TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 29 novembre 2022

Genova mia città intera


 

lunedì 28 novembre 2022

Quando l'abusivismo uccide

 


A quando i prossimi morti?

A Ischia metà delle case costruite abusivamente. 18000 condoni solo nella sanatoria di Conte del 2018. Se si costruisce sui costoni di una montagna franosa, come stupirsi poi che accadano delle tragedie. Ma l'alibi del cambiamento climatico assolve tutti: i furbetti che hanno costruito senza autorizzazioni infischiandosene delle norme, gli amministratori locali che han fatto finta di non vedere, i politici nazionali alla ricerca continua dei voti degli abusivi e degli evasori che in Italia sono milioni e possono decidere, come le due ultime elezioni politiche dimostrano, del risultato di una tornata elettorale.

Nonostante i morti, siamo sicuri che tutto continuerà a essere come è stato finora. I fondi stanziati alimenteranno mafie, affaristi e il malaffare che fa da sfondo alla politica italiana, nazionale e locale e un nuovo condono sanerà gli sconci che non sono ancora stati sanati.

Vite e fondi pubblici sperperati. L'Italia non cambia mai e qualcuno si offende se l'Europa ci guarda come un paese inaffidabile e ci chiede più rigore.

il culto dei Misteri nel mondo greco e romano


 

venerdì 25 novembre 2022

La ripresa del Grande Oriente d'Italia nel dopoguerra (1946-1947)

 


Questo sesto quaderno è dedicato ai primi atti del ricostituito Grande Oriente d'Italia, dopo la parentesi buia della dittatura fascista, negli anni incandescenti dell'immediato dopoguerra. In un'Italia distrutta dalla guerra, impoverita e divisa da forti contrasti ideologici, il Grande Oriente d'Italia rappresentò il tentativo di rilanciare quegli ideali umanitari e solidaristici che erano stati alla base della grande stagione prefascista. Un tentativo generoso che si infranse contro il cambiamento radicale avvenuto nel frattempo nella società italiana. Un cambiamento di cui la Massoneria non si rese conto se non in ritardo. Una incomprensione che di fatto, nonostante le tradizionali calunnie sul “potere massonico”, le costarono una sostanziale emarginazione dalla vita politica e sociale del Paese. Ed in effetti nell'Italia dei grandi partiti di massa e delle grandi ideologie, quella cattolica e quella comunista, non esisteva più alcuna possibilità che il Grande Oriente d'Italia svolgesse il ruolo egemone che aveva rivestito nell'Italia prefascista.  

Nonostante questo il ruolo della Massoneria non fu insignificante, come testimonia il contributo dato ai lavori della Costituente al cui interno la presenza massonica fu consistente e lasciò un segno indelebili in molti articoli della prima parte della nostra Costituzione repubblicana. Negli anni trattati il Grande Oriente si impegnò a fondo in una battaglia, rivelatasi poi perdente, per la totale laicità dello Stato.

Da qui la polemica contro il populismo clericale de “L'Uomo Qualunque” e la denuncia dei tentativi di compromesso di alcuni gruppi massonici di ambigua natura derivanti dalla diaspora della cosiddetta Massoneria di Piazza del Gesù, nata dalla scissione del Rito Scozzese nel 1908 e frantumatasi dopo il 1945 in una pluralità di obbedienze in lotta accanita fra loro.

Da qui lo scendere apertamente in campo in occasione delle elezioni comunali di Roma del 1947 che, dopo la riconferma del Concordato mussoliniano a causa dell'accordo fra Togliatti e De Gasperi, avrebbero dovuto segnare il trionfo dell'egemonia vaticana sulla politica interna italiana. Ricordiamo che il quel periodo si auspica Oltre Tevere l'instaurazione di una repubblica autoritaria sullo stampo del clericale regime di Salazar in Portogallo. E non solo di auspici si trattava, come dimostra il tentativo fallito, grazie proprio alle forze della democrazia laica in cui la Massoneria manteneva una forte presenza, della cosiddetta “Legge truffa” del 1953.

Tornando alle elezioni romane, fu una grande battaglia di libertà, non contro i cattolici, ma per la piena libertà di tutti i cittadini e una risposta alla violentissima campagna antimassonica lanciata in tutto il Paese dalle gerarchie ecclesiastiche che riprendevano a piene mani gli argomenti su cui il fascismo si era basato per giustificare la messa fuori legge della Libera Muratoria. Calunnie destinate a durare fino ad oggi, alimentate da ambienti clericali ma anche dall'estrema destra neofascista e da una sinistra profondamente intrisa dell'ideologia staliniana.

Quanto al presente quaderno, esso consta di due parti. La prima che riproduce un estratto di una storia del GOI nel dopoguerra apparsa sul sito web del GOI stesso e la seconda contenenti documenti apparsi su “L'Acacia”, rivista mensile del Grande Oriente, uscita dal 1947 al 1952.


mercoledì 23 novembre 2022

Comunismo e fascismo non sono la stessa cosa. Certo, ma un po' si somigliano.

 


L'angolo di Bastian Contrario

Comunismo e fascismo non sono la stessa cosa. Certo, ma un po' si somigliano.


Comunismo e fascismo non sono la stessa cosa proclama un post trovato oggi su Facebook. L'autrice , con il linguaggio di chi spiega una cosa evidente, in un lunghissimo intervento dimostra di non avere alcun dubbio in merito, anzi pare stupirsi che qualcuno possa osare anche solo di pensare ad un accostamento fra le due tragiche realtà del Novecento. Un buon esempio del fideismo religioso di una certa sinistra che si ostina a non voler accettare il giudizio della storia, per Marx, fino a prova contraria fondatore del comunismo moderno, verifica ultima di ogni teoria. Insomma , quando si parla di stalinismo, perché questo e solo questo è stato, pur nella diversità delle situazioni, il comunismo realizzato, il materialismo storico non vale più. 

In realtà la questione è un poco più complessa. Fascismo e comunismo non sono sicuramente la stessa cosa, ma questo non l'ha mai sostenuto nessuno, semmai si è affermato documenti storici alla mano che si trattò di regimi egualmente totalitari. Ma allora bisognerebbe piuttosto chiedersi che rapporto c'è stato fra comunismo, come idea di liberazione, e regime sovietico. E qui il discorso delle affinità con il fascismo si pone e come. A partire dalla pianificazione della “liquidazione” (il termine è di Stalin) dei kulak alla fine degli anni Venti, passando per quello per fame dei contadini ucraini negli anni Trenta e finendo con la liquidazione fisica dei prigionieri polacchi nel 1939, quando l'URSS era alleata di fatto della Germania nazista.. E parliamo nel complesso di decine di milioni di persone, bambini compresi, fucilate o deliberatamente fatte morire di fame, di freddo e di stenti in campi di lavoro forzato che nulla avevano da invidiare a quelli tedeschi.



Margarete Buber-Neumann, dirigente del KPD, fuggita in URSS dopo l'avvento del nazismo, mandata nel gulag per trotskismo e poi nel 1939 consegnata da Stalin agli alleati nazisti assieme ad altre centinaia di comunisti tedeschi, e finita nel lager di Ravensbruck, raccontò la sua storia di comunista non pentita nel libro "Prigioniera di Stalin e di Hitler" che si trova ancora in commercio o nelle biblioteche. Sicuramente un' utile lettura per capire quanti elementi, e non secondari, accomunino stalinismo e nazismo..

Peccato che questi fideisti irriducibili, da veri credenti, predichino molto ma studino poco. D'altronde, che serve leggere libri, se si ha già la verità in tasca? Meglio evitare il pericolo che possa sorgere qualche dubbio a minare certezze, granitiche come i cervelli che le contengono.


martedì 15 novembre 2022

La morte nel mondo moderno


 

venerdì 11 novembre 2022

Karl Korsch. Dal consiliarismo al marxismo critico

 Ultimi ritocchi e ci dovremmo essere.




giovedì 10 novembre 2022

L'opera di Karl Korsch

 


Nel 2004 uscì per le edizioni Colibrì di Milano, Il rinnegato Korsch. Storia di un'eresia comunista, prima biografia italiana del filosofo marxista tedesco. È ora in fase di avanzata preparazione per Massari Editore una nuova versione dell'opera, largamente riveduta e con un nuovo apparato di note e appendici di cui proponiamo quella relativa alle Opere.


L'opera di Karl Korsch

Di Karl Korsch esiste un'edizione completa delle opere in 8 volumi, pubblicata dal 1980 al 2001 per i primi due volumi da Europäische Verlagsanstalt di Francoforte e per i successivi dall'Istituto internazionale di storia sociale di Amsterdam.

Il primo volume, Recht, Geist und Kultur (Diritto, spirito e cultura), contiene gli scritti del periodo studentesco fino al primo confronto critico con il socialismo marxista:vi si trovano contributi al dibattito interno al Freistudentische Bewegung (Libero movimento studentesco) e alla Fabian Society, numerosi saggi sulla riforma dell'istruzione e su temi culturali, oltre che studi giuridi specialistici sull'onere della prova nei procedimenti civili e sul sistema giuridico inglese. Il volume copre il periodo 1908-1918.

Il secondo volume, Rätebewegung und Klassenkampf (Il movimento dei consigli e la lotta di classe), riguarda gli anni 1919-1923 e contiene le opere sulla questione della socializzazione e sul movimento dei consigli, in cui Korsch sviluppa il concetto di democrazia industriale e prende precocemente le distanze da qualsiasi politica meccanica di nazionalizzazione. Inoltre, il volume riporta per la prima volta il testo completo della Legge sul lavoro per i comitati aziendali con le aggiunte successive, oltre a scritti sulla politica dell'Uspd e del Kpd, oltre che resoconti dei discorsi e dei contributi al dibattito sull'affiliazione dell'Uspd all'Internazionale Comunista.

Il terzo volume, Marxismus und Philosophie ( Marxismo e filosofia) contiene l'opera più importante e nota di Korsch, oltre a lavori prepatori e a scritti sulla teoria del movimento operaio redatti fra il 1920 e il 1923.

Il quarto volume, Kommunistische Politik (Politica comunista), documenta della battaglia politica condotta da Korsch nel Partito comunista tedesco e nell'Internazionale e copre il periodo 1923-1928.



Il quinto volume, Krise des Marxismus. Schriften 1928–1945 ( Crisi del marxismo. Scritti 1928-1945) testimonia dell'attività di ricerca teorica e di analisi politica svolta da Korsch dopo il suo abbandono della militanza attiva. Per il filosofo la realtà degli anni Trenta, con il fenomeno dei regimi gemelli stalinista e nazista, testimonia di una avvertibile "crisi del marxismo" oltre che di una catastrofica sconfitta del movimento operaio.

Il volume sesto, Karl Marx, è interamente dedicato alla fondamentale ricerca sull'opera di Marx, pubblicata poi nel 1938.

Il settimo volume, Marxism, State and Counterrevolution 1938–1956 (Marxismo, Stato e controrivoluzione. Saggi e opere postume 1938 – 1956) contente gli scritti dell'esilio americano ed in particolare: Economia e politica nella Spagna rivoluzionaria - La collettivizzazione in Spagna - Il marxismo e il compito attuale della lotta di classe del proletariato - La filosofia di Lenin - I costrutti matematici in psicologia e sociologia - Stato e controrivoluzione - Preludio a Hitler - La controrivoluzione fascista - La lotta dei lavoratori contro il fascismo - Rivoluzione per cosa? - Guerra e rivoluzione - Un approccio non dogmatico al marxismo - Restaurazione o totalizzazione - La posizione di Marx nella rivoluzione europea del 1848 - Dieci tesi sul marxismo di oggi - Sull'America - "Work in progress" - Libro delle abolizioni - Alcuni problemi irrisolti del marxismo.



L'ultimo volume, Briefe 1908-1958 ( Lettere 1908-1958) raccoglie la corrispondenza con oltre 60 destinatari, conservata nel fondo Korsch presso l'Iisg di Amsterdam e in numerosi archivi privati e pubblici. Pur se con grandi lacune, dovute alle traversie vissute dal filosofo, il volume permette di seguire dal vivo il formarsi e lo svilupparsi del suo pensiero. Di particolare interesse risulta la corrispondenza con l'Istituto per la Ricerca Sociale (Max Horkheimer, Leo Löwenthal, Friedrich Pollock, Felix Weil), con Bertold Brecht e Paul Mattick, con l' allievo e amico Paul Partos, con la sua vecchia compagna di militanza Ruth Fischer e con lo storico Roman Rosdolsky. Tra i destinatari delle oltre 600 lettere, raccolte in due tomi, troviamo: Angelica Balabanow, Harry Braverman, Brecht, Ossip K. Flechtheim, Daniel Guérin, Sidney Hook, Kurt Lewin, Dwight MacDonald, Gawril Mjasnikow, Felix Morrow, Michelangelo Pappalardi, Henriette Roland-Holst, Maximilien Rubel, Otto Rühle, Carl Schmitt.

Tutti i volumi sono stati curati da Michael Buckmiller professore di Scienze politiche all'Università di Hannover.

lunedì 7 novembre 2022

La morte nel mondo medievale


 

venerdì 4 novembre 2022

Realtà e immaginazione nei disegni a china di Bobo Pernettaz

 


Enrico Martinet

Realtà e immaginazione si mescolano nei disegni a china di Bobo Pernettaz


Come... fiato... sospeso. Come ramo che oscilla... -.scrive Roberto “Bobo” Pernettaz. Parole fissate su un foglio di carta al suo temporaneo banco di lavoro nella saletta di via Xavier de Maistre. 

È in mezzo ai suoi lavori. nella mostra che apre oggi e chiuderà il 28 novembre. Un premio per il premio Balan ricevuto da Pernettaz nel 2020. 

Matite colorate a mazzi su quel banco c alle pareti o sui supporti le opere: i nuovi disegni a china che ha ripescato nel suo mondo dl gioventù quando a 24 anni, proprio nella galleria di Balan in piazza Chanoux, esponeva i suoi i tratti iperrealista 

Poi le sue opere in cui il disegno é immerso in geometrie fatte di legni affiancati, bassorilievi che a volte ammiccano al gioco, all'ironia. Sogno e viaggio in quelle chine. 

Adesso so di più dove vado- dice l'artista. “Mentre comincio il disegno - spiega -mi pare di vederlo finito. da giovane non era cosi”. 

E per far dialogare sogno e viaggio (ammesso che ce ne fosse bisogno) infila nei cieli aerei di carta o nell'acqua barchette di fogli di quaderno. La china intercetta il ruvido del colore neutro di base su una tavola di legno e forma imperfezioni che muovono uomini e cose. La valigia aperta con quasi nulla dentro, un foulard sul bordo, gettata a due pantdall'uomo disteso, il volto nascosto, la mano sinistra ad artigliare la terra. 

La partenza - dice Pernettaz - è una perdita. La valigia chissà di chi è”. 

E in un altro quadro un vecchio accovacciato vicino a una pozza d'acqua: ha lasciato lontano la sua fatica, il carro. e gioca con le barchette di carta. 

E quella donna senza età, con occhi fissi, forse ciechi, verso la sua mano alzata su cui cammina il suo enigma, un armadillo, animale che per difendersi sa farsi palla, un modo di scomparire. Il mistero di quell'uomo che urla con di fronte, appena inquadrato, un profilo d'un volto, ombra nera.

In questo sogno.viaggio i colori dei grandi puzzle di legno. realtà e immaginazione a mischiarsi. Cosi non si può che riprendere quel foglio scritto sul banco di “Bobo" Pernettaz. “ ...Come fiato sospcso/Come ramo che oscilla/Come crisalide che sfoglia”.

La stampa, 4 novembre 2022

Hegel, un illusionista della parola?

 


Giorgio Amico

Hegel, un illusionista della parola?


In tanti abbiamo studiato Hegel a scuola o all'università, ma in quanti davvero lo abbiamo letto una volta terminati gli studi? Hegel resta nel nostro bagaglio culturale come un ricordo, legato a un momento particolare della nostra vita, ma niente di più. Il filosofo della dialettica e il ricordo svanisce. Per chi ha avuto una militanza politica, che non fosse il Pci, i gruppi m-l o Lotta continua, ma ricordasse ancora qualcosa del pensiero di Marx, il filosofo diventava una sorta di babbo svagato che il figlio discolo e ribelle rimetteva sui piedi trasformando il suo idealismo in un robusto pensiero materialista. Ma anche in questo caso, se pochi fra noi hanno letto gli scritti giovanili in cui Marx faceva i conti con la sua originaria formazione hegeliana, chi è tornato alla fonte verificando quanto Hegel aveva scritto davvero?

Hegel resta, al di là delle formulette che poi in realtà nulla dicono davvero, per noi uno sconosciuto. A conoscerlo meglio prova ora Roberto Massari, che si applica allo studio del filosofo tedesco con lo stesso feroce metodo critico che anni fa dedicò ad una rivisitazione di Lenin che fece scandalo per come smontava miti considerati intangibili.

Altrettanto drastica è la conclusione a cui arriva il suo studio del pensiero hegeliano: un grande niente, avvolto in un vorticoso giro di parole altisonanti ma vuote. Il gioco, insomma, di un illusionista che abilmente ci porta a vedere ciò che non esiste.

Scandaloso? Certo! Sicuramente legioni di non-lettori di Hegel si indigneranno dell'offesa arrecata al Maestro. Ed in effetti, Massari non ci va leggero, ma va detto porta a sostegno della sua critica testimoni del calibro di Schopenhauer, Kierkegaard, Fries, Marx, Brecht, Russell, Popper.

Il libro, pur trattando di temi filosofici, si legge con grande piacere. Insomma, Massari non ripete l'errore di astrattezza che imputa a Hegel e scrive con chiarezza, non per pochi addetti ai lavori, ma per chiunque possa essere interessato alla questione, non risparmiandosi anche in qualche passaggio una punta d'ironia.

Insomma, un libro da leggere. Anche se non ne condividiamo del tutto l'impostazione. Troppo forte resta l'impressione che ci fece ai tempi dell'Università la lettura dell'Estetica per accettare in toto questa radicale demolizione. Ma riconosciamo e apprezziamo il grande coraggio intellettuale di Roberto Massari. “Signori, il tempo della vita è breve. Se vivremo, vivremo per calcare i nostri piedi sui corpi dei re”, così scrive Shakespeare e citazione non fu mai più adatta perché sia Lenin che Hegel restano, nonostante ogni critica, due re del pensiero e solo chi ha animo forte può affrontarli senza timori reverenziali.


Roberto Massari
Hegel: una «mistificazione»
Massari Editore 2022

martedì 1 novembre 2022

José Carlos Mariátegui, Cronache italiane del primo dopoguerra (1920-1930)

 


José Carlos Mariátegui (1894–1930) , forse il più importante pensatore marxista latinoamericano, giornalista e attivista socialista prima e comunista poi, iniziò il suo impegno politico nel 1918-19, sui temi dell’antimilitarismo e del sostegno alle lotte operaie e studentesche. Esiliato visse in Italia dal dicembre 1919 alla primavera del 1922. Il periodo italiano fu fondamentale per la sua maturazione politica, tanto che anche dopo il rientro in patria continuò a seguire la realtà politica e culturale italiana sulla sua rivista Amauta. Esce finalmente oggi, grazie a Massari Editore, una raccolta esaustiva dei suoi articoli sull'Italia a cura di Remo Mazzacurati. Ne presentiamo le prime pagine dell'introduzione.


Remo Mazzacurati

L'Italia con gli occhi di un giovane peruviano


Una targa collocata il 3 aprile 1995 sull'edificio di via della Scrofa n. 10, nel rione romano di Campo Marzio, ricorda che dal 1920 al 1922 in quella casa abitò «José Carlos Mariátegui (1894-1930) pensatore e saggista peruviano». Ciò che la targa non dice è che quel giovane intellettuale era in esilio politico dal suo Paese natale. Discendente da uno dei Padri dell'Indipendenza peruviana, Francisco Mariátegui y Telleria, nasce il 14 giugno 1894 nella piccola località portuale di Moquegua, al Sud del Paese NIOe e il mese successivo è battezzato nella parrocchia di Santa Catalina con il nome di José del Carmen Eliseo. Il suo primo articolo, «Cronicas madrileňas», compare il 24 febbraio 1911 ne La Prensa, con lo pseudonimo «Juan» utilizzato fino al 1918 per collaborare in seguito con altre testate. Il giovane considera il giornalismo come un impegno etico non fine a se stesso, in quanto visione critica della società, in un periodo di lotte studentesche per la Riforma universitaria, e di grandi scioperi e manifestazioni. Queste sono organizzate da una classe operaia in formazione, specialmente quella del 13 gennaio 1919 per le otto ore di lavoro e per una moderna legislazione sociale.

Il 3 agosto 1919, sul quotidiano serale ribelle e fiancheggiatore delle cause popolari La Razón - fondato pochi mesi prima da lui stesso, da César Falcón e da Humberto del Àguila - vorrebbe pubblicare l'editoriale «La Patria nueva», nel quale, fin dal sottotitolo, definisce l'entourage dell'astuto dittatore Augusto Leguía y Salcedo, al potere per la seconda volta dal precedente 4 luglio, come «Uno staff senile e vacillante». Ma viene censurato e l'Arcivescovado di Lima, dietro pressioni governative, si rifiuta di continuare a stampare il giornale nella propria tipografia Immediatamente dopo, il giornale è soppresso in quanto «insinua una pericolosa attitudine alla ribellione e un inusitato tono critico». Accusando Mariátegui di essere un «perturbatore dell'ordine pubblico», è emesso un mandato di cattura nei suoi confronti. Forse grazie anche al fatto che Leguía è sposato con Julia Swayne Mariátegui, una famigliare di José Carlos, ma di certo per l'intercessione dello zio di secondo grado e deputàto Foción Mariátegui Ausejo, sostenitore e consigliere del golpista al potere, viene stabilito per lui l'esilio con la qualifica di «giornalista peruviano» corrispondente de El Tiempo, quotidiano di tendenza liberale e letto in ambienti piccolo-borghesi mediamente progressisti. Al contempo gli viene concessa una specie di borsa di studio - formula mascherata per quello che è un esilio a tutti gli effetti - come alternativa al carcere. 


Quasi un anno dopo la conclusione del macello bellico mondiale che mette fine alla Belle Époque, scortato dalla polizia con l'amico Falcón, anch'egli esiliato (in Spagna), 1'8 ottobre 1919 s'imbarca sulla nave a vapore «Atenas» e parte da Callao per arrivare a La Rochelle il 10 novembre, dopo uno scalo a New York. Trascorre un breve periodo nel Quartiere Latino di Parigi, fino al 20 dicembre, poi si sposta in varie città italiane, iniziando quello che alcuni definiscono «viaggio iniziatico»: a Genova alla fine di dicembre (ospite nell'abitazione del console peruviano Palmiro Macchiavello Gonzàles); a Roma da gennaio a maggio del 1920; a Firenze tra giugno e luglio; nuovamente a Genova in agosto; a Venezia e a Milano in settembre. Resta anche alcuni giorni a Torino e infine torna nella Città Eterna nell'ottobre del 1920, dove risiede fino alla primavera del 1922. Tra la fine di aprile e l'inizio di maggio, in attesa del permesso per poter rientrare in Perú, lascia l'Italia per visitare alcuni Paesi europei (Francia, Germania, Austria, Ungheria, Cecoslovacchia e Belgio), con la moglie italiana Anna Maria e il figlio Sandro. Rientra in Perú il 18 marzo 1923, partendo dal porto di Anversa un mese prima.

Resta in Europa per un periodo di tre anni e quattro mesi, trascorrendone in Italia due e mezzo, durante i quali legge avidamente la stampa italiana e invia, senza una specifica regolarità, una cinquantina di articoli a El Tiempo, fondato il 17 luglio 1916 e inizialmente diretto da Pedro Ruiz Bravo (il successivo 12 luglio 1922, anch'egli esiliato nella cilena Antofagasta), rivelando il proprio interesse acuto e meditato sugli avvenimenti a lui contemporanei in un continente ancora sofferente sia materialmente sia psicologicamente per i danni bellici. Non solo informa i propri connazionali sugli avvenimenti che accadono e sul clima politico del Paese, con oltre trenta articoli, ma nello stesso tempo compie uno sforzo per comprendere una realtà assai diversa rispetto a quella peruviana, ancora arretrata sotto molti punti di vista.


José Carlos Mariátegui
Cronache italiane del primo dopoguerra (1920-1930)
Massari Editore, 2022