domenica 31 dicembre 2023

Il grido di Pan

 


Fine anno è da sempre tempo di bilanci. Vale per tutto anche per la lettura. Il libro che proponiamo è uno dei più belli che abbiamo letto in questo 2023 che sta terminando. Una riflessione profonda sulla vita, sulla morte, sulla natura e sull'uomo. Il tutto rifacendosi al linguaggio del mito e al pensiero greco classico. Ne presentiamo l'incipit.


La meraviglia


Al principio è la meraviglia. Tutto suscita meraviglia e stupore. Un’emozione confusa in cui la paura diventa inquietudine. L’emozione di chi non sa dare spiegazione di ciò che ascolta, vede o pensa, e dunque quasi prova un senso di vertigine che lo spinge a mettersi in cerca.

A raccontarlo in maniera perfetta fu Platone in un dialogo molto bello e molto complesso che scrisse verso i sessant’anni e prese il nome dal principale interlocutore di Socrate, un matematico che Platone aveva molto amato: Teeteto. Questo ragazzo che ebbe una vita sfortunata e morí giovane, nella rappresentazione letteraria platonica, a un tratto, seguendo i ragionamenti paradossali di Socrate, dice: «Per gli dèi, Socrate, provo una meraviglia sconvolgente chiedendomi come mai stiano queste cose. A tratti, anzi, a dire il vero, guardandole e riguardandole ho le vertigini».

Al che Socrate gli risponde: «Amico mio, sembra che Teodoro non abbia avanzato congetture scorrette sulla tua natura. E infatti è tipico del filosofo questo stato d’animo: la meraviglia. Non esiste altra origine della filosofia se non questa».

È un passo famosissimo. Aristotele, al principio della Metafisica, riprende l’idea del maestro e spiega che gli uomini hanno cominciato a filosofare proprio perché si meravigliavano delle stranezze che avevano davanti agli occhi, passando poi a indagare fenomeni piú importanti, come «le affezioni della luna, del sole e degli astri, e la genesi del tutto».

Le cose stanno proprio così. Anche se a leggere i due grandi filosofi, e soprattutto Aristotele, si ha l’impressione che ciò di cui gli esseri umani si meravigliarono (e in effetti, continuano sempre a meravigliarsi) sia solo ciò che è fuori di essi, «davanti ai loro occhi», mentre sappiamo benissimo che il primo oggetto di meraviglia di fronte a cui tutti ci troviamo fin dalla nascita siamo proprio noi stessi. Conoscere le cose con cui ci confrontiamo, conoscere il nostro posto nel mondo, dunque conoscere il mondo che abitiamo, ovvero la natura in cui siamo apparsi, noi stessi germogli della natura. Ecco il compito di quella lotta per la sapienza che caratterizza gli esseri umani da sempre e per sempre. Un compito cui solo la meraviglia può spingerci.


Matteo Nucci
Il grido di Pan
Einaudi 2023

sabato 30 dicembre 2023

Verità per Giulio Regeni

 


Verità per Giulio Regeni

Tante domande, nessuna risposta.

Si riparla con insistenza del caso Regeni dopo troppi anni di silenzi e omissioni. E la cosa non può che fare piacere. In tanti a partire dalla famiglia chiedono che sia fatta piena luce su quanto accaduto. Ed è quello che anche noi vorremmo. Ma ci pare che nessuno, però, si sia posta la prima domanda che verrebbe alla mente anche di un semplice lettore di libri gialli: perché i dirigenti dei servizi egiziani, che pure ne avevano piena possibilità, invece che far sparire il corpo, rendendo così impossibile ogni indagine, lo fecero ritrovare e in quelle orribili condizioni?

Vengono in mente certi metodi tipici della Mafia e non solo. Detto con chiarezza, con quel ritrovamento che messaggio i servizi egiziani volevano mandare e a chi?

E cosa rendeva Regeni una minaccia così temibile da giustificare quelle torture tanto feroci da far morire il prigioniero? Modi usati verso la dissidenza interna, ma impensabili nei confronti di un occidentale, uno studioso, cittadino per di più di un paese amico come l'Italia con cui esistevano e esistono rapporti di cooperazione militare e di intelligence.

Ridicolo pensare che, come si è scritto e riscritto, tutto si riduca ad una banale intervista all'esponente di un sindacatino paralegale, personaggio ambiguo e probabile collaboratore della polizia politica. Per quello bastava un decreto di espulsione.

E invece a occuparsene furono, a quanto appurato dalla Magistratura italiana, i vertici dei Servizi e non qualche ufficiale subalterno, magari troppo zelante, scappato di mano ai suoi superiori.

Una ulteriore dimostrazione che il caso era considerato un problema di primaria importanza per la sicurezza del regime. Un allarmismo assolutamente non giustificato dal tipo di ricerca che Regeni stava svolgendo. Ma allora perché i vertici della sicurezza erano così preoccupati da intervenire in prima persona e quel modo?

E poi che informazioni potevano ricavare da un giovane, e a quanto si è visto, anche molto ingenuo, ricercatore universitario? Perché accanirsi in quel modo barbaro? Ma soprattutto perché far ritrovare il corpo e rendere così pubblico ciò che era accaduto? Senza il corpo si sarebbe trattato di una semplice sparizione, un fatto inspiegabile, come ne accadono ogni giorno, e non solo in Egitto, un caso da "Chi l'ha visto?".

E invece no, contro ogni logica, si decise di lasciare il corpo in bella vista e con segni inequivocabili che conducevano immediatamente alle pratiche tipiche della polizia e dei servizi egiziani e dunque rendevano il caso un affare politico internazionale.

Una scelta dei vertici dell'intelligence, sicuramente ben consapevoli del vespaio che si sarebbe scatenato. Il tutto porta a pensare, come già detto, che si volesse mandare in modo brutale un avvertimento a qualcuno, a torto o a ragione, considerato il regista di un'operazione di cui non sappiamo nulla e di cui lo stesso sfortunato Regeni era con tutta probabilità del tutto all'oscuro. Una semplice pedina mandata allo sbaraglio.

Chi potrebbe forse dare qualche informazione in merito è l'insegnante inglese che coordinava la ricerca e che lo aveva mandato in Egitto, ma , almeno a quanto riportato dalla stampa, la sua collaborazione alle indagini è stata minima. Eppure le cose da chiarire sarebbero tante. Chi è? Che tipo di Istituto dirige? Chi lo finanzia? Che ricerche svolge e per chi? Tutte domande a cui non pare che né la Magistratura né la stampa abbiano dato molto peso, puntando tutto sul Cairo, quando forse sarebbe stato opportuno indagare anche a Londra.

Se questi sono uomini... Dalla Ceka a Kronstadt al Gulag.

 


È in via di pubblicazione l'ultima ricerca di Roberto Massari dedicata a sfatare il mito tanto caro alla sinistra comunista, sia trotskista che bordighiana, di una netta cesura fra la fase leninista e quella staliniana della storia dell'URSS. Una continuità evidenziata non tanto da una visione politica, a partire da quella "teoria leninista del partito" di cui Massari mosta la natura mitica, ma dalla storia degli apparati repressivi che dalla primitica Ceka conduce al KGB e, per certi aspetti, ancora permane nella Russia putinina.

Un libro di grande interesse di cui offriamo in anteprima la copertina e l'indice.




venerdì 29 dicembre 2023

SCRITTURE OPERAIE. L'esperienza genovese 1970-2020:

 


SCRITTURE OPERAIE. L'esperienza genovese 1970-2020:

Nella Genova degli anni Settanta, quattro metalmeccanici, Pippo Carrubba, Fancesco Currà, Vincenzo Guerrazzi e Giuliano Naria iniziano a scrivere testi letterari. Lo faranno per tutta la vita pubblicando romanzi, inchieste giornalistiche, favole, racconti, poesie e LP. Tre di loro daranno vita, con altri compagni di lavoro, al Collettivo letterario dell'Ansaldo Meccanico, un laboratorio di creatività operaia unico nel panorama italiano e non solo. Attraverso saggi, testimonianze e documenti inediti, oltre a una ricca antologia, il libro racconta, per la prima volta, questa straordinario rapporto tra vita di fabbrica e cultura. L'esperienza è contestualizzata nella genealogia della scrittura operaia, a partire dal falegname-filosofo parigino Louis Gabriel Gauny (1806-1889) fino al Festival di letteratura working class che si è svolto a Campi Bisenzio (Firenze) nel 2023


IL LIBRO sarà presentato
VENERDI' 12 GENNAIO, ore 17
nella Sala Camino di PALAZZO DUCALE (Genova, piazza Matteotti)

All'incontro parteciperanno Claudio Panella (Università di Torino), Marco Codebò e Giorgio Moroni (curatori) e una parte degli autori: Stefano A. Bigazzi, Claudio Gambaro, Liliana Lanzardo, Giovanna Lo Monaco, Augusta Molinari, Rosella Simone. Coordina Giuliano Galletta.

sabato 23 dicembre 2023

Bordighisti filoputiniani. Dovevamo vedere anche questa


Durante la nostra ormai lunga vita ne abbiamo viste di tutti i colori, ma questa ci mancava. I pronipoti di Amadeo, vestali del verbo bordighista e dell'invarianza del marxismo che nacque  integralmente definito e intoccabile già dal primo vagito del Marx infante, schierarsi in nome dell'antiamericanismo a fianco dello zar Putin.

Così nell'ultimo numero di Programma comunista vediamo riprese ad una ad una, e perfino esasperate, la tesi di Putin che i motivi dell'aggressione all'Ucraina (ma lui la chiama "Operazione speciale") sono la denazificazione del paese e una risposta all'aggressività della NATO.

Nell'articolo si lamenta "il silenzio sulla sorte delle popolazioni russofone del Donbass, spinte a proclamare la separazione da Kiev per sfuggire a un regime pesantemente oppressivo nei confronti di tutto ciò che ha sentore di russo entro i confini dello Stato ucraino".

Si sostiene (sempre testuale) "la sollevazione in armi del Donbass russofono, in atto fin dal 2014 come reazione al colpo di Stato di Maidan" e che "lo Stato ucraino (...) che ha alla guida un burattino nelle mani di forze esterne e gruppi di potere interni, è in preda a una dilagante corruzione, e nella condotta della guerra non durerebbe un giorno senza il supporto della Nato, nei cui comandi le sue forze armate sono pienamente integrate".

Per questi bordighisti ultraortodossi il governo ucraino è "un governo quisling degli USA". Quisling, per chi non lo sapesse, era il capo del governo collaborazionista nella Norvegia occupata dai nazisti.

Un paragone di grande spessore storico, sicuramente un buon suggerimento per il prossimo discorso di Putin che non si era ancora spinto fino a questo tipo di argomentazioni.

Come diceva la vecchia canzoncina? Ah si: "era meglio morire da piccoli....".


lunedì 11 dicembre 2023

La Massoneria nel Ponente ligure agli inizi del Novecento


 

Quella della Massoneria in Liguria è una storia ancora in gran parte da scrivere.

A differenza di altre regioni italiane non esiste a tutt'oggi una storia complessiva ed organica della Massoneria nella nostra regione. La letteratura in materia è piuttosto scarna e consiste soprattutto in opuscoli o libri celebrativi la fondazione di singole logge.

Materiali il più delle volte di scarso valore documentale e storico.

Se si eccettuano i volumi dedicati da Luca Fucini alle vicende della Massoneria a Ventimiglia e a Sanremo e al bel libro di Francesco Barbanente sulla Massoneria a La Spezia e in Lunigiana, il panorama è desolante.

Nulla su Genova o su Savona, città dove la Massoneria ebbe non poco peso soprattutto nel periodo intercorrente fra la nascita dello Stato unitario e l'avvento del fascismo.

E questo non, come si potrebbe pensare, per il carattere particolarmente riservato dell'istituzione liberomuratoria, che anzi in quel periodo operava alla piena luce del sole, partecipando attivamente alla vita sociale e politica delle comunità, qualche volta in modo persino eccessivamente ostentato, ma per l'opera sistematica di distruzione negli anni della persecuzione degli arredi e degli archivi delle logge ad opera delle squadracce fasciste.

Nonostante ciò non tutto è andato perduto, come dimostra il documento che presentiamo in questo quaderno, la riproduzione anastatica del regolamento interno della Loggia "Giuseppe Garibaldi" di Porto Maurizio, approvato proprio all'inizio del secolo scorso, il 25 ottobre 1900, e controfirmato dal Gran Maestro Ernesto Nathan.

G.A.


il quaderno può essere letto o scaricato dalla mia pagina nel sito www.academia.edu


giovedì 7 dicembre 2023

Francesco Biamonti. Le carte, la vita, gli incontri


 FRANCESCO BIAMONTI

le carte, le voci, gli incontri

a cura di Matteo Grassano e Claudio Panella

Il Canneto, 2023


A vent’anni dalla morte dell’autore il gruppo di amici e studiosi che sostiene ormai da tempo l’Asso­ciazione Amici di Francesco Bia­monti ha scelto di ricordarlo attra­verso un convegno, da cui è nato questo libro. L’idea è stata quella di fare incon­trare una nuova generazione di studiosi con chi ha sempre segui­to il lavoro dello scrittore fin dagli esordi, con lo scopo di aprire nuo­ve prospettive di ricerca sulla sua produzione letteraria e sulla sua visione etico-filosofica. Oltre alla centralità del paesag­gio e della sua rappresentazione, sono stati approfonditi innanzitut­to l’impegno politico di Biamonti e il suo sguardo sulla cultura fran­cese, letteraria e filosofica, degli anni ’50 e ’60. Gli studi sui suoi scritti di critica d’arte, unitamente all’analisi delle profonde connessioni, anche in­tertestuali, con le voci di scrittori amati, hanno inoltre permesso di comprendere meglio il suo com­plesso e sfaccettato profilo intel­lettuale. A emergere in questo libro non è però solo il ritratto di un autore, ma anche il carattere di un’opera che ha profondamente influenzato la tradizione letteraria italiana fino ai giorni nostri.


lunedì 4 dicembre 2023

Marco Paladini "miniature"