Il
simbolismo della montagna e la sacralità delle vette
Fin
dalle sue più antiche origini, l'uomo ha cercato di dare senso e
significato a ciò che lo circondava. Il suo corpo è stato la prima
unità di misura. Leonardo , rappresenterà in modo mirabile nel suo
uomo vitruviano quella che è stata un'esperienza primordiale
dell'umanità
L'uomo si vede al centro
di un mondo che gli è ignoto e di cui gli sfugge il funzionamento.
Lentamente con l'osservazione costruisce un universo di immagini per
trasformare il caos in ordine. Noi chiamiamo queste immagini simboli.
Alcuni simboli sono primordiali. Jung li definirà “archetipi”,
pilastri che reggono l'inconscio collettivo della specie.
L' Homo erectus dice
Mircea Eliade, il più grande storico delle religioni, nasce, proprio
in quanto uomo verticale, come axis mundi e dunque, homo simbolicus e
homo religiosus. Cerchiamo di spiegarci meglio.
E' dal suo corpo a
braccia aperte che nasce l'idea di quadrato, e dalla sua rotazione su
sé stesso che nasce il cerchio e dalla sua posizione eretta che
nasce il triangolo cioè la trascendenza. Quadrato, cerchio,
triangolo: gli archetipi fondamentali. Così come il “Centro”,
l'asse attorno a cui tutto ruota. In breve la rappresentazione
simbolica del cosmo.
L'uomo osserva il cielo,
il movimento del sole, della luna, delle stelle. Osserva il ciclo
delle stagioni. Coglie un ritmo eterno, un tempo circolare dove
periodicamente tutto ritorna. Individua una regolarità, una armonia
al di sopra di lui che contrasta con il caos apparente che lo
circonda. Intuisce che esiste una forza sconosciuta, misteriosa, ma
reale che va oltre il visibile e che si manifesta nella natura che
muore e rinasce, nel ciclico fluire della vita degli animali, delle
piante, dell'uomo stesso.
Insomma, fin dai primordi
l'uomo si pone di fronte a una natura inspiegabile, terrificante,
percepita come la manifestazione di una potenza “numinosa” di
fronte alla quale si avverte come inadeguato, infinitamente piccolo.
Una realtà che gli si presenta come un universo simbolico.
E questo vale anche per
l'uomo moderno, che pure vive in un mondo da secoli desacralizzato.
Lo attesta in un pugno di versi bellissimi Charles Baudelaire, il
padre della poesia moderna:
La Nature est un temple où de vivants
piliers
laissent parfois sortir de confuses paroles;
l’homme
y passe à travers des forêts de symboles
qui l’observent avec
des regards familiers.
Comme de longs échos qui de loin se
confondent
dans une ténébreuse et profonde unité,
vaste
comme la nuit et comme la clarté,
les parfums, les couleurs et
les sons se répondent.
La Natura è un tempio dove colonne
dotate di vita
lasciano talora uscire parole incerte e
confuse;
l’uomo attraversa foreste di simboli
che l’osservano con sguardi
familiari.
Come echi prolungati che si confondono da lontano.
n un’unità oscura e profonda,
vasta come la
notte e come la luce,
i profumi, i colori e i suoni si rispondono
a vicenda.
“L'uomo attraversa
foreste di simboli”, un iniziato non avrebbe potuto rappresentare
meglio il percorso dell'uomo nella vita e nel mondo. Il problema è
se durante questo cammino il viandante si limita a “guardare” o
riesce a “vedere”, a cogliere cioè quello che si cela dietro
l'apparenza fenomenica delle cose. Il sacro, trascendendo il mero
dato razionale, può essere colto intuitivamente solo attraverso la
mediazione del simbolo e del mito. Incontro poi rielaborato e
rinnovato dal rito dove si ripete in forma inalterata, da qui
l'attenzione estrema ai particolari, ciò che accadde “in illo
tempore”.
Un albero, una pietra,
una sorgente, un monte restano per l'uomo che le guarda quello che
appaiono, ma alcuni assumono un
carattere particolare, “sacro”. Diventano ierofanie,
manifestazioni del numinoso, luoghi dove si è manifestata la sua
potenza misteriosa. Luoghi terribili, come si legge nella Bibbia
riguardo al sogno di Giacobbe, a cui occorre avvicinarsi con cautela,
in modo “rituale”, cioè in forme
codificate. La pietra su cui Giacobbe ha posato il capo resta una
pietra, ma la sua natura è cambiata, ora è sacra. Lo stesso vale
per l'attenzione posta dagli Etruschi a separare dal mondo profano i
luoghi dove si era scaricato il fulmine, manifestazione numinosa per
eccellenza.
L'uomo delle culture
tradizionali coglie ovunque la presenza misteriosa del sacro. Il
primo elemento del sacro è la volta celeste a cui l'uomo si rivolge
da sempre in cerca di risposte. (nelle immagini. Oranti della
Valcamonica, la runa Algiz, defunta orante in una lastra sepolcrale
del IV secolo d.C.)
Il secondo elemento sacro
è la Terra da cui nasce la vita. Uno l'elemento maschile, l'altro
quello femminile. La montagna è il luogo sacro per eccellenza dove
cielo e terra si congiungono. Lo spiega bene un altro esperto delle
religioni, il belga Julien Ries:
“Il simbolismo della
montagna è molto ricco. Deriva innanzitutto da simbolo dell'altezza
e in questo è legato alla volta celeste. La montagna è ritta, è
verticale e diretta alla volta celeste. Alta si avvicina al cielo e
così partecipa alla forza e alla trascendenza. La montagna deriva in
secondo luogo dal simbolismo del centro. È l'asse del mondo, la
dimora degli dei, il luogo in cui l'uomo può raggiungere la
divinità. Come centro essa è anche punto di incontro del cielo e
della terra, scala che l'umo sale con fatica verso le cime del mondo
al fine di raggiungere il mondo celeste o almeno di avvicinarsene.
Come simbolo dell'altezza e simbolo del centro, la montagna è legata
all'esperienza del sacro. Lo è in modo eminente come luogo
privilegiato di teofanie e ierofanie.”
Da sempre l'uomo sente il
bisogno di salire, di ascendere al cielo. Più
vicino alla volta celeste l’uomo stima di poter ascoltare meglio la
voce del numinoso. La montagna è per l’uomo anche una via per la
ricerca interiore che lo purifica attraverso la fatica e i pericoli
della salita. Esemplare è il Purgatorio dantesco, rappresentato come
una montagna che mette in comunicazione con il Paradiso.
È
difficile trovare una civiltà che non veneri una o più montagne
sacre. Come luogo dove si può ascendere al cielo, la montagna è il
centro del mondo. Il simbolismo della montagna sacra è tanto
importante che dove non esistono montagne ne vengono costruite di
artificiali (piramidi, ziggurat) o
simboliche.
Un esempio coglie bene questa universalità archetipale del
simbolismo della montagna sacra. Per gli Yoruba (Africa occidentale)
il simbolo del cosmo è un cono di argilla sormontato da una pietra
di forma circolare e circondata da altri quattro coni più piccoli a
segnare i quattro angoli del cosmo. Il tutto inscritto in un
cerchio. Rappresenta Esdschou, il dio dell'ordine. Identico
simbolismo ritroviamo in un nostro campanile romanico. E questo, va
detto, senza che ci siano stati contatti o contaminazioni culturali.
A dimostrazione che, come scoperto da Jung, la fonte dei simboli è
l'inconscio collettivo della specie.
Anche
gli altari di tutte le religioni sono rappresentazioni della montagna
sacra. La parola altare deriva dal latino altus. L'altare è un luogo
alto “ e questa configurazione – scrive il benedettino francese
Sebastien Sterckx autore di un libro fondamentale sui simboli del
medioevo – fa di esso la cima della montagna sacra, nonché la
montagna stessa”:
“L'altare
è un microcosmo. E' orientato rispetto all'est ed è situato su
alcuni gradini. Il posto dell'altare nella chiesa deve indicare che è
il centro, tutto l'edificio converge verso quel punto, è
simbolicamente al centro del cosmo. L'altare mette in comunicazione i
diversi piani del mondo. L'altare mette anche in comunicazione con il
mondo dei trapassati”.
Conclusione
che rimanda a quello che nella simbologia e ritualità massonica è
conosciuto come VITRIOL e associato al rituale dell'iniziazione.
“Ogni
altare – leggiamo nelle Direttive della Commissione episcopale
francese di liturgia - richiede uno spazio attorno che non ha solo lo
scopo di rendere visibile l'altare, ma anche quello di separarlo dal
santuario: in un luogo sacro le vicinanze immediate dell'altare
costituiscono un luogo ancora più sacro”.
Lo stesso vale per il
Tempio massonico. Il Trono del venerabile è posto a Oriente, da dove
proviene la Luce, è collocato in uno spazio recintato
particolarmente sacro (il Sancta sanctorum) e vi si accede attraverso
una scala (il simbolismo della scala, come quello dell'albero, fa
parte del simbolismo dell'ascensione). Salire all'Oriente rappresenta
dunque una ascensione al luogo più sacro del Tempio, un avvicinarsi
all'armonia cosmica di cui la Luce è il simbolo, ed è sedere in
questo luogo, separato dall'apparente caos del mondo, che rende il
Maestro Venerabile garante che tutto ciò che accade nel Tempio sia
“serietà, senno, benefizio e giubilo”, in una parola “Armonia”.
Giorgio Amico
Conferenza
tenuta a Cairo Montenotte, Ottobre 2022