TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 14 aprile 2023

Ucraina: a sinistra tutti sono contro la guerra, ma...

 


Ucraina: a sinistra tutti sono contro la guerra, ma...


Come tutti gli avvenimenti di portata storica, quelli per intenderci che segnano un'epoca, la guerra d'Ucraina scatena contrasti violenti, fa emergere contraddizioni, costringe ad interrogarsi sulla validità di concezioni fino a quel momento accettate, fa crollare miti. Ed infatti sugli avvenimenti ucraini la sinistra cosiddetta "rivoluzionaria" o "di classe" si è divisa – e non solo in Italia – in almeno quattro spezzoni. 

Iniziamo dai sostenitori del diritto di un popolo all'indipendenza e alla libertà e dunque a difendersi se aggredito. Al tempo della guerra del Vietnam fu posizione quasi unanime, condivisa anche da chi stalinista non era. Allora non importò che gli aiuti militari venissero dall'imperialismo sovietico o dal tardo stalinismo cinese, né tantomeno che la dirigenza del Partito comunista vietnamita, Ho Chi-minh in testa, avesse le mani sporche del sangue dei trotskisti, fucilati a centinaia nel 1945. La questione era difendere il diritto del popolo vietnamita all'autodeterminazione e gli aiuti militari alla resistenza erano benvenuti da qualunque parte venissero. Lo stesso vale oggi oggi per l'Ucraina invasa e schiacciata sotto una pioggia di missili. E dunque si agli aiuti militari alla resistenza indipendentemente da chi li fornisce e dai motivi per cui lo fa. Posizione coerente, ma minoritaria e accusata di essere filoimperialista o comunque di contribuire alla continuazione della guerra.

Segue poi l'area dei pacifisti ipocriti che a parole condannano l'aggressione russa, ma sono poi nel concreto ferocemente avversi ad ogni forma di sostegno militare al popolo ucraino. Ipocriti perché un'aggressione militare feroce non si ferma con le affermazioni di principio, ma soprattutto perché sulla base di questi presupposti quella pace così fortemente auspicata a parole non può configurarsi nei fatti che come una sostanziale resa.

Ci sono poi i nostalgici della vecchia Unione Sovietica che non hanno ancora elaborato il lutto della fine di quella esperienza e quasi per un riflesso condizionato restano accanitamente filorussi a prescindere dal dichiarato filozarismo putiniano. Al loro fianco gli antiamericani di professione, quelli per cui comunque e sempre gli Stati Uniti sono la causa di tutte le nefandezze del mondo contemporaneo e dunque chiunque sia in contrasto con loro va sostenuto. Un antimperialismo a senso unico che di fatto li porta a sostenere le "ragioni" di Putin che da aggressore diventa aggredito, vittima di una politica americana mirante a isolare la Russia di cui l'Ucraina si sarebbe prestata a essere il braccio armato.

Infine ci sono i puri, quelli che non si sporcano le mani con prese di posizioni concrete, ma si limitano a lunghe e ponderose analisi infarcite di dati e ad appellarsi ad un presunto internazionalismo proletario, di cui non si vedono da nessuna parte i segni, ma che dovrebbe, come la Madonna per il Papa, fungere da agente salvifico. In astratto il gioco potrebbe anche funzionare. Restare nell'empireo dei massimi sistemi permette, comunque vadano le cose, di avere sempre ragione.

Il problema nasce quando, come nel caso di Lotta comunista, si è presenti sul campo, nel caso specifico la Russia. Perché allora gli slogan astratti, tipo "Opposizione internazionalista alla guerra d'Ucraina", come si legge nella manchette del giornale, sono immediatamente sottoposti alla verifica impietosa della realtà quotidiana. Detto in altri termini: cosa fanno concretamente i "leninisti" di Proletarskij Internatzionalism, il gruppo "fratello" russo, per attuare questa direttiva? Disfattismo rivoluzionario, appello a trasformare la guerra imperialista in guerra civile, propaganda fra i soldati contro la guerra invitandoli a rivolgere le armi contro i loro ufficiali e a fraternizzare con i proletari ucraini, secondo la lezione bolscevica del 1914-1917? Assolutamente no. Come si evince dal lungo articolo apparso sull'ultimo numero del giornale a firma dei "nostri compagni russi", Proletarskij Internatzionalism si limita a ricordare che " i fautori delle guerre sono tutte le potenze imperialiste senza eccezione". Non una parola sulla concreta realtà della guerra, sui suoi costi in vite umane, sui crimini perpetrati dall'esercito russo nei confronti della popolazione civile ucraina, vecchi, donne e bambini. Il problema centrale, a giudicare dallo spazio dedicatogli nell'articolo, sembra essere la difficoltà russa ad esportare gas e a non farsi estromettere dai mercati. Una cosa è certa: se questa è l'opposizione internazionalista alla sua guerra, l'autocrate Putin può dormire sonni tranquilli.