venerdì 14 giugno 2019

I fuochi di San Giovanni. San Giovanni Decollato e il mistero del Graal


 Salomè con la testa del Battista, Caravaggio, 1607, National Gallery, Londra. 



San Giovanni Battista è anche festeggiato come San Giovanni Decollato, protettore delle confraternite della buona morte e riproposizione cristiana del mito salvifico della testa mozzata e del sangue.

Giorgio Amico

I fuochi di San Giovanni

San Giovanni Decollato

Ma Giovanni non è stato solo il precursore del Cristo, colui che ha mostrato la strada, egli è anche il primo martire della nuova fede. I Vangeli raccontano con abbondanza di dettagli drammatici la prigionia e poi la decapitazione del Battista. Matteo narra la morte del Profeta in un racconto ricco di particolari e sfumature, psicologiche (l'indecisione di Erode) e politiche (la paura di contrariare l'opinione pubblica):

“Ora Erode, dopo aver preso e messo in catene Giovanni, l'aveva gettato in carcere a causa di Erodiade, la moglie di suo fratello Filippo. Diceva infatti Giovanni: «Non ti è lecito tenerla!». Pur volendo metterlo a morte, era trattenuto dal timore del popolo che lo teneva per profeta. Una volta, in occasione del compleanno di Erode, la figlia di Erodiade danzò in pubblico e piacque tanto ad Erode che con giuramento promise di darle qualunque cosa gli avesse chiesto. Ella perciò, istigata da sua madre, chiese: « Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re ne fu contristato, ma a causa del giuramento e per riguardo ai commensali ordinò che fosse accolta la sua richiesta e mandò ad uccidere Giovanni nel carcere. La sua testa fu portata su un vassoio e consegnata alla fanciulla e questa la porse a sua
madre.” (28)

Una storia tanto romanzesca da parere inventata. E invece no. Il Battista è figura storica e la sua predicazione e poi la sua tragica fine si collocano interamente nella turbinosa (e complessa) vita politica della Palestina attorno al I secolo d.C., come conferma la ricostruzione che ne fa lo storico ebreo Giuseppe Flavio nelle sue Antichità giudaiche: (29)

“Ma ad alcuni Giudei parve che la rovina dell'esercito di Erode fosse una vendetta divina, e di certo una vendetta giusta per la maniera con cui si era comportato verso Giovanni soprannominato Battista. Erode infatti aveva ucciso quest'uomo buono che esortava i Giudei a una vita corretta, alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà verso Dio, e così facendo si disponessero al battesimo; a suo modo di vedere questo rappresentava un preliminare necessario se il battesimo doveva rendere gradito a Dio. Essi non dovevano servirsene per guadagnare il perdono di qualsiasi peccato commesso, ma come di una consacrazione del corpo insinuando che l'anima fosse già purificata da una condotta corretta. Quando altri si affollavano intorno a lui perché con i suoi sermoni erano giunti al più alto grado, Erode si allarmò. Una eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa facessero. Erode, perciò, decise che sarebbe stato molto meglio colpire in anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività portasse a una sollevazione, piuttosto che aspettare uno sconvolgimento e trovarsi in una situazione così difficile da pentirsene. A motivo dei sospetti di Erode, (Giovanni) fu portato in catene nel Macheronte, la fortezza che abbiamo menzionato precedentemente, e quivi fu messo a morte. Ma il verdetto dei Giudei fu che la rovina dell'esercito di Erode fu una vendetta di Giovanni, nel senso che Dio giudicò bene infliggere un tale rovescio a Erode.” (30)

Qualcuno ha messo in dubbio l'autenticità del passo, ritenendola una aggiunta di un copista medievale. Non entriamo nel merito della questione. Non è questa la sede. Rileviamo invece come si tratti di un racconto che colpisce l'immaginazione, ricco di quegli elementi (il sesso, il sangue, l'odio, la vendetta) che, allora come oggi, affascinano il grande pubblico. Non stupisce che, più di altre parti della narrazione evangelica, questa storia sia stata ripresa dalla tradizione, sia quella popolare che spesso ne ha enfatizzato gli elementi più truculenti, sia quella colta tanto da diventare un tema ricorrente della letteratura e dell'arte.

Particolare fortuna la storia della morte di Giovanni ebbe alla fine del secolo XIX: a partire dal poema incompiuto Hérodiade del poeta francese Stéphane Mallarmè e poi dell'opera teatrale Salomè di Oscar Wilde, numerosissimi scrittori si confronteranno con il tema. Altrettanto accadrà in pittura. (31)

Salomè, la figlia adolescente di Erodiade, capostipite di tutte le Lolite della letteratura contemporanea, diventerà così «l'eroina del decadentismo», il simbolo stesso dell'orrore del femminile di una società maschile in piena crisi di identità come quella vittoriana. Un tema ripreso dal femminismo. Salomè, annota sarcasticamente Julia Kristeva, rappresenta “la castratrice sognata dal maschio che incontra qualche difficoltà a godere, vale a dire più o meno tutti”. Una vera e propria «Eva apocalittica». (32) Davvero, come è stato scritto, la morte del Battista cela molti significati anche per gli uomini di oggi.

   Guercino, Salomè riceve la testa del Battista, 1637, Rennes, Musée des Beaux-Arts

Il mito salvifico della testa mozzata e del sangue

Fin dai primi secoli del cristianesimo si sviluppano una moltitudine di credenze che hanno al loro centro il tema della decapitazione del Battista. Un folklore che in parte recupera ad una visione cristiana spesso solo superficiale antichissime credenze legate al ciclo solare e rituali pagani propiziatori della fertilità della terra. Sulla via aperta dagli studi pionieristici di James G. Frazer, i ricercatori ne hanno rinvenute tracce dappertutto. Molto significativa è la festa dei “Muzzuni” ad Alcara Li Fusi, in provincia di Messina, una festa in cui elementi pagani e cristiani si mescolano in un rito che si ripete da secoli immutato. 

La festa si svolge la sera e per tutta la notte del 24 giugno. All'imbrunire inizia la fase preparatoria della festa le cui protagoniste sono esclusivamente donne. Gli angoli più caratteristici del paese vengono “preparati” per accogliere gli altarini su quali verrà posto “U Muzzuni”. Attorno ad essi, sulle pareti, sui balconi e sulla strada, vengono stese le “pizzare”: tappeti tessuti con l'antico telaio a pedale utilizzando ritagli di stoffa. Sulle “pizzare”, disposte intorno ed ai piedi dell'altarino, vengono poggiati i piatti con i “Laureddi” (steli di grano fatto germogliare al buio), spighe ed umili oggetti del mondo contadino. Terminata questa fase, le donne rientrano in casa per preparare “U Muzzuni”. Esso è costruito da una brocca dal collo mozzo rivestita da un foulard di seta ed adorna di ori appartenenti alle famiglie del quartiere. Dalla sommità della brocca fuoriescono steli di orzo e grano fatti germogliare al buio, lavanda, spighe di grano già maturato e dei garofani. Completato l'allestimento del Muzzuni, una giovinetta del quartiere lo porta fuori e lo colloca sull'altare già pronto. Si entra così, nel vero e proprio clima della Festa: ogni quartiere che ospita il “Muzzuni” viene animato con musiche e canti popolari. Centrale nel rito il vaso dal collo mozzato che rimanda alla testa del Battista e che diventa simbolo di fertilità e di rinascita. (33)

Altrove questa simbologia è ancora più esplicita ed è direttamente associata al sangue, l'elemento vitale per eccellenza. E' il caso della leggenda abruzzese secondo la quale le giovani donne da maritare all'alba del 24 giugno avrebbero potuto, andando sulla riva del mare e guardando ad oriente, veder apparire sul disco del sole il volto del santo e il suo sangue ribollente. Chi l'avrebbe visto per prima si sarebbe sposata entro l'anno. Una credenza viva ancora agli inizi del Novecento, tanto che nel 1904 Gabriele D'Annunzio, ambientando la sua tragedia più importante, La figlia di Iorio, proprio "nella terra d'Abruzzi, or è molt'anni", riprese in due passi dell'opera questa tradizione popolare dell'attesa dell'alba sulla spiaggia. Una prima volta quando la protagonista Ornella dice:

“E domani è San Giovanni, fratel caro;
è San Giovanni. Su la Plaia me ne vo' gire,
per vedere il capo mozzo dentro il sole all'apparire,
per vedere nel piatto d'oro tutto il sangue ribollire.” (34)

E poi nella quinta scena del primo atto con l'esclamazione dell'altro protagonista, il pastore Aligi:

“E San Giovanni Battista Decollato
Vi mostri il capo suo nel sol levante,
se questa notte andate su la Plaia.” (35)

A questo punto si potrebbe aprire un lungo discorso sul simbolismo della testa mozzata nell'arte e nel folklore europeo, nei miti pagani e cristiani e nelle fiabe e leggende popolari ( 36), ma la digressione sarebbe davvero troppo lunga ed esulerebbe dall'ambito di questo lavoro. Può bastare in questa sede ricordare il valore salvifico del capo tagliato (o del teschio) che in molti racconti indica a chi abbia cuore coraggioso e puro la via per uscire da una situazione pericolosa o il luogo in cui è sepolto un tesoro. Un simbolismo presente già nei romanzi che narrano le avventure dei cavalieri della tavola rotonda e la ricerca del Sacro Graal. (37)



Perlesvaus e il castello del Re Pescatore

L'argomento sarebbe ampio. Ci limitiamo a fare cenno ad un romanzo del ciclo arturiano, Perlesvaus, opera molto complessa composta intorno al 1230 forse sotto l'influenza cluniacense, allora assai forte nel nord della Francia da dove il libro proviene. La storia narrata è totalmente incentrata sul valore salvifico della testa del Battista che si trasferisce poi alla spada usata per la decapitazione. Di autore anonimo, il romanzo vuole essere un proseguimento dell'incompiuto “Perceval o il racconto del Graal”di Chrétien de Troyes, libro apparso alla fine del XII secolo e che da inizio alla serie di romanzi cavallereschi incentrati sul mito della sacra coppa in cui Giuseppe di Arimatea avrebbe raccolto il sangue di Cristo.

L'opera inizia spiegando perché Perlesvaus (Perceval) non sia riuscito a trovare il Graal. Narra quindi delle avventure di diversi cavalieri fra cui Lancillotto che tentano senza esito di recuperare la sacra reliquia. La storia, molto confusa, non può essere riassunta in breve, basti sapere che solo Galvano (Gawain) dopo infinite peripezie riuscirà a compiere la missione. Egli, dopo essere arrivato nella terra dove fu ucciso Giovanni Battista, riesce a recuperare la spada con cui era stata mozzata la testa del profeta. In possesso di questa potentissima reliquia, Galvano riesce a penetrare nel castello del Re Pescatore dove il Graal è custodito e dove Perlesvaus aveva fallito la sua impresa. Qui egli avrà finalmente la visione del Graal in tutto il suo splendore. (38)

Testo molto diverso dalle altre opere del ciclo arturiano, Perlesvaus si caratterizza per un profondo sentimento cristiano. Centrale è la figura del Battista e la simbologia legata alla sua decapitazione. (39) Una simbologia potente che colpisce tanto l'immaginazione di quegli uomini da far diventare il capo mozzato del Battista l'emblema delle confraternite della Misericordia, dette anche della «Buona Morte», che si sviluppano nei secoli finali del Medioevo. Con questo ulteriore passaggio la devozione popolare a San Giovanni acquista un nuovo aspetto che si discosta in parte da quelli fino a qui analizzati.



San Giovanni e le confraternite della Misericordia

Era uso che le confraternite dei penitenti accompagnassero i condannati alla decapitazione o alla forca, tenendo in mano tavolette devozionali che richiamavano la fede cristiana nella redenzione e nel perdono. Quale santo poteva meglio del Battista, morto sotto la scure del boia, svolgere la funzione di protettore di questi disgraziati, colpevoli spesso solo di essere poveri? Ed ecco, allora, che San Giovanni Decollato diventa il protettore dei condannati a morte, colui che li accompagna nel loro ultimo giorno di vita e intercede per loro. E non si trattava solo di confidare nel perdono divino. In molti luoghi il 29 agosto, festa di San Giovanni Decollato, veniva graziato un condannato a morte che da quel momento viveva sotto la protezione del santo. Davanti alla folla dei fedeli convenuti anche dal contado si svolgeva una vera e propria sacra rappresentazione tesa ad esaltare il ruolo della confraternita e le possibilità di salvazione offerte da una sincera devozione a San Giovanni. La liberazione del prigioniero avveniva dopo una grande processione e la celebrazione di una Messa. Un rito collettivo che serviva a rinsaldare i legami sociali e a recuperare comportamenti considerati pericolosi per la tenuta della collettività.

San Giovanni diventa così garante di un corretto passaggio nell'aldilà soprattutto per i più poveri che non hanno nessuno che possa pagare per offrire messe e preghiere in suffragio, unico mezzo per accelerare l'uscita dai tormenti, attenuati rispetto all'Inferno ma comunque penosi, del Purgatorio. Lo storico francese Michel Vovelle ha dimostrato, in un celebre studio sui riti funebri in Provenza fondato sull'analisi di oltre ventimila testamenti, come nella Francia prerivoluzionaria la pietà funebre si esercitasse secondo rigidissime linee di classe. Nei lasciti per messe e preghiere, i nobili e i borghesi facevano la parte del leone, mentre appaiono raramente contadini e appartenenti al popolo minuto delle città, che pure erano la stragrande maggioranza della popolazione ma non possedevano quasi nulla e dunque non potevano lasciare somme significative alla Chiesa. (40)

Da qui l'importanza religiosa e sociale delle Confraternite e di quelle della Buona Morte in particolare. Esse garantivano ai poveri la possibilità di sperare in una sorte migliore, almeno nell'aldilà. Un fenomeno assai diffuso, che conoscerà una grande espansione nel Cinquecento e poi con la grande peste del Seicento, per tramontare assieme ad altri elementi significativi della tradizione popolare con la rivoluzione francese e la fine dell'Ancien Régime.



28. Vangelo di Matteo, 14, 3-11. In: La Bibbia, cit., p. 1539.
29. Scrittore romano di origine ebraica vissuto nel I sec. d.C.. Figura controversa: fra i capi della grande rivolta conosciuta come prima guerra giudaica, si consegnò ai romani e dopo varie peripezie fu liberato e adottato dalla famiglia imperiale. Morì a Roma intorno all'anno 100. Scrisse opere di storia di intonazione filo-romana, fondamentali per conoscere la situazione della Palestina di quel periodo. Si può approfondirne la conoscenza con il bel libro di Pierre Vidal-Naquet, Il buon uso del tradimento. Flavio Giuseppe e la guerra giudaica, Roma, Editori Riuniti, 1980.
30. Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, XVIII, 116-119. Edizione elettronica: http://www.alateus.it/Antichitait.pdf
31. Per una trattazione esaustiva della materia: Claudine Gauthier, La décapitation de Saint-Jean en marge des Evangiles, Paris, Publications de La Sorbonne, 2013.
32. Julia Kristeva, La testa senza il corpo. Il viso e l'invisibile nell'immaginario dell'Occidente, Roma, Donzelli, 2009, p. 149.
33. Sui Muzzuni cfr: Maria Adele Di Leo, Feste popolari di Sicilia, Roma, Newton Compton, 1997 e Ignazio Buttitta, Le fiamme dei santi: usi rituali del fuoco nelle feste siciliane, Roma, Meltemi, 1999.
34. Gabriele D'Annunzio, La figlia di Jorio, Edizione elettronica, www.liberliber.it,, p. 8.

35. Ivi, p. 56.
36. Per l'uso simbolico delle teste mozzate nell'architettura romanica e gotica cfr.: Fulvio Cervini, La pietra e la croce, Ventimiglia, Philobiblon, 2005. Per il folklore: V.J. Propp, Le radici storiche dei racconti di fate, Torino, Boringhieri, 1972, pp. 242-44.
37. Sulle origini del mito del Graal cfr.: Robert De Boron, Il racconto della storia del Graal, a cura di Angelo Terenzoni, Genova, Alkaest, 1980.
38. Cfr.: Monika Hauf, La via del Sacro Graal, Roma, Edizioni Archeios, 2005 e Luce del Graal, a cura di René Nelli, Roma, Mediterranee, 2001.
39. Richard Barber, Graal, Milano, Il Giornale Biblioteca storica, 2005, p. 137.
40. Michel Vovelle, Piété baroque et déchristianisation en Provence au XVIIIe siècle. Les attitudes devant la mort d'après les clauses de testaments, Paris, Seuil, 1973.

4. Continua