesto del 29 luglio 2023, pag. 15)




Contro l'arresto del sociologo marxista Boris Kagarlitsky

 


Contro l'arresto del sociologo marxista Boris Kagarlitsky

Il sociologo marxista di fama internazionale Boris Kagarlitsky (nato nel 1958) è attualmente detenuto in un centro di carcerazione preventiva russo e rischia fino a 7 anni di carcere se condannato con l'accusa di "giustificare il terrorismo". Kagarlitsky, socialista internazionalista, da sempre è critico della politica di Putin e della aggressione all'Ucraina.

La decisione di trattenerlo fino all'udienza di fine settembre è stata presa ieri, un giorno dopo il suo arresto a Mosca il 25 luglio, in un tribunale a porte chiuse nella sperduta cittadina di Syktyvkar e senza la presenza del suo avvocato. Il suo avvocato ha spiegato che l'accusa penale contro Kagarlitsky è legata a un post che ha pubblicato l'8 ottobre 2022 su Telegram analizzando le implicazioni militari di un attacco al ponte di Crimea. L'arresto di Kagarlitsky è un attacco politico a uno dei critici più espliciti dell'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte del presidente russo Vladimir Putin. Fa anche parte di una più ampia campagna per reprimere i dissidenti contro la guerra.


venerdì 21 luglio 2023

Comunisti e democristiani al cinema durante la guerra fredda. "Schermi nemici" di Mariangela Palmieri

 


La Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano sono stati i principali protagonisti della storia politica italiana del secondo dopoguerra, incarnando, in una logica bipolare, sistemi di valori e visioni del mondo contrapposti.

Lo scontro tra le due compagini avviene anche attraverso gli strumenti della propaganda e il cinema, il principale medium del Novecento, ricopre un ruolo rilevante nella battaglia delle idee. I due partiti, infatti, predispongono sezioni cinematografiche allo scopo di produrre autonomamente o commissionare a case di produzione esterne film di propaganda.

Questo lavoro prende in esame gli audiovisivi promossi dalle due compagini nel periodo compreso tra il 1948 e la seconda metà degli anni Sessanta, ovvero la fase più intensa della Guerra fredda, che fa da sfondo alla contesa tra cattolici e comunisti.

Il raffronto tra le pellicole mostra la netta contrapposizione tra le parti, le ideologie antitetiche, le narrazioni contrastanti di una stessa realtà. In breve, restituisce i contorni della lotta feroce che in quegli anni ha diviso il Paese attraverso le appartenenze separate a due culture politiche opposte, di cui troviamo traccia ancora nel presente.


Mariangela Palmieri insegna Storia del cinema all’Università degli Studi di Salerno. Le sue ricerche vertono sul cinema e gli audiovisivi come fonte storica. Ha pubblicato articoli su riviste scientifiche e saggi in volumi collettanei. È autrice di Profondo Sud. Storia, documentario e Mezzogiorno (2019).

(Dalla quarta di copertina)


Mariangela Palmieri
Schermi nemici
I film di propaganda della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano
(1948-1964)
Mimesis 2023

mercoledì 19 luglio 2023

Mercanti d'olio

 



Nel corso del Settecento la coltura dell'olivo conobbe il massimo sviluppo in molte regioni europee, africane e asiatiche affacciate sul Mediterraneo. Alla base di queste di-namiche vi furono ragioni di convenienza o di adattamento a un mercato che evolveva rapidamente. In Italia, gli enormi investimenti di capitali e di lavoro nelle campagne vennero dettati dall'urgenza di avere quantità d'olio eccedenti da immettere con una certa continuità nei circuiti commerciali internazionali al fine di soddisfare la crescente domanda da parte della Francia e del Nord Europa.

Il volume si concentra in particolare sul Ponente ligure, di cui mette in luce vari aspet-ti: le organizzazioni che connettevano l'importante filiera olivicola e olearia di Porto Maurizio e dell'estrema Liguria occidentale all'Europa, la stupefacente vitalità degli imprenditori rivieraschi, l'entità dei traffici lungo gli assi principali, la definizione e l'ubicazione dei porti che presiedevano ai più rilevanti scambi con vasti hinterland urbanizzati e capitali centrali o periferiche.


Alessandro Carassale è dottore di ricerca in Storia moderna e cultore della materia in Geografia all'Università degli Studi di Genova. È presidente del Centro internazionale di studi per la storia della vite e del vino (cesvin) e membro del comitato scientifico del Centro studi per la storia dell'alimentazione e della cultura materiale "Anna Maria Nada Patrone" (cEsA) e dell'Istituto internazionale di studi liguri. Con Carocci edi-tore ha pubblicato Sanremo, giardino di limoni. Produzione e commercio degli agrumi dell'estremo Ponente ligure (secoli XII XIX (con L. Lo Basso; zoo 8).

(Dalla quarta di copertina)


Alessandro Carassale
Mercanti d'olio
Circuiti commerciali dalla Liguria all'Atlantico (1709-1815)
Carocci 2023





venerdì 14 luglio 2023

Altare Glass Fest


 

mercoledì 12 luglio 2023

La Massoneria in Russia dalle origini al 1826

 


Introduzione

Il testo che presentiamo uscì nella versione originale in lingua tedesca a Berna nel 1908 a cura del Bureau international de relations maçonniques. Immediatamente fu tradotto in inglese, con la supervisione dell'autore, per Büchler & Co. con il titolo “Freemasonry in Russia and Poland”. Il volume ebbe fin da subito un grande successo ed è ancora oggi ristampato nel mondo anglosassone. Quando il libro uscì la Libera Muratoria in Russia era ancora fuorilegge e questo spiega perché la trattazione termini con il bando zarista del 1826. Lo studio di Friedrichs rappresenta la prima ricerca organica sulla Massoneria russa apparsa in Occidente, anche se connotata da un forte spirito anti-inglese ulteriore conferma delle tendenze in atto nella società tedesca di allora e destinate poi a sfociare pochi anni dopo nella guerra. Nonostante questo e il fatto che l'opera sia largamente superata dalla successiva e più scientifica ricerca storica, il libro ancora oggi un testo affascinante, fosse altro perché offre un quadro illuminante di come venisse svolta all'inizio del secolo scorso la ricerca in ambito massonico. Ne proponiamo la parte riguardante la Russia. La traduzione è nostra con alcuni minimi aggiustamenti lessicali e sintattici per rendere il testo più aderente al linguaggio corrente e dunque più comprensibile. 

G.A.





martedì 11 luglio 2023

Luglio 1960. Le tensioni del cambiamento

 


MERCOLEDI' 19 LUGLIO ORE 18,30
FELTRINELLI POINT

via Astengo 11/r - Savona


Presentazione del libro:
Luglio 1960
Le tensioni del cambiamento
a cura di Franco Amatori e Guido Melis 
(edizioni Rubbettino)


Introduzione
Sergio Tortarolo

Intervento
Marco Doria co-autore del testo
Università di Genova

Testimonianze
Mario Margini
Franco Astengo

Questo volume racconta e analizza il duro scontro politico avvenuto in Italia fra gli ultimi giorni di giugno e il 19 luglio 1960, con la fine della breve e controversa esperienza del governo Tambroni.

Nel nostro panorama storiografico manca ancora una considerazione approfondita della pluralità di osservatori, della varietà e unicità degli eventi declinati a livello locale, nonché della diversità di voci, percezioni e interpretazioni politiche allora espressi.

I numerosi studiosi coinvolti danno vita in questo volume a un panorama complesso e variegato che valorizza diverse fonti storiche, a partire da una “cornice” che colloca gli episodi nel contesto della “grande trasformazione” della società italiana e nello scenario internazionale.

Seguono gli interventi dedicati al maggior protagonista politico, il democristiano Fernando Tambroni, mentre un’ampia sezione ricostruisce i quattro grandi episodi del drammatico scontro – politico e di piazza – che portò l’Italia a un passo dalla guerra civile. L’ultima parte analizza la risposta che le forze politiche diedero agli avvenimenti di quei giorni, testimoniando la sostanziale incomprensione delle “tensioni del cambiamento” che agitavano la società e la politica italiane alle soglie del boom economico.