Salomè con la testa del Battista,
Caravaggio, 1607, National Gallery, Londra.
San Giovanni Battista
è anche festeggiato come San Giovanni Decollato, protettore delle
confraternite della buona morte e riproposizione cristiana del mito
salvifico della testa mozzata e del sangue.
Giorgio Amico
I fuochi di San Giovanni
San Giovanni Decollato
Ma Giovanni non è stato
solo il precursore del Cristo, colui che ha mostrato la strada, egli
è anche il primo martire della nuova fede. I Vangeli raccontano con
abbondanza di dettagli drammatici la prigionia e poi la decapitazione
del Battista. Matteo narra la morte del Profeta in un racconto ricco
di particolari e sfumature, psicologiche (l'indecisione di Erode) e
politiche (la paura di contrariare l'opinione pubblica):
“Ora Erode, dopo aver
preso e messo in catene Giovanni, l'aveva gettato in carcere a causa
di Erodiade, la moglie di suo fratello Filippo. Diceva infatti
Giovanni: «Non ti è lecito tenerla!». Pur volendo metterlo a
morte, era trattenuto dal timore del popolo che lo teneva per
profeta. Una volta, in occasione del compleanno di Erode, la figlia
di Erodiade danzò in pubblico e piacque tanto ad Erode che con
giuramento promise di darle qualunque cosa gli avesse chiesto. Ella
perciò, istigata da sua madre, chiese: « Dammi qui, su un vassoio,
la testa di Giovanni il Battista». Il re ne fu contristato, ma a
causa del giuramento e per riguardo ai commensali ordinò che fosse
accolta la sua richiesta e mandò ad uccidere Giovanni nel carcere.
La sua testa fu portata su un vassoio e consegnata alla fanciulla e
questa la porse a sua
madre.” (28)
Una storia tanto
romanzesca da parere inventata. E invece no. Il Battista è figura
storica e la sua predicazione e poi la sua tragica fine si collocano
interamente nella turbinosa (e complessa) vita politica della
Palestina attorno al I secolo d.C., come conferma la ricostruzione che ne fa
lo storico ebreo Giuseppe Flavio nelle sue Antichità giudaiche: (29)
“Ma ad alcuni Giudei
parve che la rovina dell'esercito di Erode fosse una vendetta divina,
e di certo una vendetta giusta per la maniera con cui si era
comportato verso Giovanni soprannominato Battista. Erode infatti
aveva ucciso quest'uomo buono che esortava i Giudei a una vita
corretta, alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà verso
Dio, e così facendo si disponessero al battesimo; a suo modo di
vedere questo rappresentava un preliminare necessario se il battesimo
doveva rendere gradito a Dio. Essi non dovevano servirsene per
guadagnare il perdono di qualsiasi peccato commesso, ma come di una
consacrazione del corpo insinuando che l'anima fosse già purificata
da una condotta corretta. Quando altri si affollavano intorno a lui
perché con i suoi sermoni erano giunti al più alto grado, Erode si
allarmò. Una eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi,
poteva portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che
volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa facessero.
Erode, perciò, decise che sarebbe stato molto meglio colpire in
anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività portasse a una
sollevazione, piuttosto che aspettare uno sconvolgimento e trovarsi
in una situazione così difficile da pentirsene. A motivo dei
sospetti di Erode, (Giovanni) fu portato in catene nel Macheronte, la
fortezza che abbiamo menzionato precedentemente, e quivi fu messo a
morte. Ma il verdetto dei Giudei fu che la rovina dell'esercito di
Erode fu una vendetta di Giovanni, nel senso che Dio giudicò bene
infliggere un tale rovescio a Erode.” (30)
Qualcuno ha messo in
dubbio l'autenticità del passo, ritenendola una aggiunta di un
copista medievale. Non entriamo nel merito della questione. Non è
questa la sede. Rileviamo invece come si tratti di un racconto che
colpisce l'immaginazione, ricco di quegli elementi (il sesso, il
sangue, l'odio, la vendetta) che, allora come oggi, affascinano il
grande pubblico. Non stupisce che, più di altre parti della
narrazione evangelica, questa storia sia stata ripresa dalla
tradizione, sia quella popolare che spesso ne ha enfatizzato gli
elementi più truculenti, sia quella colta tanto da diventare un tema
ricorrente della letteratura e dell'arte.
Particolare fortuna la
storia della morte di Giovanni ebbe alla fine del secolo XIX: a
partire dal poema incompiuto Hérodiade del poeta francese Stéphane
Mallarmè e poi dell'opera teatrale Salomè di Oscar Wilde,
numerosissimi scrittori si confronteranno con il tema. Altrettanto
accadrà in pittura. (31)
Salomè, la figlia
adolescente di Erodiade, capostipite di tutte le Lolite della
letteratura contemporanea, diventerà così «l'eroina del
decadentismo», il simbolo stesso dell'orrore del femminile di una
società maschile in piena crisi di identità come quella vittoriana.
Un tema ripreso dal femminismo. Salomè, annota sarcasticamente Julia
Kristeva, rappresenta “la castratrice sognata dal maschio che
incontra qualche difficoltà a godere, vale a dire più o meno
tutti”. Una vera e propria «Eva apocalittica». (32) Davvero, come
è stato scritto, la morte del Battista cela molti significati anche
per gli uomini di oggi.
Guercino, Salomè riceve la testa del Battista, 1637,
Rennes, Musée des Beaux-Arts
Il mito salvifico
della testa mozzata e del sangue
Fin dai primi secoli del
cristianesimo si sviluppano una moltitudine di credenze che hanno al
loro centro il tema della decapitazione del Battista. Un folklore che
in parte recupera ad una visione cristiana spesso solo superficiale
antichissime credenze legate al ciclo solare e rituali pagani
propiziatori della fertilità della terra. Sulla via aperta dagli
studi pionieristici di James G. Frazer, i ricercatori ne hanno
rinvenute tracce dappertutto. Molto significativa è la festa dei
“Muzzuni” ad Alcara Li Fusi, in provincia di Messina, una festa
in cui elementi pagani e cristiani si mescolano in un rito che si
ripete da secoli immutato.
La festa si svolge la sera e per tutta la
notte del 24 giugno. All'imbrunire inizia la fase preparatoria della
festa le cui protagoniste sono esclusivamente donne. Gli angoli più
caratteristici del paese vengono “preparati” per accogliere gli
altarini su quali verrà posto “U Muzzuni”. Attorno ad essi,
sulle pareti, sui balconi e sulla strada, vengono stese le “pizzare”:
tappeti tessuti con l'antico telaio a pedale utilizzando ritagli di
stoffa. Sulle “pizzare”, disposte intorno ed ai piedi
dell'altarino, vengono poggiati i piatti con i “Laureddi” (steli
di grano fatto germogliare al buio), spighe ed umili oggetti del
mondo contadino. Terminata questa fase, le donne rientrano in casa
per preparare “U Muzzuni”. Esso è costruito da una brocca dal
collo mozzo rivestita da un foulard di seta ed adorna di ori
appartenenti alle famiglie del quartiere. Dalla sommità della brocca
fuoriescono steli di orzo e grano fatti germogliare al buio, lavanda,
spighe di grano già maturato e dei garofani. Completato
l'allestimento del Muzzuni, una giovinetta del quartiere lo porta
fuori e lo colloca sull'altare già pronto. Si entra così, nel vero
e proprio clima della Festa: ogni quartiere che ospita il “Muzzuni”
viene animato con musiche e canti popolari. Centrale nel rito il vaso
dal collo mozzato che rimanda alla testa del Battista e che diventa
simbolo di fertilità e di rinascita. (33)
Altrove questa simbologia
è ancora più esplicita ed è direttamente associata al sangue,
l'elemento vitale per eccellenza. E' il caso della leggenda abruzzese
secondo la quale le giovani donne da maritare all'alba del 24 giugno
avrebbero potuto, andando sulla riva del mare e guardando ad oriente,
veder apparire sul disco del sole il volto del santo e il suo sangue
ribollente. Chi l'avrebbe visto per prima si sarebbe sposata entro
l'anno. Una credenza viva ancora agli inizi del Novecento, tanto che
nel 1904 Gabriele D'Annunzio, ambientando la sua tragedia più
importante, La figlia di Iorio, proprio "nella terra d'Abruzzi,
or è molt'anni", riprese in due passi dell'opera questa
tradizione popolare dell'attesa dell'alba sulla spiaggia. Una prima
volta quando la protagonista Ornella dice:
“E domani è San
Giovanni, fratel caro;
è San Giovanni. Su la
Plaia me ne vo' gire,
per vedere il capo mozzo
dentro il sole all'apparire,
per vedere nel piatto
d'oro tutto il sangue ribollire.” (34)
E poi nella quinta scena
del primo atto con l'esclamazione dell'altro protagonista, il
pastore Aligi:
“E San Giovanni
Battista Decollato
Vi mostri il capo suo nel
sol levante,
se questa notte andate su
la Plaia.” (35)
A questo punto si
potrebbe aprire un lungo discorso sul simbolismo della testa mozzata
nell'arte e nel folklore europeo, nei miti pagani e cristiani e nelle
fiabe e leggende popolari ( 36), ma la digressione sarebbe davvero
troppo lunga ed esulerebbe dall'ambito di questo lavoro. Può bastare
in questa sede ricordare il valore salvifico del capo tagliato (o del
teschio) che in molti racconti indica a chi abbia cuore coraggioso e
puro la via per uscire da una situazione pericolosa o il luogo in cui
è sepolto un tesoro. Un simbolismo presente già nei romanzi che
narrano le avventure dei cavalieri della tavola rotonda e la ricerca
del Sacro Graal. (37)
Perlesvaus e il
castello del Re Pescatore
L'argomento sarebbe
ampio. Ci limitiamo a fare cenno ad un romanzo del ciclo arturiano,
Perlesvaus, opera molto complessa composta intorno al 1230 forse
sotto l'influenza cluniacense, allora assai forte nel nord della
Francia da dove il libro proviene. La storia narrata è totalmente
incentrata sul valore salvifico della testa del Battista che si
trasferisce poi alla spada usata per la decapitazione. Di autore
anonimo, il romanzo vuole essere un proseguimento dell'incompiuto
“Perceval o il racconto del Graal”di Chrétien de Troyes, libro
apparso alla fine del XII secolo e che da inizio alla serie di
romanzi cavallereschi incentrati sul mito della sacra coppa in cui
Giuseppe di Arimatea avrebbe raccolto il sangue di Cristo.
L'opera inizia spiegando
perché Perlesvaus (Perceval) non sia riuscito a trovare il Graal.
Narra quindi delle avventure di diversi cavalieri fra cui Lancillotto
che tentano senza esito di recuperare la sacra reliquia. La storia,
molto confusa, non può essere riassunta in breve, basti sapere che
solo Galvano (Gawain) dopo infinite peripezie riuscirà a compiere la
missione. Egli, dopo essere arrivato nella terra dove fu ucciso
Giovanni Battista, riesce a recuperare la spada con cui era stata
mozzata la testa del profeta. In possesso di questa potentissima
reliquia, Galvano riesce a penetrare nel castello del Re Pescatore
dove il Graal è custodito e dove Perlesvaus aveva fallito la sua
impresa. Qui egli avrà finalmente la visione del Graal in tutto il
suo splendore. (38)
Testo molto diverso dalle
altre opere del ciclo arturiano, Perlesvaus si caratterizza per un
profondo sentimento cristiano. Centrale è la figura del Battista e
la simbologia legata alla sua decapitazione. (39) Una simbologia
potente che colpisce tanto l'immaginazione di quegli uomini da far
diventare il capo mozzato del Battista l'emblema delle confraternite
della Misericordia, dette anche della «Buona Morte», che si
sviluppano nei secoli finali del Medioevo. Con questo ulteriore
passaggio la devozione popolare a San Giovanni acquista un nuovo
aspetto che si discosta in parte da quelli fino a qui analizzati.
San Giovanni e le
confraternite della Misericordia
Era uso che le
confraternite dei penitenti accompagnassero i condannati alla
decapitazione o alla forca, tenendo in mano tavolette devozionali
che richiamavano la fede cristiana nella redenzione e nel perdono.
Quale santo poteva meglio del Battista, morto sotto la scure del
boia, svolgere la funzione di protettore di questi disgraziati,
colpevoli spesso solo di essere poveri? Ed ecco, allora, che San
Giovanni Decollato diventa il protettore dei condannati a morte,
colui che li accompagna nel loro ultimo giorno di vita e intercede
per loro. E non si trattava solo di confidare nel perdono divino. In
molti luoghi il 29 agosto, festa di San Giovanni Decollato, veniva
graziato un condannato a morte che da quel momento viveva sotto la
protezione del santo. Davanti alla folla dei fedeli convenuti anche
dal contado si svolgeva una vera e propria sacra rappresentazione
tesa ad esaltare il ruolo della confraternita e le possibilità di
salvazione offerte da una sincera devozione a San Giovanni. La
liberazione del prigioniero avveniva dopo una grande processione e la
celebrazione di una Messa. Un rito collettivo che serviva a
rinsaldare i legami sociali e a recuperare comportamenti considerati
pericolosi per la tenuta della collettività.
San Giovanni diventa così
garante di un corretto passaggio nell'aldilà soprattutto per i più
poveri che non hanno nessuno che possa pagare per offrire messe e
preghiere in suffragio, unico mezzo per accelerare l'uscita dai
tormenti, attenuati rispetto all'Inferno ma comunque penosi, del
Purgatorio. Lo storico francese Michel Vovelle ha dimostrato, in un
celebre studio sui riti funebri in Provenza fondato sull'analisi di
oltre ventimila testamenti, come nella Francia prerivoluzionaria la
pietà funebre si esercitasse secondo rigidissime linee di classe.
Nei lasciti per messe e preghiere, i nobili e i borghesi facevano la
parte del leone, mentre appaiono raramente contadini e appartenenti
al popolo minuto delle città, che pure erano la stragrande
maggioranza della popolazione ma non possedevano quasi nulla e dunque
non potevano lasciare somme significative alla Chiesa. (40)
Da qui l'importanza
religiosa e sociale delle Confraternite e di quelle della Buona Morte
in particolare. Esse garantivano ai poveri la possibilità di sperare
in una sorte migliore, almeno nell'aldilà. Un fenomeno assai
diffuso, che conoscerà una grande espansione nel Cinquecento e poi
con la grande peste del Seicento, per tramontare assieme ad altri
elementi significativi della tradizione popolare con la rivoluzione
francese e la fine dell'Ancien Régime.
28. Vangelo di Matteo,
14, 3-11. In: La Bibbia, cit., p. 1539.
29. Scrittore romano di
origine ebraica vissuto nel I sec. d.C.. Figura controversa: fra i
capi della grande rivolta conosciuta come prima guerra giudaica, si
consegnò ai romani e dopo varie peripezie fu liberato e adottato
dalla famiglia imperiale. Morì a Roma intorno all'anno 100. Scrisse
opere di storia di intonazione filo-romana, fondamentali per
conoscere la situazione della Palestina di quel periodo. Si può
approfondirne la conoscenza con il bel libro di Pierre Vidal-Naquet,
Il buon uso del tradimento. Flavio Giuseppe e la guerra giudaica,
Roma, Editori Riuniti, 1980.
30. Flavio Giuseppe,
Antichità giudaiche, XVIII, 116-119. Edizione elettronica:
http://www.alateus.it/Antichitait.pdf
31. Per una trattazione
esaustiva della materia: Claudine Gauthier, La décapitation de
Saint-Jean en marge des Evangiles, Paris, Publications de La
Sorbonne, 2013.
32. Julia Kristeva, La
testa senza il corpo. Il viso e l'invisibile nell'immaginario
dell'Occidente, Roma, Donzelli, 2009, p. 149.
33. Sui Muzzuni cfr:
Maria Adele Di Leo, Feste popolari di Sicilia, Roma, Newton Compton,
1997 e Ignazio Buttitta, Le fiamme dei santi: usi rituali del fuoco
nelle feste siciliane, Roma, Meltemi, 1999.
34. Gabriele D'Annunzio,
La figlia di Jorio, Edizione elettronica, www.liberliber.it,, p. 8.
35. Ivi, p. 56.
36. Per l'uso simbolico
delle teste mozzate nell'architettura romanica e gotica cfr.: Fulvio
Cervini, La pietra e la croce, Ventimiglia, Philobiblon, 2005. Per il
folklore: V.J. Propp, Le radici storiche dei racconti di fate,
Torino, Boringhieri, 1972, pp. 242-44.
37. Sulle origini del
mito del Graal cfr.: Robert De Boron, Il racconto della storia del
Graal, a cura di Angelo Terenzoni, Genova, Alkaest, 1980.
38. Cfr.: Monika Hauf, La
via del Sacro Graal, Roma, Edizioni Archeios, 2005 e Luce del Graal,
a cura di René Nelli, Roma, Mediterranee, 2001.
39. Richard Barber,
Graal, Milano, Il Giornale Biblioteca storica, 2005, p. 137.
40. Michel Vovelle, Piété
baroque et déchristianisation en Provence au XVIIIe siècle. Les
attitudes devant la mort d'après les clauses de testaments, Paris,
Seuil, 1973.
4. Continua